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Errore scusabile: quando il terzo può revocare?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico, in qualità di terzo pignorato, non può revocare la propria dichiarazione di debito se l’errore commesso è considerato inescusabile. Nel caso di specie, un Ministero aveva erroneamente dichiarato l’esistenza di un debito milionario, salvo poi tentare di revocarlo adducendo una ‘perenzione amministrativa’. La Corte ha ritenuto l’errore non scusabile, in quanto derivante da una negligenza e da una situazione di mera ‘difficoltà’ gestionale, non di ‘assoluta impossibilità’. L’ordinanza di assegnazione delle somme è stata quindi confermata, con trasmissione degli atti alla Corte dei Conti per valutare un possibile danno erariale.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Errore Scusabile: La Dichiarazione del Terzo Pignorato può essere Revocata?

Nell’ambito di una procedura di pignoramento presso terzi, la dichiarazione resa dal terzo pignorato (il cosiddetto debitor debitoris) assume un’importanza cruciale. Con essa, il terzo comunica al giudice se e quali somme deve al debitore esecutato. Ma cosa accade se questa dichiarazione è frutto di un errore? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna sul tema, delineando i rigidi confini entro cui è possibile una revoca, con un focus particolare sulla nozione di errore scusabile.

Il Caso: Una Dichiarazione Errata da Milioni di Euro

La vicenda trae origine da un’azione esecutiva promossa da una società di factoring nei confronti di una società sua debitrice. L’azione si concretizza in un pignoramento presso un Ministero, il quale era a sua volta debitore della società esecutata per una somma ingente, superiore ai 26 milioni di euro, legata a un accordo di programma per la bonifica di un’area industriale.

Inizialmente, il Ministero, in qualità di terzo pignorato, rende una dichiarazione positiva, confermando la disponibilità della somma. Tuttavia, poco tempo dopo e prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione, si accorge di un grave errore: il credito non era più esigibile a causa della cosiddetta ‘perenzione amministrativa’, un meccanismo contabile che aveva eliminato la spesa dal bilancio a causa del mancato compimento di alcuni adempimenti da parte della società creditrice. Di conseguenza, il Ministero revoca la precedente dichiarazione.

Nonostante la revoca, il giudice dell’esecuzione ritiene la modifica inefficace e assegna le somme al creditore procedente. Da qui nasce un lungo contenzioso, con un’opposizione agli atti esecutivi da parte del Ministero, che arriva fino in Cassazione.

L’Errore Scusabile nella Revoca: Il Principio della Cassazione

Il cuore della controversia giuridica ruota attorno a un principio già affermato in un precedente giudizio dalla stessa Corte di Cassazione: la dichiarazione del terzo pignorato è revocabile, ma solo in presenza di un errore scusabile. Il caso viene quindi rinviato al tribunale di merito per valutare se l’errore commesso dal Ministero rientrasse in questa categoria.

Il giudice del rinvio, tuttavia, esclude la scusabilità dell’errore. La sua decisione si basa su una duplice argomentazione: in primo luogo, qualifica l’errore come ‘di diritto’, e come tale intrinsecamente inescusabile. In secondo luogo, afferma che, anche se fosse considerato un ‘errore di fatto’, non sarebbe comunque scusabile. Le circostanze che hanno portato all’errore (l’importo cospicuo, la contabilità dei pagamenti, la normativa sulla perenzione amministrativa) erano tutte conoscibili dal Ministero usando l’ordinaria diligenza.

Il Ministero ricorre nuovamente in Cassazione, sostenendo che il giudice non abbia valutato correttamente gli elementi oggettivi che rendevano l’errore scusabile, come la complessità del rapporto contrattuale e l’organizzazione interna dell’amministrazione.

La Decisione della Corte: Quando l’errore non è scusabile?

La Suprema Corte rigetta definitivamente il ricorso del Ministero, confermando la decisione del giudice del rinvio e fornendo importanti chiarimenti sulla nozione di errore scusabile.

L’Errore di Diritto e la Diligenza Ordinaria

La Corte ribadisce che un errore di diritto non può mai giustificare la rimessione in termini, e quindi non può essere considerato scusabile. Ma, aspetto ancora più rilevante, chiarisce che anche quando l’errore è ‘di fatto’, la sua scusabilità deve essere valutata con estremo rigore.

L’istituto della rimessione in termini (richiamato per analogia) richiede una ‘causa non imputabile’ che presenti il carattere dell’ ‘assoluta impossibilità’ di agire correttamente. Non è sufficiente una mera ‘difficoltà’, anche se notevole. Nel caso specifico, il Tribunale ha correttamente ritenuto che le informazioni necessarie per una dichiarazione corretta fossero a disposizione del Ministero. La mancata verifica di tali informazioni, prima di dichiarare l’esistenza di un debito milionario, integra una negligenza che esclude la scusabilità dell’errore.

L’Inammissibilità dei Motivi Nuovi

La Cassazione dichiara inammissibili anche gli altri motivi di ricorso. In particolare, la doglianza del Ministero circa la necessità di un accordo tra tutti i creditori per l’assegnazione di un credito non immediatamente esigibile viene qualificata come ‘motivo nuovo’, poiché non sollevata nell’atto di opposizione originario. Questo conferma il principio per cui nel giudizio di opposizione non è possibile introdurre in fasi successive motivi di contestazione non dedotti fin dall’inizio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa dei presupposti per la revoca della dichiarazione del terzo pignorato. La stabilità dei rapporti giuridici e l’affidamento del creditore procedente richiedono che la possibilità di ritrattare una dichiarazione così importante sia concessa solo in circostanze eccezionali. La Corte ha ritenuto che il Ministero non abbia dimostrato la sussistenza di un impedimento assoluto e insormontabile, ma solo una situazione di complessità gestionale e organizzativa che, sebbene reale, rientrava nell’ambito della ‘difficoltà’ operativa e non dell’ ‘impossibilità’. L’errore, pertanto, era riconducibile a una carenza di diligenza ordinaria, non a un evento esterno imprevedibile e inevitabile. La qualificazione dell’errore come ‘inescusabile’ è quindi una diretta conseguenza dell’applicazione di questi principi, che equiparano la scusabilità a una vera e propria causa di forza maggiore.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione ha implicazioni pratiche significative. In primo luogo, stabilisce un onere di massima diligenza per il terzo pignorato, soprattutto se si tratta di una Pubblica Amministrazione che gestisce ingenti somme di denaro pubblico. Un errore nella dichiarazione può avere conseguenze economiche gravissime, come in questo caso, in cui l’errore inescusabile ha consolidato l’obbligo di pagamento. In secondo luogo, la decisione di trasmettere gli atti alla Corte dei Conti per valutare un possibile danno erariale sottolinea la responsabilità personale dei funzionari pubblici per la negligenza che causa un esborso ingiustificato per lo Stato. Infine, la sentenza ribadisce l’importanza della corretta impostazione processuale fin dal primo atto di opposizione, precludendo la possibilità di sollevare nuove questioni in corso di causa.

È possibile revocare la dichiarazione resa dal terzo in una procedura di pignoramento?
Sì, è possibile, ma solo a condizione che la revoca sia giustificata da un errore che possa essere considerato ‘scusabile’. La revoca non può essere arbitraria (‘ad nutum’).

Cosa si intende per ‘errore scusabile’ ai fini della revoca?
Per essere considerato scusabile, l’errore deve derivare da una causa non imputabile al dichiarante, che presenti il carattere dell’assoluta impossibilità e non di una mera difficoltà. Un errore di diritto non è mai considerato scusabile, e un errore di fatto è scusabile solo se non poteva essere evitato usando l’ordinaria diligenza.

Quali sono le conseguenze per il terzo pignorato se l’errore viene considerato inescusabile?
Se l’errore è giudicato inescusabile, la revoca della dichiarazione è considerata inefficace. Di conseguenza, l’ordinanza di assegnazione delle somme basata sulla dichiarazione originaria (errata) rimane valida, e il terzo è tenuto a pagare il creditore. Se il terzo è un ente pubblico, la sua condotta negligente può portare a un’indagine per danno erariale da parte della Corte dei Conti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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