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Equivalenza mansioni: no a mansioni superiori

Una dipendente pubblica, inquadrata come operatore giudiziario, chiedeva il pagamento di differenze retributive per aver svolto mansioni di assistente giudiziario. La Corte di Cassazione ha respinto la domanda, stabilendo il principio dell’equivalenza mansioni all’interno della stessa area professionale. Poiché entrambi i profili rientrano nella medesima area contrattuale, non si configurano mansioni superiori e, di conseguenza, non spetta alcuna maggiorazione economica.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Equivalenza Mansioni nel Pubblico Impiego: Quando le Mansioni Svolte non sono ‘Superiori’

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nel pubblico impiego contrattualizzato: il concetto di equivalenza mansioni all’interno della stessa area professionale. Questa decisione chiarisce che un dipendente non ha diritto a differenze retributive se svolge compiti di un profilo professionale diverso ma inquadrato nella medesima area contrattuale. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di una dipendente del Ministero della Giustizia, inquadrata come operatore giudiziario. La lavoratrice sosteneva di aver svolto per anni mansioni superiori, riconducibili al profilo di assistente giudiziario, e per questo aveva richiesto in giudizio il riconoscimento delle differenze retributive e contributive.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda. Successivamente, la Corte d’Appello aveva parzialmente accolto il ricorso della lavoratrice, riconoscendole il diritto alle differenze economiche per lo svolgimento di mansioni considerate superiori, pur escludendo il diritto al superiore inquadramento.

Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo l’erroneità della sentenza d’appello alla luce della normativa sull’equivalenza mansioni introdotta dalla contrattazione collettiva.

## L’Equivalenza Mansioni nel Pubblico Impiego

Il cuore della questione risiede nella riforma del sistema di classificazione del personale del comparto Ministeri, introdotta dal CCNL del 2007 e recepita dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001. Questo nuovo sistema ha superato la rigida distinzione tra singole qualifiche, introducendo un modello basato su ampie “Aree” professionali.

Ciascuna Area raggruppa diversi profili professionali che, pur avendo compiti specifici, sono accomunati da livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità. La conseguenza diretta è che tutte le mansioni all’interno della stessa Area sono considerate tra loro “professionalmente equivalenti”.

## La Decisione della Corte di Cassazione e l’equivalenza mansioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, ribaltando la decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno chiarito che, una volta che la contrattazione collettiva ha inserito due profili professionali (nel caso di specie, operatore giudiziario e assistente giudiziario) nella medesima “Seconda Area”, questi devono essere considerati equivalenti.

Di conseguenza, l’assegnazione a un dipendente di compiti propri di un altro profilo della stessa Area non costituisce svolgimento di mansioni superiori, ma rientra nel legittimo esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro pubblico. Il giudice di merito, pertanto, non può effettuare un giudizio comparativo per stabilire se una mansione sia “superiore” all’altra, dovendosi arrestare di fronte alla classificazione operata dalle parti sociali.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sul principio dell'”equivalenza formale” sancito dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001. Tale norma, interpretata alla luce della contrattazione collettiva, assegna rilievo esclusivo alla classificazione prevista in astratto dai contratti, indipendentemente dalla professionalità concreta acquisita dal lavoratore. Il sistema mira a garantire la massima flessibilità nella gestione delle risorse umane e a superare l’eccessiva frammentazione del precedente ordinamento.

In sintesi, si ha svolgimento di mansioni superiori solo quando al dipendente vengono assegnati compiti propri di un profilo appartenente a un’Area immediatamente superiore, non a un diverso profilo della stessa Area. Poiché nel caso esaminato entrambi i profili appartenevano alla Seconda Area, la Corte territoriale ha errato nel riconoscere le differenze retributive.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per tutti i dipendenti pubblici. La decisione chiarisce che la pretesa di un compenso maggiore è infondata se le mansioni svolte, pur diverse da quelle del proprio profilo formale, rientrano nella stessa area di inquadramento definita dal contratto collettivo. Per poter rivendicare il diritto a una retribuzione superiore, è necessario dimostrare di aver svolto, in modo prevalente e continuativo, compiti appartenenti a un’area contrattuale superiore.

Un dipendente pubblico può chiedere una paga maggiore se svolge compiti di un altro profilo professionale?
No, se il profilo professionale in questione rientra nella stessa “Area” di inquadramento prevista dal contratto collettivo. In questo caso, vige il principio di equivalenza mansioni e non si configura lo svolgimento di mansioni superiori.

Cosa si intende per equivalenza mansioni nel pubblico impiego?
Significa che tutti i profili professionali raggruppati dalla contrattazione collettiva all’interno di una medesima “Area” sono considerati formalmente di pari livello. Il datore di lavoro può quindi assegnare al dipendente compiti relativi a qualsiasi profilo di quella stessa area.

Il giudice può valutare se un incarico è superiore a un altro se entrambi sono nella stessa Area contrattuale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice non può effettuare un giudizio comparativo sulla “superiorità” delle mansioni tra profili della stessa Area, poiché la loro equivalenza è già stata stabilita a monte dalla contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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