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Errore materiale sentenza: Cassazione corregge nome

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha disposto d’ufficio la correzione di un errore materiale contenuto in una sua precedente sentenza. L’errore consisteva nell’errata indicazione del nome di battesimo del Sostituto Procuratore generale menzionato nell’epigrafe dell’atto. La Corte ha ordinato la rettifica del nome, specificando che tale procedura non comporta una pronuncia sulle spese legali, ripristinando così la corretta formalità del provvedimento senza alterarne la sostanza decisionale.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Correzione Errore Materiale Sentenza: La Cassazione Interviene d’Ufficio

Nel percorso della giustizia, la precisione è fondamentale. Un errore materiale in una sentenza, sebbene non ne alteri la sostanza, può minare la certezza del diritto e la chiarezza degli atti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite chiarisce come il sistema giudiziario possieda gli strumenti per rimediare a queste sviste in modo rapido ed efficiente, anche di propria iniziativa.

Il Caso in Esame: Un Errore di Scrittura in una Sentenza Decisiva

La vicenda trae origine da un procedimento di correzione avviato d’ufficio dalla stessa Corte di Cassazione. L’oggetto della correzione era una precedente sentenza delle Sezioni Unite che aveva deciso un ricorso in materia disciplinare a carico di un magistrato, confermando una sanzione molto grave.

L’errore individuato era di natura puramente formale: nell’epigrafe della sentenza, ovvero nella parte iniziale dove vengono elencate le parti e i magistrati partecipanti, era stato indicato un nome di battesimo errato per il Sostituto Procuratore Generale che aveva presenziato alla discussione. Un lapsus calami, una semplice svista di scrittura che, tuttavia, doveva essere rettificata per garantire la piena e corretta corrispondenza dell’atto alla realtà processuale.

Il Procedimento di Correzione dell’Errore Materiale nella Sentenza

Il meccanismo di correzione è disciplinato dall’articolo 288 del Codice di Procedura Civile. Questo strumento permette di emendare gli errori materiali o di calcolo senza dover impugnare la sentenza e riaprire il dibattito sul merito della questione. È una procedura snella che mira a preservare l’integrità formale del provvedimento.

Nel caso specifico, è stata la stessa cancelleria della Corte a promuovere il procedimento, dimostrando un’attenzione al dettaglio e un meccanismo di controllo interno efficace. I difensori delle parti coinvolte nel giudizio originario sono stati debitamente informati del procedimento di correzione, ma nessuno ha ritenuto necessario depositare memorie o osservazioni, a conferma della natura pacifica e non controversa dell’intervento.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza sono concise e dirette, come si conviene a un provvedimento di questa natura. La Corte si è limitata a constatare l’esistenza oggettiva dell’errore materiale. Nell’epigrafe della sentenza originaria, a pagina 2, decimo rigo, era stato scritto il nome ‘Aldo’ anziché ‘Elisabetta’ per il Sostituto Procuratore Generale.

La Corte ha quindi ordinato che il nome errato dovesse “leggersi e intendersi” come quello corretto. Questa formula sancisce la rettifica con effetto retroattivo, come se l’errore non fosse mai stato commesso. La decisione sottolinea che tale correzione non influenza in alcun modo il ragionamento giuridico né il dispositivo della sentenza originale, che rimane pienamente valido ed efficace. Inoltre, richiamando un proprio precedente, la Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese, trattandosi di un’attività processuale volta a ripristinare la correttezza formale di un atto nell’interesse generale della giustizia.

Conclusioni: L’Importanza della Precisione Formale negli Atti Giudiziari

Questo caso, pur nella sua semplicità, offre spunti di riflessione importanti. In primo luogo, dimostra che il sistema giudiziario è dotato di meccanismi di autocorrezione efficienti per garantire l’accuratezza dei propri atti. La procedura di correzione dell’errore materiale in una sentenza è uno strumento prezioso per evitare che semplici sviste possano generare incertezze.

In secondo luogo, l’iniziativa d’ufficio della Corte evidenzia un alto senso di responsabilità istituzionale. La giustizia non è solo sostanza, ma anche forma, e la precisione formale è un prerequisito per la credibilità e l’autorevolezza delle decisioni. Per i cittadini e i professionisti del diritto, questa ordinanza è una rassicurazione: il sistema vigila sulla correttezza dei propri atti a tutti i livelli, intervenendo per sanare le imperfezioni senza gravare sulle parti con ulteriori oneri o lungaggini processuali.

Cosa si intende per errore materiale in una sentenza?
Per errore materiale si intende una svista puramente formale, come un errore di calcolo o l’indicazione di un nome errato, che non incide sul ragionamento logico-giuridico e sulla decisione finale del giudice.

Chi può avviare il procedimento per la correzione di un errore materiale?
Il procedimento può essere avviato su istanza di una delle parti, ma, come dimostra il caso in esame, può anche essere promosso d’ufficio dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento, quando si accorge della svista.

La correzione di un errore materiale comporta il pagamento di nuove spese legali?
No. L’ordinanza, richiamando un precedente specifico delle Sezioni Unite, chiarisce che in questo tipo di procedimento non si procede a una pronuncia sulle spese, poiché la correzione è un atto dovuto per ripristinare la correttezza formale del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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