Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5145 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 37420-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli
Oggetto
R.G.N.37420/2019
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 243/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 30/05/2019 R.G.N. 473/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con sentenza del giorno 30.5.19 n. 243, la Corte d’appello di Genova, rigettava il gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE società sportiva RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione (in seguito, per brevità, la società) avverso la sentenza del tribunale di Genova che aveva accolto parzialmente (mediante l’annullamento dell’avviso di addebito di € 654.043,79 e condanna della società a corrispondere il minore importo di € 624.997,441) l’opposizione all’avviso di addebito emesso da Inps Gestione ex Enpals, a seguito di un accertamento ispettivo, concluso con verbale unico del 6.12.13, relativo alla posizione di 96 soggetti inquadrati tutti con contratto di collaborazione sportiva e svolgenti diverse attività (istruttori di fitness, bagnini, amministrativi e contabili).
Il tribunale, pur rimodulando in diminuzione la pretesa contributiva, ha ritenuto l’attività svolta dai collaboratori della società non di tipo dilettantistico ma propria dei lavoratori autonomi professionisti ovvero addirittura di lavoratori subordinati.
La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, precisando che per ottenere l’esonero contributivo , oggetto di causa, occorrevano due condizioni, la prima soggettiva, attinente alle finalità dilettantistiche perseguite da ll’organismo che gestisce l’attività sportiva, finalità normalmente riconosciuta dal Coni, e una ulteriore condizione oggettiva, consistente nella circostanza che i collaboratori della società dilettantistica sportiva anche svolgenti attività complementare di carattere amministrativo-gestionale compiano dette attività in modo non professionale, cioè, senza che detta attività costituisca un vero e proprio lavoro: la Corte d’appello ha escluso la sussistenza di entrambe le circostanze, in quanto la presunzione sulla natura dilettantistica della società, determinata dalla certificazione del Coni, è stata ritenuta superata dall’organizzazione imprenditoriale della società (cfr. ff. 16-17 della sentenza impugnata) e la comprovata natura non dilettantistica di tale società sportiva imponeva conseguenzialmente un assoggettamento agli oneri contributivi e fiscali propri di qualsiasi attività lavorativa.
Avverso tale sentenza, RAGIONE_SOCIALE società sportiva dilettantistica a RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, mentre l’Inps ha resistito con controricorso. Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE:
Con il motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 67, comma 1, lettera m) del TUIR, perché erroneamente, la Corte di appello aveva ritenuto che per fruire del regime agevolato fissato dalla norma in rubrica fosse necessaria la presenza oltre che di un elemento
soggettivo e cioè, la natura dilettantistica dell’attività svolta dall’associazione sportiva (certificata dal Coni), anche di un elemento oggettivo, connesso alla natura non professionale dell’attività svolta dai collaboratori della stessa associazione, quando invece, ad avviso della ricorrente, tutte le collaborazioni svolte nell’ambito dello sport dilettantistico seguono il regime agevolato a prescindere dalla continuità e abitualità della prestazione svolta da chi collabora in tale ambito.
Il motivo è inammissibile perché non si confronta con l’ulteriore ratio decidendi che non è stata oggetto di alcuna censura da parte della società ricorrente, ove si afferma che seppur la natura dilettantistica dell’attività svolta dall’associazione è riconosciuta dal Coni, tuttavia detta certificazione può, al più, costituire un elemento presuntivo della sussistenza di tale natura, mentre nel caso di specie -in cui sono state individuate ben 96 collaborazioni in un periodo contenuto di tempo, di cui solo pochissime svolte da soggetti aventi una propria e diversa attività lavorativa – una simile presunzione poteva essere superata, dovendosi aderire all’impostazione del tribunale secondo cui la società era organizzata in modo imprenditoriale: in particolare, alla p. 7 del ricorso, il ricorrente afferma, erroneamente, che la Corte d’ap pello non aveva posto in discussione il riconoscimento certificatorio, da parte del Coni, della natura dilettantistica della società sportiva, con ciò non censurando l’accertamen to espresso dalla Corte del merito in ordine alla natura imprenditoriale della società ricorrente.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse “rationes decidendi”, ciascuna idonea a sorreggerne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta
contro
una di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla “ratio decidendi” non censurata, piuttosto che per carenza di interesse Cfr. Cass. n. 13880/20, n. 17182/20).
Nel merito, il ricorso sarebbe, comunque, infondato, come già statuito da questa Corte con le pronunce nn. 41397/21 e 28845/23 che s’intendono qui integralmente richiamate .
Alla dichiarazione d’inammissibilità consegue la condanna alle spese di lite, secondo quanto meglio indicato in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la società ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite che liquida nell’importo di € 10.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2025