Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5333 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5333 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10349/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (RSSMSM79C23F839G) unitamente all’avvocato COGNOME (DMECRL61L18F839H)
-controricorrenti-
nonché contro
NOME COGNOME, DI NOME, COGNOME sas di NOME, NOME COGNOME, DI NOME COGNOME, CUORVO VINCENZA, DI NOME, NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati-
Ricorso per revocazione avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 30003/2021 depositata il 26/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La vertenza è relativa ad una vicenda obbligatoria nascente da una convenzione con cui gli eredi COGNOME autorizzavano la RAGIONE_SOCIALE a riattivare e utilizzare le convenzioni regionali per terapia fisica di cui era già titolare il loro dante causa, in cambio del 6% degli introiti; i COGNOME deducevano che la obbligazione di pagare il corrispettivo era assunta, tra gli altri, da COGNOME e COGNOME, e contestando l’inadempimento chiedevano e ottenevano decreto ingiuntivo di pagamento, cui seguivano opposizioni riunite e tutte respinte in primo grado.
La Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità della convenzione negoziale stipulata tra le parti in data 19.12.1984 e per l’effetto ha accolto l’opposizione proposta da COGNOME e altri contro il decreto ingiuntivo ottenuto da eredi COGNOME; per quanto qui interessa NOME COGNOME aveva proposto appello incidentale. Gli eredi COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione che la Corte di Cassazione con ordinanza 30003/2021 ha accolto, sul rilievo che nei confronti dei condebitori in solido che non avevano impugnato tempestivamente la sentenza di primo grado si era formato il giudicato e pertanto ha errato la Corte d’appello nel ritenere che non si sia formato il giudicato nei confronti di quei debitori che abbiano proposto appello incidentale tardivo, avverso la decisione di prime cure, o siano rimasti contumaci.
Con l’ordinanza oggi impugnata per revocazione la Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso dei COGNOME cassato e rinviato.
Propongono revocazione per errore di fatto COGNOME e COGNOME Si sono costituiti con controricorso i COGNOME; gli altri controinteressati sono rimasti intimati. Le parti costituite hanno depositato memoria.
RITENUTO CHE
1.- Con il primo motivo del ricorso le ricorrenti si dolgono di un errore ex art. 395 n. 4 c.p.c., relativamente ad un elemento essenziale del processo, inerente all’efficacia ed opponibilità probatoria della convenzione del 19.12.1984, ai sensi dell’art. 2702 cc. In particolare, le ricorrenti deducono che dalla ‘attenta’ lettura del contratto per cui è causa, risulterebbe che NOME COGNOME non avrebbe sottoscritto il contratto in alcun punto, né nel corpo, né in calce, né a margine. Di talché, secondo le ricorrenti, il giudice di legittimità avrebbe errato nella parte in cui avrebbe riconosciuto esistente in capo a NOME COGNOME una obbligazione che non sarebbe mai sorta.
2.- Il motivo è inammissibile.
La Corte di Cassazione nella ordinanza impugnata per revocazione non si è mai pronunciata su questo punto, che non risulta essere stato motivo di ricorso; e del resto se non dedotto – come la stessa parte dichiara non essere mai stato dedotto – in primo grado nel giudizio di opposizione e non oggetto di appello non avrebbe mai potuto essere portato alla attenzione della Suprema Corte in quanto questione nuova. Tanto la sentenza di primo grado che quella di secondo grado danno infatti per scontato che anche NOME COGNOME abbia firmato la convenzione; quella di primo grado la ritiene soggetto obbligato, mentre il giudice d’appello ha dichiarato la nullità della convenzione per impossibilità dell’oggetto e non per difetto di accordo. Se la questione non è stata sottoposta al giudice di appello – come non risulta sia stata sottoposta – resta coperta da giudicato implicito.
La controparte ricorda inoltre che per legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391 bis e 395, n. 4 c.p.c., l’errore deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Suprema Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. civ. n. 26643 del 22 ottobre 2018; conf. Cass. civ. n. 4456 del 5 marzo 2015)
3.- Con il secondo motivo del ricorso, le ricorrenti denunziano un errore di fatto, ex art. 395 co. 1 n. 4 c.p.c., su un elemento che si assume ‘incontrovertibile’ consistente nel fatto che le ricorrenti avevano sì proposto appello incidentale tardivo, il quale, tuttavia, non poteva essere considerato tale, nella misura in cui esso era meramente adesivo rispetto alle doglianze articolate dalla RAGIONE_SOCIALE (appellante principale).
4.- Il motivo è inammissibile.
In primo luogo si osserva che parte ricorrente non coglie la ratio decidendi della ordinanza impugnata in relazione alla ragione per cui l’appello incidentale è stato considerato tardivo e cioè (pag. 3 della ordinanza della Corte di Cassazione) in quanto COGNOME e COGNOME non avevano osservato il termine di costituzione di cui al combinato disposto degli artt. 166 e 347 c.p.c., vale a dire il termine di costituzione, incorrendo così nella decadenza dall’impugnazione ai sensi dell’art. 343 c.p.c.
Inoltre, nel caso di specie, si tratterebbe al più di un errore di giudizio e non di un errore di fatto, posto che il ricorso incidentale
condizionato delle due ricorrenti, è stato respinto perché il rapporto è stato ritenuto inscindibile.
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore delle parti costituite.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti in solido al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi ed euro 200 per spese non documentabili, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/11/2024.