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Estinzione del giudizio: la Cassazione chiarisce

Una società ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società ricorrente non ha chiesto la decisione del ricorso entro il termine di 40 giorni. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando l’inerzia a una rinuncia al ricorso e condannando la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del giudizio: cosa succede se non si risponde alla proposta della Cassazione?

Il procedimento davanti alla Corte di Cassazione è caratterizzato da regole e termini stringenti. Una recente decisione chiarisce le conseguenze dell’inerzia della parte ricorrente di fronte alla proposta di definizione agevolata, portando a una automatica estinzione del giudizio. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di questa importante norma procedurale.

I fatti del caso

Una società in accomandita semplice aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello, presentando ricorso presso la Corte di Cassazione. Durante la fase preliminare, ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio e comunicata a entrambe le parti.

Tuttavia, la società ricorrente, una volta ricevuta tale comunicazione, non ha compiuto alcuna attività. In particolare, non ha depositato un’istanza per richiedere la decisione del ricorso nel merito entro il termine perentorio di quaranta giorni previsto dalla legge.

La disciplina dell’estinzione del giudizio in Cassazione

L’articolo 380-bis del codice di procedura civile introduce un meccanismo di semplificazione per i ricorsi in Cassazione. Quando un ricorso appare palesemente inammissibile o infondato (o, al contrario, palesemente fondato), viene formulata una proposta sintetica alle parti. A questo punto, la parte ricorrente ha una scelta: accettare l’esito probabile e rinunciare, oppure insistere per una decisione nel merito.

La norma stabilisce che, se entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta la parte ricorrente non deposita un’istanza per la decisione, il ricorso si intende rinunciato. Questa presunzione di rinuncia comporta, come conseguenza diretta, l’estinzione del giudizio, come disciplinato dall’articolo 391 dello stesso codice.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel decreto in esame, la Corte di Cassazione ha applicato in modo lineare la procedura descritta. I giudici hanno semplicemente constatato che il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta era decorso senza che la parte ricorrente avesse manifestato la volontà di proseguire il giudizio.

Questo silenzio, qualificato dalla legge come una rinuncia tacita, ha imposto alla Corte di non poter procedere con l’esame del merito del ricorso. Di conseguenza, il Collegio ha dichiarato l’estinzione del giudizio. In applicazione dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., la Corte ha inoltre provveduto a regolare le spese processuali, ponendole a carico della parte ricorrente, la cui inerzia ha causato la fine del processo. Le spese sono state liquidate in favore della parte controricorrente, includendo compensi, rimborso forfettario, esborsi e accessori di legge.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La decisione sottolinea un aspetto cruciale della procedura in Cassazione: il silenzio ha un valore legale preciso e conseguenze irreversibili. Per gli avvocati e le parti, ciò significa che la ricezione della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è un momento decisivo che richiede una scelta attiva e tempestiva. Ignorare la comunicazione o lasciar decorrere il termine di quaranta giorni equivale a porre fine volontariamente al giudizio. Questa regola, volta a deflazionare il carico della Suprema Corte, responsabilizza la parte ricorrente, che deve valutare attentamente le possibilità di successo del proprio ricorso e agire di conseguenza, pena l’immediata estinzione del giudizio e la condanna alle spese.

Cosa succede se un ricorrente non risponde alla proposta di definizione del giudizio della Cassazione?
Se il ricorrente non deposita un’istanza per la decisione entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si considera rinunciato e il giudizio viene dichiarato estinto.

Chi è tenuto a pagare le spese legali in caso di estinzione del giudizio per questo motivo?
Le spese processuali sono a carico della parte ricorrente. La sua inattività viene equiparata a una rinuncia, e pertanto deve rimborsare le spese sostenute dalla controparte.

Qual è la base normativa per l’estinzione del giudizio in questo caso?
La procedura è regolata dall’art. 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, che stabilisce la presunzione di rinuncia, e dall’art. 391 dello stesso codice, che disciplina le conseguenze dell’estinzione, inclusa la statuizione sulle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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