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Diritto Societario

Azione revocatoria: inammissibile l’appello generico
Un creditore ha ottenuto un'azione revocatoria contro la vendita di beni dal suo debitore a un terzo. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l'appello del terzo acquirente perché generico e non conforme al principio di autosufficienza. La Corte ha confermato che la conoscenza del pregiudizio da parte dell'acquirente può essere provata tramite presunzioni, come i preesistenti rapporti tra le parti.
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Prescrizione crediti socio lavoratore: la nuova regola
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale in materia di prescrizione dei crediti del socio lavoratore. Confermando un orientamento recente, ha chiarito che il termine di prescrizione per i crediti retributivi non decorre in costanza di rapporto, ma solo dalla sua cessazione. La decisione si fonda sulla constatazione che anche il socio lavoratore, a causa dell'incertezza sulla stabilità del suo posto e sulla tutela applicabile in caso di licenziamento, vive in una condizione di 'metus' (timore) che gli impedisce di far valere i propri diritti. Di conseguenza, la regola valida per i lavoratori subordinati privi di stabilità reale viene estesa anche a questa categoria, annullando la sentenza di merito che aveva dichiarato prescritti i crediti.
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Società in house: quando sussiste il controllo analogo
La Corte di Cassazione ha confermato la giurisdizione della Corte dei Conti sull'amministratore di una società interamente partecipata da un'Azienda Sanitaria. La decisione si fonda sulla qualificazione della società come 'società in house', affermando che il requisito del 'controllo analogo' da parte dell'ente pubblico sussisteva già nello statuto originario, ben prima di modifiche successive che lo hanno solo specificato. Di conseguenza, l'amministratore risponde del danno erariale davanti al giudice contabile.
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Ultrattività del mandato: società estinta in appello
Una società committente citava in giudizio un'impresa di ristrutturazioni per lavori non eseguiti a regola d'arte. Durante il processo, l'impresa veniva cancellata dal registro delle imprese, ma il suo avvocato proponeva comunque appello. La Corte di Cassazione, applicando il principio dell'ultrattività del mandato, ha ritenuto valido l'appello poiché l'estinzione della società non era stata dichiarata in giudizio, stabilizzando così la posizione processuale della parte. Il ricorso della committente è stato quindi rigettato.
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Estinzione società: che fine fanno i crediti incerti?
Una società cosmetica citava in giudizio una società fornitrice per inadempimento contrattuale. Nel corso della causa, la società fornitrice veniva cancellata dal registro delle imprese. Gli ex soci proseguivano il giudizio, ma la Corte di Cassazione ha stabilito che, con l'estinzione della società, le pretese creditorie incerte e illiquide, come quelle derivanti da una causa in corso, si considerano rinunciate. Di conseguenza, gli ex soci non avevano la legittimazione a proseguire l'azione legale, poiché tali pretese non si trasferiscono loro per successione.
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Revoca amministratore: quando è legittima?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la revoca di un amministratore di società non può basarsi su cause esterne alla sua condotta, come un mutamento legislativo. La decisione chiarisce che la "giusta causa" deve riguardare fatti che minano il rapporto di fiducia (pactum fiduciae) e non mere esigenze di riorganizzazione societaria. Il caso riguardava un amministratore di una società di servizi pubblici, revocato dopo una legge che trasferiva le competenze della società ad un altro ente. La Corte ha ritenuto illegittima la revoca, annullando la sentenza precedente e rinviando il caso alla Corte d'Appello.
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Clausola penale: riduzione e poteri del giudice
In una controversia tra ex coniugi soci, la Corte di Cassazione conferma la drastica riduzione di una clausola penale prevista in un patto parasociale. La Suprema Corte stabilisce che il giudice, nel ridurre la penale, può valutare il comportamento complessivo del creditore, come il suo 'disimpegno' verso la società, che dimostra un mutato e ridotto interesse all'adempimento, giustificando così la diminuzione dell'importo originariamente pattuito.
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Responsabilità soci amministratori: non è automatica
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 325/2024, ha stabilito un principio fondamentale in tema di responsabilità soci amministratori per illeciti amministrativi. A seguito di una sanzione per inquinamento acustico emessa da un Comune contro una società e, individualmente, contro tutti i suoi amministratori, la Suprema Corte ha chiarito che la responsabilità non è automatica. Non è sufficiente rivestire la carica di amministratore per essere ritenuti responsabili; l'ente sanzionatore deve provare la specifica condotta, commissiva o omissiva, di ciascun socio che ha contribuito all'illecito. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per non aver effettuato tale accertamento.
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Associazione in partecipazione: nullità della clausola
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 308/2024, ha confermato la nullità di una clausola in un contratto di associazione in partecipazione che riconosceva all'associato una quota del valore patrimoniale dell'azienda. Tale previsione, secondo la Corte, snatura la causa tipica del contratto, assimilandolo a un rapporto societario che, nel caso specifico di una farmacia, era vietato dalla legge all'epoca dei fatti. La decisione ribadisce i limiti dell'autonomia contrattuale e la distinzione netta tra associazione in partecipazione e società.
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Azione revocatoria: vendita tra società dello stesso gruppo
La Corte di Cassazione conferma la revoca di una vendita immobiliare tra due società appartenenti allo stesso gruppo. L'ordinanza chiarisce che per esperire l'azione revocatoria è sufficiente un credito anche solo litigioso, non ancora accertato giudizialmente. Inoltre, la consapevolezza del pregiudizio (scientia damni) si può presumere dal legame tra le società, rendendo l'atto di disposizione inefficace nei confronti del creditore danneggiato.
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Contributi editoria: certificazione bilanci cruciale
Una società cooperativa di giornalisti si è vista negare i contributi editoria per diverse annualità a causa della mancata certificazione dei bilanci societari, come richiesto dalla legge. La Corte di Cassazione, in attesa di una decisione sul merito, ha concesso un rinvio della causa per permettere alle parti di concludere delle trattative di componimento bonario della lite.
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Super-società di fatto: fallimento e requisiti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 204/2024, ha annullato la decisione di una Corte d'Appello che negava l'esistenza di una super-società di fatto tra un imprenditore individuale e le società di capitali da lui controllate. La Corte ha stabilito che l'abuso della personalità giuridica e l'ingerenza gestionale non escludono la configurabilità di un rapporto societario occulto, ma vanno analizzati come possibili modalità operative dello stesso. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che valuti correttamente gli elementi costitutivi della società di fatto, come il fondo comune e la condivisione dei risultati economici, anche in presenza di assetti formali simulati.
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Cambio denominazione sociale: effetti sulla garanzia
Una banca si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di un credito garantito, poiché il giudice riteneva che la società garante fosse un soggetto diverso da quello fallito. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il tribunale aveva commesso un errore cruciale ignorando la prova documentale del semplice cambio denominazione sociale della società garante. La Corte ha ribadito che la variazione del nome non altera l'identità giuridica della società, che rimane quindi vincolata agli obblighi precedentemente assunti.
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Supersocietà di fatto: l’autonoma insolvenza è cruciale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 144/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di fallimento esteso a una cosiddetta "supersocietà di fatto". Il caso riguardava l'estensione del fallimento di una S.r.l. ai suoi soci occulti, persone fisiche e un'altra società, ritenuti parte di un unico ente imprenditoriale non formalizzato. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della curatela fallimentare, confermando che per dichiarare il fallimento di una supersocietà di fatto non è sufficiente l'insolvenza di uno dei suoi membri, ma è necessario dimostrare uno stato di insolvenza autonomo e proprio della supersocietà stessa. La decisione ha anche esteso la revoca del fallimento a un socio che non aveva partecipato al secondo grado di giudizio, in applicazione del principio espansivo della sentenza.
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Danno non patrimoniale società: la Cassazione decide
Una società in nome collettivo ha richiesto un'equa riparazione per la durata irragionevole di una procedura fallimentare a suo carico, durata quasi trent'anni. La Corte d'Appello aveva rigettato la domanda, sostenendo che una società, non avendo 'fisicità', non potesse subire un turbamento psicologico. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che anche le persone giuridiche hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale società. La Suprema Corte ha chiarito che tale danno non è limitato alla sola lesione della reputazione, ma comprende anche i disagi e i turbamenti subiti dalle persone fisiche che gestiscono l'ente, derivanti dalla violazione del diritto a un processo di ragionevole durata. Ha quindi cassato il provvedimento e rinviato il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Fallimento società cooperativa: quando è possibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società cooperativa contro la propria dichiarazione di fallimento. La Corte ha ribadito che il fallimento di una società cooperativa è possibile quando questa svolge un'attività commerciale oggettiva, indipendentemente dal suo fine mutualistico. Inoltre, ha sottolineato che i vizi procedurali, come presunti difetti di notifica, devono essere specificamente e completamente documentati nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza.
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Supersocietà di fatto: abuso e fallimento in estensione
La Corte di Cassazione ha chiarito che l'abuso gestionale di una società a vantaggio dei suoi controllori non esclude a priori la configurabilità di una supersocietà di fatto tra la società abusata e gli stessi controllori. In un caso di presunto svuotamento patrimoniale, la Corte ha annullato la decisione d'appello per un'analisi superficiale, affermando la necessità di esaminare in concreto tutti gli indizi di un sodalizio occulto. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione dei fatti.
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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 64/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il fallimento di una supersocietà di fatto. La decisione conferma che l'esistenza di tale società può essere provata da elementi indiziari come la gestione coordinata, la commistione patrimoniale e attività complementari tra diverse aziende. Il fallimento della supersocietà di fatto comporta l'estensione automatica dello stesso ai soci illimitatamente responsabili.
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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 63/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l'estensione del fallimento a una supersocietà di fatto. La Corte ha stabilito che l'esclusione di un presunto socio nel corso del giudizio non costituisce una modifica della domanda. Inoltre, ha confermato che l'esistenza della società occulta e il suo stato di insolvenza possono essere provati attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come lo svuotamento patrimoniale di una società a vantaggio delle altre del gruppo.
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Qualità imprenditore commerciale: statuto decisivo
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società consortile dichiarata fallita. La Corte conferma che la qualità di imprenditore commerciale non è esclusa dalla mera finalità mutualistica, ma si desume dall'oggetto sociale previsto nello statuto e dall'effettiva attività economica svolta, come la stipula di contratti di appalto. La precedente richiesta di concordato preventivo da parte della società è stata considerata un ulteriore elemento a sostegno della sua natura commerciale.
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