Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33927 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33927 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19394/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 9474/2023 depositata il 06/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Il RAGIONE_SOCIALE chiese al Tribunale di Roma di dichiarare l’inefficacia, ex art. 188 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2 – del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Roma nel 2005, su ricorso del Credito Valtellinese (allora Credito Artigiano), per la somma di Euro 6631,07 a titolo di saldo del conto corrente acceso presso una filiale di (Omissis), eccependo che: il decreto ingiuntivo era inesistente in quanto dalla documentazione prodotta emergeva l’insussistenza della sua notificazione per la mancanza del numero di racc. sulla ricevuta di ritorno dell’avviso postale per il mancato inoltro del modello CAD con susseguente mancato perfezionamento del periodo di giacenza di sei mesi relativo al deposito del plico giudiziario; la notificazione non era avvenuta entro il termine di 60 gg. decorrente dal deposito del titolo in cancelleria, data anche l’illeggibilità del nome del debitore sulla busta di spedizione e la temporanea assenza del destinatario al momento della notifica.
Il Tribunale rigettò il ricorso.
Con successiva citazione, la medesima società ripropose la domanda d’inefficacia e d’inesistenza del decreto ingiuntivo, ex art. 188 disp. att. c.p.c., u.c., con le stesse motivazioni del precedente ricorso.
Con sentenza del 2016, il Tribunale rigettò la domanda, osservando che: non ricorrevano i presupposti dell’inefficacia o dell’inesistenza
del decreto impugnato; la notificazione del decreto ingiuntivo si era perfezionata a norma dell’art. 140 c.p.c. con il decorso dei dieci gg. dalla spedizione della racc. al legale rappresentante della società debitrice, sicché essa, al più, avrebbe potuto essere considerata nulla, ipotesi però da escludere in quanto dagli atti emergeva che, dopo essere stata tentata inutilmente presso la sede legale, la notificazione era stata effettuata presso la residenza dell’amministratore della società, con deposito della copia dell’atto presso la casa comunale, non essendo stati rinvenuti soggetti idonei a ricevere l’atto, con affissione dell’avviso di deposito e infine con la spedizione della racc. non consegnata per la temporanea assenza del destinatario e depositata presso l’ufficio postale; pertanto, l’eventuale mancanza del numero di racc. sulla ricevuta di ritorno dell’avviso postale avrebbe potuto integrare una mera irregolarità dell’atto non incidente sul regolare perfezionamento della notificazione del decreto ingiuntivo e parimenti a dirsi per le violazioni del regolamento postale e per la mancata affissione alla porta dell’abitazione o dell’ufficio, fatto non soggetto alle norme di cui alla L. n. 890 del 1982 (che disciplina le sole notificazioni effettuate dall’ufficiale giudiziario che si avvalga del servizio postale).
Con sentenza del 30.1.2020, la Corte d’appello rigettava il gravame del Gruppo C. s.r.l.RAGIONE_SOCIALE fondato su unico motivo secondo il quale: erroneamente la notificazione del decreto ingiuntivo non era stata considerata inesistente poiché la racc. non era stata recapitata per mancato rinvenimento del destinatario, temporaneamente assente, con successivo deposito dell’atto presso l’ufficio postale; era stata spedita la racc. informativa di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 8, plico rispedito indietro non con la
motivazione “atto non ritirato entro 180 gg.”, bensì con quella “atto non ritirato”.
La Corte territoriale osservava altresì che la censura era infondata in quanto correttamente il Tribunale aveva escluso che la notificazione in questione fosse inesistente, atteso il perfezionamento della notifica ex art. 140 c.p.c., decorsi i dieci gg. dalla spedizione al legale rappresentante. della società debitrice dopo un vano tentativo di notifica presso la sede legale – in quanto: era avvenuto il deposito della copia dell’atto presso la casa comunale, con l’affissione alla stessa casa dell’avviso di deposito ed infine con la spedizione di racc. non consegnata per temporanea assenza del destinatario e depositata presso l’ufficio postale; l’eventuale violazione di norme del regolamento postale non incideva sulla validità della notificazione; l’inefficacia del decreto ingiuntivo, ex art. 188 disp. att. c.p.c., può essere fatta valere solo nell’ipotesi di omessa notifica del decreto stesso o di notifica inesistente, ciò anche nel caso di irregolarità determinanti la nullità perché in tal caso sarebbe esperibile il rimedio dell’opposizione ex art. 645 c.p.c., o dell’opposizione tardiva, ricorrendone i presupposti.
Il RAGIONE_SOCIALE impugnava in cassazione con otto motivi, premessa l’istanza di rimessione alle Sezioni Unite in ordine al contrasto che sarebbe sorto nel seno delle sezioni semplici circa il momento perfezionativo della notificazione di cui all’art. 140 c.p.c.. Con sentenza 9474/2022 questa Corte affermava che in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a
riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante -in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (art. 24 Cost., e art. 111 Cost., comma 2) della L. n. 890 del 1982, art. 8, esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa (Cass., S.U., n. 10012/2021; Cass., n. 34346/2021; Cass., n. 36562/2021).
Osservava che nella specie i giudici di merito hanno ritenuto valida tale notifica, dato il rispetto delle varie modalità di legge: mancato rinvenimento del destinatario; spedizione racc. e deposito del plico presso l’ufficio postale e spedizione di ulteriore racc. informativa, escludendo recisamente che la notifica fosse da considerare inesistente, come invocato dal ricorrente.
Venivano infine escluse le condizioni per rimettere alle S.U. la questione relativa al momento di perfezionamento della notificazione per cui è causa.
Avverso tale decisione il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per revocazione, illustrato da memoria; nessuno si è costituito per RAGIONE_SOCIALE che è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
Con un unico motivo il ricorrente denuncia l’errore di fatto revocatorio ad opera del Collegio dell’Organo nomofilattico precedentemente adito, errore che sarebbe consistito in una falsa percezione della realtà ovvero in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che ha condotto la SRAGIONE_SOCIALE ad affermare o
supporre l’esistenza di un fatto decisivo (l’invio della ulteriore raccomandata informativa), incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa.
Si sostiene che tale fatto non ha mai costituito oggetto di pronuncia di alcun giudice, in quanto, per l’odierno ricorrente, in tutti i gradi di giudizio gli scriventi difensori si sarebbero sempre limitati ad evidenziare che la notifica ex art. 140 c.p.c. afferente all’ingiunzione n. 2452/2005 fosse stata meramente tentata, ma in definitiva omessa come prova l’avviso di ricevimento postale allegato alla Racc. ex art. 140 c.p.c. n. n.NUMERO_DOCUMENTO spedita il 23.03.2005.
Il motivo è inammissibile.
Giova ricordare che ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, n. 4), cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti: a) l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto -risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive – fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
b) l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a
quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
c) in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820); d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929).
Ciò posto nel caso di specie nella decisione di cui la ricorrente chiede ora la revocazione il ricorso era stato ritenuto inammissibile
in quanto diretto a sollecitare un riesame dei fatti relativamente alle modalità di notificazione ex art. 140, senza dunque che fosse stato espresso in essa alcun giudizio sulla esistenza e validità della notifica ex art. 140 cpc, nell’ambito del quale avrebbe potuto venire in rilievo l’esistenza o meno in atti dell’ulteriore raccomandata informativa.
In questo quadro non vi è spazio per il riconoscimento dell’errore revocatorio non essendosi la decisione occupata del merito della questione sulla quale ora si fonda la domanda ex art 395 nr 4 c.p.c.
Da quanto sopra ne discende l’infondatezza dell’istanza di rimessione alle Sezioni Unite, in ordine al momento di perfezionamento della notificazione per cui è causa.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte dichiara inammissibile il ricorso.
Nessuna determinazione in punto spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della società RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Roma 18.12.2024
Il Presidente (NOME COGNOME)