Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 16840 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 16840 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9325-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto
RIC. CONTRO DECISIONI DI GIUDICI SPECIALI
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/03/2024
CC
97, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE SETTE LAGHI DI VARESE;
– intimata – avverso la sentenza n. 2055/2023 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 28/02/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362, primo comma, cod. proc. civ., nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e dell’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), per la cassazione della sentenza resa tra le parti dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato, n. 2055, del 28 febbraio 2023, con la quale è stato rigettato l’appello proposto da lla medesima società avverso la sentenza emessa tra le parti dal T.A.R. per la Lombardia, n. 1801 del 2022.
2. Il T.A.R. per la Lombardia ha accolto il ricorso con cui NOME ha impugnato la determinazione dirigenziale dell’A SST n. 765 del 10 giugno 2021, comunicata con nota prot. n. 41511 dell’11 giugno 2021, con la quale, in relazione alla ‘procedura aperta per l’affidamento del servizio di trasporto pazienti e trasporto materiali all’interno e tra le varie strutture dell’RAGIONE_SOCIALE‘, è stato deliberato (i) di prendere atto dell’esclusione
definita dal R.U.P. della società RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c ) ed e ), del d. lgs. n. 50 del 2016, in esecuzione della sentenza n. 183 del 2021 del T.A.R. per la Lombardia, (ii) di ridefinire la graduatoria della gara, e (iii) di aggiudicare il servizio alla RAGIONE_SOCIALE per il periodo dal 15 luglio 2021 al 14 luglio 2024, con opzione di rinnovo per ulteriori tre anni, alle condizioni economiche contenute nell’offerta presentata.
Il T.A.R. ha affermato che l ‘intervenuto esaurimento del potere della Stazione appaltante di rivalutare la congruità dell’offerta di NOME in applicazione del principio del ‘ one shot ‘ temperat o -imponeva di affidare l’appalto alla ricorrente NOME.
Pertanto, poiché la Stazione appaltante aveva stipulato il contratto con RAGIONE_SOCIALE, il giudice amministrativo ha statuito che lo stesso ‘deve essere dichiarato inefficace a partire dalla data di comunicazione della presente sentenza. In conseguenza di ciò, la Stazione appaltante, previa verifica della sussistenza di tutti i presupposti di legge, dovrà aggiudicare la gara in favore della ricorrente COGNOME.
3. Il Consiglio di Stato, nel confermare la sentenza del T.A.R. per la Lombardia, ha affermato che le doglianze concernenti i limiti applicativi del ‘ one shot ‘ temperato, richiamato dal giudice di primo grado, non erano determinanti ai fini della decisione della lite, in quanto l’andamento delle successive fasi del procedimento di gara, di volta in volta riattivate dall’impulso delle pronunce giudiziali che su di esse si erano venute ad innestare, aveva progressivamente circoscritto gli ambiti cognitivi del giudizio di anomalia, sino a far emergere alcuni aspetti nodali pienamente indagati.
Ciò, in quanto la scelta del T.A.R. di disporre il subentro nel contratto della ricorrente NOME ha trovato una giustificazione esaustiva nel disposto dell’art. 31, comma 3, c od. proc. amm., ovvero nel potere che detta disposizione assegna al giudice di rendere una pronuncia ‘sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio’ laddove ‘non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione’.
Il ricorso di COGNOME è articolato in due motivi.
Resiste NOME con controricorso.
L’A SST è rimasta intimata.
La Prima Presidente ha emanato proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell ‘ articolo 380bis , primo comma, cod. proc. civ., nel senso della inammissibilità del ricorso. Essendo stata comunicata la proposta il 31 ottobre 2023, il difensore della ricorrente ha depositato l’11 dicembre 2023 tempestiva istanza di decisione del ricorso. È stata pertanto disposta la trattazione ex articolo 380bis 1, terzo comma, cod. proc. civ.
Fissata l’adunanza camerale, NOME e NOME hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è prospettata la violazione dell’art. 362, cod. proc. civ . , dell’art. 110, cod. proc. amm., dell’art. 31, comma 3, cod. proc. amm. Eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento.
La ricorrente ha dedotto quanto segue.
La sentenza del Consiglio di Stato ha sconfinato nell’attività riservata alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione, in quanto ha decretato direttamente in giudizio l’anomalia
dell’offerta di COGNOME, disponendo ne l’esclusione dalla gara , senza rinviare alla valutazione della Stazione appaltante.
Il Consiglio di Stato ha disposto la diretta esclusione di COGNOME per anomalia dell’offerta – senza rimettere alla Pubblica Amministrazione il riavvio del sub-procedimento di congruità nonché la diretta aggiudicazione a NOME, facendo applicazione dell’art. 31, comma 3, cod. proc. amm., in ragione cioè della ritenuta ‘consumazione’ della discrezionalità in capo all’Amministrazione.
Ciò, ad avviso della ricorrente, ha dato luogo ad eccesso di potere giurisdizionale, atteso che il Consiglio di Stato nell’applicare l’art. 31, comma 3, cod. proc. amm., ha travalicato i limiti del proprio sindacato.
La valutazione di congruità dell’offerta, dunque, spettava alla Stazione appaltante, alla quale il giudice amministrativo si è illegittimamente sostituito.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 362, cod. proc. civ., dell’art. 110, cod. proc. amm., dell’art. 31, comma 3, cod. proc. amm., dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016. Eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento.
La ricorrente ha contestato la sentenza del Consiglio di Stato n. 2055 del 2023, in quanto la stessa ha sconfinato nell’attività riservata alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione, poiché ha disposto l’aggiudicazione della gara a NOME (ricorrente innanzi al T.A.R.), e il subentro di quest’ultima nell’esecuzione del contratto di appalto, senza lasciare all’RAGIONE_SOCIALE l’esercizio della fase, discrezionale ma obbligatoria, della verifica dell’offerta di NOME.
I motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi sono inammissibili.
Va premesso che l’aggiudicazione dell’appalto di servizi in questione ha costituito oggetto di tre giudizi promossi da NOME dinanzi al giudice amministrativo, l’ultimo dei quali deciso in grado di appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2055 del 2023.
Tanto premesso, si osserva che la decisione del T.A.R. di disporre il subentro nel contratto della ricorrente NOME, è stata confermata dal Consiglio di Stato in ragione dell’applicazione alla fattispecie dell’art. 31, comma 3, cod. proc. amm., che assegna al giudice il potere di rendere una pronuncia ‘sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio’ laddove ‘non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione’.
Queste Sezioni unite hanno affermato la regula iuris secondo la quale l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione – che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale – nonchè di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero
negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici ( ex multis , Cass., S.U., 219 del 2023, 19103 del 2023, n. 7926 del 2019).
Conseguentemente, tale vizio non è configurabile per errores in iudicando o errores in procedendo , i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo.
A sua volta, l’eccesso di potere per sconfinamento nella sfera del merito amministrativo è configurabile soltanto quando l’indagine svolta dal giudice amministrativo abbia ecceduto i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, rivelandosi strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’amministrazione, attraverso un sindacato di merito, che si estrinsechi in una pronuncia avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito ( ex aliis , Cass., n. 28550 del 2023).
Questa Corte ha chiarito che in ipotesi nelle quali non solo il Consiglio di Stato ha ritenuto fondate le doglianze del partecipante alla gara pretermesso dalla stazione appaltante, ma ha anche proceduto al ripristino della graduatoria secondo i valori emersi nel corso della competizione, tale sindacato del giudice amministrativo, attenendo all’esercizio di discrezionalità tecnica e non al merito dell’azione amministrativa, non può configurare un’ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento (v., Cass., S.U., n. 22755 del 2018).
La critica svolta dalla ricorrente investe l’identificazione dei vizi fatti valere con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione e si sostanzia in una denuncia al più di errores in iudicando o in procedendo che, per le ragioni sopra ricordate, resta sottratta al sindacato di questa Corte che può avere ad oggetto esclusivamente l’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, e non anche il modo in cui tale giurisdizione è stata in concreto esercitata.
Il Consiglio di Stato ha svolto sull’atto amministrativo impugnato (nella specie il provvedimento di aggiudicazione della gara di appalto) un sindacato di legittimità e non di merito, utilizzando il parametro non dell’opportunità o della convenienza, ma quello della conformità della decisione del giudice di primo grado alla disciplina processuale, in particolare l’art. 31, comma 3, cod. proc. amm.
L’interpretazione di tale disposizione e l’applicazione della stessa alla fattispecie rientrano nei limiti interni della giurisdizione.
La sentenza si è pertanto esercitata nei limiti interni della giurisdizione amministrativa.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La definizione del giudizio in conformità alla proposta ex art. 380bis cod. proc. civ., comporta l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., come testualmente previsto dal citato art. 380-bis ultimo comma cod. proc. civ.
Richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., l’art. 380-bis cod. proc. civ. codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato, una ipotesi di
abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente che trovi poi conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata sanzionabile con la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’) (v., Cass., S.U., 27 dicembre 2023, n. 36069).
Va comunque esclusa una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, dovendo l’applicazione in concreto delle già menzionate sanzioni rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie.
Nell’ipotesi in esame non si rinvengono ragioni (stante la complessiva ‘tenuta’, pur nella sua sinteticità, del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) per discostarsi dalla suddetta previsione legale.
Sulla scorta di quanto esposto la ricorrente COGNOME, soccombente, va condannata al pagamento, in favore di COGNOME, controricorrente, della somma di euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge, ed altresì della ulteriore somma di euro 10,000 (valutata equitativamente, tenuto conto anche dell’oggetto della domanda), nonché al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 3.000,00.
8. Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge, ed altresì della ulteriore somma di euro 10.000,00, nonché al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 3.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo