Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8631 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8631 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32527-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.32527/2019
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 18/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 24/04/2019 R.G.N. 864/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
INPS impugna la sentenza n. 18/2019 della Corte d’appello di Firenze che ha respinto il gravame avverso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva accolto parzialmente il ricorso che RAGIONE_SOCIALE aveva proposto in opposizione ad avvisi di addebito portanti contributi pretesi alla gestione lavoratori dello spettacolo per il periodo 2009/2012, dichiarando non dovuta la contribuzione limitatamene agli istruttori.
Resiste RAGIONE_SOCIALE società sportiva dilettantistica a r.l. con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 14 febbraio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
INPS censura la pronuncia sulla base di un unico motivo, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67 TUIR lett. m) così come interpretato dall’art. 35, comma 5, del d.l. n. 207/2008, convertito nella legge n. 14/2009 in relazione all’art. 2697 cod. civ. ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Il ricorso è fondato.
Il Tribunale di Firenze aveva accolto l’opposizione ad avviso di addebito proposto da RAGIONE_SOCIALE nella parte concernente i contributi per istruttori sportivi, per i quali aveva ritenuto operante l’esonero da contribuzione ex art.67 TUIR.
L’INPS aveva impugnato la sentenza e la Corte territoriale ha respinto il gravame motivando in questi termini: ‘nell’ambito delle attività sportive dilettantistiche la nozione di redditi diversi esenti dalla imposizione ex art. 67 Tuir lettera m) concerne tutti i compensi pagati agli istruttori in quanto erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche da parte di organismo che persegue le medesime finalità sportive e come tale sia riconosciuto dal Coni. In tal senso la lettera m) qualifica come redditi diversi: – nella prima parte della norma i compensi erogati nell’ambito delle attività artistiche (da ritenere esenti solo se le prestazioni hanno natura non professionale); – nella seconda parte della norma, compensi erogati nell’esercizi o diretto di attività sportive dilettantistiche. E la differenza tra le due si spiega …per il fatto che, a differenza di quelle artistiche, le sole attività sportive dilettantistiche poggiano su riconoscimento pubblico (affiliazione al Coni della società) che a sua volta realizza una sorta di presunzione del carattere non professionale delle prestazioni svolte nel suo ambito’.
L’Istituto rileva che la società non aveva ‘dedotto né provato alcunchè in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi che consentano di annoverare la fattispecie nella categoria dei redditi diversi, come tali da non assoggettare a contribuzione’, i nsistendo altresì sul fatto che la Corte ‘si è limitata ad affermare il carattere dilettantistico dell’attività svolta dalla società esclusivamente sulla base della sua iscrizione al Coni,
senza espletare nessun accertamento in ordine alla effettiva natura della stessa attività…la sola iscrizione al registro delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche non può considerarsi condizione sufficiente per fruire del beneficio dell’ esenzione dal versamento de contributi, possibile soltanto se i redditi percepiti non derivino da attività di impresa, di lavoro autonomo o di lavoro dipendente e siano conseguiti in seguito all’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica’.
Posto che sul punto la Corte territoriale afferma che non era stato seriamente contestato da INPS che RAGIONE_SOCIALE fosse società sportiva dilettantistica (pag. 5), le censure sono da accogliersi in considerazione del fatto che i giudici di merito hanno ritenuto non necessario accertare il requisito della professionalità, considerando determinante ex se l’affiliazione al Coni.
Valga per tutte il richiamo a Cass. n. 28845/2023 che, in un caso analogo, ha cassato la pronuncia impugnata rimarcando che il requisito della non professionalità è comunque da accertarsi e non se ne può prescindere né si può considerare in re ipsa per il solo fatto che l’attività è svolta a favore di associazione sportiva dilettantistica: premesso che in tema di assicurazione presso la gestione RAGIONE_SOCIALE, ora INPS, sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo, secondo quanto precisato dal decreto ministeriale n. 17445 del 2005, emanato in esecuzione dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, gl’impiegati, gli operai, gl’istruttori e gli addetti ad impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, «ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. m), del d.P.R. n. 917 del 1986 sono esonerati dall’obbligo assicurativo coloro che abbiano reso prestazioni, compensate nei limiti monetari di cui all’art. 69 del medesimo testo unico, relative alla formazione, alla didattica, alla preparazione e all’assistenza dell’attività sportiva dilettantistica.
Chi invoca l’esonero deve provare che le prestazioni rese: a) non siano state compensate in relazione all’attività di offerta del servizio sportivo svolta da lavoratori autonomi o da imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente assunta dal prestatore; b) siano state espletate in favore di associazioni o società dilettantistiche e senza fine di lucro; c) trovino fonte nel vincolo associativo e non in un distinto obbligo personale; d) non trovino corrispondenza nell’arte o nella professione abitualmente esercitata, anche in modo non esclusivo, da colui che ha effettuato la prestazione (Cass., sez. lav., 23 dicembre 2021, n. 41397).
La disposizione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. m), viene dunque in rilievo anche in materia previdenziale, ma è necessario riscontrarne, in concreto, i presupposti applicativi.
Il tema della professionalità riveste rilievo cruciale sul versante dell’obbligazione contributiva dedotta in causa .
La disposizione richiamata del Testo unico sulle imposte sui redditi non annovera tra i redditi diversi le somme percepite da coloro che svolgano professionalmente le attività da cui le somme derivano.
Invero, il citato art. 67 esordisce escludendo a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
Tale esclusione opera anche nell’ipotesi in cui il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
La previsione dell’art. 67 non accorda, pertanto, un’automatica e indiscriminata esenzione dall’obbligo contributivo alle associazioni o alle società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, “a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione, rilevando piuttosto, a monte, la verifica giudiziale della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata (così Cass. n. 2152 del 2020, Cass. n. 10393 del 2018, Cass. n. 16449 del 2016 e Cass. n. 23789 del 2016) e, a valle, il fatto che i compensi non devono essere conseguiti nell’esercizio di professioni né derivare da un rapporto di lavoro dipendente, essendosi a tal fine precisato che, per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 TUIR, deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa (cfr. Cass. n. 11375 del 2020 cit.)” (Cass., sez. lav., 7 marzo 2022, n. 7388).
Non si possono dunque configurare come “redditi diversi” quelli che derivano dall’esercizio abituale di un’attività autonoma nel senso specificato o quelli tratti dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, assimilati piuttosto a quelli di lavoro dipendente (art. 50 TUIR, lett. c)».
Erra, quindi, la pronuncia d’appello nel qualificare come ‘redditi diversi’ i compensi percepiti dagli istruttori, solo perché sono stati percepiti nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche, e nel reputare superfluo l’accertamento della natura p rofessionale o meno del rapporto nell’ambito del quale i redditi sono stati percepiti (ordinanza n. 3759 del 2022, cit.).
Prima ancora, Cass. n. 2710/2022 ha rimarcato che «dall’affermazione della riferibilità dell’art. 67 TUIR anche ad
effetti previdenziali non discende certamente l’individuazione di una area di automatica esenzione dall’obbligo contributivo invocabile dalle associazioni o società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione. 51. In questa prospettiva, rileva, dunque, a monte, la verifica, in sede giudiziale, della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata. 52. Questa Corte di cassazione, soprattutto in ambito tributario, ha, in più riprese, osservato come l’accertamento a tale riguardo condotto dal giudice di merito derivi non (tanto) dall’elemento formale della veste giuridica assunta (associazione e/o società sportiva dilettantistica) e dal corretto inserimento in statuto di tutte le clausole riguardanti la via associativa, quanto piuttosto dal requisito di natura sostanziale, ossia dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro e, quindi, da una operatività concreta conforme a quanto indicato nelle clausole dell’atto costitutivo e dello statuto, il cui onere probatorio ricade sulla parte contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI (così sezioni tributarie Cass. n. 10393 del 2018; Cass. n. 23789 del 2016; Cass. n. 16449 del 2016; Cass. n. 2152 del 2020; negli stessi termini, Cass. sez. lav. nr. 21535 del 2019 e nr. 5904 del 2016 cit.). 53. Si tratta, per l’appunto, di una ipotesi eccettuativa anche del generale obbligo di contribuzione connesso all’esercizio di attività compensate economicamente, di tal ché spetta a chi ne invoca l’applicazione fornire allegazione e prova dei presupposti applicativi».
La sentenza impugnata si è discostata dai sopra indicati principi di diritto, nell’affermare che l’esclusione del carattere
professionale è in re ipsa e nel considerare dirimente il fatto che le prestazioni sono rese nell’ambito di un organismo sportivo dilettantistico senza scopo di lucro, in un contesto qualificato dal riconoscimento di un organo pubblico che attesta i requisiti stabiliti dalla norma.
In virtù di tale fallace premessa sistematica, la Corte d’appello «ha proceduto con metodo inesatto al giudizio di sussunzione della fattispecie giuridica sottoposta al suo esame ed è, perciò, incorsa in errore di diritto (Cass., sez. lav., 24 gennaio 2022, n. 2000,..; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 5 gennaio 2022, n. 177 ,… e Cass., sez. lav., 5 gennaio 2022, n. 175)» (Cass. n. 28845/2023).
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 febbraio