Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2985 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2985 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22374/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante
-intimata- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 23572/2023 depositata il 02/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Venezia con sentenza del 9 febbraio 2021 ha dichiarato inammissibile l’appello della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che la condannava al risarcimento dei danni in favore della società RAGIONE_SOCIALE per la diffusione di notizie denigratorie.
Nel giudizio di primo grado la società RAGIONE_SOCIALE era rimasta contumace e aveva proposto appello, deducendo che la notifica dell’atto di citazione di primo grado era nulla poiché il plico era stato ritirato non da un suo addetto, ma tale COGNOME, dipendente di altra società che all’epoca ‘condivideva’ la medesima sede legale, il quale si era presentato alla posta con una delega fasulla, e non aveva consegnato il plico alla società, con conseguente nullità della sentenza. La Corte di merito ha ritenuto la notifica dell’atto di citazione regolare e pertanto , esclusa la nullità della notifica dell’atto di citazione di primo grado e conseguentemente dell’impugnata sentenza, ha dichiarato la tardività dell’appello. La Corte di Cassazione, adita dalla società RAGIONE_SOCIALE con ordinanza 23572/2023 ha accolto il motivo di ricorso con il quale si lamentava che non era stata ammessa la testimonianza di COGNOME sul fatto che costui aveva ritirato il plico non su incarico e delega della società destinataria. Ha invece respinto i motivi che attenevano alla tempestività del disconoscimento della scrittura privata e cioè della delega esibita dal Farronato all’ufficio postale per ritirare l’atto di citazione
Avverso la predetta ordinanza propone ricorso per revocazione la società RAGIONE_SOCIALE deducendo che vi è stato un errore revocatorio in ordine al rigetto del terzo e il quarto motivo di ricorso. Non costituita in questa fase la controparte
RITENUTO CHE
1.- La ricorrente deduce di avere lamentato con il terzo motivo di ricorso l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, co. 1, n.4 c.p.c., ovvero l’impossibilità per la ricorrente di effettuare il disconoscimento (della delega al ritiro) prima dell’udienza del 12/12/2019. Deduce inoltre che in subordine, rispetto ai motivi 1 e 2, ha lamentato con il quarto motivo di ricorso la violazione o falsa applicazione degli artt. 214 e 216
c.p.c. e 2702 c.c. in riferimento all’art.360, c.1, n.3 c.p.c. Trascrive i motivi del ricorso per cassazione ove aveva evidenziato l’errore della Corte d’appello nel ritenere tardivo il disconoscimento avvenuto solo all’udienza del 12 dicembre 2019 ‘ sebbene il documento fosse conosciuto dall’appellante, in quanto allegato all’atto di citazione in appello’. Rileva che essa società nel terzo motivo aveva dedotto che non era affatto vero che questo documento fosse allegato all’atto di citazione, così testualmente esprimendosi ‘ il documento in oggetto, ovvero la delega per il ritiro dell’atto giudiziario all’ufficio postale, non è stato prodotto dall’appellante con l’atto di citazione in appello, bensì, nel medesimo procedimento, dall’appellata (odierna resistente) come suo doc.1, unitamente alla comparsa di costituzione e risposta del 19.11.2019 e, nel procedimento di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza ex art. 351 c.p.c. (proc. 2197-1/19 R.G.), con la memoria di costituzione del 10.10.2019 (cfr. doc.3 )’ Di conseguenza era impossibile provvedere al suo disconoscimento prima dell’udienza del 10 ottobre 2019.
Su questo motivo di ricorso la Corte di Cassazione si è pronunciata respingendolo in virtù delle seguenti argomentazioni: « è principio consolidato di questa Corte quello per cui la parte che produce in giudizio una scrittura privata da lei apparentemente sottoscritta e della quale contesta l’autenticità deve fornire la prova, con gli ordinari mezzi, della falsità della sottoscrizione, non sussistendo un onere della controparte di chiederne la verificazione, non trovando applicazione, al riguardo, gli artt. 214 e 215 cod. proc. civ., che presuppongono che il documento del quale si deduca la falsità della firma sia stato prodotto in giudizio dall’altra parte e non dall’apparente sottoscrittore » e ritenendo non concludenti le doglianze con cui la società RAGIONE_SOCIALE contesta la valutazione della Corte di appello in ordine alla tempestività e alla ritualità del
disconoscimento della sottoscrizione posta sull’atto di delega al ritiro dell’atto giudiziario depositato presso l’ufficio postale, trattandosi di un documento prodotto in giudizio dalla stessa parte che ne nega l’autenticità.
L’odierna ricorrente deduce che sul punto vi è un evidente errore di percezione della realtà da parte della Corte, che ha ritenuto per svista che il documento contenente la sottoscrizione fosse stato prodotto dalla parte che aveva effettuato il disconoscimento (e non invece dall’altra parte). La Cassazione ha dato per assodato un fatto non corrispondente alla realtà (documentale), cioè che il documento in questione fosse stato prodotto in causa da Eurven, anziché da RWS e ha per un abbaglio ritenuto (e senza motivare sul punto) che tale documento fosse stato prodotto dalla stessa parte che ne negava l’autenticità e ha conseguentemente ritenuto non applicabili gli art. 214 e 215 c.p.c. Dunque su tale fatto non vi è stato alcun contrasto tra le parti e la Cassazione non ha in alcun modo motivato come sia giunta all’affermazione di tale fatto.
2. Il ricorso è inammissibile
Il presupposto della motivazione resa dalla Corte di Cassazione nel respingere il terzo e il quarto motivo del ricorso della società RAGIONE_SOCIALE è che un certo documento (nella specie la delega per il ritiro dell’atto di citazione) fosse stato prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE unitamente all’atto d’appello e quindi non poteva essa società disconoscerlo in un momento successivo, con ciò confermando il giudizio già reso dalla Corte d’appello di Venezia.
La parte deduce che la Corte di Cassazione è incorsa in un errore revocatorio in quanto il terzo motivo del ricorso era focalizzato su questo punto, e cioè che la Corte d’appello di Venezia avesse errato perché questo documento non era stato prodotto da essa ricorrente bensì dall’altra parte (segnatamente a
pagina 7 del ricorso per revocazione si dice che il documento è stato depositato per la prima volta alle 23:44 del 9 ottobre 2019 dalla controparte) come dimostra la scansione del fascicolo di controparte. Secondo la società RAGIONE_SOCIALE la Corte di Cassazione ha ‘per un abbaglio ritenuto (e senza motivare sul punto) che tale documento fosse stato prodotto dalla stessa parte che ne negava l’autenticità’ .
3.Preliminarmente deve operarsi una distinzione tra l’omesso esame di un motivo e l’omesso esame di alcune di argomentazioni proposte all’interno dei motivi; come hanno precisato le sezioni unite della Corte di Cassazione soltanto nel primo caso si può proporre il ricorso per revocazione. L’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4, c.p.c., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass. . sez. un., n. 31032 del 27/11/2019) Deve inoltre ricordarsi che la motivazione si può trarre anche implicitamente dal contesto dell’intero provvedimento giudiziario.
4.- Venendo quindi all’esame del caso deve rilevarsi che la parte che oggi chiede la revocazione dell’ordinanza impugnata si limita a dedurre come e da dove si può trarre la prova che il documento in questione è stato depositato dalla controparte, sorvolando però sul contenuto dei propri atti, e segnatamente non valutando se da essi la Corte d’appello prima e la Corte di Cassazione abbiano potuto desumere che detto documento era stato depositato, in primis, dalla Eurven. Il punto in questione infatti non è se anche la controparte abbia depositato il documento, ma chi lo abbia depositato per la prima volta. La società RAGIONE_SOCIALE sostiene l’impossibilità di effettuare il disconoscimento (della delega al ritiro) prima dell’udienza del 12/12/2019, dal momento che il documento ha avuto ingresso nel processo solo in data 9 ottobre 2019; invece la Corte d’appello e la Corte di Cassazione affermano concordemente che è stata la società RAGIONE_SOCIALE a produrre per prima questo documento.
5.- Il ricorrente nel chiedere la revocazione dell’ordinanza impugnata non tiene conto di quanto globalmente si desume dalla sentenza della Corte d’appello e dalla ordinanza della Corte di Cassazione e cioè che l’atto di appello era fondato sulla deduzione che la notifica dell’atto di citazione di primo grado era nulla, poiché il plico era stato ritirato non da un suo addetto, ma dal dipendente di altra società che all’epoca ‘condivideva’ la medesima sede legale, con conseguente nullità della sentenza; dal che si desume che l’appellante aveva piena contezza delle modalità del ritiro dell’atto di citazione ed anzi su questo punto aveva fondato il proprio appello.
Inoltre nell’atto d’appello era chiesta una prova testimoniale a mezzo del teste COGNOMEcolui cha ha ritirato l’atto) i cui capitolati sono trascritti nella sentenza resa dalla Corte di appello, che non ha ammesso la prova. Della richiesta di questa prova
testimoniale si è occupata anche la Corte di Cassazione nella ordinanza oggi in revocazione, (decimo motivo di ricorso, accolto) ritenendola ammissibile (‘ i capitoli di prova adeguatamente riprodotti nel ricorso e, comunque, indicati anche nella narrativa della sentenza impugnata -vertono, anche, su fatti -quali il controverso ritiro dell’atto giudiziario destinato alla RAGIONE_SOCIALE e la sottoscrizione del documento necessario per ritirare il predetto atto -rilevanti ai fini dell’accertamento del ritiro dell’atto giudiziario da parte di soggetto incaricato dalla RAGIONE_SOCIALE e alla riferibilità a quest’ultima di tale attività ‘) .
Ebbene, la formulazione dei capitoli 4 e 5 dimostra non solo che la società RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza delle modalità di ritiro dell’atto di citazione, ma altresì che ben conosceva il documento di cui ha opposto il disconoscimento e cioè la delega al ritiro dell’atto. La RAGIONE_SOCIALE ha infatti chiesto di interrogare Farronato sui seguenti capitoli: ‘4 )Fu Lei a sottoscrivere il documento necessario per ritirare il predetto atto5) Fu Lei a firmare il doc.7 che le viene rammostrato e a qualificarsi con l’addetto postale come dipendente di RAGIONE_SOCIALE‘ Dal che è conseguenziale desumere che nel proporre l’appello non solo la società RAGIONE_SOCIALE era in possesso della delega usata dal Farronato per ritirare l’atto, ma che l’aveva anche allegata al proprio atto d’appello e che intendeva sottoporla al testimone.
Non può dirsi allora che il giudice di legittimità non abbia tenuto conto di quanto dedotto nel terzo e del quarto motivo d’appello e per svista e senza motivare abbia dato per assodato che il documento in questione era stato prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE. Una lettura complessiva dell’ordinanza della Corte di Cassazione rende infatti evidente da dove sia stato tratto il convincimento che questo documento era stato depositato dall’appellante e sul punto la società RAGIONE_SOCIALE, con l’odierno ricorso per revocazione, non prende
posizione, limitandosi a focalizzare l’attenzione sulle produzioni fatte da controparte, ma senza spiegare le ragioni perché contesta di avere prodotto questo documento unitamente all’atto d’appello se al tempo stesso in quest’atto aveva dedotto la falsificazione della delega al ritiro e articolato una prova nei termini di cui sopra si è detto.
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 10/01/2025.