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Domanda di ricongiunzione: la rinuncia è irrevocabile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14857/2024, ha stabilito che una volta presentata e accettata dall’ente previdenziale una domanda di ricongiunzione dei contributi, il procedimento si considera perfezionato. Una successiva rinuncia da parte del lavoratore è irrilevante e non consente di presentare una nuova domanda al di fuori delle specifiche e restrittive condizioni di legge. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello che aveva accolto la seconda istanza della lavoratrice, rigettando la sua domanda originaria.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Domanda di Ricongiunzione: la Rinuncia Dopo l’Accettazione non Consente una Nuova Richiesta

La gestione dei propri contributi previdenziali è un passo fondamentale nella pianificazione del futuro pensionistico. Una delle procedure più comuni è la domanda di ricongiunzione, che permette di unificare i contributi versati in diverse gestioni. Ma cosa succede se, dopo aver ottenuto l’accettazione dall’ente, si decide di rinunciare? È possibile presentare una nuova domanda in un secondo momento? Con la recente ordinanza n. 14857/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, stabilendo un principio di irrevocabilità una volta che il procedimento si è perfezionato.

I Fatti di Causa: una richiesta e una rinuncia

Il caso esaminato riguarda una lavoratrice che aveva presentato una prima domanda di ricongiunzione dei contributi maturati presso una gestione previdenziale pubblica (ex Inpdap) verso la gestione generale dell’INPS. L’ente aveva accolto la richiesta, comunicando alla lavoratrice l’onere economico da sostenere. Tuttavia, successivamente, la lavoratrice aveva espressamente rinunciato alla domanda.

Tempo dopo, la stessa lavoratrice presentava una seconda istanza di ricongiunzione. La Corte d’Appello di Milano, riformando la decisione di primo grado, accoglieva la richiesta, sostenendo che la rinuncia espressa non potesse essere equiparata a quella tacita per mancato pagamento e che la domanda non fosse, di per sé, irrevocabile. L’INPS, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla domanda di ricongiunzione

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso dell’INPS. Gli Ermellini hanno affermato un principio netto: una volta che la domanda di ricongiunzione è stata presentata e accettata dall’ente, il procedimento amministrativo si considera concluso e perfezionato. Di conseguenza, la successiva rinuncia da parte del richiedente è giuridicamente irrilevante e non può annullare gli effetti del procedimento già concluso. Pertanto, la lavoratrice non aveva il diritto di presentare una seconda domanda, se non nei casi eccezionali e restrittivi previsti dalla legge (art. 4 della L. n. 29/79), che non ricorrevano nella fattispecie.

Le Motivazioni: il perfezionamento del procedimento amministrativo

La Corte ha basato la sua decisione su un precedente orientamento (Cass. n. 30031/2022). Il punto centrale del ragionamento giuridico è il momento in cui si perfeziona il procedimento. Secondo la Cassazione, questo avviene con l’accettazione della domanda da parte dell’ente previdenziale. Da quel momento, si crea un vincolo giuridico che non può essere sciolto unilateralmente dalla semplice rinuncia del privato.

La Corte d’Appello aveva erroneamente distinto tra rinuncia espressa e rinuncia per mancato pagamento. Per la Cassazione, questa distinzione non è pertinente. L’elemento decisivo non è il motivo della rinuncia, ma il fatto che essa sia intervenuta quando il procedimento si era già perfezionato. La facoltà di presentare una seconda domanda è limitata dalla legge a specifiche circostanze, proprio per garantire la certezza dei rapporti giuridici ed evitare un uso discrezionale e potenzialmente opportunistico di questo strumento previdenziale. La rinuncia, intervenuta a ‘procedimento amministrativo perfezionatosi’, è stata definita ‘irrilevante’.

Le Conclusioni: l’irrevocabilità della domanda di ricongiunzione accettata

In conclusione, questa ordinanza stabilisce un importante paletto per chiunque intenda avvalersi della ricongiunzione dei contributi. La decisione di presentare la domanda deve essere ponderata, poiché una volta ottenuta l’accettazione dall’ente, non è più possibile ‘tornare indietro’. La rinuncia successiva non cancella il procedimento e preclude la possibilità di presentare una nuova istanza, a meno che non si verifichino le specifiche condizioni previste dalla normativa. La sentenza è stata quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa è stata decisa nel merito con il rigetto definitivo della domanda originaria della lavoratrice, con compensazione delle spese processuali.

È possibile presentare una nuova domanda di ricongiunzione dopo aver rinunciato a una precedente domanda già accettata dall’ente previdenziale?
No, secondo la Corte di Cassazione non è possibile presentare una nuova domanda di ricongiunzione al di fuori dei limiti specifici previsti dall’art. 4 della legge n. 29/79. La rinuncia successiva all’accettazione è considerata irrilevante.

Quando si considera perfezionato il procedimento di ricongiunzione?
Il procedimento di ricongiunzione si considera perfezionato nel momento in cui l’ente previdenziale accetta la domanda presentata dal lavoratore.

La rinuncia espressa a una domanda di ricongiunzione ha un valore diverso rispetto alla rinuncia per mancato pagamento dell’onere economico?
No, ai fini della possibilità di presentare una nuova domanda, la Corte non distingue tra rinuncia espressa e rinuncia per mancato pagamento. Entrambe sono irrilevanti se intervengono dopo che il procedimento si è perfezionato con l’accettazione della domanda da parte dell’ente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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