Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11872 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11872 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2022/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato telematicamente per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato telematicamente per legge
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
– intimati –
avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 17212/2023 depositata il 15/06/2023.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10/02/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Ritenuto che
NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME, propone nei confronti della RAGIONE_SOCIALE revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. 391 bis e dell’art. 395 n. 4 c.p.c. , avverso l ‘ordinanza della Corte di Cassazione n. 17212 del 15/06/2023 che ha rigettato l’impugnazione avverso sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n. 845 del 30/11/2018, per rigetto del ricorso principale e assorbimento dell’incidentale, che aveva riformato la sentenza n. 540 del 9/07/2007, del Tribunale di Locri che aveva accolto l’opposizione di terzo avverso la sentenza del Tribunale di Locri n. 757 del 7/11/2003, di condanna delle figlie eredi di NOME COGNOME tra cui NOME COGNOME al pagamento della somma di oltre quarantaseimila euro, a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo per oltre ottantanove milioni di lire;
RAGIONE_SOCIALE risponde con controricorso;
NOMECOGNOME e NOME COGNOME NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati;
il Procuratore generale non ha presentato conclusioni;
e ntrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 10/02/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
Considerato che
il ricorso per revocazione, alla pag. 17, dopo avere riportato amplissimi stralci dell’ordinanza di questa Corte n. 17212 del 15/06/2023, così enuncia il motivo: «sull’errore di fatto idoneo a costituire il vizio revocatorio ex artt. 391 bis e 395 n. 4 c.p.c….Come si vede, la Corte di Cassazione, nella qui gravata ordinanza, ha ritenuto inammissibile la prima censura del quarto motivo di ricorso delle sig.re COGNOME NOME COGNOME NOME e NOME,
erroneamente dando per scontato, a seguito di un evidente difetto percettivo delle risultanze processuali, che esisteva, nel caso in esame, un fatto e/o un evento, che aveva prodotto, insieme con l’intervenuta confusione dei patrimoni delle ricorrenti con quello della de cuius NOME COGNOME la soddisfazione dei loro diritti, come domandati dalle sig.re COGNOME in corso di causa e, quindi, un fatto e/o evento estintivo del loro debito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. Infatti, solo l’esistenza di quest’ultimo fatto e/o evento, unito alla dichiarata ‘confusione’, dei patrimoni delle Pasquino con quello della de cuius COGNOME NOME (circostanza, quest’ultima attinente al solo rapporto interno delle ricorrenti con la madre e de cuius, sig.ra COGNOME, ndr.), avrebbe potuto determinare la loro sopravvenuta carenza di interesse al ricorso (ex multis, Cassazione civile sez. III 19/04/2023, n. 10483; Cassazione civile sez. II – 05/02/2016, n. 2292; Cassazione civile sez. III – 03/12/1997, n. 12254). Non revoca in dubbio che trattasi, nel caso in esame, di un errore materiale, compiuto dalla Corte, su un punto pregiudiziale e decisivo ai fini del decidere. In effetti, lo si ribadisce, dagli atti di causa non emerge la prova dell’esistenza di alcun fatto e/o evento, ‘satisfattivo’ dei diritti e delle domande delle sig.re COGNOME il quale, in realtà, non esiste, né la Corte di cassazione ne fa espressa menzione nella qui gravata ordinanza, risultando, pertanto, la presupposta sussistenza di quest’ultimo fatto e, quindi, la conseguente dichiarazione di sopravvenuta ‘carenza di interesse’, frutto di un’errata percezione delle risultanze processuali da parte della Corte di cassazione. »;
la detta, complessa e diffusa, prospettazione censoria non individua alcun concreto errore di fatto, ma, semmai, ascrive all’ordinanza e quindi a questa Corte, un’erronea lettura delle carte processuali delle precedenti fasi dei giudizi e dello stesso giudizio di cassazione ed è, pertanto, inammissibile, posto che l’omesso esame di una questione processuale non è errore di fatto (Cass. n. 11691 del 4/05/2023 Rv. 667818 – 01) dal momento che non comporta
l’erronea supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto ma si traduce in una mancata attività, cui la legge ricollega unicamente un eventuale vizio della motivazione o una violazione processuale, non ulteriormente rilevabili in relazione alle sentenze emesse in sede di legittimità e parimenti la giurisprudenza di questa Corte ritiene che in relazione al contenuto concettuale delle difese delle parti non sia configurabile un errore di fatto, sia perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti” sia perché tale errore non costituisce un errore percettivo (Cass. n. 6198 del 22/03/2005 Rv. 580298 – 01 ), a meno che l’atto difensivo sia stato falsamente rappresentato e sia stato oggetto di errore di percezione da parte del giudicante (Cass. n. 25752 del 1/09/2022 Rv. 665868 -01);
nella specie, inoltre, l’errore di fatto, imputato alla Corte di Cassazione, consisterebbe non in un’omissione, ossia nel mancato rilievo di un fatto, bensì nell’avere rilevato, ai fini del rigetto del ricorso per cassazione, l’avvenuta confusione del patrimonio di NOME COGNOME di NOME COGNOME e di NOME COGNOME con quello della defunta madre NOME COGNOME non risultando essere stata accettata l’eredità di questa con beneficio d’inventario, circostanza, questa, che, invece risulta essere stata tenuta ben presente dalla Corte nell’impugnata ordinanza;
in conclusione, il ricorso è inammissibile in tutte le diffuse, ma inconsistenti, censure e deve, pertanto, tale essere dichiarato;
le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e valutata l’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
l’inammissibilità del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per
il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di