Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34021 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34021 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Oggetto
Impugnazioni civili -Ricorso per revocazione di ordinanza della Corte di cassazione
ORDINANZA
sul ricorso per revocazione iscritto al n. 3439/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE società per azioni aperta di diritto russo, con ufficio di rappresentanza in Roma nella INDIRIZZO in forza di procura notarile rilasciata nella Federazione Russa dal notaio di Mosca COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME e RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione, n. 33430/2023, pubblicata il 30 novembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con l’ordinanza in questa sede impugnata per revocazione la SRAGIONE_SOCIALE ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE per la cassazione della sentenza del Tribunale di Trapani n. 159/2020 del 19 febbraio 2020, relativa alla pretesa indennitaria nei suoi confronti fatta giudizialmente valere da NOME COGNOME per i danni subiti a causa del ritardo del volo nella tratta internazionale Palermo-San Pietroburgo.
Ha infatti rilevato in motivazione che, « in disparte il non marginale rilievo attinente al profilo di improcedibilità del ricorso, in quanto la società ricorrente si limita ad allegare che la sentenza impugnata le sia stata notificata il 20 febbraio 2020, senza tuttavia depositare la relata di notifica », al detto esito doveva condurre la nullità ─ rilevabile d’ufficio ─ « della procura speciale conferita al difensore quale conseguenza della mancata produzione in giudizio della procura notarile conferita al soggetto che ha proposto il ricorso in cassazione per la RAGIONE_SOCIALE.
Ha motivato tale valutazione sulla base delle seguenti considerazioni:
─ « n el caso di specie sia l’epigrafe del ricorso sia il contenuto della allegata procura speciale alle liti, fanno espresso riferimento alla RAGIONE_SOCIALE quale società di diritto russo, iscritta alla Camera di Commercio di Mosca, avente sede legale a Mosca, e ad una procura notarile rilasciata da un notaio di Mosca al soggetto, persona fisica, indicato quale suo legale rappresentante per l’Italia »;
─ « sulla base di tali elementi soltanto non risulta possibile verificare
la sussistenza dei poteri rappresentativi di colui che sta in giudizio in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE, essendo invece necessario ed imprescindibile il deposito della procura notarile in forza della quale tali poteri sono stati conferiti »;
─ « nel caso di specie, però, la società ricorrente ha omesso di depositare la procura notarile, in quanto non l’ha prodotta né col deposito del ricorso e neppure, a tutto concedere, con la memoria illustrativa ».
Tale ordinanza è impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE come in epigrafe rappresentata con ricorso per revocazione.
Gli intimati non svolgono difese nella presente sede.
4 . È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale , con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente rileva il Collegio che il ricorso non risulta ritualmente notificato nei confronti dell’intimata RAGIONE_SOCIALE essendo stata diretta tale notifica al procuratore che la difendeva nei giudizi di merito, laddove andava invece diretta alla parte, poiché rimasta intimata nel giudizio di cassazione de quo .
Questa Corte, in proposito, ha già avuto modo di chiarire, e va qui ribadito, che la carenza di costituzione davanti alla Corte nel procedimento che ha portato alla pronuncia impugnata con revocazione comporta che la parte non costituitasi debba essere evocata nel giudizio per revocazione mediante notifica personale a nulla rilevando, altresì, ai fini che ne occupano, che la stessa parte fosse invece costituita nel pregresso giudizio di merito (Cass. n. 8883 del 03/07/2000, Rv. 538192).
L’esito del giudizio ─ che si va appresso a evidenziare in termini di inammissibilità della proposta impugnazione ─ rende tuttavia
ultroneo ed inutilmente dispendioso l’altrimenti necessario ordine di integrazione del contraddittorio.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone, infatti, al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti; ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106).
A fondamento della proposta impugnazione la ricorrente sostiene che « la decisione è effetto di un errore di fatto non controverso concernente l’identificazione del ricorrente formale risultante dagli atti e documenti di causa ».
Argomenta in tal senso che « l’esame della questione concernente l’identificazione della parte ricorrente formale è stato … limitato al contenuto del frontespizio del ricorso e della procura, senza tenere nel debito conto la non irrilevante circostanza che in entrambi gli atti esaminati si era fatto riferimento all’ufficio di rappresentanza in Roma,
nella INDIRIZZO (P.IVA P_IVA) il cui legale rappresentante statutario, per come risultante nel registro delle imprese, è proprio il Dott. NOME COGNOME il quale rappresenta, per tale motivo, la compagnia aerea in Italia ».
Soggiunge che:
─ la circostanza risulta anche dalla nota di deposito del ricorso, ove viene indicato come ricorrente formale RAGIONE_SOCIALE con partita IVA P_IVA e dalla stessa sentenza impugnata, emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
─ l’esame dei fascicoli d’ufficio dei gradi di merito avrebbe consentito la constatazione che la citazione introduttiva era stata notificata all’indirizzo pEMAILeEMAILcEMAIL della rappresentanza italiana risultante nel registro delle imprese;
─ pur considerando il modulo descrittivo utilizzato nel frontespizio del ricorso e nella procura speciale foriero di perplessità, la conseguenza tratta dall’ordinanza non appare univoca, trattandosi di modulo espressivo che non aveva mai, prima di questo caso, ingenerato alcuna confusione, essendo stato utilizzato pressoché in tutti ricorsi per cassazione di RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso è inammissibile, sotto diversi profili.
Con specifico riferimento alle sentenze (o ordinanze) della Suprema Corte, di cui si chiede la revocazione ex art. 391-bis c.p.c., sono ampiamente acquisite nella giurisprudenza di questa Corte le affermazioni secondo cui l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4:
consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti;
non può concernere l’attività interpretativa e valutativa;
deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche;
deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso (v. Cass. n. 4678 del 14/02/2022, Rv. 664195; n. 24334 del 14/11/2014, Rv. 633319);
deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa (v. Cass. n. 35879 del 2022; n. 29634 del 2019; n. 12283 del 2004; n. 3652 del 2006; n. 10637 del 2007; n. 5075 del 2008; n. 22171 del 2010; n. 27094 del 2011; n. 4456 del 2015; n. 24355 del 2018; n. 26643 del 2018).
Nella specie difetta anzitutto -e trattasi di rilievo assorbente- il requisito della decisività dell’asserito errore.
Quand’anche esso fosse ravvisabile, la decisione resterebbe comunque pienamente giustificata dalla alternativa ratio decidendi desumibile con evidenza dalla affermazione posta in apertura della motivazione sopra riportata, là dove si evidenzia che il ricorso si esponeva comunque al « non marginale rilievo di improcedibilità » per il mancato deposito della relata di notifica della sentenza impugnata, a tal riguardo occorrendo solo rimarcare che la locuzione « in disparte » anteposta a tale rilievo, nella sua oggettiva valenza semantica, dà il segno del carattere aggiuntivo e sussidiario della valutazione e non di uno scrutinio solo eventuale ma non effettivamente compiuto.
Val la pena aggiungere che, comunque, anche la prospettazione dell’errore di fatto si appalesa destituita di fondamento.
La questione il cui scrutinio viene qui denunciato come frutto di errore percettivo risulta in realtà esattamente rappresentata nei suoi contorni fattuali nell’ordinanza impugnata, come dimostra il fatto (rimarcato anche dalla ricorrente) che nell’epigrafe dell’ordinanza l’identità del soggetto che aveva proposto il ricorso è descritta negli esatti termini in cui l’odierna ricorrente dice doversi descrivere.
Esatti, dunque, e niente affatto travisati essendo i dati fattuali presi in considerazione, non è a discorrere di errore percettivo: la conclusione cui giunge il Collegio sulla base degli stessi si appalesa frutto di una valutazione, ossia di un giudizio, il che la sottrae per definizione al chiesto sindacato revocatorio.
Tanto, del resto, è implicitamente ma univocamente ammesso dalla stessa ricorrente, là dove dà atto, sia pure in subordine, che il modulo descrittivo utilizzato nel frontespizio del ricorso e nella procura speciale sia « foriero di perplessità », per evidenziare che in altre occasioni questa stessa Corte, a differenza che nel caso in questione, non ha invece dubitato della legittimazione processuale del soggetto come sopra indicato. Ebbene, che i dati esposti possano ritenersi forieri di perplessità ed essere diversamente valutati, altro non significa se non che il loro significato non è univoco e la sua enucleazione si colloca sul piano della interpretazione e non della mera percezione.
La memoria che, come detto, è stata depositata dalla ricorrente, ai sensi dell’art. 380bis.1 , primo comma, cod. proc. civ., reitera le tesi censorie già esposte in ricorso e non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio del ricorso.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile e ciò esime dal doversi il Collegio a propria volta pronunciare sulla questione della legittimazione processuale del soggetto proponente, la cui identità viene anche in questa sede descritta negli stessi esatti termini cui è riferita l’impugnata ordinanza.
Non avendo gli intimati svolto difese nella presente sede non v’è
luogo a provvedere sulle spese.
10. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza