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Diritto Societario

Concorrenza sleale online: negozio fisico e e-commerce

Una società operante nella vendita di elettronica tramite negozi fisici ha citato in giudizio altre aziende dello stesso consorzio per concorrenza sleale, accusandole di usare informazioni promozionali riservate per vendere gli stessi prodotti online a prezzi inferiori. La Corte di Appello aveva respinto la domanda, negando un rapporto di concorrenza tra canali di vendita fisici e digitali. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando un principio fondamentale sulla concorrenza sleale online: la competizione sussiste quando si mira a soddisfare lo stesso bisogno dei consumatori, indipendentemente dal canale di vendita utilizzato. Pertanto, un negozio fisico e un e-commerce sono concorrenti diretti.

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Prescrizione crediti soci: stop dalle scritture contabili

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo alla prescrizione crediti soci verso una società in amministrazione straordinaria. Un’erede e creditrice aveva ottenuto il riconoscimento del suo credito, derivante da finanziamenti e utili non distribuiti, dal Tribunale. La società ha impugnato la decisione, eccependo la prescrizione. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che l’iscrizione del debito nei bilanci della società costituisce un riconoscimento con efficacia interruttiva della prescrizione.

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Termine dichiarazione fallimento: la Cassazione chiarisce

Una società in liquidazione ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento, lamentando errori procedurali e il superamento del termine annuale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo principi chiave sul termine dichiarazione fallimento. È stato chiarito che i giudici possono correggere errori normativi nelle istanze, l’urgenza può giustificare l’abbreviazione dei termini di difesa e, soprattutto, l’anno per dichiarare il fallimento decorre dalla data di iscrizione della cancellazione al registro imprese, concludendosi con la data di pubblicazione della sentenza.

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Scissione societaria e debiti: la responsabilità

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di scissione societaria, la società beneficiaria risponde in solido per i debiti della società scissa, anche se quest’ultima è stata cancellata dal registro delle imprese. La responsabilità è limitata al valore del patrimonio netto trasferito, ma spetta alla società beneficiaria dimostrare tale limite. La pronuncia chiarisce un importante principio a tutela dei creditori.

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Clausola simul stabunt: quando c'è risarcimento?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la cessazione dalla carica di amministratore, dovuta all’applicazione della clausola simul stabunt, simul cadent, non equivale a una revoca e non dà automaticamente diritto a un risarcimento. Due consiglieri di un organo di sorveglianza, decaduti a seguito della revoca di altri membri, avevano chiesto un indennizzo. La Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che il risarcimento spetta solo se si prova un uso abusivo della clausola, finalizzato a estromettere ingiustamente specifici consiglieri, prova che in questo caso non è stata fornita.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate

Una società cooperativa, condannata in appello al pagamento di una somma di denaro, aveva presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, ha presentato un atto di rinuncia al ricorso con accordo per la compensazione delle spese. La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, ponendo fine al contenzioso a livello di legittimità.

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Responsabilità amministratore: onere della prova

Un’ex amministratrice di una S.r.l. poi fallita è stata condannata per aver distratto fondi sociali e pagato un mutuo personale con denaro della società. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando la condanna. Il caso è cruciale per definire i contorni della responsabilità amministratore e la ripartizione dell’onere della prova: la società deve dimostrare l’atto illecito e il danno, mentre spetta all’amministratore provare i fatti che escludono la sua colpa.

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Responsabilità soci società estinta: i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1249/2025, affronta il tema della responsabilità soci società estinta. Viene stabilito che i creditori possono agire contro gli ex soci di una società di capitali cancellata solo nei limiti di quanto questi abbiano effettivamente riscosso dal bilancio finale di liquidazione. Se la società si è estinta con una perdita e senza alcuna distribuzione di attivo, la domanda dei creditori nei confronti dei soci deve essere rigettata, in quanto manca il presupposto stesso della loro responsabilità patrimoniale.

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Legittimazione pubblico ministero e fallimento S.r.l.

La Corte di Cassazione conferma la sentenza di fallimento di una S.r.l., chiarendo i presupposti della legittimazione del pubblico ministero a presentare l’istanza. L’ordinanza stabilisce che è sufficiente che il P.M. abbia appreso la notizia dello stato di insolvenza (notitia decoctionis) nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, come nel corso di indagini penali. Inoltre, ribadisce che una società commerciale è sempre soggetta a fallimento, indipendentemente dall’effettivo svolgimento di un’attività, e che lo stato di insolvenza consiste nell’incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni con mezzi normali.

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Valutazione attivo fallimentare: cosa conta?

Una società immobiliare ha contestato la propria dichiarazione di fallimento, sostenendo che il suo patrimonio fosse inferiore alla soglia legale a causa della svalutazione di un immobile. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la valutazione attivo fallimentare, ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità, deve basarsi sul criterio contabile del costo storico iscritto in bilancio, e non sul valore di mercato attuale del bene.

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Prova dei debiti nel fallimento: il bilancio basta?

Una società in liquidazione viene dichiarata fallita sulla base del proprio bilancio, che indicava debiti superiori alla soglia di legge. La società si oppone, sostenendo che tali debiti fossero contestati. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso, stabilendo che la prova dei debiti può essere fornita dal bilancio regolarmente approvato, che costituisce una confessione stragiudiziale, anche se le singole poste sono oggetto di contenzioso. L’accertamento del giudice ai fini fallimentari è di natura incidentale e non richiede una sentenza definitiva su ogni credito.

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Rappresentante Azionisti: ruolo e poteri post-fusione

Una società di telecomunicazioni impugna una delibera dell’assemblea degli azionisti di risparmio di una società media, poi incorporata. La Corte di Cassazione chiarisce che il rappresentante azionisti della società incorporata mantiene il suo ruolo e la legittimazione processuale per le azioni sorte prima della fusione, in virtù del principio di “prorogatio”, per garantire la tutela dei diritti della categoria. La sua funzione non si trasferisce all’omologo della società incorporante.

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Fondo di Garanzia: serve titolo contro i soci?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore, per accedere alle prestazioni del Fondo di Garanzia INPS, deve obbligatoriamente ottenere un accertamento giudiziale del proprio credito. Nel caso di una società datrice di lavoro estinta e non più fallibile, questo accertamento deve essere conseguito nei confronti dei soci, quali successori della società, prima di poter presentare domanda all’INPS. Non è possibile accertare il credito incidentalmente nel giudizio contro l’Istituto.

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Compensazione crediti postergati: no della Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito l’impossibilità di operare la compensazione dei crediti postergati dei soci con i loro debiti verso la società fallita. La sentenza chiarisce che la norma sulla postergazione dei finanziamenti (art. 2467 c.c.), volta a tutelare i creditori sociali, prevale sulla regola generale della compensazione in ambito fallimentare (art. 56 L.F.). Ammettere la compensazione vanificherebbe la finalità di protezione dei creditori, permettendo al socio di ottenere un soddisfacimento preferenziale in danno della massa.

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Fattibilità del piano: il concordato è inammissibile?

Una società operante nel settore della grande distribuzione ha presentato un piano di concordato preventivo la cui riuscita dipendeva in gran parte da una somma di denaro proveniente da un accordo di ristrutturazione di altre società del gruppo, non ancora definito. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando inammissibile la domanda. La motivazione risiede nella carenza della relazione del professionista attestatore, giudicata troppo generica e astratta. Mancavano informazioni concrete sulla probabilità e le tempistiche di realizzo dei fondi, elementi essenziali per valutare la fattibilità del piano e permettere ai creditori di esprimere un voto consapevole. Il controllo del tribunale sulla fattibilità giuridica, quindi, include la verifica della completezza e adeguatezza informativa dell’attestazione.

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Licenziamento disciplinare dirigente: la Cassazione decide

Un dirigente, licenziato per motivi disciplinari, ha impugnato la decisione aziendale. Dopo la conferma del licenziamento sia in primo grado che in appello, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. La Suprema Corte ha chiarito i limiti del proprio sindacato, ribadendo che la valutazione dei fatti e la proporzionalità della sanzione nel licenziamento disciplinare dirigente sono di competenza dei giudici di merito, specialmente in caso di “doppia conforme”, ovvero quando due sentenze precedenti concordano sulla ricostruzione dei fatti.

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Onere della prova fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un socio contro la dichiarazione di fallimento della sua società. Il punto centrale è l’onere della prova fallimento: la società non aveva depositato i bilanci e la documentazione alternativa fornita è stata ritenuta insufficiente a dimostrare il mancato superamento delle soglie dimensionali per la fallibilità. La Corte ha ribadito che spetta all’imprenditore provare i requisiti per evitare il fallimento, e la sua inerzia ricade a suo svantaggio.

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Onere della prova fallimento: i bilanci sono cruciali

Un socio di una S.r.l. ha impugnato la dichiarazione di fallimento della società, sostenendo che mancassero i requisiti dimensionali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l’onere della prova fallimento, ovvero dimostrare di essere al di sotto delle soglie di fallibilità, spetta all’imprenditore. La mancata produzione dei bilanci degli ultimi tre esercizi si risolve a suo danno, impedendo di fatto la prova contraria. La Corte ha inoltre specificato che una violazione processuale è irrilevante se non produce un pregiudizio concreto alla difesa.

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Abuso personalità giuridica: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2284/2025, ha cassato la decisione di merito che escludeva l’abuso della personalità giuridica solo perché la società era effettivamente operativa. Secondo la Corte, l’abuso può configurarsi anche in un momento successivo alla costituzione, qualora un’operazione specifica sia posta in essere con il solo scopo di conseguire un indebito vantaggio fiscale, senza valide ragioni economiche. Il caso riguardava la vendita di un immobile seguita dalla cessione delle quote societarie, un meccanismo che secondo l’Amministrazione Finanziaria mirava a eludere la tassazione sulla plusvalenza immobiliare.

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Fondo di Garanzia INPS: obbligo di escussione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2292/2025, ha stabilito che un lavoratore, il cui datore di lavoro sia fallito, ha diritto di accedere direttamente al Fondo di Garanzia INPS per il pagamento del TFR, senza dover prima agire contro altri soggetti solidalmente responsabili, come la società scissa ancora in bonis. La Corte ha chiarito che la legge non prevede un beneficio di escussione a favore del Fondo, garantendo così una tutela rapida ed efficace al lavoratore. L’INPS potrà poi surrogarsi nei diritti del lavoratore per recuperare le somme.

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