Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16214 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16214 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 23722 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto da
SPERA NOME (C.F.: SPR VCN 80C19 I438D)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: PTR PTR 66P11 F913F) ANNUNZIATA NOME (C.F.: NNN GNN 70H51 F912H) rappresentante pro tempore ,
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME (C.F.: CPP LCN 79T24 C349 H)
-intimati- per la revocazione dell’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 21148/2024, pubblicata in data 29 luglio 2024; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 5 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME chiede la revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., dell’ordinanza di questa Corte n. 21148 del 29 luglio 2024, con la quale è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso
Oggetto:
REVOCAZIONE (ART. 391 BIS C.P.C.)
Ad. 05/06/2025 C.C.
R.G. n. 23722/2024
Rep.
per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 827/2022, depositata in data 23 giugno 2022.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Il ricorso per cassazione dello Spera è stato dichiarato inammissibile per difetto di procura.
Queta Corte ha, infatti, rilevato che « quella depositata telematicamente manca invero della firma del soggetto conferente, il cui nominativo è indicato con caratteri a stampa, cui non segue alcuna sottoscrizione o sigla autografa del conferente medesimo, non essendo nemmeno affermato che tale procura sia stata conferita mediante firma digitale e, comunque, non risultando allegato, in tal caso, il relativo file con estensione ‘.p7m’ ».
Il ricorrente sostiene che la Corte avrebbe commesso un errore percettivo nell’affermare che nella procura speciale depositata mancava la firma del soggetto conferente, in quanto tale firma era invece presente sulla stessa, in modalità analogica.
Fa riferimento, in tal senso, all’unica sottoscrizione autografa esistente sul documento cartaceo, che compare in calce allo stesso, dopo l’indicazione a stampa del nome e cognome della parte conferente, che è seguita da uno spazio bianco, nonché dopo le parole, sempre a stampa, « È tale ».
Il ricorso è inammissibile.
Si premette che, con specifico riferimento alla domanda di revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., delle sentenze o ordinanze della Corte Suprema di Cassazione, sono ampiamente acquisite nella giurisprudenza di legittimità, e vanno qui ribadite, le affermazioni secondo cui « l’errore rilevante ai sensi
Ric. n. 23722/2024 – Sez. 3 – Ad. 5 giugno 2025 – Ordinanza – Pagina 2 di 6
dell’art. 395 c.p.c., n. 4: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti; b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; d) deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa » (per tutte, cfr.: Cass., Sez. U, Ordinanza n. 20013 del 19/07/2024, Rv. 671759 – 01, con ulteriore rinvio a: Cass. n. 35879 del 2022; n. 29634 del 2019; n. 22171 del 2010; n. 27094 del 2011; n. 4456 del 2015; n. 24355 del 2018; n. 26643 del 2018).
Come premesso, l’errore cd. revocatorio (che, cioè, consente la proposizione del ricorso per revocazione ai sensi degli artt. 391 bis e 395, n. 4, c.p.c.) « non può concernere l’attività interpretativa e valutativa » e « deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche ».
Orbene, nella specie, l’affermazione della Corte oggetto della censura revocatoria formulata dalla parte ricorrente deve
ritenersi frutto di attività valutativa della stessa e, di conse-
guenza, l’istanza di revocazione non può ritenersi ammissibile. 4.1 L’unica sottoscrizione autografa in forma ‘ analogica ‘ presente sulla procura speciale, che è stata redatta in originale analogico e di cui risulta prodotta in giudizio la copia digitalizzata è, infatti, oggettivamente illeggibile: di conseguenza, non è assolutamente possibile, a giudizio di questa Corte, attribuirla alla parte o al suo difensore, sulla base del suo semplice esame visivo.
4.2 In tale situazione, il Collegio giudicante ha dovuto operare ed ha, del tutto correttamente, operato una valutazione della struttura grafica complessiva e del testo del documento, per stabilire se essa dovesse essere attribuita alla parte ovvero al suo difensore.
Nel fare ciò, ha evidentemente tenuto conto del fatto che: a) il predetto documento era formato in modo tale da prevedere, almeno in astratto ed apparentemente, sia la sottoscrizione della parte (subito dopo l’indicazione delle su e generalità a stampa), sia quella, per autentica, del difensore (dopo le parole « È tale »); b) in concreto, vi era, invece, un’unica sottoscrizione analogica, estesa dopo le parole « È tale ».
Ha dunque attribuito tale sottoscrizione al difensore, ravvisando la mancanza di quella della parte.
4.3 L’ operazione in tal modo compiuta dalla Corte di Cassazione ha certamente carattere valutativo ed ha comportato, all’evidenza, l’utilizzazione, quanto meno, di argomentazioni induttive, se non di una vera e propria indagine ermeneutica: non si tratta, cioè, di un’attività di mera oggettiva percezione del contenuto del documento (in sé oggettivamente ambiguo, per come risultava redatto) , ma di un’attività che ha implicato (e che necessariamente implicava, data l’illeggibilità dell’unica sottoscrizione analogica esistente sul documento stesso e la sua posizione nella struttura di questo) la valutazione e
l’interpretazione del contenuto del predetto documento, allo specifico fine di attribuire la sottoscrizione illeggibile all’uno o all’altro dei suoi possibili autori, in una situazione di obbiettiva incertezza, che escludeva ogni evidenza percettiva.
4.4 Orbene, dal tenore complessivo della motivazione dell’ordinanza impugnata emerge con certezza che la Corte di Cassazione ha effettuato tale attività di valutazione ed interpretazione del contenuto del documento (e non può rilevare in alcun modo, nella presente sede, stabilire se l’operazione interpretativa sia stata effettuata correttamente o meno) e, all’esito, ha ritenuto che la sottoscrizione illeggibile era da attribuire al difensore, quale sottoscrizione dell’attestazione di autentica di quella della parte conferente, in considerazione della posizione del segno grafico nel documento, apposto dopo le parole « È tale » e non nello spazio bianco tra l’indicazione a stampa del nominativo della parte e le suddette parole « È tale ».
Non ha, invece, ritenuto possibile attribuirla alla stessa parte conferente (la cui sottoscrizione, quindi, è stata inevitabilmente ritenuta del tutto mancante), proprio perché era rimasto in bianco lo spazio presente nel documento stesso, dopo l’indicazione a stampa delle generalità della parte e prima delle parole « È tale ».
Nel presente ricorso per revocazione, la parte ricorrente espone le ragioni per cui, a suo avviso, la valutazione operata dalla Corte di Cassazione dovrebbe ritenersi erronea.
Ma, trattandosi del risultato di una attività di valutazione e di interpretazione del contenuto di un documento, operata direttamente dalla Corte, in relazione alla questione controversa, cioè alla questione della attribuzione della sottoscrizione illeggib ile ad uno o all’altro dei suoi possibili autori, per le ragioni sin qui chiarite, non, quindi, di un mero errore percettivo, le suddette considerazioni della ricorrente non possono ritenersi ammissibili e rilevanti nella presente sede, essendo esse, nella
sostanza, di fatto rivolte a censurare direttamente la suddetta attività valutativa ed interpretativa, il che non è consentito nel ricorso per revocazione, ai sensi degli artt. 391 bis e 395, n. 4, c.p.c..
Il ricorso per revocazione è dichiarato inammissibile.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-