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Estinzione del giudizio: la Cassazione chiarisce

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inattività del ricorrente a seguito di una proposta di definizione del giudizio. A causa della mancata richiesta di una decisione entro il termine di 40 giorni, il ricorso è stato considerato rinunciato, portando all’estinzione del giudizio e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali. La decisione sottolinea l’importanza del rispetto dei termini processuali.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: Quando il Silenzio Costa Caro in Cassazione

L’esito di un processo può dipendere non solo dalle ragioni di merito, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un recente decreto della Corte di Cassazione illustra perfettamente questo principio, dichiarando l’estinzione del giudizio a causa della semplice inerzia della parte ricorrente. Questa decisione serve da monito sull’importanza dei termini perentori e sulle conseguenze del mancato rispetto degli stessi nel giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un cittadino avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. Una volta che il caso è giunto in Cassazione, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile. Questa proposta è stata regolarmente comunicata a entrambe le parti: il ricorrente e una società di gestione patrimoniale, costituitasi come controricorrente.

La legge prevede che, a seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente abbia un termine di quaranta giorni per chiedere la decisione del ricorso. Tuttavia, nel caso di specie, questo termine è trascorso senza che il ricorrente manifestasse alcuna volontà di proseguire il giudizio.

La Proposta di Definizione e le Conseguenze dell’Inerzia

L’articolo 380-bis c.p.c. è uno strumento deflattivo del contenzioso in Cassazione, pensato per accelerare la risoluzione dei ricorsi che appaiono palesemente inammissibili, improcedibili o infondati. Quando il relatore formula una proposta in tal senso, la palla passa al ricorrente, che ha l’onere di ‘reagire’ se intende insistere per una pronuncia nel merito.

La norma stabilisce una presunzione legale: il silenzio del ricorrente entro il termine di 40 giorni equivale a una rinuncia al ricorso. Non si tratta di una facoltà interpretativa della Corte, ma di una conseguenza automatica prevista dal legislatore per l’estinzione del giudizio.

Le Motivazioni della Decisione sull’Estinzione del Giudizio

La Corte di Cassazione, nel suo decreto, ha agito come mero esecutore della volontà legislativa. I giudici hanno constatato il decorso del termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta senza che il ricorrente avesse depositato un’istanza per la decisione. Di conseguenza, applicando il secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c., hanno ritenuto il ricorso come rinunciato.

Questa rinuncia presunta ha portato, ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile, alla declaratoria di estinzione del giudizio. Coerentemente con tale esito, la Corte ha provveduto anche alla regolamentazione delle spese processuali. Poiché l’estinzione è stata causata dall’inattività del ricorrente, quest’ultimo è stato condannato al pagamento delle spese legali in favore della parte controricorrente, liquidate in dispositivo in Euro 4.200,00 per compensi, oltre a spese forfettarie, esborsi e accessori di legge.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: i termini sono perentori e la loro inosservanza produce effetti irreversibili. Per i cittadini e i loro legali, ciò significa che ogni comunicazione proveniente dalla Corte di Cassazione, inclusa la proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c., deve essere gestita con la massima attenzione e tempestività.

Ignorare una tale comunicazione non è una strategia processuale, ma un’omissione che conduce direttamente all’estinzione del giudizio e alla condanna alle spese. L’esito di questo caso dimostra che, nel processo civile, il silenzio non è mai neutrale e può costare molto caro.

Cosa succede se il ricorrente non risponde alla proposta di definizione del giudizio della Cassazione?
Se il ricorrente non chiede che si proceda alla decisione del ricorso entro il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si intende rinunciato e il giudizio viene dichiarato estinto.

Chi è tenuto a pagare le spese legali in caso di estinzione del giudizio per inattività del ricorrente?
In caso di estinzione dovuta alla sua inerzia, la parte ricorrente è condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte controricorrente.

Qual è la base normativa per dichiarare l’estinzione in questo scenario?
La base normativa è l’art. 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, che presume la rinuncia in caso di silenzio, e l’art. 391 dello stesso codice, che disciplina le conseguenze dell’estinzione del processo di cassazione, inclusa la decisione sulle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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