Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29737 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29737 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23462-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Segretario pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 762/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 15/03/2021 R.G.N. 1042/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
Art. 28 St. lav.
RNUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Nell’ambito di un procedimento ex art. 28 St. lav., la Corte di Appello di Firenze, con la pronuncia impugnata, ha respinto l’appello di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva confermato il decreto con cui era stata dichiarata l’antisindacalità del comportamento tenuto dalla società la quale, anticipatamente rispetto alla sua naturale scadenza, aveva disapplicato per una parte dei suoi dipendenti il CCNL Metalmeccanici, applicando anche ad essi il CCNL Terziari o per il tramite di un ‘accordo di armonizzazione’ sottoscritto con altre sigle sindacali.
La Corte territoriale ha premesso che ‘l’avere sostituito la disciplina del CCNL Metalmeccanici con il CCNL Terziario costituisce in fatto, da parte del datore di lavoro, una disdetta anticipata del pregresso CCNL’, come tale illegittima secondo la giurisprudenza di legittimità.
Per la Corte fiorentina, quindi, ‘a fronte del fatto che ad un datore di lavoro non è consentito di disdire anticipatamente il CCNL applicato, è poi irrilevante ogni ulteriore considerazione in merito al procedimento di armonizzazione attuatosi, secondo la prospettazione della società, nel rispetto di quanto prescritto dalle norme in materia’.
La Corte ha poi ritenuto che ‘la condotta tenuta da RAGIONE_SOCIALE costituì comportamento antisindacale nella misura in cui ebbe a ledere il ruolo sindacale della RAGIONE_SOCIALE, l’efficacia della sua azione a tutela dei lavoratori e dunque la sua immagine, risultando evidente la lesione delle prerogative sindacali’, anche perché, nella specie, il ruolo del sindacato sarebbe stato ‘sminuito nelle comunicazioni effettuate dalla società direttamente ai singoli
lavoratori e nelle quali venne comunicata la deliberazione della applicazione del nuovo CCNL’.
Infine, i giudici d’appello hanno considerato che ‘la sottoscrizione da parte dei singoli lavoratori sotto la dicitura ‘per ricevuta e accettazione’ non può interpretarsi quale espressione di un consenso all’applicazione del CCNL in questione, trattandosi di dicitura dal contenuto generico, al quale non può ricollegarsi un significato diverso e ulteriore da quello della mera presa d’atto della comunicazione’.
Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la soccombente società con quattro motivi; ha resistito l’organizzazione sindacale intimata con controricorso.
Parte ricorrente ha comunicato memoria.
All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito:
1.1. il primo denuncia, ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, Cost., e dell’art. 1322 c.c., sostenendo la tesi che il principio secondo cui non è dato sostituire un CCNL con altro contratto collettivo anteriormente alla scadenza del primo precluderebbe ‘opzioni unilaterali del datore di lavoro realizzate mediante la dissociazione dalla Associazione di categoria cui era iscritto e l’adesione ad altra associazione’, ma non opererebbe ‘nei confronti di ac cordi collettivi ‘sostitutivi’, sottoscritti da una significativa pluralità di sindacati’;
1.2. il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 28 St. lav. in quanto ‘chiarita la piena legittimità della conclusione dell’accordo di armonizzazione’, il fatto che la RAGIONE_SOCIALE non lo abbia sottoscritto non potrebbe rappresentare una condotta sindacale; in ogni caso, si tratterebbe di ‘questione da affrontare in sede di individuazione della disciplina collettiva applicabile ai rapporti dei dipendenti, da far valere in un giudizio di matrice individuale’;
1.3. il terzo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 s. e 1324 c.c., criticando la sentenza impugnata per avere escluso che la sottoscrizione da parte dei lavoratori sotto la dicitura ‘per ricevuta e accettazione’ potesse interpreta rsi come un consenso all’applicazione dell’accordo di armonizzazione;
1.4. il quarto motivo denuncia: ‘violazione e falsa applicazione della Parte terza del Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014’; si chiede la cassazione della sentenza impugnata ‘nella parte in cui esclude l’automatica applicazione dell’accordo di armonizzazione agli iscritti RAGIONE_SOCIALE e ai non iscritti ad alcun sindacato, tutti, viceversa, destinatari dell’efficacia generale dell’accordo di armonizzazione concluso secondo le regole dell’accordo interconfederale del 2014′; subordinatamente se ne chi ede la cassazione ‘per la sola parte in cui ritiene estensibile anche ai lavoratori non iscritti ad alcun sindacato la permanente efficacia del CCNL’.
Il ricorso non può trovare accoglimento.
2.1. Il primo motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
Secondo un insegnamento consolidato, nel caso di contratto collettivo di lavoro la possibilità di disdetta spetta unicamente alle parti stipulanti, ossia alle associazioni sindacali e datoriali
che di norma provvedono anche a disciplinare le conseguenze della disdetta; al singolo datore di lavoro, pertanto, non è consentito recedere unilateralmente dal contratto collettivo, con la conseguenza che non è mai legittima la disdetta unilaterale da parte del datore di lavoro del contratto applicato avente un termine di scadenza (diverso è il caso di contratti collettivi che non abbiano un termine di efficacia).
Quindi va ribadito che ‘nessun principio o norma dell’ordinamento induce a ritenere consentita l’applicazione di un nuovo CCNL prima della prevista scadenza di quello in corso di applicazione, che le parti si sono impegnate a rispettare’ (così Cass. n. 21537 del 2019; in conformità v. Cass. n. 26666 del 2024).
Tale principio, che riposa sulla vincolatività dell’accordo sino alla sua scadenza predeterminata, non può essere contraddetto neanche nell’ipotesi in cui il contratto collettivo, ancora vigente, venga sostituito da altro contratto collettivo, a meno che non vi sia il consenso delle parti collettive che originariamente lo hanno stipulato.
Pertanto, correttamente i giudici del merito hanno ravvisato l’illegittimità del comportamento del datore di lavoro, interpretato in fatto come disdetta unilaterale, che, prima della scadenza del termine concordato, non ha applicato il contratto collettivo al quale aveva aderito.
2.2. Dall’infondatezza del primo motivo deriva l’infondatezza del secondo, laddove parte dal presupposto, errato, della piena legittimità dell’accordo di armonizzazione che ha determinato, quanto agli effetti, la disdetta unilaterale di altro contratto collettivo pur in pendenza del termine; per il resto, la valutazione del comportamento concretamente tenuto dalla società in termini di idoneità a ledere le prerogative della
contro
parte sindacale involge apprezzamenti di merito, legati alle circostanze del caso concreto, e rende le relative censure inammissibili innanzi a questa Corte di legittimità.
2.3. Il terzo motivo, con cui si critica l’interpretazione offerta dalla Corte territoriale del documento sottoscritto dai lavoratori ‘per ricevuta e accettazione’, è inammissibile.
Infatti, per giurisprudenza costante, l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n . 11756 del 2006; da ultimo, conf. Cass. n. 22318 del 2023 e Cass. n. 18214 del 2024); tali valutazioni del giudice di merito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente ( ex plurimis , Cass. n. 21576 del 2019; Cass. n. 20634 del 2018; Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003) e, nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., di una mot ivazione che valichi la soglia del cd. ‘ minimum costituzionale’; inoltre, per risalente insegnamento, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia di vizi motivazionali esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della insanabile contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n.
22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000).
Nella specie, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale, parte ricorrente, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione plausibile più favorevole in ordine alle comunicazioni in controversia; ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di un testo negoziale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (tra molte v. Cass. n. 10131 del 2006 e Cass. n. 18375 del 2006).
2.4. Il quarto motivo, infine, non può trovare accoglimento in quanto la sentenza impugnata non ha certo negato che un accordo concluso secondo le regole dell’accordo interconfederale del 2014 possa avere efficacia generale, ma ha solo accertato che gli effetti di quella stipulazione si sono tradotti, in fatto, in una disdetta unilaterale della SNATECH Spa non consentita e violativa delle prerogative dell’organizzazione sindacale istante, con conseguente antisindacalità della condotta, a prescindere dalla disciplina applicabile ai singoli rapporti di lavoro.
Pertanto, il ricorso deve essere respinto e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, principale e incidentale, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 10 settembre 2025.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME