Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6265 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 2100/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato e domiciliati per legge in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Roma, n. 3325/2017, pubblicata il 31 luglio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha esposto, con ricorso depositato il 4 dicembre 2008 presso il Tribunale di Civitavecchia, che:
aveva partecipato con esito positivo al concorso per 999 posti di dirigente nel ruolo amministrativo del RAGIONE_SOCIALE (da ora RAGIONE_SOCIALE);
aveva comunicato la propria preferenza il 13 aprile 1999;
il RAGIONE_SOCIALE gli aveva attribuito le funzioni dirigenziali solo a decorrere dal 7 dicembre 2001, dopo molti vincitori che occupavano posizioni successive e, addirittura, altri non vincitori.
Egli ha chiesto al RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE il risarcimento dei danni subiti.
Il Tribunale di Civitavecchia, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 983/12, ha rigettato il ricorso.
NOME COGNOME ha proposto appello.
Le Pubbliche amministrazioni convenute si sono costituite, presentando appello incidentale in ordine al rigetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3325/2017, ha accolto in parte l’appello principale, condannando le Pubbliche amministrazioni a corrispondere € 41.282,56, relativamente alle differenze retributive dal 60° giorno successivo all’indicazione RAGIONE_SOCIALEe 60 preferenze effettuata nel giugno 2016, limitatamente alle voci fisse, con esclusione di quelle ricollegabili in vario modo all’effettivo svolgimento RAGIONE_SOCIALE‘attività lavorativa e RAGIONE_SOCIALEa retribuzione di posizione di parte variabile di terzo livello, e ha re spinto l’appello incidentale.
Il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le parti ricorrenti lamentano la motivazione apparente RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello, in quanto la corte territoriale non avrebbe indicato i documenti ai quali avrebbe fatto rinvio e non avrebbe esaminato gli argomenti dedotti dalle medesime ricorrenti a sostegno RAGIONE_SOCIALEa loro posizione.
Esse avrebbero rappresentato che:
il controricorrente non avrebbe avuto un diritto soggettivo all’attribuzione di un posto di dirigente;
non avrebbero violato l’obbligo di correttezza perché gli incarichi dirigenziali attribuiti con gli ordini di servizio n. 27 del 1999 e n. 34 del 2000 sarebbero stati conferiti in via provvisoria;
l’incarico dato al controricorrente sarebbe stato corrispondente alle sue richieste e competenze;
il ritardo sarebbe stato da imputare al vasto contenzioso che avrebbe investito il concorso in questione.
Con il secondo motivo le parti ricorrenti lamentano la contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa motivazione atteso che la corte territoriale avrebbe errato, al momento RAGIONE_SOCIALEa quantificazione del risarcimento spettante al lavoratore, nel leggere le loro note e nel quantificare la retribuzione di parte variabile da negare al controricorrente.
Le doglianze, che possono essere trattate congiuntamente, sono infondate.
Infatti, la Corte d’appello di Roma ha affrontato tutte le questioni sottoposte alla sua attenzione dalle parti ricorrenti.
In particolare, ha considerato non rilevante la natura di diritto soggettivo od interesse legittimo RAGIONE_SOCIALEa pretesa del lavoratore poiché, comunque, la P.A. era tenuta ad assegnare a NOME COGNOME un incarico dirigenziale o, quantomeno, un incarico di studio equivalente, così verificandosi una violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 10, d.lgs. n. 165 del 2001. Nulla hanno dedotto, peraltro, il MEF e l’RAGIONE_SOCIALE in ordine a quest’ultima infrazione.
Ha ritenuto non dirimenti le giustificazioni concernenti la mancanza di sedi idonee che, in effetti, risultano poco consistenti, se si tiene conto le stesse parti ricorrenti hanno ammesso come, con gli ordini di servizio n. 27 del 1999 e n. 34 del 2000, dei posti di dirigente fossero stati conferiti in via provvisoria ad altri dipendenti, senza chiarire la ragione per la quale il controricorrente non avesse beneficiato di identico trattamento.
Ha chiarito, altresì, che il menzionato contenzioso non escludeva la responsabilità RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, in quanto questo si era concluso il 31 agosto 2000 e alcuni posti di dirigente erano stati assegnati a cavallo di tale data.
Infine, in ordine alla determinazione del risarcimento, diversamente da ciò che hanno opinato le parti ricorrenti, la Corte d’appello di Roma ha tenuto conto RAGIONE_SOCIALEe loro note, atteso che ha escluso il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa voce ‹‹retribuzione di posizione di parte variabile di terzo livello, come segnalato dalla parte appellata nelle note autorizzate depositate in data 31.5.2017››, ma, poi, ha compiuto le conseguenti quantificazioni in base al ‹‹conteggio subordinato depositato dall’appellante a seguito RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza di questo collegio in data 27.4.2017›› e, quindi, dei dati numerici in quest’ultimo conteggio presenti, così senza contraddirsi in alcun modo, atteso che proprio tali dati aveva ritenuto attendibili.
Con il terzo motivo le parti ricorrenti lamentano la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 22, comma 36, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 724 del 1994 atteso che la corte territoriale avrebbe disposto illegittimamente il cumulo fra interessi e rivalutazione in favore del controricorrente.
La doglianza merita accoglimento.
Infatti, il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi, previsto dall’art. 22, comma 36, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 724 del 1994, per gli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale spettanti ai dipendenti pubblici in attività di servizio o in quiescenza, si applica anche ai crediti risarcitori, trattandosi di una regola limitativa RAGIONE_SOCIALEa previsione generale RAGIONE_SOCIALE‘art. 429, comma 3, c.p.c., che, nell’utilizzare la più ampia locuzione crediti di lavoro, ha inteso riferirsi a tutti i crediti connessi al rapporto di lavoro e non soltanto a quelli strettamente retributivi (Cass., Sez. L, n. 13624 del 2 luglio 2020).
Non vi sono ragioni per affermare, dalla lettura RAGIONE_SOCIALEa sentenza, come fa, invece, il controricorrente, che la Corte d’appello di Roma abbia voluto limitare la rivalutazione ‘sulla parte eccedente il tasso degli interessi legali’.
Con il quarto motivo le parti ricorrenti lamentano la motivazione apparente RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata in ordine al rigetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di difetto di legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
La doglianza è infondata, avendo la corte territoriale spiegato la sua decisione facendo riferimento al periodo con riferimento al quale il danno era stato lamentato.
Il ricorso è accolto limitatamente al terzo motivo, rigettati gli altri.
La sentenza impugnata è cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è decisa nel merito, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, comma 2, c.p.c., con la condanna RAGIONE_SOCIALEe Pubbliche amministrazioni ricorrenti a corrispondere al controricorrente l’importo liquidato dalla Corte d’appello di Roma , oltre alla maggior somma fra interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.
Le spese di lite dei gradi di merito sono poste a carico RAGIONE_SOCIALEe Pubbliche amministrazioni ricorrenti ex art. 91 c.p.c., essendo esse sostanzialmente soccombenti, e sono liquidate come in dispositivo.
Le spese di legittimità sono compensate, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 92 c.p.c., in ragione del parziale accoglimento del ricorso.
Non sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso
principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), trattandosi di ricorso proposto da Amministrazioni RAGIONE_SOCIALEo Stato che, mediante il meccanismo RAGIONE_SOCIALEa prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento RAGIONE_SOCIALEe imposte e tasse che gravano sul processo.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati gli altri;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna le Pubbliche amministrazioni ricorrenti a corrispondere al controricorrente l’importo liquidato dalla Corte d’appello di Roma , oltre alla maggior somma fra interessi e