Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19846 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19846 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
La Corte di Appello di Firenze ha rigettato il gravame proposto dal C.N.R. avverso la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva revocato il decreto n. 2343/2014 con cui gli era stato ingiunto il pagamento della somma di € 78.756,31 in favore di NOME COGNOME, dipendente in quiescenza, a titolo di equo premio per l’inventore, e l’aveva condannato al pagamento della somma di € 41.301,90 per il medesimo titolo, detratte le eventuali trattenute fiscali, se dovute per legge.
La Corte territoriale ha rilevato che il COGNOME, già dipendente del CNR in qualità di primo ricercatore presso l’Istituto per i Processi Chimico -Fisici (IPFC) all’Area di Ricerca CNR di Pisa, aveva inventato una ‘Antenna interstiziale con choke miniaturizzato per applicazioni di ipertermia a microonde in medicina e chirurgia’ oggetto di domanda di brevetto nazionale PI 2001 A 000006, depositata in data 31.1.2001, nonché di domanda di brevetto internazionale PCT/IB02/00299, depositata in data 31.1.2002; le domande e i brevetti correlati con contratto in data 4.4.2003, registrato in data 26.11.2003 erano stati concessi in ‘licenza esclusiva mondiale’ dal CNR alla RAGIONE_SOCIALEper realizzare, far realizzare, utilizzare, commercializzare, vendere i Prodotti Licenziati (i dispositivi medici direttamente ottenuti attraverso l’applicazione dei brevetti ivi inclusa la strumentazione che utilizza i brevetti).
Ricostruito il quadro normativo, la Corte territoriale ha osservato che l’art. 65 c.p.i assegna al ricercatore la titolarità esclusiva dei diritti derivanti dall’invenzione realizzata nell’esecuzione del rapporto di lavoro e gli riconosce il diritto ad almeno il 50% dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione; ha tuttavia evidenziato che ai sensi dell’art. 243 c.p.i, tale disciplina si applica alle invenzioni conseguite successivamente alla data di entrata in vigore dell’art. 24 -bis del r.d. n. 1127 del 1939, nonché a quelle conseguite successivamente alla data di entrata in vigore del codice, ancorchè in dipendenza di ricerche iniziate anteriormente.
In ragione del riferimento al conseguimento delle invenzioni, ha pertanto ritenuto che nel caso di specie l’invenzione, depositata in data 31.1.2001, e dunque in epoca anteriore all’introduzione dell’art. 24 -bis del r.d. n. 1127 del 1939, fosse assoggettata alla disciplina previgente.
Il giudice di appello ha escluso che rivestisse rilievo il tempo della ‘utilizzazione economica del brevetto’ ed ha pertanto ritenuto applicabile l’art. 69 del d.P.R. n. 411 del 1976.
Richiamato il principio secondo cui in caso di invenzione di azienda, il diritto del lavoratore all’equo premio ex art. 23, comma 2, del R.D. n. 1127 del 1939 e il connesso obbligo datoriale di corrisponderlo sorgono solo con il conseguimento del brevetto, i cui effetti risalgono retroattivamente alla data di presentazione della domanda, ha rilevato che con scrittura del 22.5.2007 il COGNOME e RAGIONE_SOCIALE avevano stabilito che la licenziataria si era impegnata ‘ad iniziare la commerciali zzazione dei prodotti licenziati entro e non oltre il 30.11.2007, salvo impedimenti di forza maggiore secondo quanto già contemplato dall’art. 11’ e che dall’anno 2009il CNR aveva corrisposto al Longo l’equo premio del 20% secondo quanto previsto dal regolamento dell’ente all’epoca vigente, contenente specifiche norme anche per la determinazione dell’equo premio.
Ha osservato che l’art. 29, comma 1, del successivo ‘Regolamento per la generazione e per la gestione e valorizzazione della proprietà intellettuale sui risultati della ricerca del CNR emanato in data 14.11.2013 ed entrato in vigore in data 1.12.2013 aveva stabilito che a far data dall’entrata in vigore di detto regolamento, le procedure in corso relative ai diritti di proprietà intellettuale del CNR sarebbero state soggette alle disposizioni ivi previste, tra cui l’art. 27, che aveva riconosciuto a ll’inventore il 50% dei proventi economici, epurati dai costi di cui alla lettera a).
Considerato che l’equo premio era sempre stato pagato in un’unica rata annuale, ha ritenuto che l’aliquota del 50% dovesse essere applicata all’intero equo premio da corrispondersi nell’anno 2014 e non riguardo al ‘segmento’ mensile successivo al 30.11.2013 dicembre 2013); ha inoltre osservato che per ‘procedure in corso’ alla data del 1.12.2013 dovessero intendersi le ‘invenzioni
anteriori’ soggette alla previgente disciplina, avendo l’art. 29 del suddetto regolamento inteso estendere la nuova disciplina, concernente anche la misura dell’equo premio, alle invenzioni conseguite anteriormente.
Avverso tale sentenza il CNR ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
DIRITTO
Con l’unico motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della legge n. 383/2001, in specie al combinato disposto dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 29 del Regolamento CNR, per come interpretato dal giudice di appello, che ne ha fatto derivare l’interpretazione retroattiva alle inv enzioni conseguite prima della sua entrata in vigore; violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 1, 11 e 12 delle preleggi e del principio di gerarchia delle fonti; violazione e falsa applica zione delle norme di diritto sull’interpretazione degli atti e regolamenti, in riferimento all’art. 29 del Regolamento CNR per come erroneamente interpretato dal giudice di appello, in contrasto con l’interpretazione letterale, sistematica e logica, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Deduce che il discrimine temporale ai fini della disciplina applicabile è costituito dalla data di deposito della domanda di brevetto e che pertanto la misura dell’equo premio è regolamentata dal regolamento interno del CNR adottato nel 1982.
Sostiene l’applicabilità alle invenzioni sussumibili sotto il d.lgs. n. 411/1976 della disciplina contenuta nell’art. 24 -bis del R.D. n. 1127 del 1939, entrato in vigore il 25.10.2001, mentre l’invenzione del COGNOME è stata conseguita in data 31.1.2001.
Evidenzia che il regolamento va interpretato secondo la legge e non può ad essa derogare, né può applicarsi retroattivamente ai brevetti conseguiti prima della sua entrata in vigore; sostiene che per ‘procedure in corso’ devono intendersi quelle di concessione dei brevetti, e non quelle di pagamento de ll’equo premio.
Aggiunge che dal riconoscimento della misura del 50% per l’equo premio in un ‘unica occasione (dicembre 2013), peraltro solo in sede di prima applicazione della disciplina regolamentare e per un dodicesimo dell’anno 2013, non potevano derivare l’acquiescenza del CNR ad un’applicazione contra l egem del regolamento, in violazione della par condicio ricercatori/inventori, né il legittimo affidamento del Longo.
Il ricorso è infondato.
Dalla sentenza impugnata risulta che il Regolamento del 1982 approvato all’adunanza del 16.6.1982 della Giunta Amministrativa del CNR aveva determinato l’equo premio nella misura del 20%, mentre il successivo regolamento entrato in vigore in data 1.12.2013 lo ha determinato in misura del 50%.
Il Regolamento del 2013 è stato adottato nella vigenza dell’art. 65 del Codice Proprietà Industriale (D.lgs.10 febbraio 2005, n.30 ) , che nel testo precedente le modifiche apportate dalla legge n. 102 del 2023, applicabile ratione temporis , stabilisce, ai commi 13: ‘ 1. In deroga all’articolo 64, quando il rapporto di lavoro intercorre con un’università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore. In caso di più autori, dipendenti delle università, delle pubbliche amministrazioni predette ovvero di altre pubbliche amministrazioni, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione. L’inventore presenta la domanda di brevetto e ne dà comunicazione all’amministrazione.
Le Università e le pubbliche amministrazioni, nell’ambito della loro autonomia, stabiliscono l’importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l’uso dell’invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica amministrazione ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci.
In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione. Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di cui al comma 2, alle stesse compete il trenta per cento dei proventi o canoni. (…).
Il regolamento che viene in rilievo ha dunque fondamento normativo, e va pertanto interpretato secondo le norme che regolano l’interpretazione della legge, art. 12, disp. prel. cod. civ. (cfr., Cass. n. 32628/2023).
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, secondo l’art. 12, primo comma, delle citate disposizioni preliminari, operano in primo luogo i canoni dell’interpretazione letterale, sistematica, teleologica e storica; quando una controversia non può essere decisa con una specifica disposizione – da interpretarsi, ai sensi dell’art. 12, primo comma, il giudice ricorre all’analogia legis, ovvero estende al caso non previsto la norma positiva dettata per casi simili o materie analoghe; e se, ciò nonostante, permane il dubbio interpretativo, troverà applicazione l’analogia iuris, ossia l’applicazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico (Cass., S.U., n. 38596 del 2021).
L’art. 1, ‘Oggetto e ambito di applicazione’ del Regolamento del 1.2.2013, prevede: ‘ 1. Il presente Regolamento disciplina le fasi di generazione, gestione e valorizzazione della proprietà intellettuale generata all’interno del CNR da parte del relativo personale, come di seguito definito.
Il regolamento vale come disciplina dei rapporti interni tra il CNR e i suoi Inventori anche ai sensi dell’art. 65, comma 2, CPI, anche ai fini del successivo art. 27 ‘.
L’art. 27 ‘Ripartizione dei proventi’ del medesimo Regolamento stabilisce: ‘ 1. Ove a seguito dell’attività di valorizzazione il CNR consegua proventi economici a qualunque titolo, essi saranno ripartiti secondo la seguente formula: a. Al corrispettivo lordo ottenuto, andranno preventivamente sottratti i costi sostenuti, fino al momento di conclusione dell’accordo di valorizzazione, per il conseguimento e la manutenzione dei Diritti di proprietà intellettuale.
La somma ottenuta sulla base della lett. a) verrà corrisposta in ragione del 50% all’Inventore (o agli Inventori pro quota, in caso di più inventori), in ragione del 10% al Dipartimento dal quale proviene l’Inventore (o ai Dipartimenti pro quota in caso di uno o più Inventori provenienti da diversi Dipartimenti), in ragione del 20% all’Istituto dal quale proviene l’Inventore ( o agli Istituti pro quota in caso di uno o più Inventori provenienti da diversi Istituti) e in ragione
del 20% a un fondo rotativo tenuto dall’amministrazione centrale e destinato alla copertura dei costi brevettuali ‘.
L’art. 29 (Disposizioni finali) del medesimo Regolamento stabilisce: ‘ 1 . A far data dall’entrata in vigore del presente Regolamento, le procedure in corso relative ai Diritti di proprietà intellettuale del CNR saranno soggette alle disposizioni qui previste.
Per quanto non espressamente previsto nel presente Regolamento, trovano applicazione le disposizioni del Decreto di riordino del CNR, dello Statuto, di eventuali regolamenti interni, in quanto applicabili.
Il presente Regolamento, emanato con Decreto del Presidente, entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ‘.
Va in proposito rilevato che i diritti di proprietà intellettuale riguardano anche la valorizzazione della proprietà intellettuale generata all’interno del CNR da parte del relativo personale, e dunque anche il corrispettivo dovuto all’inventore per l o sfruttamento economico dell’invenzione da parte del CNR.
Il regolamento non prevede dunque alcuna applicazione retroattiva, ma in coerenza con la disciplina primaria vigente ratione temporis , l’espressione ‘procedure in corso’ cui segue senza soluzione di continuità l’espressione ‘relative ai Diritti di proprietà intellettuale del CNR’, contenuta nell’art. 29, comma 1, del Regolamento, facendo corretta applicazione dei richiamati criteri ermeneutici, comprende il complessivo rapporto che intercorre tra il lavoratore e l’Amministrazione con riguardo all’inv enzione, in cui rientrano anche i profili relativi allo sfruttamento economico dell’invenzione medesima.
La sentenza impugnata, avendo ritenuto che l’espressione ‘procedure in corso’ comprend e anche l’assetto economico delle invenzioni già oggetto di brevetto, ha dunque correttamente interpretato il Regolamento e si sottrae a censure.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Come ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 9938 del 2014, stante la non debenza delle amministrazioni pubbliche del versamento del contributo unificato, non deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui
al primo periodo del dPR 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dal comma 17 della legge 24 dicembre 2012,n.228, art. 1 ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della