Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14969 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14969 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
della Corte di cassazione ex art.391- bis cod. proc. civ.
Raffaele COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 25/03/2025 CC Cron. R.G.N. 13126/2024
NOME COGNOME
Rel. Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13126/2024 R.G., proposto da
NOME COGNOME
; rappresentata e difesa da ll’Avv. NOME COGNOME ;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME
-intimato- per la revocazione dell’ordinanza n. 7916/2024 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, depositata il 23 marzo 2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre per revocazione con un unico, articolato motivo avverso l’ordinanza di questa Corte 23 marzo 2024, n. 7916, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso da lei proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 26 marzo 2021, n. 983; censura, in particolare, l’errore in cui
sarebbe incorsa questa Corte nel ritenere violata la disposizione d ell’ art. 366 n. 4 cod. proc. civ.; osserva, in proposito, che essa, nel ricorso per cassazione, indebitamente dichiarato inammissibile, non solo aveva analiticamente esposto sei motivi di censura avv erso la sentenza d’appello, ma aveva altresì indicato le norme di diritto su cui essi erano fondati;
la ricorrente invoca, inoltre, la declaratoria di nullità della sentenza d’appello già impugnata con il ricorso dichiarato inammissibile, sull’assunto che essa sarebbe stata sottoscritta solo dal Presidente e non anche dal giudice estensore; n on svolge difese in sede di legittimità l’intimato NOME COGNOME
in seguito all’abrogazione del disposto di cui all’art.391 -bis , quarto comma, cod. proc. civ. -ed avuto riguardo alla nuova formulazione dell’art. 375 cod. proc. civ. (che prevede la pubblica udienza nei casi di revocazione di cui all’art. 391quater cod. proc. civ., ma non anche nei casi di cui al precedente art. 391bis ) -la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale;
il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte;
la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1. Il ricorso è improcedibile;
la ricorrente, oltre a non dare la prova della notifica del ricorso all’intimato mediante il deposito delle ricevute di avvenuta consegna ed accettazione, non ha allegato alcuno dei provvedimenti impugnati e non ha depositato la procura, che è stata solo genericamente indicata come ‘ annessa in questi atti ‘ (pag .1 del ricorso);
pertanto, il ricorso è improcedibile per violazione delle disposizioni di cui ai nn. 2) e 3) dell’art.369 cod. proc civ. ;
al di là delle esposte, assorbenti ragioni di improcedibilità, il ricorso sarebbe comunque manifestamente inammissibile;
la doglianza posta a fondamento della richiesta di declaratoria di nullità della sentenza n. 983 del 2021 della Corte d’appello di Milano declaratoria che, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto essere emessa con l ‘ordinanza di legittimità qui impugnata, che avrebbe invece indebitamente dichiarato
inammissibile il ricorso proposto avverso di essa -prima ancora che inammissibile, è del tutto pretestuosa;
con essa infatti si censura il difetto di sottoscrizione della sentenza da parte del Giudice relatore, nella consapevolezza dell’avvenuta sottoscrizione da parte del Presidente, il quale, nell’ambito del collegio giudicante , aveva assunto anche le funzioni di giudice relatore ed estensore;
per ciò che invece concerne specificamente l’ impugnazione per revocazione dell’ ordinanza di questa Corte n.7916 del 2024, giova ricordare che, ai fini della revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art.395 n.4 cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) deve consistere non in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere caratter e autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il
vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
sotto quest’ultimo profilo, va rilevato che nella nozione di punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice ha definito il processo; invero, un qualsiasi punto (anche se concerne una questione rilevabile d’ufficio) -una volta che sulla base di poteri esercitabili dalla parte (come la presentazione di una memoria) o dal giudice (nel corso dell’ordinaria direzione del processo o nell’esercizio dei suoi poteri di controllo officios i) è divenuto oggetto potenziale, per la sua stessa prospettazione, di dibattito processuale e, dunque, di decisione -diviene per ciò stesso un punto controverso tra le parti (Cass. 15/03/2023, n. 7435);
movendo da tale configurazione dell’errore revocatorio, questa Corte ha, sin da epoca ormai risalente, affermato -e in tempi più recenti reiteratamente ribadito -che, non solo, ovviamente, non rientra nella previsione dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., il vizio che, nascendo da una falsa percezione di norme giuridiche, integri gli estremi dell’ error iuris , sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia che
si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione (Cass. 21/02/2020, n. 4584; Cass. 29/12/2011, n. 29922); ma neppure sussiste errore di fatto revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata interpretazione dei motivi del ricorso o di una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n.7064/2022; Cass. n.13915/2005; Cass. n.14608/2007; Cass. n.20635/2017; Cass. n.10179/2020; Cass. n.10040/2022);
pertanto, non è configurabile un errore revocatorio né nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità in ordine alla violazione dei principi di autosufficienza, di tassatività e specificità che devono caratterizzare i motivi di ricorso per cassazione (Cass. 31/08/2017, n.20635, cit. ; Cass. 12/10/2022, n. 29750; Cass. 13/05/2024, n. 13109), né nella pronuncia che abbia omesso l’esame di alcune delle argomentazioni svolte nei motivi di ricorso, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cas., Sez. Un., n.31032 del 2019);
4.1. nel caso in esame, alla stregua delle stesse allegazioni della ricorrente, l’ errore denunciato non rientra nel paradigma della svista revocatoria;
viene infatti criticato il giudizio espresso dal Collegio giudicante sul (mancato) rispetto della disposizione contenu ta nell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. ; giudizio basato, non sulla percezione (corretta od erronea) di un fatto, bensì sull’interpretazione dei principi di chiarezza espositiva, tassatività e specificità del ricorso per cassazione, la quale potrebbe tradursi solo in un errore di giudizio;
ferme le assorbenti ragioni di improcedibilità del ricorso, l’istanza di revocazione sarebbe, pertanto, comunque manifestamente inammissibile;
in definitiva, il ricorso va dichiarato improcedibile;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che l’ intimato NOME COGNOME non ha svolto difese in questa sede;
7. a i sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte dichiara improcedibile il ricorso;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competen te ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile in data 25