Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17329 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17329 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23559/2024 R.G.
proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
EREDI DI NOME COGNOME
– intimati – per la revocazione dell ‘ ordinanza di questa Corte n. 138786 del 17/5/2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/5/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
–NOME COGNOME proponeva tempestivo ricorso per revocazione ex art. 391bis c.p.c. dell ‘ ordinanza di questa Corte n. 13876 del 17/5/2024, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso rubricato al n. 24373/2021 R.G.;
-non svolgevano difese NOME COGNOMEgià controricorrente) e gli eredi di NOME COGNOME (già intimati);
-all ‘ esito della camera di consiglio del 21/5/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE:
-preliminarmente, si osserva che, con specifico riferimento alle sentenze/ordinanze della Suprema Corte, di cui si chiede la revocazione ex art. 391bis c.p.c., sono ampiamente acquisite nella giurisprudenza di questa Corte (è sufficiente richiamare, ex multis , Cass. Sez. U., 19/07/2024, n. 20013, Cass. n. 35879 del 2022, Cass. n. 29634 del 2019, Cass. n. 12283 del 2004, Cass. n. 3652 del 2006, Cass. n. 10637 del 2007, Cass. n. 5075 del 2008, Cass. n. 22171 del 2010, Cass. n. 27094 del 2011, Cass. n. 4456 del 2015, Cass. n. 24355 del 2018, Cass. n. 26643 del 2018) e vanno qui ribadite, le affermazioni secondo cui l ‘ errore rilevante ai sensi dell ‘ art. 395 c.p.c., n. 4, c.p.c.:
consiste nell ‘ erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell ‘ asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti;
non può concernere l ‘ attività interpretativa e valutativa;
deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti
di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche;
deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l ‘ errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso;
deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l ‘ errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa;
-ciò posto, si osserva che, col primo motivo, si deduce «Errore di fatto risultante dalla stessa ordinanza, a causa di un contrasto insanabile tra quanto affermato dalla Suprema Corte nell ‘ ordinanza impugnata e gli atti di causa. Il riferimento è all ‘ inammissibilità dichiarata per il primo motivo di ricorso, ai sensi dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., per la cosiddetta ‘ doppia conforme ‘ ex art. 348ter , comma 5, c.p.c., mentre in un ‘ altra parte della stessa ordinanza il primo motivo di ricorso viene correttamente riferito a una violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. Inoltre e di conseguenza all ‘ errore di cui sopra nel non avere percepito che il ricorso aveva esposto che la normativa regionale distingue chiaramente le due fattispecie (Delibera Giunta Regionale n. 2153/98) perdita di priorità e decadenza dal contributo. Questo errore ha determinato un giudizio ingiusto e deve essere considerato decisivo per la revisione della decisione.»;
-il motivo è inammissibile;
-anche a voler configurare come errore di fatto la qualificazione del primo motivo del ricorso originario come proposto ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e non del n. 5 della citata disposizione (il che non è, sia perché l ‘ ordinanza impugnata inquadra correttamente la censura come «violazione di legge», sia perché un ‘ erronea qualificazione può integrare, al più, un errore di diritto), la doglianza non intercetta l ‘ ulteriore ragione di
inammissibilità individuata dalla Corte che ravvisa «l ‘ inammissibilità che deriva dalla censura dell ‘ attività interpretativa del negozio giuridico, di esclusiva spettanza del giudice di merito e, in quanto tale, sottratta al sindacato della Suprema Corte»;
-nemmeno integra un errore di fatto la prospettata (invero, in modo poco perspicuo) distinzione nella normativa regionale, la cui interpretazione rientra in un giudizio di diritto;
-col secondo motivo si deduce «Errore di fatto risultante dalla stessa ordinanza, a causa di un contrasto insanabile tra quanto affermato dalla Suprema Corte nell ‘ ordinanza impugnata e gli atti di causa. Il riferimento è all ‘ inammissibilità dichiarata per il secondo motivo di ricorso ai sensi dell ‘ art. 360 n. 5, nonostante fosse stato presentato ai sensi dell ‘ art. 360 n. 4 c.p.c. ed all ‘ omessa percezione dell ‘ argomento del ricorso circa il fatto passato in giudicato quanto al pagamento della prestazione professionale di COGNOME avvenuta in corso di causa risultante dalle sentenze di primo e secondo grado e le conseguenze sull ‘ accettazione dell ‘ opera professionale di redazione deposito del progetto nonché sul tipo di contratto professionale oggetto della controversia che non prevedeva che COGNOME avesse un incarico professionale per ottenere fondi pubblici, ma solo per la presentazione di un progetto.»;
-il motivo è inammissibile;
-l ‘ ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile la seconda censura del ricorso originario perché «La lettura del motivo non evidenzia alcuna anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante secondo il noto precedente n. 8053/2014 delle SU della Suprema Corte. … il motivo afferma una lacunosa contraddittorietà e generica apoditticità della motivazione in contrapposizione a mere contestazioni contenute nella comparsa di costituzione e risposta di 1° grado (avere avuto solo una delega alla presentazione del progetto e non anche un incarico esteso all ‘ ottenimento del contributo pubblico), omettendo di riferire se tale
questione sia confluita in un motivo di appello, sì da impedire la formazione di un giudicato interno sul punto, in violazione del principio di autosufficienza rinverdito da Cass SU n. 34469/2019 »;
-palesemente estranee ad un errore di fatto sono le deduzioni del ricorrente circa una pretesa discrasia tra la motivazione della sentenza impugnata e le risultanze probatorie documentali;
-col terzo motivo si deduce «Errore di fatto risultante dagli atti di causa. Si contesta alla Suprema Corte di aver commesso un errore percettivo nel dichiarare l ‘ inammissibilità del terzo e quarto motivo di ricorso. In particolare, la Corte non ha colto: 1) Errata percezione del nesso temporale tra rinuncia alla DIA, inserimento in graduatoria e perdita di priorità : La Corte ha erroneamente ritenuto che la rinuncia alla DIA da parte di COGNOME nel 2004 sia stata la causa della perdita di priorità per il contributo, senza considerare che: · la DIA fu rinunciata nel 2004 (come confermato dalla sentenza di secondo grado), · l’ immobile fu successivamente inserito in graduatoria nel 2005, ·la perdita della priorità avvenne solo nel 2007 -2008, per motivi legati alla destinazione catastale dell ‘ immobile. Questo errore ha portato la Corte a dedurre erroneamente che la rinuncia alla DIA fosse la causa della perdita del contributo, mentre in realtà essa agevolò l ‘ inserimento in graduatoria. 2) Mancata percezione della destinazione catastale al momento del sisma come fatto oggettivo e non modificabile ‘ fatto incontestabile ‘ : La Corte ha frainteso la natura della destinazione catastale dell ‘ immobile al momento del sisma (cantina/magazzino), presupponendo che COGNOME potesse intervenire su tale destinazione per adeguarla alle esigenze del finanziamento. In realtà, questa classificazione, risalente al momento del sisma, era un limite oggettivo che impediva l ‘ accesso alla priorità del contributo, condizione non modificabile da COGNOME. A pagina 6 dell ‘ ordinanza, la Corte afferma erroneamente che COGNOME ‘ non ha compiuto i doverosi accertamenti sull ‘ abitabilità e sulla destinazione d ‘ uso dell ‘ immobile, ‘
ma in atti risulta che la destinazione catastale fosse già un fatto giuridico definito e non contestabile.».
-il motivo è inammissibile;
-la qui gravata ordinanza ha statuito che il terzo «motivo è inammissibile in quanto, oltre a indurre il giudice di legittimità a nuove valutazioni in fatto – inammissibili per quanto sopra detto riguardo al primo motivo -, non si confronta adeguatamente con la ratio della decisione. …» e che il quarto «motivo è inammissibile. Per quanto detto sopra in ordine al vizio motivazionale di cui all ‘ art. 132, co.3 n. 4 c.p.c., in seguito alla riformulazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall ‘ art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014;Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). Nulla di tutto ciò appare dalla lettura della motivazione.»;
-la censura sviluppata nel ricorso per revocazione non individua alcun errore di fatto nella motivazione della decisione impugnata e, anzi, nemmeno si confronta con le suesposte rationes decidendi (nessuna delle quali sarebbe, di per sé considerata, sussumibile entro la nozione di errore percettivo o di fatto), perché mira, evidentemente ed inammissibilmente, ad un ulteriore grado di giudizio;
-non occorre provvedere sulle spese di questo giudizio, attesa la indefensio degli intimati;
-va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,