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Ente Pubblico Non Economico: Niente NASpI per i dipendenti

La Corte di Cassazione ha stabilito che una ‘azienda speciale’ finanziata prevalentemente da enti pubblici deve essere classificata come Ente Pubblico Non Economico. Di conseguenza, i suoi dipendenti a tempo indeterminato non hanno diritto all’indennità di disoccupazione (NASpI), in quanto equiparati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, esclusi dalla normativa. La sentenza ribalta la decisione di merito, chiarendo i criteri per distinguere la natura economica o meno di un ente pubblico.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Ente Pubblico Non Economico: la Cassazione nega la NASpI ai dipendenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardo al diritto all’indennità di disoccupazione (NASpI) per i dipendenti delle cosiddette ‘aziende speciali’. La qualificazione giuridica del datore di lavoro come Ente Pubblico Non Economico è decisiva e comporta l’esclusione da tale beneficio, equiparando questi lavoratori a quelli delle pubbliche amministrazioni. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

Il caso: una lavoratrice contro l’Istituto Previdenziale

Una lavoratrice, dipendente di un’azienda speciale istituita e controllata da enti pubblici (una Provincia Autonoma e una Camera di Commercio), si era vista negare l’accesso alla NASpI dopo la cessazione del suo rapporto di lavoro. L’Istituto previdenziale sosteneva che l’azienda rientrasse nel novero delle pubbliche amministrazioni, i cui dipendenti a tempo indeterminato sono esclusi da tale tutela.

Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano dato ragione alla lavoratrice. La Corte d’Appello, in particolare, aveva qualificato l’azienda come ente pubblico economico, ritenendo quindi la dipendente assicurata contro la disoccupazione e beneficiaria della NASpI. L’Istituto previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione.

La qualificazione di un Ente Pubblico Non Economico

Il nodo centrale della questione era stabilire la corretta natura giuridica dell’azienda speciale. La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Istituto, ha ribaltato le precedenti decisioni, affermando che la natura di un ente non dipende dall’oggetto della sua attività, ma dalla disciplina legale e statutaria che ne regola il funzionamento e, soprattutto, dalla fonte delle sue entrate.

Secondo la Corte, diversi elementi indicavano chiaramente che l’azienda in questione fosse un Ente Pubblico Non Economico:
Costituzione: Istituita per legge provinciale.
Composizione: Formata esclusivamente da enti pubblici (Provincia e Camera di Commercio), senza partecipazione di altri soggetti.
Patrimonio: Costituito unicamente da conferimenti degli enti pubblici istitutori.
Copertura delle perdite: Le eventuali perdite di bilancio sono ripianate dagli stessi enti proprietari.
Finanziamenti: Le entrate correnti derivano da finanziamenti della Provincia, della Camera di Commercio e da contributi pubblici, non prevalentemente dalla vendita di beni e servizi sul mercato.
Finalità: L’attività non era puramente imprenditoriale, ma trascendeva la semplice produzione di beni e servizi.

Questi fattori dimostrano che l’ente non opera con criteri di economicità tipici di un’impresa, ossia cercando un equilibrio tendenziale tra costi e ricavi. Al contrario, persegue finalità pubbliche sostenuto da finanziamenti esterni.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito un principio consolidato: un ente pubblico è di natura economica se produce beni o servizi con criteri di economicità, analogamente a un imprenditore privato. Se, invece, persegue finalità istituzionali grazie a finanziamenti dello Stato o di altri enti consorziati, la sua gestione non può essere considerata economica, indipendentemente dall’utilizzo concreto di tali fondi. La sentenza impugnata aveva erroneamente attribuito all’azienda speciale la natura di ente pubblico economico. Il corretto inquadramento come Ente Pubblico Non Economico la fa rientrare nel perimetro delle pubbliche amministrazioni, come definite dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001. La normativa sulla NASpI (art. 2, D.Lgs. 22/2015) esclude esplicitamente i dipendenti a tempo indeterminato di tali amministrazioni. Di conseguenza, la lavoratrice non aveva diritto all’indennità richiesta. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda originaria della lavoratrice.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa sentenza ha importanti implicazioni per tutti i dipendenti di enti simili, come le aziende speciali, i consorzi e altre organizzazioni a partecipazione pubblica. La distinzione tra ente pubblico economico e Ente Pubblico Non Economico non è una mera formalità, ma determina l’accesso a fondamentali tutele previdenziali come la NASpI. I lavoratori di enti che, pur operando in settori specifici, sono strutturalmente e finanziariamente dipendenti da fondi pubblici, sono considerati alla stregua di dipendenti pubblici ai fini della normativa sulla disoccupazione. La decisione della Cassazione rafforza l’idea che la valutazione debba basarsi su criteri oggettivi legati alla fonte del sostentamento e alla finalità istituzionale, piuttosto che sulla natura dell’attività svolta.

Come si distingue un Ente Pubblico Non Economico da uno economico?
Un Ente Pubblico Non Economico si distingue per il fatto che persegue finalità istituzionali ed è sostenuto principalmente da finanziamenti pubblici (Stato, enti locali, ecc.), mentre un ente pubblico economico opera sul mercato con criteri di imprenditorialità, cercando di coprire i costi con i ricavi, analogamente a un’azienda privata.

I dipendenti a tempo indeterminato di un Ente Pubblico Non Economico hanno diritto alla NASpI?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un Ente Pubblico Non Economico rientra nella definizione di ‘pubblica amministrazione’ ai sensi del D.Lgs. 165/2001. La normativa sulla NASpI esclude esplicitamente i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni da questo beneficio.

Quali criteri usa la Cassazione per qualificare la natura giuridica di un ente?
La Cassazione valuta la disciplina legale e statutaria dell’ente, con particolare attenzione a: la modalità di costituzione, la composizione societaria, la provenienza del patrimonio, il sistema di copertura delle perdite e, soprattutto, la fonte delle entrate (finanziamenti pubblici vs. ricavi di mercato).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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