Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 5900 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 5900 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 12158-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL TRENTINO ALTO ADIGE – SEDE BOLZANO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 343/2023 della CORTE DEI CONTI – II SEZIONE GIURISDIZIONALE RAGIONE_SOCIALE – ROMA, depositata il 13/11/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte dichiari l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 343 del 13 novembre 2023 la Corte di Conti – Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello – ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la pronuncia della Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per il Trentino Alto Adige, sede di Bolzano – che aveva condannato l’appellante, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della sRAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del Ministero dello Sviluppo Economico della complessiva somma di euro 300.000,00.
L’azione erariale era stata esercitata in quanto la Società aveva indebitamente percepito finanziamenti previsti dal ‘Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione a favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali ‘, erogati a seguito di domande di contributo per le annualità 2017 e 2018 nelle quali erano stati dichiarati dati non veritieri.
La Corte ha premesso che la sentenza di primo grado era stata notificata a cura della Procura regionale in data 18 luglio 2022, sicché, ai sensi dell’art. 178 del codice della giustizia contabile approvato con d.lgs. n. 164 del 2016, l’appello doveva essere proposto entro il 17 ottobre 2022. L’appellante, invece, aveva notificato l’atto alla Procura generale e alla Procura regionale solo il 10 aprile 2023, quando il termine era ormai spirato.
Ha precisato che il deposito nell’ufficio del ruolo generale dei giudizi d’appello della impugnazione non notificata, avvenuto il 13 ottobre 2022, non aveva impedito il passaggio in giudicato della decisione perché, ai sensi dell’art. 180 del codice della giustizia contabile, l’iscrizione deve avere ad oggetto l’atto di impugnazione notificato, che va depositato unitamente a copia della pronuncia impugnata ed alla prova delle eseguite notificazioni.
Infine la Corte ha escluso che la notifica della sentenza di primo grado non fosse idonea a far decorrere il termine breve, perché priva della necessaria relazione e della sottoscrizione dell’autore dell’atto. Ha evidenziato, al riguardo, che la notificazione era avvenuta a mezzo PEC a cura della Procura regionale di Bolzano e, pertanto, ai fini del suo perfezionamento, era sufficiente la ricevuta di avvenuta consegna risalente al 18 luglio 2022 ore 14,49.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a due motivi, ai quali ha opposto difese con controricorso il Procuratore generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti.
La Prima Presidente ha proposto la definizione accelerata del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., avendo ritenuto inammissibili entrambi i motivi, con i quali, attraverso la deduzione solo apparente di un eccesso di potere giurisdizionale, si denunciano in realtà errores in procedendo ed in iudicando , in quanto tali inerenti ai limiti interni della giurisdizione contabile.
La parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso che è stato, quindi, avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
L’Ufficio della Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso denuncia, con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360 n. 1 cod. proc. civ. e dell’art. 111, comma 8, Cost., «eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni della giurisdizione per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore in relazione al disposto degli artt. 42, 178 e 179 CGC; eccesso di potere giurisdizionale per arretramento e diniego di giurisdizione». Il ricorrente premette che l’art. 42 del Codice di giustizia contabile rinvia, quanto alle forme delle comunicazioni e delle notificazioni, al codice di procedura civile e, pertanto, al fine di poter qualificare un atto quale notificazione devono poter essere riscontrati gli elementi costitutivi indefettibili costituiti dalla
relazione di notificazione e dalla provenienza da soggetto competente ad effettuarla. Nella specie il giudice d’appello ha ritenuto sufficiente l’inoltro a mezzo PEC di copia della sentenza all’indirizzo di posta certificata del difensore e così ragionando ha valorizzato unicamente la ricezione dell’atto, finendo per introdurre una disposizione normativa «non presente nell’ordinamento che bypassa l’intera sistematica positiva vigente ».
In via subordinata il ricorrente invoca l’ interpretazione dinamica del concetto di giurisdizione e sostiene che l’orientamento attualmente seguito da queste Sezioni Unite quanto al perimetro del controllo della Cassazione rispetto alle pronunce dei giudici speciali contrasta con gli artt. 52, par. 1, e 47 della Carta Fondamentale dei diritti dell’Unione Europea.
La seconda censura denuncia , sempre ai sensi dell’art. 360 n. 1 cod. proc. civ. e 111 Cost., l’eccesso di potere giurisdizionale per arretramento e diniego di giurisdizione in relazione agli artt. 86, 178, 180 e 190 del codice di giustizia contabile. Deduce il ricorrente che le norme richiamate in rubrica non prescrivono che l’atto debba essere previamente notificato prima di essere depositato e, pertanto, la Corte dei conti, nell’escludere che ai fini della ammissibilità dell’impugnazione potesse essere valorizzato il deposito avvenuto il 13 ottobre 2022, ha stravolto il significato delle norme di riferimento, incorrendo nel vizio di denegata giustizia.
Il primo motivo è inammissibile in tutte le sue articolazioni.
La giurisprudenza di queste Sezioni Unite è da tempo consolidata nell’affermare che il sindacato della Suprema Corte sulle decisioni della Corte dei conti è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione e non si estende, neppure a seguito dell’inserimento della garanzia del giusto processo di cui all’art. 111 Cos t., ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale. Ciò perché l ‘assetto pluralistico delle giurisdizioni, scelto dal Costituente e reso evidente dalla diversa formulazione del settimo e dell’ottavo comma dell’art. 111 Cost., assegna alla Corte di Cassazione il ruolo di organo regolatore della giurisdizione, non quello di garante ultimo della nomofilachia, ovvero della legittimità comunitaria,
convenzionale e costituzionale delle norme, di rito e di merito, applicate dal giudice amministrativo o contabile.
E’ stato precisato, inoltre, che la categoria, di fonte giurisprudenziale, dell’eccesso di potere giurisdizionale si colloca sul crinale fra il settimo e l’ottavo comma del citato art. 111 Cost. (cfr. Cass. S.U. 9 luglio 2024 n. 18722) ed è ravvisabile nelle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione: il primo si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamen to), o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); il secondo è riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici.
Esula, invece, dall’ambito dell’eccesso di potere, così delineato, l’errata interpretazione delle norme sostanziali e processuali, perché il vizio non è configurabile in relazione ad errores in procedendo o in iudicando , i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (cfr. fra le tante Cass. S.U. 22 settembre 2023 n. 27160; Cass. S.U. 30 giugno 2023 n. 18539; Cass. S.U. 10 febbraio 2023 n. 4284).
3.1. Nel delineare la linea di confine fra error in iudicando ed eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore la recente Cass. S.U. 9 luglio 2024 n. 18722 ha osservato che « l’interpretazione della legge ha insito un margine di ‘creazione’ della regola del caso concreto. Se tale ‘creazione’ venisse stigmatizzata come invasione di campo, si perderebbe del tutto il confine tra violazione di legge e invasione della competenza legislativa ». Ne ha tratto la conseguenza che « il confine è superato nei soli casi di radicale infedeltà del giudicante nei riguardi della disposizione di legge, realizzato attraverso il superamento del vincolo di soggezione alla legge (art. 101, secondo Cost.), che si ha là dove il Consiglio di Stato o la Corte dei conti siano pervenuti
all’approdo ermeneutico attingendolo fuori dal cerchio delle possibilità concesse dalla disposizione e dal suo sistema di riferimento ».
3.2. Calando nella fattispecie i richiamati principi si deve escludere che la sentenza impugnata in questa sede abbia invaso il campo riservato al legislatore perché, quanto alla necessità che entro il termine indicato dall’art. 178 d.lgs. n. 174 del 2016, l’atto di impugnazione debba essere notificato alla controparte, ha fornito un’interpretazione coerente con il disposto degli artt. 190 e 180 del citato decreto, secondo cui l’appello si propone con citazione, deve contenere l’istanza di fissazione dell’u dienza ex art. 181, e «deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall’ultima notificazione, unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni».
Inoltre, nello statuire sull’idoneità della notificazione della sentenza a far decorrere il termine breve, la Sezione Centrale, dopo avere dato atto dell’eccezione sollevata dal difensore dell’appellante (secondo cui la notifica non sarebbe stata idonea per mancanza della relazione di notificazione e della sottoscrizione dell’autore dell’atto), ha rilevato che la notificazione contestata era avvenuta «a cura della Procura regionale di Bolzano a mezzo PEC, all’indirizzo di posta certificata del difensore (EMAIL) e, pertanto, ai fini del suo perfezionamento fa fede la ricevuta di avvenuta consegna….». La Corte, quindi, non ha affermato, come sostenuto dal ricorrente, l’irrilevanza delle formalità della notificazione e valorizzato unicamente l’avvenuta consegna dell’atto al destinatario, bensì ha accertato, sia pure senza richiamare le disposizioni inerenti alle notificazioni telematiche, l’avvenuto rispetto delle relative formalità.
Il ricorso, pertanto, in relazione a detto aspetto è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della pronuncia e sviluppa considerazioni prive della necessaria specifica attinenza al decisum .
3.3. Quanto, poi, al rinvio pregiudiziale sollecitato, in via subordinata, dal ricorrente, va detto che l’orientamento espresso dalla più recente giurisprudenza di queste Sezioni Unite sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione rispetto alle decisioni del giudice contabile e di quello amministrativo
ha preso atto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 6 del 2018 che, in esplicito dissenso con la concezione cosiddetta dinamica o evolutiva della giurisdizione, che si andava affermando e che il ricorrente invoca, ha evidenziato che la tesi secondo cui «il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dall’ottavo comma dell’art. 111 Cost. avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, comprenda anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando … non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale» (§11), ed ha aggiunto che «l’intervento delle sezioni unite, in sede di controllo di giurisdizione, nemmeno può essere giustificato dalla violazione di norme dell’Unione o della CEDU» giacché anche in tal caso si ricondurrebbe «al controllo di giurisdizione un motivo di illegittimità (sia pure particolarmente qualificata), motivo sulla cui estraneità all’istituto in esame non è il caso di tornare» (§14.1).
L’insindacabilità da parte della Corte di Cassazione ex art. 111, comma 8, Cost., delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, con riguardo alle eventuali violazioni del diritto dell’Unione europea o di quello convenzionale, come al mancato rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE ad opera di tali organi giurisdizionali, è stata affermata da queste Sezioni Unite anche quale conseguenza delle precisazioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia UE (Grande Sezione) del 21 dicembre 2021, RAGIONE_SOCIALE e altri, (C-497/20).
E’ stato, in particolare, evidenziato che l’orientamento che sottrae al sindacato della Corte di Cassazione la violazione del diritto dell’Unione commessa dal giudice speciale « non si pone in contrasto con gli artt. 52, par. 1 e 47, della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea, in quanto l’ordinamento processuale italiano garantisce comunque ai singoli l’accesso a un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, come quello amministrativo, non prevedendo alcuna limitazione all’esercizio, dinanzi a tale giudice, dei diritti conferiti dall’ordinamento dell’Unione; costituisce, quindi, ipotesi estranea al perimetro del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione la denuncia di un diniego di giustizia da parte del giudice amministrativo di ultima istanza, derivante dallo stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali,
come interpretate in senso incompatibile con la giurisprudenza della CGUE, risultando coerente con il diritto dell’Unione la riferita interpretazione in senso riduttivo degli art. 111, comma 8, Cost., 360, comma 1, n. 1, e 362, comma 1, c.p.c.» ( Cass. S.U. 4 ottobre 2022 n. 28803 ed i precedenti ivi citati in motivazione).
3.4. Non occorre, pertanto, disporre l’invocato rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE perché, come più volte ricordato da questa Corte (cfr. fra le tante Cass. S.U. 26 aprile 2017 n. 10233), il rinvio pregiudiziale non costituisce un meccanismo automaticamente attivabile a semplice richiesta delle parti, spettando pur sempre al giudice di valutarne la necessità, da escludere nel caso di specie in quanto il rinvio è sollecitato su questione in ordine alla quale la CGUE si è già pronunciata.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo.
L’arretramento della giurisdizione è ravvisabile solo in presenza di un rifiuto a pronunciare sulla domanda, inclusa invece nella giurisdizione del giudice contabile o amministrativo, determinato dall’affermata estraneità della domanda stessa alle attribuzioni giurisdizionali di quel giudice (Cass. 20 giugno 2024 n. 17048; Cass. S.U. 15 aprile 2020 n. 7839 ed ivi ulteriori precedenti).
Il rifiuto che rileva è, dunque, quello ‘astratto’, che deriva dall’affermazione da parte del giudice speciale che quella situazione soggettiva è priva di tutela per difetto di giurisdizione, in contrasto con la regula iuris che invece gli attribuisce il potere di ius dícere sulla domanda; non quello “in concreto”, che si ha quando la negazione della tutela alla situazione soggettiva azionata è la conseguenza dell’ipotizzata inesatta interpretazione delle norme o della non corretta ricognizione e valutazione degli elementi in fatto (Cass. S.U. 10 febbraio 2023 n. 4284; Cass. S.U. 28 maggio 2020 n. 10087; Cass. S.U. 26 marzo 2021 n. 8572; Cass. 23 settembre 2022 n. 27904).
Alla luce dei richiamati principi, che vanno qui ribaditi, è da escludere che possa integrare eccesso di potere la dichiarata inammissibilità dell’appello.
5. In via conclusiva il ricorso va dichiarato inammissibile per le medesime ragioni indicate nella proposta di definizione ex art. 380 bis cod. proc. civ. La conformità della decisione alla proposta è integrale, perché riguarda sia il dispositivo che le
ragioni poste a suo fondamento, sicché deve essere applicato il terzo comma della disposizione citata, che rinvia ai commi terzo e quarto dell’art. 96 cod. proc. civ.
Nell’interpretare il citato art. 380 bis cod. proc. civ. queste Sezioni Unite hanno osservato che il legislatore delegato ha tipizzato un’ipotesi di abuso del processo , già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente o del consigliere delegato che trovi poi conferma nella decisione finale, è nella normalità indice di una responsabilità aggravata sanzionabile con la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’) ( cfr. fra le tante Cass. S.U. 22 settembre 2023, n. 27195, anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale; Cass. S.U. 30 ottobre 2023 n. 30147; Cass. S.U. 27 dicembre 2023 n. 36069).
Le citate pronunce hanno precisato, ed il principio deve essere qui ribadito, che, pur dovendosi escludere una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, affinché il giudice possa legittimamente discostarsi dalla previsione legale è necessario che nel caso concreto sussistano ragioni idonee a giustificare il comportamento processuale della parte, ragioni non ravvisabili nella fattispecie perché il ricorso e la memoria depositata ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. non prospettano argomenti che possano indurre a rimeditare i principi espressi in ordine ai limiti del sindacato di questa Corte rispetto alle decisioni del giudice amministrativo e contabile, principi richiamati nella proposta di definizione accelerata.
6. Sulla base delle considerazioni sopra esposte, in applicazione dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve essere condannato al pagamento in favore della Cassa per le ammende della somma indicata in dispositivo.
Dalla qualità di parte solo formale del Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti discende l’inapplicabilità alla
fattispecie dell’art. 91 cod. proc. civ. e, conseguentemente, del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. ( cfr. Cass. S.U. 12 febbraio 2024 n. 3763).
7. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della Cassa per le ammende della somma di € 4.000,00.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto Roma, così deciso nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025