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Divieto di cumulo interessi e rivalutazione: la Cassazione

Un dirigente pubblico ottiene un risarcimento per un ritardo nell’assunzione. La Corte di Cassazione conferma la condanna ma chiarisce che sul risarcimento si applica il divieto di cumulo interessi e rivalutazione, tipico del pubblico impiego. Alla somma dovuta si aggiunge quindi solo il maggiore importo tra gli interessi legali e la svalutazione monetaria, non entrambi.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Divieto di Cumulo Interessi e Rivalutazione: Anche per il Risarcimento Danni nel Pubblico Impiego

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per i crediti dei dipendenti pubblici, estendendone l’applicazione anche alle somme dovute a titolo di risarcimento del danno. La sentenza chiarisce che il divieto di cumulo interessi e rivalutazione, previsto dalla legge, non si limita ai soli crediti retributivi, ma abbraccia l’intera sfera dei crediti connessi al rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Lunga Attesa di un Dirigente

La vicenda riguarda un dirigente che, dopo aver superato con successo un concorso pubblico per 999 posti presso un Ministero, si è visto attribuire le funzioni dirigenziali con notevole ritardo. L’incarico gli è stato conferito solo a dicembre 2001, molto tempo dopo altri vincitori collocati in posizione successiva e persino dopo alcuni candidati non vincitori. Ritenendosi danneggiato da questo ritardo ingiustificato, il dirigente ha avviato un’azione legale per ottenere il risarcimento dei danni subiti, quantificati nelle differenze retributive non percepite.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto parzialmente le sue richieste, condannando le Amministrazioni pubbliche a versargli una somma a titolo di risarcimento. Tuttavia, le Amministrazioni hanno impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui una di cruciale importanza sul calcolo degli accessori del credito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato gran parte dei motivi di ricorso delle Amministrazioni, confermando la loro responsabilità per il ritardo nell’assegnazione dell’incarico. I giudici hanno ritenuto irrilevanti le giustificazioni addotte, come la presunta mancanza di sedi idonee, dato che nel frattempo altri incarichi erano stati conferiti in via provvisoria ad altri dipendenti.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda il terzo motivo di ricorso, che è stato accolto. Le Amministrazioni lamentavano la violazione della legge n. 724 del 1994, che stabilisce il divieto di cumulare interessi e rivalutazione monetaria sui crediti dei dipendenti pubblici.

Applicazione del Divieto di Cumulo Interessi e Rivalutazione

La Cassazione ha affermato con chiarezza che il divieto di cumulo interessi e rivalutazione si applica non solo agli emolumenti di natura retributiva o pensionistica, ma anche ai crediti di natura risarcitoria, purché connessi al rapporto di pubblico impiego. La norma, infatti, utilizza l’ampia dicitura “crediti di lavoro”, che include tutte le somme dovute al dipendente in conseguenza del rapporto, compreso il risarcimento per un illecito subito.

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza d’appello su questo punto e, decidendo direttamente nel merito, ha stabilito che al dirigente spetta l’importo liquidato dalla Corte territoriale, oltre alla “maggior somma fra interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo”, e non la somma di entrambi.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura estensiva e sistematica della normativa sul pubblico impiego. La ratio del divieto di cumulo è quella di contenere la spesa pubblica, evitando un’eccessiva onerosità dei debiti della Pubblica Amministrazione. Secondo la Cassazione, questa esigenza non viene meno quando il credito del dipendente ha natura risarcitoria anziché retributiva.

La Corte ha specificato che l’art. 22, comma 36, della legge n. 724/1994 costituisce una regola speciale che deroga alla previsione generale dell’art. 429, comma 3, del codice di procedura civile, il quale per i crediti di lavoro privati prevede il cumulo. Per il settore pubblico, invece, il legislatore ha operato una scelta differente, bilanciando la tutela del credito del lavoratore con l’interesse alla stabilità dei conti pubblici.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Corte li ha ritenuti infondati, giudicando la motivazione della sentenza d’appello adeguata e non contraddittoria. La responsabilità della P.A. è stata confermata, così come la corretta esclusione dal risarcimento delle voci retributive variabili, legate all’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa che, di fatto, non c’era stata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti spunti di riflessione:

1. Responsabilità della P.A.: Viene ribadito che la Pubblica Amministrazione è tenuta a risarcire il danno causato al vincitore di un concorso per il ritardo nell’assegnazione dell’incarico, in violazione dei principi di correttezza e buona fede.
2. Accessori sui Crediti: Si consolida l’orientamento secondo cui il divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione si applica a tutti i crediti del dipendente pubblico, inclusi quelli risarcitori. Questo significa che, in caso di ritardato pagamento, il dipendente avrà diritto alla somma più vantaggiosa tra quella calcolata applicando gli interessi legali e quella risultante dalla rivalutazione monetaria, ma mai a entrambe.

Questa decisione rappresenta un punto fermo per la gestione del contenzioso nel pubblico impiego, fornendo un criterio chiaro e univoco per il calcolo degli accessori sui crediti dovuti ai dipendenti pubblici, anche quando questi derivano da un illecito dell’Amministrazione.

A un dipendente pubblico che subisce un danno dalla Pubblica Amministrazione spetta sia la rivalutazione monetaria sia gli interessi legali sul risarcimento?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che si applica il divieto di cumulo previsto dall’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994. Al dipendente spetta solo la somma maggiore tra gli interessi e la rivalutazione, non entrambe.

Il divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione si applica solo ai crediti da lavoro (stipendi) o anche ai crediti per risarcimento del danno?
Secondo la sentenza, il divieto si applica anche ai crediti per risarcimento del danno. La norma si riferisce a tutti i “crediti di lavoro” in senso ampio, includendo quindi anche le somme dovute a titolo risarcitorio connesse al rapporto di impiego.

Un ritardo nell’assegnazione di un incarico a un vincitore di concorso può generare un obbligo di risarcimento per la Pubblica Amministrazione?
Sì. Nel caso di specie, la Corte ha confermato la responsabilità della Pubblica Amministrazione per aver violato l’obbligo di assegnare tempestivamente un incarico dirigenziale o equivalente, condannandola a risarcire le differenze retributive fisse non percepite a causa del ritardo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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