Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6341 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6341 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
sul ricorso 11063/2022 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO, dalla quale è rappresentato e difesa, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
COMUNE DI MESSINA, in persona del sindaco p.t.;
-intimato- avverso l’ordinanza della Corte di Cassazione, n. 36091/21, pubblicata in data 23.11.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12.12.2023 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con ordinanza n. 36091 del 2021, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso di NOME avverso la sentenza della
Corte d’appello di Messina del 21.8.19 , che aveva rigettato l’appello proposto nei confronti della sentenza del Tribunale di Messina, che aveva dichiarato inammissibile la quere la di falso proposta dall’attrice riguardo alla delibera del consiglio comunale n. 9/91 e l’atto del 4.6.92 , con cui il Comune aveva relazionato in merito al ricorso straordinario proposto dalla NOME.
Al riguardo, il Tribunale aveva affermato che la querela non era strumento esperibile per contrastare i contenuti ideologici di un documento, con motivazione confermata in appello.
La Cassazione ha esposto che i vari motivi di ricorso erano caratterizzati dalla sovrapposizione di argomenti non pienamente intellegibili, anche per una carente rappresentazione dei fatti oggetto delle censure. In particolare, la Corte ha rilevato che i motivi non erano pertinenti, nel senso della loro non inerenza all’oggetto della querela di falso e della loro non chiarezza espositiva.
Avverso l’ordinanza della Corte di Cassazione NOME ricorre in cassazione con sei motivi, per revocazione ex art. 391 bis c.p.c.., illustrati da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo censura la parte della motivazione, che conferma la motivazione della Corte d’appello , secondo la quale la querela di falso non era proponibile perché relativa al contenuto ideologico del documento impugnato.
Il secondo motivo investe la pronuncia della Cassazione che ha ritenuto inammissibile la doglianza afferente al contenuto ideologico dei documenti impugnati.
Il terzo motivo attiene alla motivazione relativa all’inammissibilità delle doglianze sull’acquisizione di documenti ritenuti dalla Corte d’appello non oggetto della querela di falso.
Il quarto motivo riguarda la questione dell’eccepita nullità della procura del Comune.
Il quinto motivo riguarda la questione della regolare costituzione del Comune.
Il sesto motivo riguarda la questione della pena pecuniaria ex art. 226 c.p.c.
Il ricorso è inammissibile per una duplice ragione.
Il ricorso per revocazione – in forza del richiamo che l’art. 391 bis c.p.c. effettua al disposto degli artt. 365 e ss. c.p.c. – deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte. Una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa, tale da pregiudicare l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c., determina l’inammissibilità del ricorso (Cass., S.U. 37552/2021; Cass. 4300/2023).
Nel caso concreto, il ricorso consiste – per contro – in una lunga esposizione di fatti, circostanze, elementi istruttori, allegazioni difensive, del tutto confusa e scarsamente intellegibile.
In secondo luogo, l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di Cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito
oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. 16439/2021; Cass. 3190/2006).
Ed inoltre, non sono suscettibili di revocazione le sentenze della Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa – atti che, come tali, essa abbia dovuto necessa riamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza – poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio (Cass. 5326/2023; Cass. 4859/1998).
Nella medesima prospettiva, si è affermato che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. 10040/2022).
Nella specie, per contro, i vari motivi del ric orso – lungi dall’essere fondati su chiari e specifici errori di fatto, agevolmente desumibili dagli atti – si traducono in una richiesta di riesame di atti, difese e provvedimenti, già valutati da questa Corte nella sentenza impugnata, il cui riesame è inammissibile in questa sede.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’ente intimato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 12 dicembre 2023.