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Dottorato di ricerca progressione: non è servizio effettivo

Una dipendente pubblica in congedo per dottorato di ricerca si è vista negare il punteggio per “competenze professionali” in una selezione interna per l’avanzamento di carriera. La lavoratrice sosteneva che il periodo di dottorato dovesse essere equiparato al servizio attivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che per il dottorato di ricerca progressione e carriera sono garantite in termini di anzianità, ma questo non equivale al “servizio effettivo” richiesto dal bando per valutare le competenze pratiche. La decisione dell’amministrazione di valutare il dottorato sotto un altro parametro è stata quindi ritenuta legittima.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Dottorato di Ricerca e Progressione di Carriera: Utile non significa Equivalente al Servizio Effettivo

Il periodo di congedo per il dottorato di ricerca è un investimento sulla formazione di alto livello, ma quale valore ha ai fini della carriera nel pubblico impiego? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del dottorato di ricerca progressione di carriera, stabilendo una distinzione cruciale tra ‘utilità’ del periodo di studio e ‘servizio effettivo’. La Corte ha chiarito che, se un bando richiede una valutazione basata sull’attività lavorativa concreta, il dottorato non può sostituirla.

I Fatti di Causa

Una dipendente del Ministero del Lavoro partecipava a una procedura selettiva per la progressione economica, ovvero il passaggio a una fascia retributiva superiore. Durante parte del periodo di valutazione, la lavoratrice si trovava in congedo straordinario per frequentare un dottorato di ricerca.

L’amministrazione, nell’applicare i criteri del bando, non le ha attribuito alcun punteggio per le ‘competenze professionali’, poiché questo parametro era strettamente legato all’effettiva attività svolta e ai risultati conseguiti sul campo. Il periodo di dottorato è stato invece valutato ai fini dell’anzianità di servizio, un criterio di valutazione differente.

La dipendente ha impugnato la decisione, ottenendo ragione in primo grado ma vedendo la sentenza ribaltata in Appello. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Il valore del dottorato di ricerca progressione di carriera

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 2 della Legge n. 476/1984. Questa norma stabilisce che il periodo di congedo per dottorato ‘è utile ai fini della progressione di carriera’. La ricorrente sosteneva che ‘utile’ significasse una piena equiparazione al servizio attivo, rendendo illegittima l’esclusione dal punteggio per le competenze professionali.

Di contro, l’amministrazione e la Corte d’Appello hanno ritenuto che la norma garantisse la non penalizzazione in termini di anzianità, ma non potesse trasformare un periodo di studio in una prestazione lavorativa effettiva, requisito esplicitamente richiesto dal bando e dalla contrattazione collettiva per la valutazione delle competenze maturate ‘sul campo’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della lavoratrice, confermando la correttezza della decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno fornito una lettura chiara e pragmatica della normativa, basandosi sui seguenti punti chiave.

1. ‘Utile’ non significa ‘Equivalente’: La Cassazione ha precisato che la locuzione ‘utile ai fini della progressione di carriera’ non può essere interpretata in senso estensivo. Non implica una ‘piena validità’ del periodo di dottorato equiparabile a ogni effetto giuridico al servizio effettivamente prestato. Significa, piuttosto, che quel periodo non interrompe l’anzianità di servizio e viene considerato per l’avanzamento di carriera basato su tale parametro, ma non può surrogare requisiti diversi.

2. La prevalenza del Bando e della Contrattazione Collettiva: La Corte ha sottolineato che il bando di selezione, in linea con il Contratto Collettivo Nazionale e l’accordo integrativo, distingueva nettamente due criteri di valutazione:
Competenze professionali (lett. A): Basate sull’attività svolta e sui risultati conseguiti, richiedendo un ‘periodo di effettiva attività lavorativa’.
Anzianità di servizio (lett. B): In cui il periodo di dottorato era stato correttamente conteggiato.

L’amministrazione ha agito legittimamente applicando questa distinzione. Le deroghe previste dal bando per il servizio non prestato (es. comando, distacco sindacale) erano tassative e non includevano il dottorato di ricerca, che ha una natura differente.

3. Coerenza con la Giurisprudenza Amministrativa: La decisione si allinea con l’orientamento consolidato del Consiglio di Stato, secondo cui ‘lo svolgimento dell’attività del dottorato non è assimilabile al servizio effettivo, che si caratterizza per lo svolgimento delle funzioni inerenti allo status’ del dipendente.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio fondamentale per i dipendenti pubblici che intraprendono un dottorato di ricerca. Il valore di questo percorso formativo è riconosciuto e tutelato, ma entro limiti precisi. Il periodo di congedo è pienamente valido per la maturazione dell’anzianità, ma non può essere considerato ‘servizio effettivo’ per l’attribuzione di punteggi legati a performance e competenze pratiche dimostrate sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni sono legittimate a definire criteri di valutazione meritocratici basati sui risultati concreti, e i dipendenti devono leggere con attenzione i bandi di selezione per comprendere come i diversi aspetti della loro carriera, inclusa la formazione, verranno valutati.

Il periodo di congedo per dottorato di ricerca è sempre equiparato al servizio effettivo ai fini della progressione di carriera?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, sebbene il periodo sia ‘utile’ per la progressione di carriera (ad esempio, per l’anzianità), non è automaticamente equiparato al ‘servizio effettivo’. Non può sostituire il requisito di un’effettiva attività lavorativa se previsto da un bando di selezione per l’attribuzione di punteggi specifici legati alle competenze professionali dimostrate sul campo.

Un’amministrazione pubblica può negare il punteggio per ‘competenze professionali’ a chi ha svolto un dottorato di ricerca?
Sì, se il bando di selezione e la contrattazione collettiva specificano che tale punteggio è legato ai risultati conseguiti e all’attività lavorativa effettivamente svolta in un determinato periodo. In questo caso, il dottorato può essere valutato sotto altre voci, come l’esperienza professionale o l’anzianità di servizio.

Qual è la differenza tra ‘utilità ai fini della progressione di carriera’ e ‘servizio effettivo’?
Secondo la sentenza, ‘utilità ai fini della progressione di carriera’ significa che il periodo di dottorato contribuisce alla maturazione dell’anzianità e non pregiudica l’avanzamento. ‘Servizio effettivo’, invece, si riferisce alla concreta prestazione lavorativa e allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo professionale, che è un requisito diverso e può essere richiesto per valutare competenze pratiche e risultati specifici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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