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Diritto Societario

Clausola di garanzia: come interpretarla nel contratto
La Corte di Cassazione ha stabilito che una clausola di garanzia che copre le 'sopravvenienze passive' in un contratto di cessione di quote societarie si riferisce solo a passività impreviste e imprevedibili, non a quelle derivanti da rapporti commerciali preesistenti e noti, anche se non ancora pienamente quantificati. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della società acquirente, confermando che l'interpretazione del contratto spetta ai giudici di merito e che la loro decisione, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.
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Responsabilità amministratore di fatto per debiti fiscali
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 33434/2024, ha definito i contorni della responsabilità dell'amministratore di fatto per i debiti tributari di una società estinta. Il caso riguardava un complesso schema fraudolento, con la creazione di un trust liquidatorio per occultare una plusvalenza immobiliare. La Corte ha confermato la responsabilità dell'amministratore, ma ha precisato che, in base alla normativa applicabile all'epoca dei fatti (ante-2014), tale responsabilità è limitata alle sole imposte sui redditi (IRES), escludendo quindi IRAP, IVA e le relative sanzioni. È stato inoltre ribadito che non è necessaria la preventiva iscrizione a ruolo del debito societario per agire contro l'amministratore.
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Garanzia oggetto sociale: quando è inefficace?
La Corte di Cassazione conferma l'inefficacia di un'ipoteca concessa da una società a garanzia di un debito del proprio socio unico, poiché l'atto era estraneo all'oggetto sociale. La decisione si fonda sul principio che la consapevolezza della banca circa la potenziale dannosità dell'operazione per la società garante integra il dolo richiesto dalla legge. Questo caso chiarisce i limiti della validità di una garanzia oggetto sociale nei confronti dei terzi, specialmente in un contesto fallimentare.
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Compensazione spese legali: la Cassazione decide
Un'amministratrice vinceva in appello su una questione di competenza, ma la corte disponeva la compensazione spese legali adducendo la novità della questione. La Corte di Cassazione ha annullato tale statuizione, ritenendo la motivazione contraddittoria, in quanto la decisione di merito si basava su giurisprudenza consolidata. È stato quindi riaffermato il principio della soccombenza, condannando la parte originariamente attrice al pagamento di tutte le spese.
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Offerta al pubblico: quando vale l’esenzione?
L'Autorità di Vigilanza sanziona tre società e il loro amministratore per un'offerta al pubblico senza prospetto. La Corte d'Appello annulla le sanzioni, ritenendo che le offerte, provenienti da soggetti giuridici distinti e riguardanti prodotti finanziari diversi (specifici patrimoni destinati), rientrassero nei limiti di esenzione. La Cassazione conferma, respingendo la tesi dell'Autorità di un "disegno unitario" e sottolineando che la diversità giuridica degli emittenti e la specificità di ogni "affare" impediscono di sommare le offerte.
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Esonero prospetto informativo: quando si applica?
La Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per l'esonero dal prospetto informativo in caso di offerte pubbliche. Nel caso esaminato, un'Autorità di Vigilanza aveva sanzionato tre società, ritenendo che le loro singole offerte costituissero un'unica operazione elusiva. La Suprema Corte ha respinto tale visione, stabilendo che, se le società sono giuridicamente distinte (soggetti emittenti diversi) e i prodotti finanziari offerti, pur simili, sono legati a specifici affari con rischi distinti (non sono il "medesimo prodotto"), le offerte non possono essere sommate. La sentenza conferma che per l'applicazione dell'esonero prospetto informativo prevalgono le distinzioni formali e sostanziali, anche in presenza di un apparente disegno unitario.
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Rappresentanza apparente: quando non si applica
Una società elettrica fa causa a una partnership agricola per il recesso da un contratto. La partnership si difende sostenendo che il socio firmatario non aveva i poteri per stipulare un atto di straordinaria amministrazione. La Corte di Cassazione conferma questa tesi, escludendo l'applicazione del principio di rappresentanza apparente poiché la società elettrica avrebbe dovuto verificare i poteri del socio consultando i registri pubblici, adempiendo al proprio onere di diligenza.
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Donazione dissimulata: la forma è requisito di validità
Un creditore contesta la vendita di quote societarie tra un debitore e sua madre, sostenendo si tratti di una donazione dissimulata per sottrarre beni alla sua garanzia. La Corte di Cassazione conferma la nullità dell'atto per vizio di forma, in quanto non stipulato come donazione formale. Tuttavia, accoglie il ricorso sulla liquidazione delle spese legali, stabilendo che il valore della causa non è il credito vantato, ma il valore delle quote trasferite, oggetto della donazione dissimulata.
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Clausola compromissoria: quando si applica al socio?
Una società cooperativa agricola otteneva un decreto ingiuntivo contro un'altra cooperativa socia per il mancato pagamento di forniture. La socia si opponeva, invocando una clausola compromissoria statutaria che devolveva le controversie sociali agli arbitri. La Corte di Cassazione ha stabilito che la clausola compromissoria si applica solo ai rapporti sociali in senso stretto (es. validità delibere) e non ai rapporti commerciali di scambio, come la fornitura di prodotti, che costituiscono contratti autonomi. Di conseguenza, ha dichiarato la competenza del tribunale ordinario.
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Competenza tribunale imprese: quando rileva la forma?
Una società creditrice ha agito contro una società di persone per un debito sorto quando quest'ultima era una società di capitali. Il tribunale di primo grado si è dichiarato incompetente a favore della sezione specializzata. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la competenza del tribunale delle imprese si determina in base alla forma giuridica della società al momento della proposizione della domanda. Essendo la società debitrice una società di persone al momento dell'inizio della causa, la competenza spetta al tribunale ordinario.
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Socio accomandante: quando si perde la responsabilità
La Corte di Cassazione ha confermato l'estensione del fallimento a un socio accomandante che, pur non avendo cariche formali, aveva di fatto gestito la società. La sentenza chiarisce che operare sul conto corrente e trattare con i creditori costituisce ingerenza nella gestione, comportando la perdita della responsabilità limitata. Inoltre, le dichiarazioni rese al curatore fallimentare e i fatti non contestati in primo grado sono state considerate prove decisive.
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Requisiti di non fallibilità: prova senza bilanci
Una società ottiene la revoca della dichiarazione di fallimento pur non avendo depositato i bilanci. La Cassazione conferma che i requisiti di non fallibilità possono essere provati con documenti alternativi, come dati fiscali o atti di altri procedimenti. Il ricorso del fallimento è stato dichiarato inammissibile, consolidando il principio che l'assenza di scritture contabili non determina automaticamente la fallibilità.
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Fallimento società cancellata: si può impugnare?
Una società, cancellata dal registro delle imprese, veniva dichiarata fallita. La Corte d'Appello riteneva inammissibile il reclamo della società, considerandola estinta. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la legge crea una finzione giuridica per cui il fallimento di una società cancellata è possibile entro un anno, e di conseguenza la società conserva la capacità di agire in giudizio per impugnare la dichiarazione stessa.
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Responsabilità amministratori: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato le sanzioni della Banca d'Italia contro un ex consigliere di amministrazione di un istituto di credito. La sentenza sottolinea la responsabilità degli amministratori non esecutivi, i quali hanno il dovere di agire attivamente in presenza di 'segnali di allarme' sulla gestione aziendale. Viene ribadito che, in materia di sanzioni amministrative, l'onere di provare l'assenza di colpa spetta all'incolpato, e non all'autorità di vigilanza.
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Recesso socio cooperativa: il pagamento dei conferimenti
Una società cooperativa agricola ritardava il pagamento per le forniture di latte a un socio receduto, sostenendo che tale debito fosse soggetto alle tempistiche di liquidazione della quota sociale. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale sul recesso socio cooperativa: il rapporto di conferimento di beni è un contratto di scambio autonomo, assimilabile alla compravendita, e distinto dal rapporto associativo. Di conseguenza, il credito del socio per i beni forniti è un debito commerciale che deve essere pagato secondo le regole ordinarie, senza poter essere condizionato alla liquidazione della quota sociale o alle finanze della cooperativa.
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Fallimento SRL: pignoramento non esclude l’attivo
Una società in liquidazione ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento sostenendo che un suo immobile pignorato non dovesse essere conteggiato nell'attivo patrimoniale, portandolo sotto la soglia di fallibilità. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il pignoramento non esclude il bene dal patrimonio ai fini della valutazione della fallibilità. Inoltre, ha chiarito che la procedura di sovraindebitamento del socio unico non impedisce il fallimento della società, a causa del principio di autonomia patrimoniale che separa i due soggetti giuridici.
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Eccezione inadempimento sindaco: chi prova l’obbligo?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un giudizio di opposizione allo stato passivo, se la curatela solleva l'eccezione di inadempimento contro un sindaco per il mancato pagamento del compenso, spetta al sindaco dimostrare di aver adempiuto diligentemente ai propri doveri di vigilanza. La curatela ha solo l'onere di allegare l'inadempimento. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva erroneamente ritenuto generiche le contestazioni della curatela, riaffermando che il diritto al compenso è strettamente legato al corretto svolgimento delle funzioni.
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Trasferimento sede estero: la società non si estingue
La Corte di Cassazione chiarisce che il trasferimento della sede all'estero di una società non ne causa l'estinzione, ma una continuazione della sua esistenza giuridica secondo le leggi del nuovo Stato. Di conseguenza, l'Agenzia delle Entrate non può agire contro i soci per i debiti tributari della società basandosi sulle norme relative all'estinzione societaria (art. 2495 c.c.), ma deve rivolgersi direttamente alla società presso la sua nuova sede estera. La sentenza rigetta il ricorso dell'amministrazione finanziaria, correggendo l'errata premessa giuridica su cui si basavano le corti di merito.
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Revocatoria ordinaria: scissione societaria inefficace
Una società costruttrice, gravata da ingenti debiti, effettua una scissione trasferendo la maggior parte del suo patrimonio immobiliare a una nuova società. Successivamente, la società originaria fallisce. La curatela fallimentare agisce in giudizio e ottiene la dichiarazione di inefficacia dell'atto di scissione tramite l'azione di revocatoria ordinaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società beneficiaria, confermando che la scissione aveva ridotto la garanzia patrimoniale per i creditori, integrando i presupposti dell'azione revocatoria.
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Danno all’immagine: critica del socio e limiti
Una società per azioni ha citato in giudizio una propria socia e il suo consulente, chiedendo un cospicuo risarcimento per danno all'immagine a seguito di critiche espresse durante un'assemblea. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che le affermazioni rientravano nel legittimo diritto di critica del socio e che la domanda giudiziale era stata correttamente qualificata come richiesta di risarcimento per danno all'immagine, senza che vi fosse un'omissione di pronuncia su una presunta "prospettazione sotto falsa luce".
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