Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5793 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 5793  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
REVOCAZIONE ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17523/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avv ocatura Generale dello Stato
– controricorrente – avverso e per la revocazione dell ‘ordinanza n. 5985/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il giorno 28 febbraio 2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME;
Rilevato che
con l ‘ordinanza n. 5985/2023, in epigrafe meglio indicata, è stato rigettato il ricorso per cassazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE  avverso  la  sentenza  del  Tribunale  di  Ascoli Piceno n. 335/2019, la quale – confermando la decisione di prime cure – aveva disatteso la domanda formulata dalla ricorrente nei confronti del Parco nazionale dei Monti Sibillini volta al risarcimento dei danni provocati a colture dall’agire di animali selvatici;
per quanto ancora qui d’interesse, questa Corte – richiamati alcuni precedenti arresti di nomofilachia sul tema (Cass., Sez. U, 17/03/2004, n. 5417; Cass., Sez. U, 24/09/2004, n. 19200) – ha ritenuto conforme a diritto la sentenza d’appello laddove, rilevata la corresponsione di un indennizzo ad opera della P.A. nella misura prevista dall’art. 15 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, ha considerato l’omessa contestazione da parte attrice dei criteri di indennizzo applicati e la mancata prova di una produttività delle piantagioni maggiore di quella indennizzata;
con ricorso articolato in due  motivi, la RAGIONE_SOCIALE  domanda  la  revocazione  (o,  in  subordine,  la correzione di errore materiale ) dell’ordinanza della Corte in epigrafe; resiste, con controricorso, il Parco nazionale dei Monti Sibillini; disposta  la  trattazione  in  adunanza  camerale,  il  P.G.  non  ha depositato conclusioni scritte;
parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa;
il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
ambedue i motivi di diritto sono rubricati « revocazione per errore di fatto ex artt. 391-bis cod. proc. civ. e 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. o, in subordine, correzione di errore materiale ex art. 391-bis cod. proc. civ. »;
il primo motivo assume che l’ordinanza qui gravata contenga « una palese  contraddizione,  laddove  prima  viene  ravvisata  a  sancita  la fondatezza del 1° motivo di ricorso (punto 6.1, pag. 9 dell ‘ ordinanza), per poi dichiarare l ‘ infondatezza del medesimo 1° motivo e rigettare integralmente  il  ricorso  (punti  7  e  8  a  pag.  13  dell ‘ ordinanza) »: contraddizione  integrante  un  errore  di  fatto  revocatorio  o,  in  via gradata, un errore materiale da emendare;
il secondo censura la statuizione di condanna alle spese emessa in favore del Parco nazionale dei Monti Sibillini all’esito della trattazione del ricorso con il procedimento in camera di consiglio ex art. 380. bis .1 cod. proc. civ.: condanna errata quanto alla liquidazione dei compensi (in  difetto  della  rituale  notifica  di  un  controricorso,  avendo  la  parte intimata  soltanto  depositato  un  atto  di  costituzione)  e  degli  esborsi (non avendo parte intimata sostenuto alcuna spesa);
l’istanza di revocazione è inammissibile;
è doveroso premettere che ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, num. 4, cod. proc. civ., occorre siano integrati i seguenti presupposti:
a) l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto – risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive – tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore  deve  essere  essenziale  e  decisivo,  nel  senso  che,  in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
c) in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, num. 4, cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determina nte della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
tanto precisato (e richiamata, a compendio della giurisprudenza sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi per revocazione per errore di fatto,
la più recente Cass., S.U., 19/07/2024, n. 20013), in ordine al primo motivo si rileva l’insussistenza della denunciata contraddizione ;
ed  invero,  nella  ordinanza  gravata,  il  capoverso  6.1.  descrive  il contenuto del primo motivo di ricorso: illustra, cioè, la tesi sostenuta dall’impugnante, ma non esprime apprezzamenti valutativi della Corte, invece contenuti nei successivi capoversi;
quanto al secondo motivo, si osserva che l ‘ impugnata ordinanza, dopo avere (in epigrafe) qualificato il Parco Nazionale dei Monti Sibillini come « resistente » rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e dopo aver rilevato (nello « svolgimento del processo ») che esso non aveva « formulato controricorso, ma depositato memoria », ha in suo favore pronunciato (in dispositivo) condanna alla refusione delle spese di lite, sul rilievo (espresso in parte motiva) che, rigettato l’avverso ricorso, « le spese seguono soccombenza »;
esaminata nella sua unità strutturale (ovvero valutate in maniera coordinata le varie parti componenti), detta ordinanza, sulla scorta di una rappresentazione della vicenda controversa inficiata da sviste, ha dunque operato una valutazione in punto di diritto: ha, cioè, ritenuto meritevoli dei compensi previsti dalle tariffe professionali ed altresì implicanti la sopportazione di spese vive le attività difensive esplicate nel giudizio di legittimità dal Parco nazionale dei Monti Sibillini, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato;
orbene, la seconda doglianza esposta in revocazione si risolve nel contestare la conformità a diritto di siffatto giudizio, asserendone che la  condanna  alle  spese  sia  stata  disposta  in  difetto  dei  presupposti stabiliti dalla legge: un error iuris, dunque, esulante – in virtù di quanto amplius sopra illustrato dall’àmbito dei motivi deducibili con il rimedio della revocazione;
disomogenea e non sovrapponibile la fattispecie scrutinata da Cass. 28/06/2005, n. 13915: tale arresto ravvisò  errore  revocatorio  nella
condanna alle spese di un giudizio di cassazione sull’errato rilievo che la parte vittoriosa avesse resistito con controricorso, mentre in realtà aveva depositato mero atto di costituzione, cui non era seguita alcuna attività in sede di discussione orale della causa; in quella circostanza, cioè, la svista era stata appunto sulla modalità stessa di costituzione nel giudizio di legittimità, a differenza della fattispecie in esame, in cui è stato ben percepito che la parte pubblica si era costituita senza ‘formulare’ controricorso;
per analoghe ragioni non si ravvisano errori materiali da emendare; il ricorso per revocazione e l’istanza di correzione di errore materiali sono dunque inammissibili;
resta assorbito il vaglio della questione rescissoria di cui in ricorso; il  regolamento  delle  spese  della  impugnazione  per  revocazione segue la soccombenza, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese del procedimento per correzione di errore materiale (Cass., Sez. U., 27/06/2002, n. 9438; Cass. 04/05/2009, n. 10203; Cass. 17/09/2013, n. 21213; Cass. 16/01/2024, n. 1625);
attesa l’inammissibilità  dell’impugnazione , va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti ai sensi dell’art. 13,  comma 1quater ,  del  d.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115,  nel  testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
dichiara  inammissibili  il  ricorso  per  revocazione e  l’istanza  di correzione di errore materiale;
condanna  la  RAGIONE_SOCIALE  al pagamento in favore del Parco nazionale dei Monti Sibillini delle spese
del presente  giudizio, che  liquida  in  euro  1.000  per  compensi professionali, oltre spese eventualmente prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  pari  a  quello,  ove  dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell ‘ art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione