Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17372 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17372 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
Dott. NOME COGNOME Presidente –
Dott. NOME COGNOME
Dott. NOME COGNOME
Dott. NOME COGNOME
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Consigliere –
Consigliere –
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23148/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all ‘ indirizzo pec dei Registri;
-ricorrente –
contro
FONDAZIONE RAGIONE_SOCIALE DI PALERMO;
– intimato – avverso la sentenza n. 401/2023 della CORTE D ‘ APPELLO di PALERMO, depositata il 20/04/2023 R.G.N. 284/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto:
Fondazioni
sinfoniche
–
nullità
contratti
termin
–
conversione
RILEVATO CHE
L ‘ odierna ricorrente, professoressa d ‘ orchestra, ha lavorato dal 2007 al 2019 quale ‘Oboe di fila con obbligo del corno inglese’ presso la Fondazione Teatro Massimo di Palermo in virtù di una successione di contratti a tempo determinato.
In ragione della precarietà del suo rapporto di lavoro ha agito in giudizio per ottenere l ‘ accertamento dell ‘ illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro, alle proroghe ed ai rinnovi, la conversione a tempo indeterminato del rapporto e la condanna dell ‘ Ente alla reintegra nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno ex art. 32 comma 5 L. 183/2010, nella misura legale fino 12 mensilità globali di fatto.
Ha lamentato che i contratti a termine impugnati sono stati stipulati per fare fronte alle ordinarie esigenze dell ‘ attività, con clausole giustificative meramente formali e nonostante la presenza di vuoti d ‘ organico e che l ‘ utilizzo dello strumento contrattuale a termine ha ampiamente superato il limite legale di 36 mesi.
Il Tribunale ha accolto il ricorso, condannato la Fondazione a riammettere in servizio la ricorrente nella qualifica e nel livello fissati nel contratto di assunzione con il riconoscimento dell ‘ anzianità di servizio maturata i base al c.c.n.l. di categoria ed altresì a a risarcirle il danno nella misura di 12 mensilità dell ‘ ultima retribuzione globale di fatto.
La Fondazione ha proposto impugnazione.
La Corte d ‘ appello, richiamando le sentenze delle S.U. di questa Corte n. 5542/23 e n. 5556/2023, ha riformato la pronuncia di prime cure e rigettato la domanda di conversione dei contratti disponendo solamente la condanna al risarcimento del danno ragguagliato all ‘ importo massimo di dodici mensilità.
La lavoratrice ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
La Fondazione Teatro Massimo è rimasta intimata.
Con provvedimento dell ‘ 11/09/2024 la Consigliera delegata ha formulato proposta di definizione del ricorso ai sensi dell ‘ art. 380 bis cod. proc. civ. rilevando l ‘ infondatezza e/o inammissibilità delle censure.
La ricorrente, opponendosi alla proposta, ha presentato istanza di decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ. alla luce della proposizione di una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea effettuata dal Tribunale lavoro di Milano l ‘ 11 ottobre 2024, in un giudizio (analogo) di un lavoratore contro la Fondazione Teatro alla Scala di Milano, avente ad oggetto la conversione o meno del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato.
È stata, quindi, depositata memoria illustrativa nell ‘ interesse della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. cod. proc. civ. con allegato il suddetto atto di promuovimento di pronuncia pregiudiziale
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente, il Collegio dà atto che, come affermato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10 aprile 2024, non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell ‘ art. 380bis .1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
Passando all ‘ esame dei motivi del ricorso, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 22, d.lgs. n. 29 giugno 1996, 367; art. 1, d.l. 24 novembre 2000, n. 345
(convertito, con modificazioni, dalla l. 26 gennaio 2001, n. 6); art. 3, 4, 5, 11 comma 4, d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368; artt. 3 commi 5, 6 d.l. 30 aprile 2010, n. 64 (convertito con modificazioni nella l. 29 giugno 2010, n. 100); art. 3, l. 22 luglio 1977, n. 426; artt. 1, 19, 21, 29 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81; nullità della sentenza in relazione all ‘ art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Censura la sentenza per la mancata conversione del rapporto di lavoro in tempo indeterminato.
Assume che sia stata elusa la pronuncia della Corte costituzionale n. 260/2015 ed il giudicato in essa contenuto, stravolgendo l ‘ affidamento alla sicurezza dei rapporti giuridici del sistema delle fondazioni liriche.
Sostiene che con detta pronuncia, il Giudice delle leggi, dichiarando l ‘ illegittimità costituzionale dell ‘ art. 40, comma 1bis , del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell ‘ economia), convertito, con modificazioni, dall ‘ art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui prevede che l ‘ art. 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dall ‘ art. 1, comma 1, della legge 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni liricosinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, ha escluso che fosse vigente ed immanente il sistema del divieto di conversione. Diversamente, infatti, avrebbe dichiarato infondata ovvero irrilevante la questione posta.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce l ‘ incostituzionalità per violazione dell ‘ art. 3 comma 2 Costituzione degli art. 3, 4, 5, 11 comma 4, d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368; artt. 3 commi 5, 6 d.l. 30 aprile 2010, n. 64 (convertito con modificazioni nella l. 29 giugno 2010, n.
100); art. 3, l. 22 luglio 1977, n. 426; artt. 1, 19, 21, 29 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 – nullità della sentenza in relazione all ‘ art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Lamenta che la Corte d ‘ appello non abbia esaminato la questione di legittimità costituzionale del complesso normativo di settore, in relazione alla violazione del principio di uguaglianza.
4. Entrambi i motivi devono essere disattesi.
La sentenza impugnata, nell ‘ escludere la possibilità della conversione in rapporto a tempo indeterminato e nel riconoscere all ‘ appellato il solo risarcimento del danno cosiddetto comunitario (liquidato equitativamente sulla base del criterio indicato da Cass. S.U. n. 5072/2016, richiamato quanto agli enti lirici da Cass. S.U. n. 5542/2023), si è uniformata al principio di diritto enunciato dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 5542/2023, principio dal quale, ai sensi dell ‘ art. 374, comma 3, la sezione ordinaria non si può discostare. Infatti, ai sensi della disposizione indicata, un ‘ eventuale non condivisione del principio affermato potrebbe, al più, giustificare una nuova rimessione alle stesse Sezioni Unite, della quale nella fattispecie difettano i presupposti, in quanto il ricorso non prospetta argomenti che non siano stati valutati dalla richiamata decisione.
In particolare, quanto all ‘ asserito giudicato costituzionale che si sarebbe formato sulla natura privatistica delle Fondazioni liricosinfoniche e sulla conseguente applicazione dell ‘ intera disciplina dettata dal legislatore per i rapporti di lavoro alle dipendenze di soggetti privati, il ricorso non considera i limiti propri del giudizio di legittimità costituzionale delle leggi, che resta circoscritto alla valutazione della conformità alla Costituzione della norma oggetto del giudizio medesimo, in relazione ai parametri invocati dal giudice rimettente. Gli effetti della pronuncia n. 260/2015 restano, pertanto, circoscritti all ‘ illegittimità della normativa di interpretazione autentica, per avere il legislatore enucleato dalla disposizione interpretata un
significato che alla stessa non poteva essere dato, violando, di conseguenza, il principio della normale irretroattività della legge.
D ‘ altro canto, le Sezioni Unite, nel ricostruire la complessa normativa inerente agli enti lirici, come evolutasi nel tempo, non hanno negato la qualificazione in termini privatistici dagli stessi assunto ma, richiamando Corte Cost. n. 153/2011 e gli aspetti pubblicistici rimasti immutati all ‘ esito della privatizzazione, hanno evidenziato che gli stessi giustificano «pur a fronte della qualificazione privatistica delle fondazioni e dei rapporti di lavoro dagli stessi instaurati, deroghe alla disciplina dettata per i rapporti fra privati, disciplina alla quale, secondo un meccanismo non dissimile da quello indicato dal legislatore e da queste Sezioni Unite in tema di società a controllo pubblico, occorre, sì, fare riferimento, ma a condizione che non si rinvengano disposizioni speciali di settore o ragioni ostative di sistema». E non è senza rilievo sottolineare al riguardo che di detta disciplina derogatoria, via via adottata dal legislatore, dà atto anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 260/2015, sulla quale si incentra il ricorso.
Il divieto di conversione è stato affermato dalle Sezioni Unite valorizzando i principi, più generali, in tema di nullità virtuale dei contratti, in relazione alle disposizioni di legge, ritenute imperative, che nel tempo hanno imposto alle fondazioni liriche divieti assoluti di nuove assunzioni o hanno subordinato l ‘ instaurazione di stabili rapporti di impiego al previo superamento di procedure concorsuali.
Le Sezioni Unite, infatti, hanno evidenziato che «Sia la conversione disciplinata dall ‘ art. 1424 cod. civ. sia quella, connotata da specialità, che tale si è soliti definire in ambito lavoristico, presuppongono che l ‘ atto posto in essere possa validamente produrre gli effetti di altro contratto, sicché la stessa non può operare qualora quest ‘ ultimo, a sua volta, si riveli affetto da nullità».
Ciò detto va osservato che il ricorso non prospetta argomenti che possano indurre ad una rimeditazione del principio già espresso (la cui
correttezza, tra l ‘ altro, trova conferma nella successiva evoluzione della normativa, non applicabile alla fattispecie ratione temporis ) né a far ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale prospettata nel secondo motivo, perché la disciplina speciale dettata per gli enti lirici e per i rapporti di lavoro dagli stessi instaurati trova la sua giustificazione nella perdurante rilevanza di interessi di carattere generale, che rende le due situazioni (rapporto di lavoro alle dipendenze di enti lirici e rapporto di lavoro alle dipendenze di imprese private) non pienamente assimilabili.
Quanto, poi, alla violazione della clausola 5 dell ‘ Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE la Corte di Giustizia (sentenza CGUE 25 ottobre 2018, Sciotto) ha con chiarezza affermato che la clausola 5 impone unicamente di sanzionare in modo effettivo l ‘ abuso nella reiterazione del rapporto a termine, ma non obbliga gli Stati membri a prevedere la necessaria conversione del rapporto medesimo in uno stabile rapporto di impiego. La pronuncia è stata resa sul presupposto che in caso di abuso l ‘ ordinamento italiano non garantisse neppure il risarcimento del danno ed in tal senso è chiaro il punto 62 ove si evidenzia che ‘l’ ordinamento giuridico italiano non comprende, nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, nessuna misura effettiva, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 60 della presente sentenza, che sanzioni l ‘ utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato, e ciò sebbene il personale di tale settore, contrariamente ai lavoratori di cui trattasi nella causa che ha condotto alla sentenza del 7 marzo 2018, COGNOME (C 494/16, EU:C:2018:166, punti 35 e 36), non abbia diritto all ‘ attribuzione di un ‘indennità ai fini del risarcimento del danno subito’. La medesima agevolazione probatoria, che Cass., Sez. Un., n. 5072/2016 ha ritenuto imposta dal diritto dell ‘ Unione e che la CGUE ha ritenuto sufficiente a garantire il rispetto della clausola 5 (si rimanda alla citata sentenza COGNOME), è stata riconosciuta da Cass., Sez. Un., n. 5542/2023 anche in favore degli assunti a termine alle dipendenze
delle fondazioni lirico sinfoniche, sicché, trattandosi di questioni sulle quali la Corte di Giustizia si è già pronunciata, non si ravvisa ragione alcuna per disporre il rinvio pregiudiziale.
Né può sostenersi il carattere discriminatorio del trattamento riservato ai dipendenti delle fondazioni lirico sinfoniche rispetto a quelli che nel medesimo settore operano alle dipendenze di privati: la specialità della disciplina, che impone precisi vincoli al datore di lavoro, ignoti al diritto privato (divieti di assunzioni, necessario rispetto di requisiti formali e sostanziali, obbligo del previo espletamento di procedure concorsuali) rende le due situazioni a confronto non comparabili.
Tanto esclude i profili di incostituzionalità evidenziati dalla ricorrente.
In sede di memoria la ricorrente rimarca che il Tribunale di Milano, con ordinanza del 07.10.2024 ha sollevato istanza pregiudiziale ex art. 267 del TFUE.
Chiede, dunque, procedersi alla sospensione ex artt. 294 e/o 295 cod. proc. civ. del presente giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia U.E.
Anche le suddette deduzioni devono essere disattese per quanto da questa Corte già affermato, in vicende analoghe, nelle recenti Cass. n. 3480/2025 e Cass. n. 3479/2025.
In tali ultime decisioni, rispondendo a precisa istanza dei ricorrenti, si è innanzitutto ribadita l ‘ insussistenza dei presupposti per una nuova sottoposizione della questione posta alle Sezioni Unite di questa Corte.
Nella decisione del massimo Collegio di legittimità, proprio sulla scorta della sentenza della Corte di giustizia del 2018, è stato fugato ogni dubbio sulla presunta incompatibilità del divieto di conversione con la direttiva 1999/70/CE evidenziando che la clausola 5, punto 2, rimette, infatti, agli Stati membri la scelta di una o più misure indicate
per prevenire l ‘ abuso dei contratti a termine (indicazione delle ragioni oggettive, la durata massima complessiva dei contratti, il numero dei rinnovi); senza istituire ‘un obbligo generale (…) di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato’ , dovendo però ‘adottare misure che rivestano un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell ‘accordo quadro’ .
In linea con tale interpretazione, non sorprende la disciplina attuale secondo la quale il rapporto di lavoro a termine può essere instaurato soltanto in presenza di ragioni oggettive contingenti o temporanee con atto scritto a pena di nullità, la cui violazione, al pari delle norme che dispongono la durata, la proroga o i rinnovi del contratto di lavoro, comporta il risarcimento del danno. Tale rimedio era, tra l ‘ altro, già stato riconosciuto dall ‘ art. 36, d.lgs. n. 165/2001 per i rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione a cui, evidentemente, la regolamentazione delle FLS si ispira e su cui già si era espressa la Corte di giustizia : non in ordine alla scelta del rimedio, del tutto legittima per quanto detto, ma alla sua effettività che è tale quando l ‘ entità del risarcimento è conforme ai canoni comunitari di adeguatezza, proporzionalità e dissuasività rispetto al ricorso abusivo ai contratti a termine.
Si è già evidenziato che non sussiste il carattere discriminatorio del trattamento riservato ai dipendenti delle fondazioni lirico sinfoniche rispetto a quelli che nel medesimo settore operano alle dipendenze di privati, trattandosi di situazioni non comparabili considerata la ben scandagliata specialità della disciplina degli enti lirici che impone precisi vincoli al datore di lavoro, ignoti al diritto privato (divieti di assunzioni, necessario rispetto di requisiti formali e sostanziali, obbligo del previo espletamento di procedure concorsuali).
Le Sezioni Unite di questa Corte del 2023 hanno, poi, già escluso che la conversione del rapporto a termine possa derivare dalla necessaria conformazione al diritto dell ‘ Unione ed in particolare alla clausola 5 dell ‘ Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, poiché l ‘ ordinamento giuridico interno italiano, come richiesto dalla Corte di Giustizia europea, prevede, in tale settore, un ‘ altra misura effettiva per evitare, ed sanzionare, l ‘ utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato.
Né il dedotto carattere privato delle Fondazioni liriche può condurre ad esiti diversi da quelli evidenziati dalle Sezioni Unite del 2023.
Queste ultime, muovendo, come sopra evidenziato, dalla distinzione tra imperatività e inderogabilità delle regole, hanno accolto la tesi, prevalente, secondo la quale sono inderogabili le disposizioni che impongono specifici comandi e divieti e, al contempo, imperative quando poste a tutela di un interesse generale, qui esplicitato nelle finalità attribuite alle FLS volte alla diffusione dell ‘ arte musicale, della formazione professionale dei quadri artistici e dell ‘ educazione musicale della collettività che giustificano i vincoli imposti dall ‘ ordinamento nella gestione del personale.
La natura imperativa delle disposizioni in esame ha, così, aperto alle Sezioni Unite la strada per sistematizzare le norme dedotte nell ‘ ambito delle c.d. nullità virtuali, categoria che assolve al compito di consentire la dichiarazione della nullità dell ‘ atto negoziale, anche quando, come nel caso di specie, la norma imperativa violata non preveda espressamente detta sanzione.
Nelle indicate sentenze, la Corte si è soffermata in particolare sul contenuto delle norme imperative.
Si tratta di una precisazione importante che fonda le sue radici nella teoria sulla separazione tra norme relative al contenuto del contratto (regole di validità) e norme che prescrivono comportamenti a carico di uno dei contraenti (regole di condotta). Soltanto le prime sono
riconducibili all ‘ ambito di applicazione del primo comma dell ‘ art. 1418 cod. civ. Accedendo a tale tesi, i comandi e le disposizioni richiamati, in quanto regole che impongono una condotta, sarebbero pertanto estranee alla categoria delle nullità virtuali. Secondo le Sezioni Unite la suddetta contrapposizione perde, tuttavia, di significato, là dove ogni regola giuridica è comunque regola di condotta dalla cui applicazione discende l ‘ accertamento in merito alla validità o meno degli atti giuridici negoziali.
Il principio di separazione è volto, semmai, a impedire che l ‘ invalidità del contratto possa derivare dalla violazione della clausola generale di correttezza e buona fede, in tal senso delimitando il significato di regola di condotta.
Pertanto, anche la disciplina vincolistica quanto alle assunzioni propria della FLS si presta a essere catalogata nella medesima classe normativa.
Si consideri, del resto, che, nel caso delle Fondazioni liriche anche la normativa più recente – v. art. 19, comma 3, d.lgs. n. 81/2015, come novellato dal d.l. n. 87/18 – ha previsto che al personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale di cui al d.lgs. n. 367/1996, non si applicano le disposizioni di cui all ‘ articolo 19, commi da 1 a 3, e 21 e cioè non si applica la trasformazione: si tratta di disposizione in linea con la giurisprudenza della Cassazione che sancisce in via definitiva il divieto di trasformazione che, prima non espresso, si era ricavato dai vincoli assunzionali già previsti. Si è poi aggiunto il d.l. n. 59/2019 conv. in L. 8 agosto 2019 n. 81, con il quale si sono affrontate le molteplici questioni legate alle incertezze interpretative sul precariato e sull ‘ assetto delle dotazioni organiche del personale. Il provvedimento ha ridisegnato, infatti, la procedura per la definizione della dotazione organica delle fondazioni lirico-sinfoniche, secondo uno schema tipo da adottarsi sulla base di un decreto. Le assunzioni di personale a tempo indeterminato potranno avvenire
mediante apposite procedure selettive pubbliche, con modalità stabilite da ciascuna fondazione e nel rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità nonché degli altri princìpi in vigore nelle pubbliche amministrazioni ed essere contenute, oltre che nel limite della dotazione organica, entro un contingente corrispondente alla spesa complessiva del personale cessato nell ‘ anno in corso e nei due anni precedenti, ferma restando le compatibilità di bilancio.
Sempre la legge n. 81/2019, quanto alle conseguenze della violazione delle norme riguardanti i contratti di lavoro a termine come regolati nel comma 3-bis, esclude la conversione in contratti a tempo indeterminato, con diritto per il lavoratore al solo risarcimento del danno e con la possibilità per le fondazioni di recuperare le somme pagate nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave (v. art. 29, comma 3-ter, d. lgs. n. 81/2015).
È così vieppiù confermata la peculiarità della disciplina dei rapporti di lavoro a termine delle FLS che presenta caratteristiche analoghe a quelle che caratterizzano il pubblico impiego privatizzato, così come già reso evidente nella disciplina della legge n. 100/2010, come riconosciuto pure dalla Corte costituzionale nella sentenza 21 aprile 2011, n. 153. In tale nuovo contesto, il ricorso al contratto a termine deve attenersi alla ratio sottesa alle regole speciali di una normativa dettata tenendo ancora una volta conto delle limitazioni economiche e normative gravanti sulle fondazioni lirico-sinfoniche.
L ‘ impianto argomentativo delle Sezioni Unite ha tenuto conto delle evidenziate peculiarità delle fondazioni lirico-sinfoniche e le norme imperative lì messe in rilievo, attinenti alle modalità di assunzione del personale, sono state vieppiù valorizzate dal legislatore nei successivi interventi normativi.
Ed allora, i rilievi della ricorrente che insistono a monte sulla violazione del diritto unionale non colgono nel segno e non sono idonei
non solo a confutare ma neppure a dubitare ragionevolmente della coerenza del complesso ragionamento posto a base delle indicate decisioni dovendosi ulteriormente ribadire che non è prospettabile una diversità di trattamento con i rapporti di diritto privato, perché, come chiaramente evidenziato dalle sezioni unite, le fondazioni sono soggetti di diritto privato ma sottoposti ad una disciplina parzialmente derogatoria a quella comune propria dei rapporti di lavoro alle dipendenze di soggetti di diritto privato.
Non vi sono, dunque, i presupposti per un nuovo rinvio pregiudiziale alla CGUE, essendosi quest ‘ ultima già pronunciata con decisioni ben tenute presenti dalle Sezioni Unite di questa Corte.
Quanto poi all ‘ ordinanza con la quale, in data 07/10/2024 il Tribunale di Milano ha sollevato istanza pregiudiziale ex art. 267 del TFUE, va osservato che non si verte in una ipotesi di sospensione obbligatoria.
Né si intravedono elementi di novità della prospettata rimessione rispetto a quanto la stessa Corte di Giustizia ha già affermato.
Basti ricordare che la pronuncia della Corte di Giustizia UE 25 ottobre 2018, causa C-331/17, Sciotto, come già sopra ricordato, ha con chiarezza affermato che la clausola 5 impone unicamente di sanzionare in modo effettivo l ‘ abuso nella reiterazione del rapporto a termine, ma non obbliga gli Stati membri a prevedere la necessaria conversione del rapporto medesimo in uno stabile rapporto di impiego. La suddetta decisione, inoltre, chiamata a decidere se la normativa nazionale (in particolare di cui all ‘ articolo tre comma sei del decretolegge numero 64 del 2010…, convertito, con modificazioni nella legge 29 giugno 2010 numero 100 nella parte in cui stabilisce che ‘non si applicano in ogni caso alle fondazioni lirico sinfoniche le disposizioni dell ‘articolo uno commi 1 e 2 del decreto legislativo 368 del 2001’ sia contraria alla clausola 5 dell ‘ accordo quadro – ha evidenziato come in ogni caso agli Stati membri vada riconosciuta ‘un’ ampia discrezionalità
a tale riguardo dal momento che essi possono scegliere di far ricorso a una o più misure enunciate dalla clausola 5 punto1 lettere da a) a c) oppure a norme equivalenti esistenti’. L’ unico, invalicabile limite rimane tuttavia quello secondo cui il singolo Stato deve approntare efficaci mezzi legislativi idonei a prevenire l ‘ abuso della successione dei contratti a termine.
Con specifico riferimento alle fondazioni lirico sinfoniche la Corte di giustizia ha (…) anche osservato che ‘è pacifico che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale consente l ‘ assunzione, nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, di lavoratori tramite contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione senza prevedere nessuno dei limiti di cui alla clausola 5, punto 1, lett. B) e C) dell ‘ accordo quadro riguardo alla durata massima totale di tali contratti o al numero di rinnovi degli stessi’: tanto sopra in quanto si dà atto della specificità del settore caratterizzato da una programmazione annuale di spettacoli artistici che inevitabilmente comporta esigenze provvisorie in materia di assunzione. Così ha evidenziato che l ‘ assunzione temporanea di un lavoratore debba radicarsi in una ‘ragione obiettiva’, ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell ‘ accordo quadro, come già ribadito con le sentenze del 26 novembre 2014 (cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C418/13, COGNOME e a., punto 91), nonché del 14 settembre 2016 (causa C-16/15, COGNOME, punto 44). Pertanto, al fine di limitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a termine nelle fondazioni lirico-sinfoniche dove è ammessa la possibilità di ricorrere ai rinnovi, la Corte ha precisato che la nozione di ‘ragioni obiettive’ vada interpretata in termini restrittivi, dovendosi pertanto accertare la sussistenza di tale requisito con riguardo a circostanze precise e concrete, tali da giustificare l ‘ utilizzo di una successione reiterata di contratti di lavoro a tempo determinato.
La disciplina nazionale, anche come modificata nel 2019, dunque, rispetta la clausola 5 dell ‘ accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28.6.1999, come anche interpretata dalla Corte di Giustizia, nella citata sentenza COGNOME.
Sempre la Corte di Giustizia, con la ricordata sentenza 7 marzo 2018 (C-494/16, COGNOME), aveva già affermato la compatibilità della clausola 5 dell ‘ accordo quadro sul lavoro a termine con una normativa nazionale che sanzionasse il ricorso abusivo ai contratti a termine mediante il versamento al lavoratore interessato di una mera indennità risarcitoria, escludendo profili di discriminatorietà.
Nella ordinanza di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Milano la prospettata questione pregiudiziale si risolve nella critica al ragionamento di questa Corte a Sezioni unite nelle citate sentenze nn. 5542 e 5556/2023 che non tiene conto della complessiva costruzione argomentativa come sopra sintetizzata.
Il ricorso, di conseguenza, va rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese non avendo la Fondazione intimata svolto attività difensiva.
Poiché, all ‘ esito dell ‘ opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell ‘ art. 380-bis, ultimo comma, cod. proc. civ., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l ‘ art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., con la conseguente condanna della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somma che si liquida come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l ‘ impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.000,00.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 aprile 2025.