Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16722 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15896-2023 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME, domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, SALVATORE COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
per la correzione e revocazione dell’ordinanza n. 1093/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 16/01/2023 R.G.N. 26260/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Oggetto
Revocazione
R.G.N. 15896/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 27/03/2024
CC
Rilevato che:
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 1093 del 2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina (n. 153 /2018) che, respingendo l’appello delle citate eredi, aveva confermato la decisione di primo grado con cui era stato dichiarato nullo il precetto dalle stesse notificato alla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE)
Contro l’ordinanza di questa S.C., NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, hanno proposto ricorso per revocazione affidato a sette motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. 3. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Il ricorso per revocazione denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c.: 1) il travisamento delle prove e la lesione del diritto vivente in materia di giudicato, ne bis in idem, controlli su titoli esecutivi, diritto di difesa e mancata motivazione e pronuncia su spiegate richieste; 2) il travisamento delle prove e la lesione del diritto vivente in materia di compensazione tra titoli esecutivi, di restituzione somme, omessa motivazione e lesione del diritto di difesa; 3) travisamento delle prove e lesione del diritto vivente in materia di non contestazione, omessa motivazione e pronuncia; 4) travisamento delle prove e lesione del diritto vivente in materia di reclamo, di non contestazione, omessa motivazione e pronuncia; 5) travisamento delle prove e lesione del diritto vivente in materia di principio di non
contestazione, giudicato interno, omessa motivazione e pronuncia; 6) travisamento delle prove e lesione del diritto vivente in materia di onorari; 7) travisamento delle prove e lesione del diritto vivente in materia di difesa, di presunzioni di leggi, di lealtà, probità, correttezza e buona fede
Il ricorso è inammissibile.
6. Secondo un indirizzo consolidato, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ai sensi degli artt. 391 bis e 395, n. 5 cod. proc. civ., deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di sussunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; in altri termini, l’errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, ma non può tradursi in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze di legittimità (fra le tante Cass., Sez. un., n. 8984 del 2018; Cass. Sez. Un. n. 30994 del 2017; Cass. n. 18899 del 2017; Cass. Sez. Un. n. 27218 del 2009).
7. Si è ulteriormente precisato che in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, ove il ricorrente deduca, sotto la veste del preteso errore revocatorio, l’errato apprezzamento da parte della Corte di un motivo di ricorso qualificando come errore di percezione degli atti di causa un eventuale errore di valutazione sulla portata della doglianza svolta con l’originario ricorso – si verte in un ambito estraneo a quello dell’errore revocatorio, dovendosi escludere che un motivo di ricorso sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un “fatto” ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., potendo configurare l’eventuale omessa od errata pronuncia soltanto un error in procedendo ovvero in iudicando , di per sé insuscettibili di denuncia ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ. (v. Cass. n. 5221 del 2009; Cass. n. 8615 del 2017). Non può, quindi, ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della Suprema Corte della quale si censuri la valutazione del motivo d’impugnazione, in quanto espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto di impugnazione, perché in tal caso è dedotta una errata valutazione ed interpretazione degli atti oggetto di ricorso (Cass. n. 10466 del 2011, Cass. n. 14608 del 2007); va esclusa altresì la ricorrenza di errore revocatorio, nelle pronunzie di questa Corte, nel preteso errore sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, anch’esse non integranti “fatto” nei riferiti termini (Cass. n. 11657 del 2006), nel preteso errore nell’individuazione delle questioni oggetto di motivi del ricorso (Cass. n. 5086 del 2008), nel preteso errore nell’interpretazione dei motivi (Cass. n. 9533 del 2006) o nella lettura del ricorso (Cass. n. 5076 del 2008), così come, infine, nel preteso errore sull’esistenza, o meno, di una censura (Cass. n. 24369 del 2009).
I motivi del ricorso in esame, lungi dal dedurre un errore percettivo che abbia i requisiti sopra descritti, veicolano null’altro che una errata interpretazione degli atti processuali, peraltro imputabile principalmente alle sentenze di merito e non all ‘ordinanza impugnata per revocazione, e si rivelano come tali inammissibili.
Deve, al riguardo, ribadirsi che le censure prospettabili con il rimedio revocatorio nel confronti delle sentenze della Corte di Cassazione devono caratterizzarsi per essere interne al giudizio di legittimità ed incidere unicamente sulla sentenza di cassazione, non potendosi dedurre asseriti errori revocatori in ipotesi addebitabili al giudice del merito, rimanendo esclusa, in ogni caso, la possibilità di sollecitare una revisione di questioni già precedentemente sollevate e decise, che si tradurrebbe in un inammissibile riesame del precedente giudizio di cassazione (Cass. n. 9396 del 2006; n. 19768 del 2016; n. 25619 del 2018; n.7619 del 2021).
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 27 marzo 2024