Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22382 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15935-2024 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 121/2024 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 28/02/2024 R.G.N. 335/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa :
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.15935/2024
Ud 01/07/2025 CC
1. Con ricorso ai sensi dell’art. 414 c.p.c. NOME COGNOME adiva il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, conveniva in giudizio il proprio datore di lavoro, Ministero della Giustizia, assumeva di essere inquadrata quale operatore giudiziario in posizione economica F2 Area II° ma di avere sempre svolto, a partire dal 01/01/2010, mansioni superiori a quelle della categoria di inquadramento presso la Procura della Repubblica di Trani svolgendo attività di assistenza ad un magistrato in tutte le attività giudiziarie e nei rapporti con uffici terzi. Tanto premesso NOME chiedeva accertarsi il suo diritto ad essere inquadrata nella qualifica corrispondente alle mansioni effettivamente svolte di Cancelliere di primo livello o in via gradata e subordinata quella di Assistente Giudiziario entrambi rientranti nella posizione economica B3 Area II – F3, accertare e dichiarare le differenze retributive e contributive, condannare il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle differenze retributive quantificate nella somma di €.11.952,57 per differenze retributive, €. 443,68 per rivalutazioni ed €. 579,89 per interessi oltre differenze contributive, condannare il Ministero della Giustizia al risarcimento del danno. Il Ministero della Giustizia si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. Con la sentenza n. 3136/2020 del 16/10/2020, il Tribunale di Bari, Sez. Lav., rigettava il ricorso dichiarandone la nullità.
Avverso detta sentenza proponeva appello NOME COGNOME Il Ministero della Giustizia si costituiva nel giudizio di secondo grado chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 121/2024 depositata il 28/02/2024 la Corte di Appello di Bari, sezi one lavoro, accoglieva parzialmente l’appello e accertato lo svolgimento di mansioni superiori da parte della lavoratrice, dichiarava il diritto di questa alla retribuzione maggiore per le
mansioni concretamente svolte, escludeva il diritto all’inquadramento nella qualifica superiore e, per l’effetto, condannava il Ministero della Giustizia a corrispondere alla ricorrente la somma di euro 11.952,57 per differenze retributive oltre accessori, respingeva la domanda di risarcimento del danno.
In particolare, la Corte barese riteneva che pur a seguito del mutamento della cornice contrattuale e dell ‘introduzione del nuovo sistema di classificazione del personale dipendente del Ministero della Giustizia (di cui al Contratto Nazionale integrativo del 29 luglio 2010 di cui s’è detto), il profilo professionale adeguato all’attività resa dalla Simone fosse quello di ‘ assistente giudiziario ‘, nel quale devono essere inquadrati i lavoratori che espletano attività di collaborazione in compiti di natura giudiziaria.
Aggiungeva che, del resto, in base all’allegato A al Contratto Integrativo in tale profilo dovesse confluire la figura professionale dell’operatore giudiziario ex posizioni economiche B2 e B3, a dimostrazione che anche le parti sociali avevano ritenuto esistente una marcata linea di continuità tra i profili professionali in questione.
Evidenziava che, tenuto conto del livello di complessità e di responsabilità connesse all’attività prestata, a seguito della nuova classificazione l’attività della Simone d oveva essere rapportata alla fascia economica F3 dell’area II, come si desumeva chiaramente anche dalla tabella di equiparazione contenuta nell’allegato B al Contratto Integrativo, nel quale si stabilisce che la figura professionale di operatore giudiziario confluisce in quella di assistente giudiziario con assegnazione della posizione o fascia economica corrispondente (B2 => F2 e B3 => F3).
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia. NOME COGNOME si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 1° luglio 2025.
Ragioni della decisione:
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 6, 8, 10, 17 e 18 del c.c.n.l. 2006/2009 per il personale del comparto Ministeri e degli artt. 15 e 16, Allegato A e B, del c.c.n.i. del 29.7.2010, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.
Il motivo ruota intorno ad un duplice rilievo: a) che con la sottoscrizione in data 14.9.2007 del c.c.n.l. 2006/2009 è stato introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale del Comparto Ministeri che ha accentuato la flessibilità con la creazione di tre Aree corrispondenti a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative secondo quanto previsto dall’allegato A del contratto (art. 6, comma 2, c.c.n.l. 14.9.2007); b) che l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2007 dispone che: ‘Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’art. 35 comma 1, lett. a)’. Alla luce di dette premesse, rilevato che l’operatore giudiziario, l’assiste nte giudiziario ed il cancelliere sono tutti inquadrati ex c.c.n.l. 2006-2009 e c.c.n.i.
del 27.07.2010 nell’Area seconda, posizioni economiche F1, F2 ed F3, il Ministero ricorrente sostiene l’erroneità della decisione qui impugnata sulla scorta dei seguenti argomenti, la sentenza di appello: a) non ha tenuto conto del principio di equivalenza delle mansioni all’interno della stessa area; b) riconosce, in virtù di detto errore, lo svolgimento, in fatto, da parte della lavoratrice di mansioni superiori ascrivibili al profilo di assistente giudiziario, mansioni, si rimarca ancora nel motivo, erroneamente ritenute superiori, peraltro, con attribuzione della fascia economica F3, riconoscibile solo ai cancellieri.
Il motivo è fondato e va accolto.
La questione qui in rilievo può essere ricondotta a quella più ampia di delimitazione del perimetro entro il quale la parte datoriale pubblica, nel caso di specie il Ministero della Giustizia, può esercitare lo ius variandi senza che l’attribuzione di compiti, mansioni e funzioni diverse da quelle del profilo di inquadramento comporti un demansionamento, o, per converso, per quanto ci riguarda nel caso all’attenzione, senza che comporti lo svolgimento, in fatto, di mansioni superiori.
Ebbene, nella fattispecie qui in esame, venendo in rilievo l’arco temporale dal 23 aprile 2013 al 31 ottobre 2017, trova applicazione l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 come modificato del d.lgs. n. 150 del 2007 la cui riscrittura ad opera del legislatore è stata anticipata dalla contrattazione collettiva 2006-2009.
Procedendo ordinatamente giova al riguardo ricordare che il c.c.n.l. Comparto Ministeri del 14 settembre 2007, all’art. 6 dispone che: ‘ 1. Il sistema di classificazione del personale, improntato a criteri di flessibilità correlati alle esigenze connesse ai nuovi modelli organizzativi delle amministrazioni, è articolato in tre Aree (…).
Le aree sono individuate mediante le declaratorie che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area medesima. Le stesse corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative, secondo quanto previsto dall’allegato A del presente c.c.n.l.
All’interno di ogni singola area, sono collocati i profili professionali che, in quanto riconducibili ad un medesimo settore di attività o ad una medesima tipologia lavorativa o professionale, possono essere tra loro omogenei o affini.
I profili professionali secondo i settori di attività, definiscono i contenuti tecnici della prestazione lavorativa e le attribuzioni proprie del dipendente, attraverso una descrizione sintetica ed esaustiva delle mansioni svolte, dei requisiti e del livello di professionalità richiesto’.
In estrema sintesi, il c.c.n.l. del 14.9.2007 per il personale non dirigenziale del Comparto Ministeri ha previsto un nuovo sistema di classificazione improntato a criteri di flessibilità, fondato, da un lato, sulla previsione di aree con indicazione di livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità e, dall’altro, sulla sostituzione delle posizioni economiche, che esprimevano un diverso livello di professionalità connesso all’espletamento delle mansioni proprie del profilo, con fasce retributive, volte a compensare l’arricchimento conseguito dal dipendente nello svolgimento della propria attività (cfr. art. 6, comma 8 del c.c.n.l. cit.). Le novelle contenute nel testo contrattuale, come anticipato, sono state confermate e trasfuse nel testo novellato dell’art. 52 cit. a tenore del quale ‘il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadra mento ovvero a
quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’art. 35, comma 1, lett. a)’. In una parola, con l’introduzione del nuovo sistema, di immediata applicazione, tutte le mansio ni all’interno dell’Area sono considerate equivalenti e pertanto sono esigibili dal datore di lavoro ai sensi del 52 d.lgs. n. 165 del 2001, novellato.
7. La questione è stata più volte affrontata da questa Corte che, con orientamento costante e pienamente condiviso dal Collegio, non essendo emersi argomenti che impongono una rimeditazione, ha espressamente affermato: ‘in tema di pubblico impiego contrattualizzato, il c.c.n.l. del 14 settembre 2007 per il personale non dirigenziale del comparto Ministeri ha previsto un nuovo sistema di classificazione improntato a criteri di flessibilità, fondato, da un lato, sulla previsione di aree esprimenti livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità e, dall’altro, sulla sostituzione delle posizioni economiche, che esprimevano un diverso livello di professionalità connesso all’espletamento delle mansioni proprie del profilo, con le fasce retributive, volte a compensare l’arricchimento conseguito dal dipendente nello svolgimento della propria attività; il predetto sistema, in cui tutte le mansioni all’interno dell’area sono considerate professionalmente equivalenti e sono esigibili dal datore di lavoro ex art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, è di immediata applicazione’ (cfr. Cass. n. 33141 del 2019).
8. Nel medesimo segno va altresì ricordata anche la successiva Cass. n. 21485/2020, in cui del pari viene evidenziato, seppur con riguardo al personale non dirigenziale del comparto enti pubblici non economici, ‘che il c.c.n.l. del 1.10.2007 di immediata efficacia, ha previsto un nuovo sistema di
inquadramento nel quale tutte le mansioni all’interno della medesima area sono considerate professionalmente equivalenti e costituisce esercizio di mansioni superiori solo lo svolgimento di mansioni proprie dell’area immediatamente superiore, con la conseguenza che ai sensi del c.c.n.l. del 16.02.1999 la posizione C5 individua una posizione di mero sviluppo economico all’interno dell’area C che, pertanto, non rileva ai fini dello svolgimento di mansioni superiori’. Ancora, sotto l’angolo prospettico opposto, ma simmetrico del demansionamento, questa Corte in Cass. n. 1665/2024, ha rimarcato che ‘in tema di pubblico impiego privatizzato, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma genera le di cui all’art. 2103 c.c.’ . In applicazione del sopraindicato principio, la S.C. ha quindi cassato la sentenza di merito che aveva affermato l’illegittimità dell’assegnazione ai dipendenti del MIBACT – assunti con il profilo di “assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza” – di mansioni di vigilanza e apertura e chiusura di sale, ambienti, bagni, rientranti nella stessa area di inquadramento del c.c.n.l. 2006-2009 del Comparto Ministeri. Sul punto, poi, va ricordata anche la recentissima Cass. n. 26084/2024 per aver ritenuto che non sussistono i presupposti per la sottoposizione al vaglio di costituzionalità dell’art. 52 cit. novellato esprimendo il principio così massimato ‘ in tema di impiego contrattualizzato, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel disciplinare le mansioni a cui dev’essere adibito il dipendente, assegna esclusivo rilievo al criterio della loro equivalenza formale con riferimento alla
classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, sicché deve dichiararsi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di detta norma, come interpretata nel senso anzidetto, la quale, nel perseguire l’obiettivo della massima flessibilità nella gestione delle risorse umane e del superamento dell’eccessiva parcellizzazione del sistema di classificazione previgente, non contrasta con il principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa, né con il diritto a un lavoro “liberamente intrapreso” contemplato dalla Carta sociale europea, da intendersi come divieto di lavoro coattivo o forzato’.
Infine, sempre sul piano dei principi, evidenzia e rimarca il Collegio che, poiché l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 assegna rilievo al solo criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, da valutarsi con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, prescindendo dagli specifici contenuti professionali, il giudice non può in alcun modo sindacare sotto tale profilo la natura equivalente delle mansioni assegnate, non trovando applicazione la norma generale di cui all ‘art. 2103 c.c. ( cfr. Cass. n. 22026/2022 e la giurisprudenza di questa Corte ivi richiamata). In una parola, il giudice deve arrestarsi di fronte alle scelte delle parti contrattuali di collocare nella medesima area i diversi profili professionali.
Nel solco della piena condivisione dei principi innanzi enunziati intende, come anticipato, muoversi il Collegio, ai fini della valutazione della fattispecie qui all’attenzione.
Al riguardo va evidenziato che è incontroverso e ne dà atto anche la sentenza impugnata ( cfr. sentenza pag. 10) che, sulla base del c.c.n.l. 2006-2009 e della contrattazione integrativa, i
profili professionali dell’operatore giudiziario e dell’assistente giudiziario sono entrambi ricompresi nella seconda Area.
Tanto premesso, però, dopo aver pedissequamente riportato le declaratorie dell’operatore giudiziario e dell’assistente giudiziario ( cfr. ancora pag. 10 della sentenza di appello) e precisato che dette figure professionali sono entrambe ricomprese nella seconda Area, la Corte territoriale effettua, poi, un giudizio comparativo sulle mansioni effettivamente svolte dalla lavoratrice, afferenti -secondo le risultanze istruttorie qui non più rivedibili -al profilo professionale di assistente giudiziario, per concludere ed affermare lo svolgimento di mansioni superiori (di assistente anziché di operatore).
Tale valutazione è però erronea alla luce di quanto si è innanzi detto, con violazione, quindi, del novellato art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001 e delle previsioni della contrattazione collettiva che -pacificamente -collocano entrambi i profili professionali nella Seconda Area.
Tanto premesso, pacificamente dedotto dalla ricorrente, per quanto qui rileva, lo svolgimento delle mansioni di assistente giudiziario, anziché quelle di operatore giudiziario, rilevato che entrambe le figure professionali ricadono nella seconda Area, la Corte territoriale ha errato nel ritenere lo svolgimento di mansioni superiori. Infatti, come innanzi già detto, entrambe le figure professionali afferiscono alla medesima Area seconda nell’alveo della quale il datore poteva liberamente esercitare il proprio potere, con conferimento delle mansioni afferenti ad ognuna delle figure professionali ivi previste, considerate equivalenti dalla contrattazione collettiva, preclusa al giudice ogni diversa valutazione. Come si è sottolineato al punto 9.1., infatti, il giudice non può effettuare alcun giudizio comparativo
e valutazione, con riguardo alle mansioni proprie dei profili professionali appartenenti alla medesima area, atteso che esse sono state, a monte, considerate equivalenti dalla contrattazione collettiva, con la conseguenza che in tal caso non può trovare ap plicazione la norma generale di cui all’art. 2103 c.c. (cfr. innanzi la già richiamata Cass. n. n. 22026/2022).
Conclusivamente ed icasticamente, ricompresi i profili professionali di operatore giudiziario ed assistente giudiziario nella medesima Area seconda il giudice di merito non avrebbe dovuto svolgere alcun giudizio comparativo ( rectius il giudizio trifasico) su mansioni, ritenute, a monte, equivalenti dalla contrattazione collettiva.
Per questi motivi il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata e, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto delle domande azionate dalla lavoratrice nel ricorso ex art. 414 c.p.c., in quanto infondate alla luce del percorso ricostruttivo innanzi compiuto.
L’esito alternato dei giudizi, il consolidarsi in tempi solo recenti della giurisprudenza di legittimità sono ragioni sufficienti alla compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria di NOME COGNOME compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione