Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18606 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18606 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
della Corte di cassazione ex art.391- bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 7/04/2025 CC Cron.
R.G.N. 12212/2023
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.12212/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME cod. proc. civ;
; rappresentato e difeso da sé medesimo, ex art. 86
-ricorrente-
nei confronti di
Comune di Mottola ; rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la revocazione dell ‘ ordinanza n.34429/2022 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, depositata il 23 novembre 2022;
udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con decreto n. 1978/2015 il Tribunale di Taranto, in accoglimento della domanda monitoria proposta dall’ Avv. NOME COGNOME ingiunse al Comune di Mottola di pagare al professionista la somma di Euro 48.343,24, a titolo di corrispettivo dell’attività prestata in favore dell’ente;
il Comune di Mottola oppose il provvedimento con citazione del 4 febbraio 2016;
il giudizio di opposizione si svolse nelle forme del rito ordinario di cognizione e, all’esito , la causa fu trattenuta in decisione, con concessione dei termini per il deposito degli scritti defensionali conclusionali di cui all ‘ art. 190 cod. proc. civ.;
solo dopo il deposito delle memorie di replica, il Tribunale, con ordinanza del 3 settembre 2019, dispose il mutamento di rito ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 150 del 2011, rimettendo la causa al Collegio, con invito alle parti a comparire dinanzi ad esso;
con ordinanza depositata il 20 dicembre 2019, il Tribunale di Taranto revocò il decreto ingiuntivo e condannò il Comune opponente al pagamento, in favore del professionista opposto, della minor somma di Euro 14.359,20, oltre accessori di legge ed interessi ex d.lgs. n. 231/2002, a decorrere dalla data della ordinanza medesima;
avverso questa ordinanza l’Avv. NOME COGNOME propose ricorso per cassazione, sulla base di sei motivi, dolendosi, in particolare, con il primo di essi, che il Tribunale, in violazione degli artt. 4 e 14 d.lgs. n. 150 del 2011, nonché dell’art. 645 cod. proc. civ., avesse disp osto il mutamento di rito all’esito del deposito delle memorie di replica nell’ambito di u n processo introdotto e interamente celebrato nelle forme del rito ordinario;
questa Corte di legittimità, con ordinanza 23 novembre 2022 n. 34429, ha rigettato il ricorso;
La Corte -pronunciando sui primi tre motivi di ricorso, sottoposti ad esame congiunto per ragioni di connessione -ha anzitutto
richiamato l’insegnamento del le Sezioni Unite circa l’applicabilit à, prima della riforma operata dal d.lgs. n.149/2022, alle controversie previste dall ‘ art.28 della legge n. 794 del 1942, nonché all ‘ opposizione proposta a norma dell ‘ art.645 cod. proc. civ. contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali, delle regole del rito sommario di cognizione integrato dalla disciplina speciale di cui al d.lgs. n. 150/2011;
ciò posto, ha ricordato altresì il principio, enunciato dalle stesse Sezioni Unite, secondo cui nei procedimenti disciplinati dal d.lgs. n. 150 del 2011, per i quali la domanda va proposta nelle forme del ricorso e che, al contrario, siano introdotti con citazione, il giudizio è correttamente instaurato ove quest ‘ ultima sia notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri, e la sanatoria si realizza indipendentemente dalla pronuncia dell ‘ ordinanza di mutamento del rito, ex art. 4 del d.lgs. n. 150 cit., la quale opera solo ‘ pro futuro ‘ , ossia ai fini del rito da seguire all’esito della conversione;
alla luce di questi principi generali, rilevato che nella specifica fattispecie il Comune di Mottola, pur avendo introdotto il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo con citazione, aveva tuttavia proceduto alla notifica dell’atto nel rispetto del termine di quaranta giorni di cui all’art. 641 cod. proc. civ., ha ritenuto corretto il giudizio del Tribunale circa la tempestività dell’opposizione medesima, « a nulla valendo che il mutamento di rito sia stato disposto con ordinanza resa oltre la prima udienza di comparizione »;
per la revocazione d ell’ordinanza 23 novembre 2022, n.34429 di questa Corte, ricorre NOME COGNOME sulla base di un unico, articolato motivo;
risponde con controricorso il Comune di Mottola;
i n seguito all’abrogazione del disposto di cui all’art.391 -bis , quarto comma, cod. proc. civ. -ed avuto riguardo alla nuova formulazione
dell’art. 375 cod. proc. civ. (che prevede la pubblica udienza nei casi di revocazione di cui all’art. 391 -quater cod. proc. civ., ma non anche nei casi di cui al precedente art. 391bis ) -la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale;
il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte;
il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
con l’articolato motivo di revocazione, NOME COGNOME deduce che l’ordinanza n. 34429/2022 di questa Corte sarebbe affetta da un errore di fatto, ai sensi degli artt.391bis e 395 n.4 cod. proc. civ.;
l’ errore di fatto consisterebbe nell’omessa pronuncia sul primo dei sei motivi di ricorso per cassazione proposto averso l’ ordinanza del Tribunale di Taranto del 20 dicembre 2019;
il ricorrente osserva che con questo motivo, deducendo che il mutamento di rito era stato disposto dal giudice del merito -con rimessione della causa sul ruolo e fissazione di udienza collegiale -solo all’esito del deposito delle memorie di replica , dopo che il processo era stato introdotto e interamente celebrato nelle forme del rito ordinario, egli aveva denunciato la violazione dell’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 150/2011, il quale, nella formulazione anteriore a quella introdotta dal d.lgs. n. 149/2022 e applicabile ratione temporis , disponeva che il mutamento di rito doveva essere pronunciato « non oltre la prima udienza di comparizione delle parti ».
Su tal e motivo, che avrebbe imposto la cassazione dell’ordinanza impugnata per violazione del « rigido sbarramento » posto dal legislatore al compimento di un atto non privo di implicazioni per i poteri delle parti (incidendo esso, in particolare, sui mezzi di impugnazione esperibili avverso il provvedimento conclusivo del giudizio), la Corte di cassazione non avrebbe, peraltro, pronunciato, limitandosi ad evidenziare l’irrilevanza della detta violazione ai fini della tempestività dell’opposizione a decreto ingiuntivo;
1.1. il motivo è manifestamente infondato;
questa Corte, nel suo massimo consesso, ha statuito che l ‘ impugnazione per revocazione delle pronunce della Corte di cassazione è ammessa nell ‘ ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l ‘ esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l ‘ altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391bis e 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l ‘ errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronuncia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un ‘ errata considerazione e interpretazione dell ‘ oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass., Sez. Un., n. 31032/2019);
nel caso in esame la Corte di cassazione, con l ‘ordinanza impugnata, ha pronunciato sul primo motivo di ricorso (con cui era stato dedotto il vizio consistente nella violazione della barriera preclusiva entro la quale avrebbe potuto essere pronunciata l’ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 150/2011 ), non solo, formalmente, sottoponendolo a scrutinio congiunto con il secondo e il terzo motivo, previo rilievo del nesso di connessione esistente tra gli stessi, ma anche, sostanzialmente, reputando la violazione irrilevante in relazione alla tempestività dell’ opposizione ed escludendone quindi, quale error in procedendo , la sua incidenza sulla validità del procedimento e dell’ordinanza conclusiva;
come si è veduto, infatti, dai principi enunciati dai richiamati arresti delle Sezioni Unite in ordine alla portata della disposizione di cui
all’art.4, comma 5, del d.lgs. n. 150/2011, l’ordinanza impugnata ha tratto l’inferenza logica (non importa in questa sede se esatta o meno in iure ) in ordine alla corretta instaurazione del giudizio, sebbene soggetto alle forme speciali, e alla piena sanatoria dell ‘irregolarità costituita dalla sua introduzione mediante citazione ordinaria, ove la stessa venga notificata tempestivamente, « indipendentemente dalla pronuncia dell ‘ ordinanza di mutamento del rito », la quale, al di là del momento processuale in cui viene adottata, « opera solo ‘pro futuro ‘ », senza penalizzanti effetti retroattivi;
movendo da tali premesse, l’ordinanza impugnata ha dunque espresso il motivato giudizio (da cui non può in ogni caso essere desunto un errore di fatto revocatorio) di irrilevanza della circostanza che il mutamento del rito fosse stato disposto con ordinanza resa oltre la barriera temporale della prima udienza di comparizione, in funzione della tempestività (e dunque dell’ ammissibilità ) dell’opposizione , con conseguente validità del relativo giudizio;
la censura secondo la quale l’ordinanza di legittimità sarebbe incorsa in una svista precettiva con omessa decisione su un motivo di ricorso è, dunque, manifestamente infondata, con conseguente necessità di rigettare l’istanza di revocazione;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
a i sensi dell’art. 13 , comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfetarie e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il