LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esonero contributivo sport: quando non si applica?

Una società sportiva dilettantistica si è vista negare l’esonero contributivo sport per i suoi collaboratori. Nonostante la certificazione del CONI, i giudici hanno ritenuto che l’attività avesse natura imprenditoriale e non dilettantistica, a causa del gran numero di collaboratori e dell’organizzazione professionale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso della società perché non aveva contestato adeguatamente la natura imprenditoriale dell’attività, ritenuta decisiva per superare la presunzione di dilettantismo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Esonero Contributivo Sport: Quando la Certificazione CONI Non Basta

Il regime agevolato per le società sportive dilettantistiche rappresenta un pilastro per la promozione dello sport di base. Tuttavia, per beneficiare dell’esonero contributivo sport, non è sufficiente una certificazione formale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la natura sostanzialmente imprenditoriale dell’attività può far decadere i benefici, anche in presenza del riconoscimento del CONI. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del caso: la pretesa dell’Ente Previdenziale

Una società sportiva dilettantistica in liquidazione aveva ricevuto un avviso di addebito da parte dell’Ente Previdenziale per un importo superiore a 600.000 euro. La pretesa nasceva da un accertamento ispettivo che aveva riqualificato i rapporti di 96 collaboratori (istruttori di fitness, bagnini, amministrativi) da collaborazioni sportive dilettantistiche a veri e propri rapporti di lavoro autonomo professionale o subordinato. Secondo l’ente, l’attività svolta non aveva i caratteri del dilettantismo e, di conseguenza, i relativi compensi dovevano essere assoggettati alla normale contribuzione previdenziale.

La decisione dei giudici di merito e l’importanza dell’esonero contributivo sport

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’Ente Previdenziale. I giudici hanno sottolineato che per ottenere l’esonero contributivo sport, devono sussistere due condizioni:
1. Condizione soggettiva: L’ente deve perseguire finalità dilettantistiche, solitamente attestate dalla certificazione del CONI.
2. Condizione oggettiva: L’attività svolta dai collaboratori deve essere genuinamente non professionale.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha ritenuto che entrambe le condizioni mancassero. La presunzione di dilettantismo derivante dalla certificazione del CONI era stata superata dalla prova di un’organizzazione palesemente imprenditoriale della società. Di conseguenza, la natura non dilettantistica dell’attività rendeva dovuto il versamento dei contributi.

L’analisi della Corte di Cassazione: la natura imprenditoriale prevale sulla forma

La società ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo una violazione di legge e affermando che le collaborazioni nell’ambito dello sport dilettantistico dovrebbero sempre beneficiare del regime agevolato. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la decisione d’appello si fondava su una doppia ratio decidendi: la presunzione legata alla certificazione CONI era stata superata dalla prova della natura imprenditoriale dell’organizzazione. Il ricorso della società, però, non aveva adeguatamente contestato questo secondo e autonomo punto, ovvero l’accertamento sulla natura imprenditoriale dell’attività. Secondo un principio consolidato, quando una sentenza si basa su più ragioni, ognuna delle quali è sufficiente a sorreggerla, il ricorrente deve contestarle tutte. Non avendolo fatto, il ricorso è stato giudicato inammissibile, senza neanche entrare nel merito della questione. La Corte ha implicitamente confermato che la sostanza economica e organizzativa dell’attività prevale sulla qualificazione formale.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le agevolazioni fiscali e contributive per lo sport dilettantistico non sono un automatismo. La certificazione del CONI è un punto di partenza, ma non uno scudo invalicabile. Se un’associazione sportiva opera di fatto come un’impresa commerciale, con una struttura complessa e un numero elevato di collaboratori che svolgono attività in modo professionale, rischia seriamente di perdere i benefici previsti dalla legge. È un monito per tutte le realtà del settore a prestare la massima attenzione non solo agli aspetti formali, ma soprattutto alla gestione sostanziale della propria attività.

La certificazione del Coni è sufficiente a garantire l’esonero contributivo per una società sportiva dilettantistica?
No, la certificazione costituisce solo un elemento presuntivo della natura dilettantistica dell’attività. Questa presunzione può essere superata da prove contrarie, come l’accertamento di una struttura e di una gestione di tipo imprenditoriale.

Cosa può far perdere a una società sportiva dilettantistica il diritto alle agevolazioni fiscali e contributive?
Secondo la sentenza, l’organizzazione imprenditoriale dell’attività è un fattore decisivo. Se la società opera con modalità che superano la genuina finalità dilettantistica, configurandosi come una vera e propria attività economica professionale, può perdere il diritto ai benefici.

Perché il ricorso della società sportiva è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la società non ha contestato una delle ragioni autonome e sufficienti (ratio decidendi) su cui si fondava la sentenza d’appello, ovvero l’accertamento della natura imprenditoriale della sua attività, che superava la presunzione di dilettantismo derivante dalla certificazione del CONI.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati