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Eccesso di potere: i limiti del ricorso in Cassazione

Una società ottiene un’autorizzazione regionale per un impianto di trattamento rifiuti. Un comitato contesta la competenza della Regione a qualificare un sottoprodotto come “end of waste”. Il Consiglio di Stato dà ragione alla società. Il comitato ricorre in Cassazione per eccesso di potere, ma le Sezioni Unite dichiarano il ricorso inammissibile, specificando che un’errata interpretazione della legge, anche se grave, costituisce un errore di giudizio e non un vizio di giurisdizione sindacabile in quella sede.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Eccesso di potere: la Cassazione traccia i confini invalicabili del ricorso

L’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione chiarisce in modo definitivo i limiti del sindacato sulle decisioni del Consiglio di Stato, distinguendo nettamente tra l’errore di diritto e il vero e proprio eccesso di potere giurisdizionale. La pronuncia, scaturita da una complessa vicenda in materia ambientale, ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la Cassazione non è un giudice di terza istanza per le controversie amministrative.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di una società di avviare le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per la realizzazione di un impianto di trattamento e co-incenerimento di rifiuti speciali. L’autorizzazione, rilasciata dalla Regione competente, qualificava un materiale vetroso derivante dal processo come “rifiuto cessato” (o end of waste), ossia come un sottoprodotto riutilizzabile e non più come rifiuto da smaltire.

Un comitato civico ha impugnato tale autorizzazione davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), sostenendo che la competenza a definire lo status di end of waste spettasse in via esclusiva allo Stato (Ministero dell’Ambiente) e non alla singola Regione. Il TAR ha accolto il ricorso.

Successivamente, la società ha appellato la decisione al Consiglio di Stato, il quale ha ribaltato la sentenza di primo grado. Secondo il massimo organo di giustizia amministrativa, in assenza di specifici decreti attuativi, la normativa transitoria consentiva alla Regione di fissare, nell’ambito dell’atto autorizzatorio, i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto.

Contro questa decisione, il comitato ha proposto ricorso per cassazione alle Sezioni Unite, denunciando un presunto eccesso di potere giurisdizionale. A suo dire, il Consiglio di Stato avrebbe “stravolto” le norme nazionali ed europee, ignorando la giurisprudenza consolidata e invadendo la sfera di competenza del legislatore.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per assenza di eccesso di potere

Le Sezioni Unite hanno dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha colto l’occasione per ribadire la natura e i limiti del ricorso ex art. 111, comma 8, della Costituzione, che consente l’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato solo per motivi inerenti alla giurisdizione.

La Corte Suprema ha stabilito che le censure sollevate dal comitato non configuravano un vizio di giurisdizione, bensì una critica all’interpretazione delle norme operata dal giudice amministrativo. In altre parole, il ricorrente contestava un presunto error in iudicando (errore di giudizio), non un eccesso di potere.

Le Motivazioni: la distinzione tra errore di diritto ed eccesso di potere

Il cuore dell’ordinanza risiede nella rigorosa distinzione tra i limiti esterni e i limiti interni della giurisdizione.

L’eccesso di potere giurisdizionale si verifica solo in due casi specifici:
1. Difetto assoluto di giurisdizione: quando il giudice amministrativo si appropria di poteri riservati al legislatore (creando una norma inesistente) o alla pubblica amministrazione.
2. Difetto relativo di giurisdizione: quando il giudice amministrativo decide una controversia che spetta a un altro ordine giurisdizionale (come quello ordinario o contabile).

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato si è limitato a esercitare la sua funzione propria: interpretare le norme di riferimento per risolvere la controversia. Il fatto che tale interpretazione potesse essere considerata errata, anomala, o persino in contrasto con precedenti orientamenti giurisprudenziali (anche della Corte di Giustizia dell’Unione Europea), non fa sconfinare la decisione nel campo dell’eccesso di potere. Un’interpretazione, per quanto discutibile, rimane un’attività interna alla funzione giurisdizionale.

Le Sezioni Unite hanno sottolineato che neppure la gravità dell’errore interpretativo o la violazione del diritto unionale possono trasformare un error in iudicando in un vizio di giurisdizione. Ammettere il contrario significherebbe consentire alla Cassazione di riesaminare il merito delle decisioni amministrative, trasformandola in un giudice di terza istanza, ruolo che la Costituzione non le assegna.

Conclusioni: Le implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per la stabilità del sistema giudiziario. Le sentenze del Consiglio di Stato sono definitive nel merito e non possono essere rimesse in discussione davanti alla Cassazione sulla base di un disaccordo interpretativo. La pronuncia chiarisce che il rimedio del ricorso per motivi di giurisdizione è eccezionale e va circoscritto alle sole ipotesi di reale sconfinamento del giudice amministrativo dai propri poteri. Per le parti processuali, ciò significa che l’unica sede per far valere le proprie ragioni sul merito di una controversia amministrativa è e rimane il giudizio davanti al TAR e al Consiglio di Stato, senza possibilità di un’ulteriore revisione sostanziale da parte della Cassazione.

Quando una decisione del Consiglio di Stato può essere impugnata in Cassazione per eccesso di potere giurisdizionale?
Soltanto quando il giudice amministrativo invade la sfera di competenza del legislatore o della pubblica amministrazione, oppure quando decide una controversia riservata a un’altra giurisdizione (ad esempio, quella civile o contabile).

Un’interpretazione della legge errata o in contrasto con la giurisprudenza europea costituisce eccesso di potere?
No. Secondo le Sezioni Unite, un’interpretazione errata della legge, anche se palesemente sbagliata o in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, costituisce un “error in iudicando” (errore di giudizio) e non un eccesso di potere. Pertanto, non è un motivo valido per ricorrere in Cassazione.

Se il Consiglio di Stato ignora una precedente sentenza della Corte di Giustizia UE, commette un eccesso di potere?
No. L’ordinanza chiarisce che anche la violazione del diritto dell’Unione Europea o il discostarsi da una pronuncia della Corte di Giustizia si risolve in un errore di diritto, che attiene ai limiti interni della giurisdizione e non è sindacabile dalle Sezioni Unite in sede di controllo sulla giurisdizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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