SENTENZA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI N. 383 2025 – N. R.G. 00000347 2021 DEPOSITO MINUTA 09 10 2025 PUBBLICAZIONE 09 10 2025
P.
)
,
con sede
(c.f. e p.i.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI
SEZIONE CIVILE
composta da
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 347 per l’anno 2021 , promossa da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
(c.f. ) , residente a Sassari ed elettivamente domiciliata a Cagliari presso lo studio RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO che la rappresentano e difendono per procura in atti, C.F.
ricorrente in riassunzione
contro
a
Cagliari,
e
(c.f.
C.F.
)
, residente a Cagliari, elettivamente domiciliati a
Padova presso l’AVV_NOTAIO del Foro di Padova che li rappresenta e difende per procura in atti,
resistenti
La causa è stata decisa sulle seguenti
CONCLUSIONI
Nell’interesse della ricorrente : voglia la Corte d’appello, reietta ogni avversa istanza, eccezione e deduzione:
A) accertare e dichiarare la responsabilità del convenuto Prof.
e dell’ per
l’incompleta informazione nonché per l’inadeguata anamnesi, l’errata diagnosi, l’errore e la scelta arbitraria e non consentita dell’isterectomia e per avere provocato la lesione ureterale oltre che per il successivo comportamento a Sassari e Cagliari che ha provocato un intervento per riparare la fistola vaginale, per la scelta di far eseguire l’intervento operatorio dal fratello anziché dal servizio pubblico e per l’errata esecuzione di tale intervento e le conseguenze derivate all’attrice nonché per qualsiasi comportamento negligente, imprudente, imperito, violativo delle linee guida e delle buone prassi mediche non enunciato ma sussistente e tale da aver inciso nell’iter causale che ha provocato i danni subiti dall’attrice;
B) di conseguenza, condannare gli stessi in solido al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, biologici, alla vita di relazione e a tutti quelli così come esplicitati e meglio chiariti in narrativa e anche quelli esistenti ma non specificamente enunciati nonché al pagamento delle spese per le ragioni indicate nella documentazione in atti, da liquidarsi nella misura che risulterà in giudizio, con interessi, maggior danno e rivalutazione monetaria dal 28.11.2007 al saldo.
C) liquidare le spese legali relative al giudizio civile trasferito in quello penale nonché quelle relative ai tre gradi del giudizio penale, tutte come richieste nel corso dello stesso o nella misura che verrà ritenuta di giustizia.
Vinte le spese ed onorari.
Nell’interesse dei resistenti : voglia la Corte d’appello
NEL MERITO:
respingersi ogni avversa domanda, in quanto infondata in fatto e in diritto, mandandosi
e il
prof.
assolti da ogni pretesa risarcitoria ad ogni
titolo evocata;
NEL MERITO, IN VIA SUBORDINATA:
nella denegata ipotesi di ritenuta responsabilità di
e del prof. accertarsi il reale danno subito da parte attrice in riassunzione con ricorso a criteri di diritto e prova assolutamente rigorosi, ridimensionandosi, comunque, le avverse pretese e deducendosi dall’eventuale obbligazione dovuta, quanto percepito da da parte di o altri Enti e, comunque, accertarsi la esatta quota percentuale di corresponsabilità dei convenuti prof. e limitatamente alla quale essi saranno, se del caso, tenuti a rispondere verso l’attrice, rispetto a quella di competenza del AVV_NOTAIO e
in ragione dell’accordo transattivo intercorso;
IN OGNI CASO:
con vittoria di spese di lite.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Al fine di ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e no, derivati dall’intervento chirurgico di isterectomia totale per via laparoscopica eseguito nel mese di novembre del 2007 dal prof. presso la dell’ RAGIONE_SOCIALE in Cagliari e del successivo intervento chirurgico volto a risolvere delle complicanze urologiche insorte a seguito del primo intervento, citò in giudizio, davanti al Tribunale di Cagliari (proc. 3591/2010 R.G.) -tra gli altriil e l’ presso la quale il medico convenuto svolgeva la propria attività professionale.
Nel corso del giudizio (che sarebbe poi stato definito con la sentenza n. 1881/2020), l’attrice trasferì in sede penale l’azione civile esercitata nei confronti del e della
Con la sentenza n. 3449 del 20 ottobre 2015, confermata in appello dalla sentenza n. 491 del 22 maggio 2019, il Tribunale penale di Cagliari assolse per insussistenza del fatto in relazione al reato di cui all’art. 590, comma secondo, c.p. (per avere, in qualità di direttore della clinica ostetrica e ginecologica dell’RAGIONE_SOCIALE, cagionato a lesioni personali per negligenza, imprudenza e imperizia, consistita, in particolare, nel sottoporre il 29 novembre 2007 la paziente a un intervento chirurgico di isterectomia totale per via laparoscopica per una sospetta endometriosi senza che sussistesse alcuna indicazione terapeutica e determinando la necessità per la persona offesa di sottoporsi a un ulteriore
intervento chirurgico di ureterocistoneostomia destra, eseguito il successivo 14 dicembre 2007, dal quale erano derivate alla persona offesa ulteriori lesioni, a seguito di condotta colposa di altro medico).
La pronuncia di appello fu annullata, ai soli effetti RAGIONE_SOCIALE, dalla sentenza n. 12968/2021, con cui la Corte di Cassazione penale dispose il rinvio a questa Corte civile di merito per un nuovo e più approfondito esame in ordine alla condotta del medico, con particolare riferimento alla scelta di eseguire un intervento chirurgico pericoloso, facilmente suscettibile di complicazioni, nonostante il mancato espletamento RAGIONE_SOCIALE esami strumentali previsti (tra i quali la risonanza magnetica dello scavo pelvico o l’ecografia transvaginale con sonde ad alta frequenza indicati dal consulente di parte civile) e l’omessa adozione di una terapia farmacologica, che avrebbe potuto consentire la scoperta della inesistenza della endometriosi.
Nell’accogliere il secondo motivo di impugnazione, la S.C. evidenziò che, pur risultando accertata la correttezza dell’intervento, era mancato l’approfondimento della tematica prospettata dalla difesa di parte civile, secondo cui, in caso di previo espletamento di tutti gli esami preventivi del caso, si sarebbe ragionevolmente scoperta l’inesistenza della endometriosi e, dunque, evitato l’intervento chirurgico rischioso.
Ribadito come l’obbligo di massima prudenza, perizia e diligenza da parte del medico non si esaurisca nell’esecuzione materiale dell’atto medico, ma si estenda in modo pregnante alla fase diagnostica e alla scelta terapeutica, specie quando siano ipotizzabili più alternative cliniche, la S.RAGIONE_SOCIALE. ritenne che per escludere la responsabilità del medico sarebbe stato necessario stabilire se egli
avesse effettivamente intrapreso il percorso diagnostico terapeutico ideale, suggerito dalla migliore scienza ed esperienza di quel contesto storico da società scientifiche di prestigio internazionale, previa verifica se:
-le linee guida prevedessero l’esecuzione dell’intervento chirurgico senza il previo svolgimento di esami strumentali;
-se fosse preferibile procedere agli accertamenti di rito, pur prendendo atto dei limiti scientifici circa la possibilità di scoprire con certezza l’esistenza della endometriosi, oppure se fosse condivisibile la scelta di operare ugualmente la paziente nonostante l’incompletezza della diagnosi;
-se le linee guida prevedessero di effettuare una terapia farmacologica, sia pur dagli effetti temporanei, in attesa di poter scoprire, anche grazie alla risposta del fisico della al trattamento, la fondatezza della tesi della dipendenza delle problematiche della paziente dalla (sospetta) endometriosi.
Con atto di riassunzione, dopo avere diffusamente ricostruito l’articolata vicenda processuale, la ha sottolineato l’autonomia del giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p., pur formalmente derivante dal processo penale, e ha invocato l’applicazione del criterio probatorio del più probabile che non , fondato sulla prevalenza logica e probabilistica delle prove disponibili.
Evidenziata l’utilizzabilità delle prove penali nel processo civile, purché idonee a fornire elementi di giudizio e non smentite da altre risultanze, la ha suggerito che il giudice civile avrebbe potuto valutare diversamente
l’elemento soggettivo (colpa anziché dolo) e qualificare autonomamente il titolo di responsabilità (contrattuale o extracontrattuale), senza mutare i fatti costitutivi emersi in sede penale, e ha argomentato come la responsabilità civile possa essere riconosciuta anche in capo a soggetti non condannati penalmente, in base al principio dell’obbligazione solidale ex art. 2055 c.c.
La ricorrente ha chiesto, dunque, il risarcimento di una pluralità di voci di danno, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dalle condotte mediche ritenute gravemente colpose.
Oltre al danno biologico permanente derivante da lesioni neurologiche, urologiche, ginecologiche e ortopediche, e al danno per la violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione terapeutica (in quanto l’intervento chirurgico di isterectomia totale laparoscopica sarebbe stato eseguito in assenza di un valido e consapevole consenso informato), la ha chiesto il riconoscimento del danno patrimoniale per:
-riduzione della capacità lavorativa: impossibilità di svolgere le precedenti mansioni di commessa, passaggio al part-time , perdita di straordinari, scatti di carriera e promozioni;
-spese mediche e farmaceutiche: oltre euro 10.000,00 già sostenuti (cui si sono aggiunti, con la memoria conclusionale, ulteriori euro 25.000,00 per la parcella del prof. , con previsione di ulteriori costi per cure continuative;
-danno da perdita dell’abitazione: pignoramento immobiliare e decadenza dal mutuo;
-danno da condanna al pagamento di competenze professionali per oltre euro 33.000,00.
Con riguardo al danno non patrimoniale, la ha lamentato:
-danno morale: sofferenza interiore, perdita della dignità personale, isolamento sociale e familiare.
-danno alla vita di relazione: compromissione della sfera affettiva, sessuale, sociale e lavorativa,
e ha chiesto la personalizzazione del danno nella misura massima prevista dalle tabelle, con aumento per circostanze eccezionali.
Infine, ha concluso per il riconoscimento del risarcimento anche per l’aggravamento della patologia e per le spese future, in base all’evoluzione clinica.
Il e l’ hanno resistito ed evidenziato come il giudizio di rinvio, pur formalmente collegato al processo penale, sia strutturalmente e funzionalmente autonomo, disciplinato dalle regole del processo civile (artt. 392 ss. c.p.c.) e finalizzato all’accertamento della responsabilità civile per fatto illecito ex art. 2043 c.c.
Eccepita l’i nammissibilità della domanda per violazione del consenso informato, siccome relativa a un profilo che non era stato dedotto né nel giudizio civile originario né nella costituzione di parte civile nel processo penale e integrante, dunque, una inammissibile mutatio libelli , vietata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., i resistenti hanno eccepito come l’intervento di isterectomia
fosse indicato e fosse stato correttamente eseguito, in presenza di sintomatologia algica cronica e sospetta adenomiosi.
Eccepito come le patologie neurologiche successive fossero da attribuirsi a preesistenti condizioni (es. sindrome di Sjögren) o a interventi successivi (es. quello del prof. , il e l’RAGIONE_SOCIALE hanno invocato il giudicato riflesso della sentenza civile n. 1881/2020 che aveva escluso la responsabilità del medico che aveva eseguito l’intervento urologico successivo a quello del e hanno indicato di volere profittare della transazione stipulata dalla con e (euro 35.000,00 a titolo di risarcimento integrale).
Quanto ai danni, i resistenti hanno bollato come sproporzionata la richiesta di invalidità al 100%, in quanto non attuale e priva di fondamento medicolegale, e hanno negato la possibilità di cumulare danno biologico, danno morale e danno alla vita di relazione.
Contestata la mancanza di prova della riduzione della capacità lavorativa specifica e la genericità e non pertinenza delle spese mediche documentate, i resistenti hanno concluso per il rigetto integrale delle domande attoree e, in subordine, per la limitazione della responsabilità alla sola quota eventualmente accertata, con deduzione di quanto già percepito.
*
Nell’accogliere il secondo motivo di impugnazione della sentenza della Corte d’appello, la RAGIONE_SOCIALECRAGIONE_SOCIALE ha richiamato il principio per cui il medico non può arrestarsi al primo convincimento diagnostico, dato il dovere di proseguire gli accertamenti finché non abbia raggiunto un grado di certezza sufficiente a
escludere patologie alternative, soprattutto quando queste siano più gravi o comportino trattamenti incompatibili tra loro.
Il medico -ha argomentato la Corteè tenuto sempre ad adottare la soluzione di un procedimento diagnostico più rigoroso, al fine di scongiurare ogni rischio per la salute del paziente. Si tratta cioè di stabilire se la scelta del sanitario di procedere ugualmente all’intervento, senza previamente espletare gli esami strumentali e senza somministrare una terapia farmacologica, debba essere considerata imprudente .
È ravvisabile colpa, pertanto, nel comportamento del sanitario, il quale non si astiene da un intervento che la comune cultura nel settore ritiene oltremodo rischioso e giudica utile solo in caso di certezza di una determinata diagnosi, che non era in condizione di avere .
In tale contesto, la Corte ha riconosciuto che l’omissione di esami strumentali doverosi (come nel caso di specie, una risonanza magnetica pelvica o un’ecografia transvaginale ad alta definizione) possa integrare colpa professionale, anche in assenza di errore tecnico nell’esecuzione dell’intervento chirurgico.
Conseguentemente, nel cassare la pronuncia di appello in accoglimento del secondo motivo di impugnazione, la Corte ha respinto il primo motivo (relativo alla lamentata nullità della perizia) e ha ritenuto assorbite tutte le ulteriori doglianze non esaminate (un terzo motivo relativo al vizio di motivazione e uno ulteriore relativo al governo delle spese processuali) e ha rinviato davanti a questo giudice civile per un nuovo e più approfondito esame in ordine alla condotta del ricorrente con particolare riferimento alla scelta di eseguire
ugualmente un intervento chirurgico pericoloso, facilmente suscettibile di complicazioni, nonostante il mancato espletamento RAGIONE_SOCIALE esami strumentali previsti (tra i quali la risonanza magnetica dello scavo pelvico o l’ecografia trans-vaginale con sonde ad alta frequenza indicati dal consulente di parte civile) e l’omessa adozione di una terapia farmacologica, che avrebbe potuto consentire la scoperta della inesistenza della endometriosi.
4.1 In ossequio al decisum della S.C., questa Corte ha proceduto a verificare, tramite la nomina di un medico legale e un ginecologo, se la scelta di intervenire chirurgicamente con isterectomia fosse conforme alle Linee Guida dell’epoca (29 -11-07) e comunque costituisse la scelta terapeutica ottimale secondo la miglior scienza ed esperienza del settore, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE esami eseguiti sulla paziente prima dell’intervento e dell’inquadramento diagnostico riscontrabile nei documenti prodotti oppure se fosse consigliabile, per la salute e la qualità di vita della paziente, una diversa scelta terapeutica, anche non risolutiva, nell’attesa di accertare e/o confermare la diagnosi di endometriosi .
Esula dal perimetro dell’accertamento demandato a questa Corte ogni valutazione in ordine alla sussistenza di una violazione del diritto all’autodeterminazione terapeutica, atteso che il decisum della S.C. ha demandato al giudice civile la sola questione relativa alla correttezza o no della scelta terapeutica non conservativa di procedere alla isterectomia.
Dalla consulenza tecnica del prof. e dal AVV_NOTAIO frutto di un approccio metodologico rigoroso, in quanto fondato sull’analisi documentale completa, sull’esame clinico della perizianda, sul
contraddittorio tecnico con i consulenti di parte e con applicazione corretta di principi medico-legali (di valutazione della condotta, del nesso causale e del danno), emerge come l’intervento di isterectomia laparoscopica eseguito dal in data 29 novembre 2007 sia stato effettuato in assenza di una diagnosi fondata di endometriosi (o adenomiosi) e a fronte di accertamenti preoperatori assolutamente carenti.
Gli ausiliari hanno verificato non essere stata eseguita alcuna risonanza magnetica pelvica né alcuna ecografia transvaginale ad alta definizione né altri esami (c.d. di imaging ) idonei a confermare quello che sino a quel momento era stato solo un sospetto clinico.
I consulenti hanno sottolineato come l’unico esame che risulta eseguito (una ecografia pelvica del giorno precedente l’intervento) non evidenziasse -a dispetto di quanto sostenuto dai convenuti, attraverso una non corretta assimilazione tra fibroleiomiomatosi e adenomiosi (pag. 84)- segni compatibili con endometriosi profonda o con adenomiosi.
Pertanto, la scelta terapeutica adottata, consistente in un intervento chirurgico irreversibile, non trovava giustificazione né nella sintomatologia riferita né nei riscontri clinici obiettivi.
Come rilevato dai c.t.u., una laparoscopia diagnostica sarebbe stata l’opzione terapeutica più prudente e indicata per chiarire il quadro clinico, in presenza di dolori pelvici non meglio inquadrabili.
Pur rappresentando il trattamento suggerito per casi selezionati di adenomiosi, l’isterectomia non era indicata con riguardo alla situazione della
Usai, in quanto la necessità di quell’intervento definitivo non era supportata da evidenze cliniche o strumentali.
4.2 Tali conclusioni non sono confutate dalle difese del e dell’
Queste si fondano, in estrema sintesi, sull’assunto secondo cui l’intervento chirurgico di isterectomia sarebbe stato giustificato dalla sintomatologia dolorosa riferita dalla paziente e dalla sua pregressa storia clinica, nella quale era stata formulata, da altri medici, una diagnosi di sospetta endometriosi.
Tali argomentazioni, tuttavia, si risolvono in un’inaccettabile deresponsabilizzazione del medico operante, che avrebbe agito sulla base di mere dichiarazioni anamnestiche e di ipotesi diagnostiche non corroborate da alcun accertamento strumentale obiettivo.
La decisione di procedere all’isterectomia, in assenza di conferme diagnostiche, risulta in contrasto con i principi di diligenza, prudenza e perizia che devono informare l’agire medico, specie in presenza di trattamenti chirurgici irreversibili.
Come già osservato, il medico non può fondare la propria condotta terapeutica su un sospetto clinico non verificato né può ritenere sufficiente il fatto che la paziente riferisca di essere affetta da una determinata patologia o che tale sospetto sia stato formulato da altri sanitari in epoca precedente.
La responsabilità professionale del medico impone un dovere di verifica autonoma e rigorosa, mediante l’esecuzione di tutti gli accertamenti necessari a confermare o escludere le ipotesi diagnostiche. In difetto, la scelta terapeutica si configura come arbitraria e colposa.
Nella stessa pronuncia che ha disposto il rinvio a questo giudice, la Cassazione ha ribadito come il medico abbia l’obbligo di approfondire il quadro clinico mediante tutti gli accertamenti necessari e come la mancata esecuzione di esami strumentali doverosi integri colpa professionale, anche in assenza di errore tecnico nell’esecuzione dell’atto chirurgico.
Tali principi trovano piena applicazione nel caso di specie, ove la condotta del medico ha determinato l’esecuzione di un intervento non giustificato, con conseguenze lesive per la paziente, tra cui lesione ureterale, fistola ureterovaginale e successiva cascata di eventi clinici e chirurgici.
La condotta del prof. in definitiva, deve qualificarsi come colposa, per violazione delle regole dell’arte medica nella fase diagnostica e nella scelta terapeutica, con nesso causale diretto rispetto ai danni subiti dalla paziente
4.3 Il convenuto e la convenuta l’
,
dunque, devono rispondere del danno di natura anatomo-funzionale correlabile, in primis , alla perdita anatomica dell’utero conseguente all’isterectomia e RAGIONE_SOCIALE esiti della lesione iatrogena ureterale destra.
Non conduce a soluzione diversa la difesa dei convenuti per cui quest’ultima lesione si risolverebbe in un evento avverso da ascriversi a una complicanza che si riscontra in una percentuale intorno al 1%-3% dei casi.
Per superare la presunzione di cui all’art. 1218 c.c., nel giudizio di responsabilità medica non è sufficiente dimostrare che l’evento dannoso per il paziente costituisca una complicanza rilevabile nella statistica sanitaria, dovendosi ritenere tale nozione (indicativa nella letteratura medica di un
evento, insorto nel corso dell’ iter terapeutico, astrattamente prevedibile ma non evitabile) priva di rilievo sul piano giuridico, nel cui ambito il peggioramento delle condizioni del paziente può solo ricondursi a un fatto o prevedibile ed evitabile, e dunque ascrivibile a colpa del medico, ovvero non prevedibile o non evitabile, sì da integrare gli estremi della causa non imputabile (da ultimo, Cass., ord. 29 novembre 2022, n. 35024).
Tanto precisato, i convenuti devono rispondere anche di tale ulteriore lesione perché in disparte la questione della correttezza dell’esecuzione del complessivo intervento- essa non sarebbe stata procurata se egli avesse evitato l’intervento stesso di isterectomia, stante l’assenza di un’indicazione circa la sua necessità terapeutica.
In merito alle ulteriori problematiche neurologiche lamentate dalla i tecnici hanno evidenziato come il suo complessivo quadro clinico fosse già gravemente compromesso da una condizione pluripatologica antecedente all’intervento per cui è causa.
In questo quadro, i c.t.u. hanno chiaramente riconosciuto la sussistenza di un danno alla persona in connessione causale con l’intervento chirurgico del 29 novembre 2007 limitatamente:
-alla perdita anatomica dell’utero conseguente all’isterectomia;
-agli esiti della lesione iatrogena ureterale destra e relativi interventi;
-all’accentuazione della sintomatologia di natura uro -ginecologica (peraltro cronica e in parte preesistente all’intervento stesso);
-alla sintomatologia di natura psichica.
Con specifico riguardo al quadro psichico, la consulenza ha riconosciuto come l’intervento del 29 novembre 2007 e le sue dirette conseguenze abbiano determinato un’accentuazione del disturbo ansioso -depressivo (preesistente e documentato in atti), da contestualizzare, peraltro, in una condizione patologica già preesistente e ascrivibile anche a ulteriori fattori causali.
Gli ausiliari hanno escluso, per contro, il nesso causale tra l’intervento chirurgico le seguenti ulteriori patologie che sono state rilevate e diagnosticate nel lungo e complesso iter clinico (la malattia autoimmune sistemica, il fenomeno di Reynaud, la sofferenza del nervo mediano, la sindrome di Sjogren, la sindrome fibromialgica, la sindrome vertiginosa con ipoacusia, così come la spondilodiscoartrosi cervico-dorso-lombare e il quadro periartritico alle spalle con sindrome da conflitto subacromiale), avendo tali patologie una differente derivazione eziopatogenetica e comunque non correlabile ai postumi direttamente ascrivibili all’intervento eseguito dal
Rispetto alle ulteriori patologie neurologiche periferiche (neuropatia del nervo femorale destro, lesione del pudendo e incarceramento del nervo genitofemorale destro) e l’occlusione dell’arteria iliaca esterna destra, i consulenti hanno sostanzialmente escluso di poterne riconoscere, con certezza scientifica, la riconducibilità all’evento lesivo contestato alla stregua del criterio del più probabile che non (o della preponderanza dell’evidenza).
Pur secondo lo standard probatorio applicabile nell’ambito della responsabilità civile, non è riconoscibile, dunque, un nesso di causalità tra la condotta del medico e gli eventi dannosi lamentati, non potendosi accertare che
la tesi della sussistenza del nesso sia preferibile a quella della sua inesistenza, sulla base RAGIONE_SOCIALE indizi gravi, precisi e concordanti dati nel caso concreto.
*
Per quanto attiene alla quantificazione del danno, occorre muovere dal rilievo che, tenendo conto del quadro pluripatologico a matrice multifattoriale (sia preesistente che sopravvenuto) della paziente, i consulenti hanno ravvisato un danno permanente biologico stimabile nella misura del 28-30% (ventottotrenta percento) in nesso causale con i postumi di natura iatrogena sopra delineati e considerati metodologicamente in senso globale, tenendo anche conto dei riflessi sulla sfera dinamico-relazionale del soggetto.
In questo quadro, questa Corte ritiene di dovere quantificare il danno biologico in capo alla nella misura massima della forbice sopra indicata, tenuto conto della complessità dei postumi permanenti rappresentati dai riflessi anatomo-disfunzionali correlati:
-all’isterectomia e alla lesione ureterale e alla maggiore compromissione del quadro clinico afferente alla sfera uroginecologica;
-alla accentuazione della componente ansioso-depressiva del quadro psichico
e tenuto altresì conto della loro incidenza, dal punto di vista psico-fisico, sull’attività lavorativa (sul punto si veda infra ).
Data l’epoca in cui si è verificato l’evento dannoso, il danno non patrimoniale deve essere liquidato, sulla scorta delle vigenti tabelle del Tribunale di Milano (da applicare ratione temporis ), in:
-euro 119.419,00 per il danno alla salute (suscettibile di accertamento medico legale);
-ulteriori euro 54.933,00 per la sofferenza psichica patita per il danno alla salute.
Quest’ultima somma costituisce un incremento, riconosciuto nella misura massima prevista dalle citate tabelle (46%), dovuto alla per la sofferenza soggettiva patita e si giustifica sulla base della articolata allegazione, da parte dell’attrice, delle pesanti conseguenze pregiudizievoli patite, causalmente riconducibili alla condotta del medico, tali da giustificare, secondo un criterio logico presuntivo di proporzionalità diretta, un danno morale correlato alla gravità della lesione della salute (si vedano pagg. 5053 dell’atto di riassunzione in cui è illustrato tra l’altro – come le menomazioni permanenti e le complicanze post-operatorie abbiano determinato una condizione di angoscia, depressione reattiva, senso di emarginazione personale e sociale, con ripercussioni sulla vita privata, lavorativa e di relazione della .
5.1 Poiché il danno temporaneo biologico -con criterio clinico- può essere stimato in 51 giorni (cinquantuno) di invalidità totale, conformi ai giorni di ricovero decorrenti dal 28 novembre 2007 al 18 ottobre 2008 (5 ricoveri ospedalieri e 4 interventi chirurgici), in 60 giorni (sessanta) di invalidità al 75% e in 120 giorni (centoventi) al 50%, alla spettano per l’invalidità temporanea ulteriori euro 17.940,00 (di cui euro 5.865,00 per invalidità totale, euro 5.175,00 per quella al 75% ed euro 6.900,00 per quella al 50%).
5.2 Questa Corte ritiene che non sussistano, invece, i presupposti per una personalizzazione del danno non patrimoniale, avuto riguardo ai criteri giurisprudenziali consolidati e le indicazioni medico-legali emerse.
La personalizzazione del danno non patrimoniale -nella sua componente di danno alla salutetrova fondamento nell’art. 1223 c.c., in combinato disposto con gli artt. 2056 e 2059 c.c., e si concretizza nell’adeguamento equitativo del risarcimento in relazione alle peculiarità soggettive del danneggiato e alla gravità delle conseguenze patite, oltre il danno standard tabellare.
Solo in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dal deducente, che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (così, Cass., ord. 6 marzo 2025, n. 5984).
In particolare è stato affermato dalla S.C., con la fondamentale ordinanza 27 marzo 2018, n. 7513, che una lesione della salute può avere le conseguenze dannose più diverse, ma tutte inquadrabili teoricamente in due gruppi:
conseguenze necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero patire quel particolare tipo di invalidità;
conseguenze peculiari del caso concreto, che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili.
Tanto le prime che le seconde costituiscono un danno non patrimoniale; la liquidazione delle prime, tuttavia, presuppone la mera dimostrazione
dell’esistenza dell’invalidità; la liquidazione delle seconde esige la prova concreta dell’effettivo (e maggior) pregiudizio sofferto.
Pertanto, la perduta possibilità di continuare a svolgere una qualsiasi attività, in conseguenza d’una lesione della salute, non esce dall’alternativa: o è una conseguenza normale del danno (cioè, indefettibile per tutti i soggetti che abbiano patito una menomazione identica) ed allora si terrà per pagata con la liquidazione del danno biologico; oppure è una conseguenza peculiare e allora dovrà essere risarcita, adeguatamente aumentando la stima del danno biologico.
Le conseguenze della menomazione, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana e sugli aspetti dinamico-relazionali, che sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale.
In questo senso, la RAGIONE_SOCIALE. ha spiegato come gravissime ripercussioni sul piano estetico, lavorativo e relazionale subite nonché anche lunghissimi periodi di ospedalizzazione e la probabile necessità di ulteriori interventi futuri altro non siano che le normali conseguenze derivanti dal tipo di danno subito, ossia conseguenze dannose che devono considerarsi già pagate con la liquidazione del danno biologico (Cass., n. 7513/2018 cit.).
Di conseguenza, soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non
stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Cass., ord. 27 luglio 2024, n. 21062).
Nella fattispecie concreta, la parte attrice non ha fornito una rappresentazione puntuale e circostanziata delle condizioni di vita personali, familiari, sociali o lavorative che, in concreto, renderebbero le conseguenze del danno alla salute subìto più gravi rispetto a quelle ordinariamente derivanti da una lesione di pari entità.
La si è limitata a descrivere una pluralità di (invero gravosi) disturbi e limitazioni funzionali, senza tuttavia dimostrare come tali conseguenze abbiano inciso in modo straordinario e differenziato sulla sua esistenza rispetto a quanto normalmente atteso (purtroppo) in casi analoghi.
In secondo luogo, deve rilevarsi come molte delle circostanze dedotte dalla parte attrice (quali, ad esempio, l’ incontinenza, la difficoltà evacuativa, la sindrome dolorosa pelvica, la neuropatia del pudendo, la f ibromialgia, la sindrome di Sjögren, nonché i disturbi psichici e autoimmunitari, etc .) costituiscano, invero, manifestazioni cliniche riconducibili a un quadro pluripatologico complesso , in parte preesistente all’intervento chirurgico del 29 novembre 2007, e in parte non ritenuto dai consulenti tecnici d’ufficio eziologicamente correlato alla lesione ureterale e all’isterectomia.
Come già evidenziato, il danno biologico permanente è stato stimato nella misura del 28 -30% , tenendo conto globalmente dei postumi di natura iatrogena e già valorizzando i riflessi sulla sfera dinamico-relazionale.
I c.t.u. hanno espressamente escluso la possibilità di attribuire ulteriori percentuali a titolo di personalizzazione, non ravvisando elementi clinici o
sociali tali da giustificare un aggravamento del danno rispetto alla sua entità medico-legale.
In conclusione, la richiesta di personalizzazione del danno deve essere rigettata, non risultando né allegata né provata l’esistenza di circostanze eccezionali e specifiche che giustifichino un incremento risarcitorio oltre quanto già riconosciuto in sede di quantificazione medico-legale.
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6. Per quanto attiene alla valutazione inerente alla capacità lavorativa, tenuto conto della storia lavorativa della (in particolare, il fatto che ella continui anche attualmente a svolgere funzioni di commessa, sia pure in regime di part time ) e della peculiarità delle mansioni svolte, i consulenti hanno ritenuto che i postumi direttamente ascrivibili alla descritta inadeguata condotta tecnica e al quadro iatrogeno derivato non comportino un impedimento all’espletamento dell’attività lavorativa da parte della né un danno alla capacità lavorativa specifica di natura patrimoniale , seppure il quadro legato alla accentuazione della sindrome dolorosa addomino-pelvica e del quadro ansioso-depressivo la condizionino negativamente, determinando una più rilevante e precoce affaticabilità ed esauribilità psicofisica nell’ambito di una maggiore usura , da inquadrare come pregiudizio alla cenestesi lavorativa, che è stato già valorizzato nella scelta di riconoscere il danno biologico nella misura massima della forbice individuata dai consulenti (28-30%) e nella scelta di riconoscere l’incremento massimo per la sofferenza patita (sino al 46%).
Tanto comporta il rigetto della domanda di danno patrimoniale sotto il profilo della ridotta capacità lavorativa della avendo i c.t.u. escluso un
nesso causale tra le conseguenze della isterectomia e la scelta necessitata dell’attrice di passare al regime di part time , con conseguente riduzione della retribuzione e perdita di ulteriori occasioni di maggiore guadagno.
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7. Per quanto attiene al danno patrimoniale per gli esborsi effettuati negli anni dalla per spese collegate alle malattie, occorre sottolineare come la mole di documentazione versata in atti -carente di un ordinato criterio espositivo e selettivo, tra l’altro di difficile individuazione a causa dell’utilizzo di un unico numero identificativo per documenti diversi (vi sono diversi allegati n. 3, n. 4, n. 9 etc .)- non si accompagni a una dettagliata attività espositiva che consenta, almeno con buona approssimazione, di ricondurre le spese invocate alle conseguenze dell’evento lesivo per cui è causa.
In via RAGIONE_SOCIALE, si osserva che l’espositiva della parte ricorrente in ordine alle spese sostenute difetta di quella specificità necessaria a consentire una puntuale individuazione dei ruoli ricoperti dai singoli professionisti coinvolti e delle attività effettivamente svolte da ciascuno. Tale carenza si riflette negativamente sulla possibilità di riconoscere la piena congruità e riferibilità delle spese al fatto oggetto di causa.
Quanto alle spese per prestazioni mediche in senso ampio (elencate da pag. 61 a pag. 64 dell’elaborato peritale), i c.t.u. hanno ritenuto congrue e pertinenti alla vicenda clinica oggetto di causa quelle relative agli accertamenti e visite inerenti la sfera uro-ginecologica e psichica.
A queste devono poi aggiungersi, secondo la valutazione di questa Corte, quelle relative quelle relative alla acquisizione di cartelle cliniche e alle fatture
per visite neurologiche, in quanto strettamente legate alla condizione derivata dall’intervento per cui è causa.
I c.t.u. hanno dettagliatamente indicato fatture e ricevute senza inserirle in un elenco numerato.
Per individuare le fatture che devono essere oggetto di rimborso può agevolmente procedersi alla attribuzione di una numerazione progressiva a partire dalla Ricevuta RAGIONE_SOCIALEssa -11/01/2008 -€ 120,00 -Visita neurologica (che diventa n. 1) per finire con la Fattura RAGIONE_SOCIALE del 27/02/2020 di 252,00 € per visita specialistica chirurgica (che diventa n. 46).
Conseguentemente, alla spettano complessivamente euro 1.983,43, pari alla somma RAGIONE_SOCIALE esborsi risultanti dalle fatture/ricevute, nn. 1, 2, 3, 8, 12, 13, 15, 17, 18, 19, 22, 28, 32 e 37 dell’elenco sopra indicato.
Per quanto riguarda gli ulteriori danni ricondotti dalla alle spese per trasferimenti e soggiorni necessari per effettuare cure, occorre considerare come sia assolutamente plausibile che la ricorrente abbia fatto ricorso a cure o consulenze presso medici operanti al di fuori della regione di residenza, ma la mera produzione di documentazione sparsa (carte d’imbarco, ricevute di albergo, scontrini di farmacia, etc .), in difetto di una precisa indicazione circa la riferibilità della singola spesa a una specifica prestazione che sia collegata alle lesioni di cui gli odierni convenuti devono rispondere, non si può ritenere provato che dati esborsi siano legati direttamente ai fatti per cui è causa e non a una delle diverse patologie della
Con riguardo specifico alle competenze del Prof. quantificate con le memorie conclusionale in euro 25.000,00, la Corte rileva anche sul punto una disorganica attività di allegazione, che si traduce in una rappresentazione frammentaria e non sistematica delle prestazioni rese.
La pluralità dei ruoli ricoperti dal medesimo professionista -consulente, operatore sanitario e altro -unitamente all’unicità del compenso riconosciuto nella sentenza n. 1258/2018 del Tribunale di Sassari (a favore del cessionario del credito professionale), impedisce di determinare con sufficiente certezza quale parte della parcella sia riferibile all’attività di consulenza e quale, invece, ad altre funzioni svolte.
Tale indeterminatezza assume rilievo decisivo, soprattutto in considerazione del fatto che alcune delle attività svolte dal prof. ad esempio, l’intervento sul nervo femoralesono state escluse dalla consulenza tecnica d’ufficio come causalmente collegate all’intervento del Ne consegue che, in assenza di una chiara ripartizione del compenso tra le diverse prestazioni, non è possibile riconoscere il rimborso richiesto, non potendosi escludere che parte della somma sia riferita ad attività estranee al thema decidendum .
Il rimborso della parcella del AVV_NOTAIO (euro 3.050,00 i.va. inclusa) del 9 maggio 2025, prodotta con la memoria conclusionale e univocamente riferibile all’assistenza prestata nell’ambito del presente giudizio quale perito di parte e deve trovare regolamentazione nell’ambito del governo delle spese di lite
A differenza del danno non patrimoniale, liquidato ai valori attuali, il danno patrimoniale, limitatamente a euro 1.983,43, deve essere oggetto di rivalutazione in euro 2.626,06.
Complessivamente, pertanto, alla spettano euro 194.918,06 a titolo di danno (patrimoniale e non patrimoniale) già rivalutato.
Per quanto l’obbligazione di risarcimento del danno costituisca un debito di valore, nel caso di specie non possono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno da ritardo (il maggior danno cui ha fatto riferimento la ricorrente nella domanda B).
La giurisprudenza di legittimità è ferma nell’escludere ogni automatismo nel riconoscimento RAGIONE_SOCIALE interessi compensativi, essendo onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo (Cass., ord . 19 gennaio 2022 n. 1627).
In particolare, la RAGIONE_SOCIALE ha di recente indicato ai giudici di merito che la vittima d’un fatto illecito che intenda essere risarcita, oltre che del capitale liquidato in moneta attuale, anche del danno da mora (c.d. interessi compensativi), ha l’onere di domandare il risarcimento di quest’ultimo in modo espresso, di allegarne il fatto costitutivo e di indicarne le fonti di prova, anche presuntive (Cass., 4 agosto 2025, n. 22441).
Nella fattispecie, la non ha neanche lamentato un danno da ritardo, ma
si è limitata a domandare il maggior danno, senza svolgere alcuna attività assertiva.
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È infondata la pretesa dei convenuti di giovarsi della transazione stipulata dalla con e (euro 35.000,00 a titolo di risarcimento integrale del danno).
Come ha esattamente eccepito l’attrice, l’art. 1304, primo comma, c.c., nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere, si riferisce esclusivamente all’atto di transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, mentre non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne (Cass., ord. 7094/2022).
Nella fattispecie, dall’atto di transazione (doc. 15 parte resistente, che fa riferimento ai danni riconducibili alla e al AVV_NOTAIO e dalla citata sentenza n. 1881/2020 del Tribunale di Cagliari (doc. 2 parte resistente, che ha definito il giudizio civile originalmente proposto dalla nei confronti di è agevole ricavare come la definizione transattiva tra l’attrice e l’ (e la avesse riguardato esclusivamente la sola quota (o posizione) del condebitore che l’aveva stipulata, con ovvia impossibilità per gli odierni resistenti di giovarsi di quanto pagato dal condebitore.
10. Nel caso di annullamento della sentenza penale ai soli effetti RAGIONE_SOCIALE da parte della cassazione, con rinvio in sede civile, sussiste il potere del giudice del rinvio di provvedere sulle spese, non solo del giudizio di rinvio e di quello di legittimità, ma dell’intero processo, anche se svolto in sede penale, posto che egli conclude il giudizio sulle statuizioni RAGIONE_SOCIALE che era stato iniziato davanti ai giudici penali e che è proseguito davanti a quello civile dopo l’annullamento in cassazione, dovendo trovare applicazione il principio di soccombenza all’esito globale del processo (Cass., 15 giugno 2023, n. 17134).
Tanto considerato, in applicazione del criterio dell’esito finale della lite, il e l’RAGIONE_SOCIALE, in solido, devono essere condannati, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., alla rifusione in favore della delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.
I compensi per il giudizio civile ( cfr . anche Cass., 10 ottobre 2007, n. 21267), estinto per rinuncia agli atti del giudizio ex art.75, primo comma, c.p.p., sono liquidati ai valori medi per le fasi studio, introduttiva e di decisione per il giudizio cautelare ex art. 700 c.p.c. e per le prime tre fasi del giudizio di merito, sullo scaglione euro 52.001-260.000,00.
I compensi del processo penale di primo grado (tribunale in composizione monocratica) devono essere liquidati ai valori medi per tutte le fasi a eccezione di quella istruttoria, per la quale devono essere liquidati ai valori massimi, tenuto della complessità (esame dei documenti, prove testimoniali e audizione di consulenti e periti).
I compensi del giudizio di appello penale e del giudizio di cassazione sono liquidati ai valori medi per tutte le fasi.
I compensi del presente grado di giudizio sono liquidati, sullo scaglione euro 52.001-260.000,00, ai valori medi per tutte le fasi, con la maggiorazione per il numero delle parti, ex art. 4, secondo e quarto comma, d.m. 55/2014.
P.Q.M.
La Corte d’appello, definitivamente pronunciando, rigettata ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,
accerta la responsabilità del prof. nella causazione delle lesioni derivate a in occasione dell’intervento chirurgico del 29 novembre 2007;
condanna il prof. e dell’ in solido, al risarcimento del danno nella misura di complessivi euro 194.898,06, oltre agli interessi legali dalla data della presente decisione;
condanna il prof. e dell’ in solido, alla rifusione in favore della delle spese processuali, che liquida in complessivi:
euro 15.074,00 per il giudizio civile di primo grado, di cui euro 5.224,00 per compensi del cautelare ed euro 9850,00 per il giudizio di merito, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a.;
euro 4.159,00, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. per il
processo penale di primo grado;
euro 4.254,00, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. per il processo penale di appello;
euro 6.332,00, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. per il processo di legittimità;
euro 9.991,00 per compensi, euro 2.098,10 per maggiorazione per la presenza di parti aventi la medesima posizione di parti ed euro 777,00 per spese esenti, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. e la rifusione delle spese di c.t.u. eventualmente anticipate per il presente grado di giudizio.
Cagliari, 8 ottobre 2025
Il Presidente
Il consigliere estensore
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO NOME COGNOME