Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1357 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11024-2018 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 11024/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 16/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 309/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 20/10/2017 R.G.N. 270/2010; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Appello di Trieste ha parzialmente riformato la sentenza di prime cure, nel capo relativo alla condanna al pagamento degli interessi legali, disponendone la decorrenza dalla domanda giudiziale;
l’attuale ricorrente si era rivolta al giudice di primo grado, esponendo quanto segue: di avere svolto attività di lavoro subordinato dal 1° settembre 1967 sino al giorno 11 agosto 2000 e di avere così maturato una contribuzione pari a 1699 settimane utili ai fini pensionistici, nonché di avere provveduto a versare all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), a seguito di autorizzazione a proseguire volontariamente la contribuzione, fino a tutto il mese di marzo dell’anno 2004 , la somma di 24.355,80 euro, sì da raggiungere un numero totale di 1829 settimane utili ai fini della pensione; di avere intrapreso, negli anni dal 2003 al marzo 2005, un’attività di lavoro saltuario come promotrice commerciale solo nei fine settimana, versando i contributi nella gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con iscrizione avvenuta nell’ottobre 2002; di avere ottenuto, nell’aprile 2005, la pensione di anzianità , a seguito della maturazione dell’anzianità contributiva per effetto del cumulo fra contributi per lavoro dipendente e contributi volontari; di avere richiesto, nel giugno 2007, la liquidazione del supplemento della pensione di anzianità sulla scorta della contribuzione effettiva versata presso la gestione separata INPS, per il lavoro autonomo svolto come promotrice dal 2003 al 2005; di avere dapprima ricevuto
segnalazione dall’INPS, nell’ottobre 2008, della circostanza che la doppia contribuzione versata nel periodo 2003-2005 (a titolo di contribuzione volontaria e di contribuzione alla gestione separata) non era consentita dall’art. 6 del d.lgs. n. 184 del 1997, e poi di aver subìto la revoca della pensione di anzianità in essere per avvenuto annullamento della contribuzione volontaria, con conseguente accertamento della sussistenza di un indebito di 82.502,96 euro per i ratei di pensione a lei pagati da aprile 2005 ad ottobre 2008;
la domanda azionata era volta all’accertamento del diritto a proseguire il versamento dei contributi nella gestione separata con riferimento all’attività svolta , in modo saltuario, come promotrice; del diritto alla pensione di anzianità revocatale con conseguente condanna dell’INPS al pagamento; in subordine, alla condanna dell’ente alla restituzione dei contributi versati per effetto dell’ accoglimento della domanda di autorizzazione alla prosecuzione della contribuzione volontaria non godendo, alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato, del requisito contributivo di accesso alla pensione di anzianità;
il giudice di prime cure, rigettate le domande svolte in via principale, aveva accolto la domanda svolta in via subordinata, con condanna dell’ente previdenziale alla restituzione delle somme versate a titolo di contribuzione volontaria con interessi legali da ciascun versamento;
la Corte del gravame, adita dalla parte privata e, con gravame incidentale dall’INPS, con ordinanza del 17 ottobre 2013, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazion e della delega conferita dall’articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini
pensionistici), «nella parte in cui essa, in base all’interpretazione datane in primo grado e più corretta, vieta il cumulo fra contribuzione previdenziale volontaria e contribuzione nella gestione separata nei casi di prosecuzione dell’attività lavora tiva per un limitato quantitativo di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori a tremila euro annui», in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 114 del 2015, reputava la questione inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza e, riassunto dalle parti il giudizio, la Corte di merito, con ordinanza del 12 novembre 2015, promuoveva altro incidente di costituzionalità, del pari risoltosi con declaratoria di inammissibilità, con sentenza della Corte costituzionale n. 44 del 2017;
in breve, rilevava il Giudice delle leggi, con la sentenza da ultimo citata, che la richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 184 del 1997, «nella parte in cui , in base all’interpretazione datane in grado e più corretta, vieta il cumulo fra contribuzione previdenziale volontaria e contribuzione nella gestione separata, nei casi di prosecuzione dell’attività lavorativa per un limitato quantitativo di ore a settimana e per redditi da lavoro c on compensi ben inferiori a € 3000,00 annui», si presentava generica e indeterminata, giacché si risolveva nella richiesta d’introdurre una esclusione del divieto di cumulo fra diversi tipi di contribuzione in relazione a casi genericamente descritti (attività lavorativa «per un limitato quantitativo di ore a settimana»), quindi privi dei necessari requisiti di tipicità e chiarezza;
nondimeno la Corte costituzionale rimarcava che il petitum dell’ordinanza remittente appariva volto ad ottenere «un’addizione ampiamente manipolativa», poiché si sarebbero venute a delineare prestazioni di lavoro, sottratte al divieto di cumulo, svolte «per un limitato numero di ore» e «per redditi da lavoro con compensi ben inferiori a tremila euro annui», in definitiva un’addizione non «a rime costituzionalmente obbligate», ma affidata, per una precisa individuazione, alla discrezionalità del legislatore (Corte cost. n. 44 del 2017 ed ivi ulteriori precedenti);
riassunto il giudizio, la Corte di merito, con la decisione ora gravata, respingeva il gravame principale in applicazione del divieto di cumulo di cui all’art. 6, co.2, d.lgs. n.184/1987, secondo cui la contribuzione volontaria non è ammessa per contestuali periodi di assicurazione per ogni tipo di lavoratori -nella specie, la contribuzione volontaria in essere ebbe a sovrapporsi nel 2003 e nel 2004 con la prestazione a titolo di collaborazione coordinata e continuativa da allora svolta -con la conseg uenza che, all’inizio del 2003, intrapresa la predetta attività saltuaria, la signora COGNOME non aveva maturato il diritto a pensione, tant’è che i versamenti cessarono nel 2004;
rimarcava, peraltro, la Corte di merito, che il lavoro parasubordinato che si assumeva svolto dal 2003 al mese di marzo del 2004, di promozione commerciale nel fine settimana nei supermercati, non trovava riscontro spaziale, temporale, contrattuale negli atti di causa, e del pari risultava del tutto generico e indefinito l’allegato estratto conto contributivo in riferimento alla gestione separata, con evidente inidoneità a dar corso ad una qualsivoglia iniziativa istruttoria;
la Corte di merito accoglieva, in parte il gravame dispiegato dall’INPS, ritenuto inapplicabile, nella specie, il
disposto dell’art. 8, co.3, d.lgs. n. 184 cit., non controvertendosi di somme versate in ritardo, nel qual caso, per essere il termine perentorio, al ritardato pagamento anche di un solo rateo della contribuzione volontaria sarebbe conseguita la decadenza dalla facoltà di accedere alla prestazione richiesta, con restituzione, del relativo versamento, reso senza interessi;
trattandosi, invece, nella specie, di somme pur tempestivamente versate ma non dovute, la Corte di merito, in applicazione dell’art. 2033 cod.civ. e per essere palese, nella specie, la buona fede dell’accipiens, riteneva gli interessi dovuti soltanto dalla data della domanda giudiziale (il 15 luglio 2009);
avverso tale sentenza ricorre la signora COGNOME COGNOME con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale resiste, con controricorso, l’INPS;
CONSIDERATO CHE
14. va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per decorso del termine breve d’impugnazione, per essere inefficace la notificazione della sentenza ora gravata, eseguita dall’Ente resistente presso la Cancelleria della sezione lavoro della Corte territoriale e non già presso il domicilio digitale dei patrocinatori della signora COGNOME; 15. come anche di recente statuito in tema di notificazione dell’impugnazione (fra le altre, Cass. 27.8.2024 n. 23177), il riferimento personale va comunque privilegiato rispetto a quello topografico, ciò che vale anche per la notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione ex art. 325 c.p.c., che va fatta al procuratore costituito, ai sensi dell’articolo 170 c.p.c., e che ‘deve essere compiuta al domicilio eletto dalla parte (e non presso la cancelleria del luogo ove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio si è svolto) tutte le volte in cui compaia, in calce
alla procura e alla contestuale elezione di domicilio, la sottoscrizione del difensore’ (nel caso in esame apposta sia analogicamente, sia digitalmente), poiché ‘nella scelta tra un’interpretazione letterale ed una logica delle norme funzionali alla verificazione della validità della notifica de qua (in particolare, l’articolo 82, comma 1, del regio decreto n. 37 del 1934), difatti, va prescelta l’ermeneusi di tipo logico, che ricostruisca la vicenda della firma del difensore in calce agli atti suddetti come funzionale non alla sola autentica della firma, bensì a far proprio l’intero contenuto dell’atto, apparendo più rispettosa della volontà (della parte e) dello stesso difensore la scelta di attribuirgli anche il fine di far propria, con l’autentica dell’altrui firma, l’elezione di domicilio contenuta nell’atto da lui sottoscritto’ (Cass. civ. sez. II 15.1.2021 n. 624);
all’epoca della pubblicazione della sentenza ora gravata risultava vigente il cd. domicilio telematico obbligatorio introdotto dall’art. 16 sexies del D.L. 179/2012;
a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del r.d. n. 37 del 1934, art. 82 consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine;
inoltre, Cass. n. 14878 del 2023 ha ribadito che, in presenza dell’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica
certificata del difensore, rimane per converso irrilevante, ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l’impugnazione, nonché per la notifica dell’atto di impugnazione, l’indicazione della residenza o anche l’elezione del do micilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti (principio riaffermato da Cass. n. 20076 del 2023);
l’evoluzione sistemica, normativa e giurisprudenziale avrebbe imposto all’Ente previdenziale di eseguire la notificazione presso il domicilio, se non fisico, almeno digitale dei procuratori, salva la impossibilità d’uso della p.e.c. per causa imputabile al destinatario ex art. 16 sexies d.l. 179/2012, nel testo vigente ratione temporis, circostanza non rappresentata dall’ente previdenziale;
tanto premesso, con i motivi d’impugnazione la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del decreto legislativo n. 184 del 1997 e dell’art. 5 del d.m. n.282 del 1996, profilo di censura, quest’ultimo, sotteso anche al secondo mezzo con il quale si svolge doglianza di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
in sintesi, si sostiene che il suddetto decreto ministeriale abbia fatto salvo il diritto a proseguire la contribuzione volontaria presso altre forme di previdenza obbligatoria nel caso in cui, successivamente, il prosecutore volontario sia stato iscritto alla gestione separata e che l’art. 5 dello ste sso decreto non contenga alcun riferimento che limiti temporalmente il diritto alla deroga a proseguire volontariamente la contribuzione presso altre forme di tutela obbligatoria in caso di successiva iscrizione alla gestione separata.
il ricorso è da rigettare;
24. il versamento della contribuzione volontaria, autorizzato dal 17 febbraio 2001, è risultato utile, per l’assicurata, il cui rapporto di lavoro subordinato era cessato con un numero insufficiente di contributi settimanali (1829 contributi settimanali), per accedere alla pensione di anzianità, con decorrenza dal 1° aprile 2015;
25. in seguito (con domanda del 7 giugno 2007) l’assicurata, richiamando la contribuzione effettiva nel frattempo versata, presso la gestione separata per lo svolgimento di lavoro autonomo, ha chiesto la liquidazione di un supplemento della pensione di anzianità, invocando il disposto dell’art. 4 legge n.1338/62, e l’INPS, verificata la compresenza della contribuzione effettiva, connessa allo svolgimento di lavoro autonomo, con una contribuzione volontaria, connessa ad un rapporto di lavoro inesistente (cessato, come detto, senza il perfezionamento del requisito contributivo utile, e perciò autorizzata alla prosecuzione volontaria della contribuzione), ha disconosciuto l’utilità della predetta contribuzione volontaria laddove alla stessa si sovrapponeva la contribuzione effettiva (per lavoro autonomo) ai fini del raggiungimento del requisito contributivo per l’accesso alla pensione di anzianità, conseguendone la revoca di detta prestazione per carenza del requisito contributivo a far data dal 1° aprile 2005;
26. il divieto di doppia contribuzione, correttamente applicato dalla Corte territoriale, trova fondamento normativo nel disposto dell’art. 6, co.2, del decreto legislativo n.184/1997 che recita: «La contribuzione volontaria non è ammessa per contestuali periodi di assicurazione ad una delle forme di previdenza obbligatoria per lavoratori dipendenti, pubblici e privati, per lavoratori autonomi e per liberi professionisti, nonché per periodi successivi alla data di decorrenza della
pensione diretta liquidata a carico delle predette forme di previdenza»;
l’assicurazione ad una delle forme di previdenza obbligatoria comprende anche la forma di previdenza obbligatoria denominata gestione separata;
la diversa lettura patrocinata dal difensore della ricorrente, volta a consentire il contestuale versamento dei due tipi di contribuzione, alla stregua del rilievo per cui la materia del concorso della contribuzione obbligatoria e volontaria risulterebbe dall’art. 5 del d.m. n.282/96, non indirizza il Collegio verso un diverso orientamento ermeneutico;
invero lo stesso preambolo del decreto ministeriale n. 282 cit. evidenzia l’efficacia meramente temporale della deroga al divieto di doppia imposizione laddove le Amministrazioni redigenti la fonte di normazione secondaria hanno dato atto «di non poter accogliere il rilievo avanzato dall’Organo consultivo sulla disciplina della prosecuzione volontaria di cui all’art. 5 in quanto tale disposizione regola, comunque, gli effetti che l’obbligo contributivo disciplinato dal presente decreto determina sul soggetto tenuto all’obbligo predetto che già sia stato ammesso alla prosecuzione volontaria presso diversa gestione obbligatoria» (così il preambolo del d.m.n.282 cit.); 30. in altri termini, il disposto dell’art. 5 reca, in evidente dissenso dal contrapposto rilievo dell’Organo consultivo, una deroga meramente temporale, con riferimento ai soli soggetti già ammessi alla prosecuzione volontaria presso diversa gestione, e c iò a ragione dell’ampliamento della copertura assicurativa, con la gestione separata, in riferimento a rapporti che in precedenza ne erano privi, senza che da ciò possa predicarsi una più ampia estensione temporale della cumulabilità;
31. nella specie non solo non si controverte, all’evidenza, di rapporti già in atto ma, come rilevato da Corte cost. n. 44 del 2017 cit., delineare prestazioni di lavoro, sottratte al divieto di cumulo, svolte «per un limitato numero di ore» o «per redditi da lavoro con compensi ben inferiori a tremila euro annui», rientra nella discrezionalità del legislatore non potendo escludersi che il legislatore identifichi con precisione le prestazioni di lavoro che, in considerazione del carattere saltuario dell’att ività prestata o comunque del limitato impegno orario e della ridotta entità dei compensi, siano sottratte al divieto di cumulo di cui al comma 2 dell’art. 6 del d.lgs. n. 184 del 1997. Un tale intervento di definizione delle contribuzioni richieste ben potrebbe fornire una più specifica tutela a soggetti caratterizzati da una condizione di particolare debolezza nel mercato del lavoro (Corte cost. n.44/2017 cit.);
in conclusione, il ricorso è rigettato;
la peculiare questione controversa consiglia la compensazione delle spese;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; spese compensate. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 16 ottobre 2024