Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6656 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6656 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 117/2024 R.G. proposto da :
COGNOME DI COGNOME, in persona del titolare COGNOME Sandro, e COGNOME, in proprio, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME;
-intimato- avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 16575/2023, depositata il 12/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 391 bis c.p.c. affidato a due motivi, la DIAMOND di COGNOME NOME, in persona di NOME COGNOME (già RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e C.), e NOME COGNOME in proprio, hanno impugnato l ‘ ordinanza di questa Corte, Terza Sezione civile, n. 16575 del 12 giugno 2023, che (per quanto ancora interessa in questa sede) rigettava il primo motivo e dichiarava inammissibile il terzo motivo del ricorso per cassazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e C. e da NOME COGNOME in proprio avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3568/2020.
Quest ‘ ultima decisione aveva, a sua volta, rigettato l ‘ appello interposto dagli stessi Diamond RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e C. e da NOME COGNOME in proprio contro la sentenza del Tribunale di Milano in data 29.10.2018, resa nel giudizio, dai medesimi intentato, di opposizione dal precetto notificato in data 1.8.2016 dall ‘ avv. NOME COGNOME con cui si chiedeva loro il pagamento di euro 8.271,09 per prestazioni professionali rese, in forza di due ordinanze emesse dalla Corte d ‘ appello e dal Tribunale di Milano.
Il Tribunale, con la sentenza del 29.10.2018, rigettò tutte le domande degli opponenti, i quali avevano eccepito la nullità del precetto per il mancato inserimento dell ‘ avvertimento di cui all ‘ art. 480, comma secondo, c.p.c., per incertezza sulla parte da escutere, per mancata preventiva escussione (quanto al solo Pazzaglia in proprio) del patrimonio sociale, per la mancata preventiva notifica del decreto ingiuntivo sulla cui base erano state emesse le due ordinanze azionate e, infine, per l ‘ intervenuto pagamento della somma di euro 17.925,82, a copertura dell ‘ intero dovuto al Di COGNOME.
– Questa Corte, Terza Sezione civile, a fondamento della decisione resa con l ‘ ordinanza n. 16575/2023 (e per quanto rileva ancora in questa sede), ha osservato che: a ) il primo motivo di
ricorso «lamenta ‘errata e falsa applicazione’ degli artt. 91, 615, 616, 669bis e 669terdecies c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non aver la Corte d ‘ appello tenuto conto dello stretto collegamento tra i titoli azionati col precetto (ord. Corte app. Milano del 7.7.2016, nonché ord. Trib. Milano del 20.7.2016) e quelli oggetto di opposizione (d.i. n. 5180/2014 emesso dal Trib. di Milano, nonché sentenza n. 6384/14 emessa dal Giudice di pace di Milano). Si deduce, nella sostanza, che i vizi che inficiano questi ultimi non possano che ridondare su quelli su cui è fondato il precetto»; a.1 ) il motivo è infondato: la ‘Corte d ‘ appello ha correttamente rilevato che i presunti vizi che affliggerebbero i provvedimenti giurisdizionali presupposti (ossia, in particolare, il d.i. n. 5180/2014 e la sentenza n. 6384/14) non investono di per sé i titoli esecutivi azionati col precetto opposto, ossia l ‘ ordinanza della Corte d ‘ appello di Milano del 7.7.2016 e l ‘ ordinanza del Trib. di Milano del 20.7.2016, e tanto basta. Il fatto che dette ordinanze attengano a spese liquidate nella fase sommaria, anche in sede di reclamo, non sposta i termini della questione, perché la pretesa non debenza può sempre essere sostenuta nel relativo giudizio di merito, non certo con l ‘ opposizione a precetto. Il richiamo all ‘ insegnamento di Cass. n. 11370/2011, che tanto prevede, da parte degli odierni ricorrenti costituisce dunque un fuor d ‘ opera, perché il principio affermato con tale pronuncia attiene all ‘ ipotesi del provvedimento cautelare ante causam recante la condanna alle spese, di cui si intenda contestare la sola liquidazione, ossia a questione pacificamente del tutto diversa da quella che viene in rilievo nel caso che occupa’; b ) il terzo motivo di ricorso ‘lamenta omessa pronuncia in violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per non aver la Corte d ‘ appello esaminato la domanda di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., in relazione ad altri pendenti tra le parti’; b.1 ) il motivo ‘è inammissibile, per
violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. I ricorrenti, infatti, si dolgono della mancata sospensione del presente giudizio per pregiudizialità, ex art. 297 c.p.c., rispetto ad altri inter partes pure indicati, ma omettono finanche di allegare se gli stessi siano ancora pendenti e in quale grado gli stessi lo siano, così non consentendo a questa Corte di valutare, dalla mera lettura del ricorso, se la questione sia dotata o meno di decisività’.
-Non ha svolto attività difensiva in questa sede l ‘ intimato NOME COGNOME.
-I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c., con la quale chiedono anche che la causa venga fissata in udienza pubblica; richiesta avanzata anche con istanza al Presidente Titolare della Sezione, il quale -con provvedimento del 20 gennaio 2025 – ha rimesso al Collegio la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo mezzo è denunciato ‘errore di fatto ex art. 395 n. 4 nella individuazione della situazione giuridica come esposta nel ricorso per cassazione motivo n. 1 rg 18883/21’.
La Cassazione, nel decidere il primo motivo di ricorso, sarebbe incorsa in un errore di fatto ‘atteso che l’ ordinanza emessa dal Tribunale di Milano il 20 luglio 2016 rg 20272/16 … è stata emessa in sede di procedimento, comunque, cautelare in quanto investe la sola decisione relativa alla sospensione della procedura esecutiva -su cui è chiamata a pronunciarsi il G.E. e non al merito e riguarda per l ‘ appunto solo le spese legali visto che è l ‘ unica condanna prevista in tale provvedimento’.
I ricorrenti sostengono che non vi sarebbe differenza tra la contestazione avanzata con l ‘ opposizione avverso l ‘ ordinanza che conteneva la condanna alle sole spese ‘e quella eventualmente emessa in un ricorso cautelare ante causam che costituiscono fasi autonome da abbinare ad un giudizio comunque di merito’. Di qui, l ‘asserito ‘errore di fatto’ dell’ ordinanza impugnata in questa sede,
che non ha ‘rilevato esattamente quale sia il provvedimento impugnato, che è del tutto equivalente a quello emesso in una fase ante causam ‘.
-Con il secondo mezzo è prospettato ‘errore di fatto’ ex art. 395, primo comma, n. 4 c.p.c., per ‘errata rilevazione di elementi di qualificazione contenuti nel motivo n. 3 del ricorso per cassazione per violazione di norme processuali art. 360, n. 4 c.p.c. omessa pronuncia art. 112 c.p.c. sulla domanda di sospensione del giudizio articolo 295 c.p.c.’.
L ‘ affermazione contenuta nell ‘ ordinanza n. 16575/2023 secondo cui ‘il motivo, per come formulato, non consentiva di capire se giudizi presupposti fossero pendenti e in quale grado’ sarebbe ‘frutto di un evidente e palese fraintendimento che sicuramente corrisponde a quell ‘ errore percettivo nella lettura degli atti costituente motivo per la revocazione della qui impugnata ordinanza’.
I ricorrenti trascrivono il ‘paragrafo che interessa’ e sostengono che, dalla mera lettura di quanto riportata nel ricorso, sarebbe ‘evidente che in quel momento i giudizi fossero esattamente pendenti avanti ai giudici indicati cioè il Tribunale di Milano per quanto riguarda la causa Rg 20.289/2017 e davanti al giudice di pace di Milano per quanto attiene alla causa rg 71.170/2015’.
-I motivi sono, entrambi, inammissibili, non ricorrendo, quindi, i presupposti per una rimessione della causa in pubblica udienza, come richiesto dai ricorrenti con la memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c. e con ulteriore istanza.
3.1. – Varrà osservare, anzitutto, che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l ‘ errore rilevante ai sensi dell ‘ art. 395, n. 4, c.p.c.: a ) consiste nell ‘ erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell ‘ esistenza o dell ‘ inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell ‘ asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b ) non può concernere l ‘ attività interpretativa e valutativa; c ) deve possedere i caratteri dell ‘ evidenza assoluta e dell ‘ immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d ) deve essere essenziale e decisivo; e ) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte (Cass., S.U., n. 20013/2024).
Ne consegue che non è dato apprezzare la sussistenza di un errore di fatto revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall ‘ area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n. 10040/2022).
Sicché, non integra l ‘ errore di fatto rilevante per la revocazione di una sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell ‘ art. 395, n. 4, c.p.c. la pretesa erroneità della persistente controvertibilità di una questione o della lettura di uno o più degli atti dei gradi di merito che siano state oggetto della sentenza di secondo grado e poi dei motivi di ricorso per cassazione, sia perché in tal caso la questione è già stata oggetto di discussione tra le parti, sia perché un eventuale errore di diritto o di fatto commesso
in tesi dalla Corte di cassazione e diverso dalla mera svista su atti processuali del solo giudizio di legittimità non sarebbe suscettibile di emenda in base al vigente sistema processuale (Cass. n. 7795/2018).
Con l ‘ ulteriore precisazione che la contestazione dell ‘ errore di fatto revocatorio, ai sensi dell ‘ art. 395, comma primo, n. 4 c.p.c., presuppone la sua decisività, requisito che deriva dalla natura straordinaria del rimedio e dall ‘ esigenza di stabilità del giudicato, in ossequio al ‘ principio di ragionevole durata del processo ‘ e al connesso divieto di protrazione all ‘ infinito dei giudizi; tale decisività non sussiste qualora l ‘ impugnato provvedimento trovi fondamento anche in ulteriori ed autonome rationes decidendi rispetto alle quali non sia contestato alcun errore percettivo (Cass. n. 4678/2022).
3.2. -Nella specie, l ‘ inammissibilità del primo motivo di ricorso è ravvisabile, anzitutto, nel non aver i ricorrenti fatto oggetto di specifica impugnazione la ratio decidendi , autonoma e idonea a sorreggere da sola la statuizione di rigetto della proposta censura, che dava evidenza al fatto, di per sé assorbente (‘… e tanto basta’: cfr. § 2 dei ‘Fatti di causa’ e pag. 4 dell’ ordinanza n. 16575/2023), che la ‘Corte d’ appello ha correttamente rilevato che i presunti vizi che affliggerebbero i provvedimenti giurisdizionali presupposti (ossia, in particolare, il d.i. n. 5180/2014 e la sentenza n. 6384/14) non investono di per sé i titoli esecutivi azionati col precetto opposto, ossia l ‘ ordinanza della Corte d ‘ appello di Milano del 7.7.2016 e l ‘ordinanza del Trib. di Milano del 20.7.2016’.
L ‘ inammissibilità di entrambi i motivi (e, dunque, ulteriormente anche del primo mezzo) trova, comunque, rilievo nell ‘ aver i ricorrenti prospettato non già un errore di fatto ai sensi dell ‘ art. 395, comma primo, n. 4, c.p.c. e, dunque, una mera svista percettiva del giudicante, assolutamente incontrovertibile, bensì (cfr. § 2 dei ‘Fati di causa’, cui si rinvia integralmente) una erronea valutazione da parte di questa Corte della portata contenutistica di
atti interni al giudizio di legittimità (primo motivo) e dello stesso ricorso ex art. 365 c.p.c. (secondo motivo) e finanche (primo motivo) un errore di giudizio sulla configurazione di istituti giuridici (in ordine alla portata del procedimento cautelare).
Trattasi, dunque, di motivi che, già così come formulati, si palesano eccentrici rispetto allo specifico vizio dedotto e inidonei a poter dare ingresso ad una delibazione ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 391 bis e 395, primo comma, n. 4, c.p.c.
-Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, non occorrendo provvedere alla regolamentazione delle spese del presente giudizio in assenza di attività difensiva da parte dell ‘ intimato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza