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Diritto Societario

Arbitrato rituale: la Cassazione chiarisce i criteri
La Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per distinguere l'arbitrato rituale da quello irrituale. In un caso di lite tra soci, la Corte ha stabilito che, al di là del testo letterale della clausola compromissoria, è decisivo il comportamento processuale tenuto dalle parti e dall'arbitro. Se le parti si attengono alle regole del processo civile, l'arbitrato deve considerarsi rituale e il lodo è impugnabile come una sentenza. La sentenza della Corte d'Appello, che aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione basandosi solo sulla dicitura 'irrituale' presente nello statuto, è stata cassata.
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Scissione societaria e debiti fiscali: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13861/2024, ha stabilito che in caso di scissione societaria e debiti fiscali, la società beneficiaria risponde in solido e illimitatamente per le obbligazioni tributarie della società scissa sorte in periodi d'imposta anteriori all'operazione. Tale responsabilità sussiste anche se l'accertamento fiscale e l'iscrizione a ruolo avvengono dopo la data della scissione. Il momento rilevante è l'insorgenza del presupposto del debito, non la sua successiva formalizzazione.
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Cancellazione società: effetti sul processo in corso
In un caso di appalto con vizi, la società committente viene cancellata dal registro imprese durante il giudizio di appello. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13777/2024, stabilisce che la cancellazione società non rende l'appello inammissibile se notificato al difensore della società estinta, grazie al principio di ultrattività del mandato. Tuttavia, quando il difensore dichiara l'evento estintivo in giudizio, il processo deve essere interrotto per consentire la riassunzione nei confronti dei soci. La mancata interruzione comporta la nullità della sentenza.
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Contratto di consorzio: la forma scritta è obbligatoria
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'adesione a un contratto di consorzio tra imprenditori deve avvenire per iscritto, a pena di nullità. Non sono sufficienti comportamenti concludenti, come la partecipazione alle assemblee. La sentenza di merito, che aveva ritenuto valida un'adesione non scritta, è stata annullata con rinvio, ribadendo il rigore formale richiesto dall'articolo 2603 del codice civile per questo tipo di accordi commerciali.
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Specificità dei motivi di appello: la Cassazione chiarisce
Una società in liquidazione ha citato in giudizio il suo ex amministratore per mala gestio. La Corte d'Appello ha dichiarato il gravame inammissibile per mancanza di specificità dei motivi di appello e per aver introdotto una 'domanda nuova'. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che la precisazione di un dettaglio temporale già discusso tra le parti non costituisce una domanda nuova e che i motivi erano sufficientemente specifici per consentire un riesame nel merito. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello.
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Patto parasociale: quando l’accordo tra soci vincola?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un accordo sottoscritto da tutti i soci-amministratori, pur se qualificato come patto parasociale dalla corte di merito, può vincolare la società e conferirle legittimazione attiva per agire in giudizio. Il caso riguardava una società immobiliare che chiedeva a un ex socio il pagamento di rate di mutuo in base a una scrittura privata. La Cassazione ha ritenuto errata la qualificazione di tale accordo come patto parasociale, poiché non mirava a regolare la governance societaria, ma a condizionare l'uscita del socio alla garanzia di un debito della società, agendo quindi nell'interesse di quest'ultima.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
In un complesso caso di responsabilità degli amministratori, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di tutti gli appellanti. La decisione, basata su un accordo transattivo tra le parti, chiarisce l'applicazione dell'art. 391 c.p.c. in materia di spese legali, stabilendo che in assenza di accettazione della rinuncia e di richiesta di condanna, le spese possono non essere addebitate al rinunciante.
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Finanziamento socio: quando va restituito?
Un ex socio ha chiesto la restituzione di una somma versata a titolo di finanziamento socio. La società si opponeva, sostenendo fosse un versamento in conto capitale. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna alla restituzione, chiarendo che la natura di finanziamento era provata da verbali, causali di bonifico e bilanci. La società non ha inoltre dimostrato i presupposti per la postergazione del credito.
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Compenso amministratore: la prova del credito in giudizio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13480/2024, ha respinto il ricorso di un amministratore unico che richiedeva il pagamento del proprio compenso. La Corte ha stabilito che una copia non certificata della delibera assembleare che fissa il compenso amministratore non costituisce prova sufficiente del credito, confermando che l'onere di fornire una prova formale e adeguata ricade interamente sull'amministratore stesso.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio in Cassazione
Un contenzioso relativo alla cessione di quote societarie, viziata da presunto dolo, giunge in Cassazione. Prima della decisione, il ricorrente presenta una rinuncia al ricorso, che viene accettata dalla controparte. Di conseguenza, la Suprema Corte dichiara l'estinzione del giudizio, rendendo definitiva la sentenza d'appello sfavorevole al ricorrente, senza pronunciarsi sulle spese legali.
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Trasferimento sede estero: quando resta il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13368/2024, ha stabilito che il trasferimento della sede all'estero, se avvenuto a ridosso della richiesta di fallimento e non reso conoscibile ai terzi, non sottrae la società alla giurisdizione italiana. La Corte ha chiarito che, in assenza di una pubblicità adeguata, il Centro degli Interessi Principali (COMI) dell'impresa rimane in Italia, legittimando la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale italiano. La decisione sottolinea l'importanza della riconoscibilità del trasferimento sede estero da parte dei creditori.
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Espromissione: la fusione non estingue il debito
Una società creditrice ottiene la dichiarazione di fallimento di una società debitrice basandosi su un decreto ingiuntivo definitivo. Le società socie della fallita ricorrono in Cassazione, sostenendo che il debito si fosse estinto per confusione. La loro tesi era che una terza società, che si era assunta il debito tramite espromissione, era stata successivamente incorporata dalla società creditrice. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che l'espromissione ha natura cumulativa e non liberatoria, salvo espressa dichiarazione del creditore. La fusione ha creato confusione solo tra creditore ed espromittente, ma non ha estinto l'obbligazione del debitore originario.
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Socio Occulto Fallimento: Senza Limiti di Tempo?
Un'ordinanza della Cassazione esamina il caso dell'estensione del fallimento a un socio accomandante che, dopo il recesso formale, ha continuato a ingerirsi nella gestione societaria. La Corte d'Appello aveva stabilito che per il socio occulto fallimento non si applica il termine annuale di prescrizione, poiché la sua responsabilità illimitata deriva dalla gestione di fatto e non dalla qualifica formale. La Suprema Corte ha rinviato la decisione per trattative tra le parti, ma il principio resta cruciale.
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Socio accomandante: quali limiti all’azione legale?
Una socia accomandante ha impugnato la cessione di un ramo d'azienda, ritenendola dannosa. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, stabilendo che il socio accomandante non ha la legittimazione ad agire direttamente contro i terzi per l'annullamento di contratti societari. La sua tutela si esplica attraverso rimedi 'interni' alla società, come l'azione di responsabilità verso l'amministratore. L'appello è stato quindi dichiarato inammissibile.
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Valutazione quota socio: contano i costi teorici?
Il caso analizza una disputa sulla valutazione della quota di un socio receduto da una società di trasporti. Il socio superstite sosteneva che la valutazione dovesse includere i costi ipotetici per il personale che l'azienda avrebbe dovuto legalmente sostenere, ma che erano stati evitati grazie al suo lavoro personale. La Corte di Cassazione ha rigettato tale tesi, stabilendo che la valutazione quota socio deve basarsi esclusivamente sulla situazione patrimoniale e contabile effettiva e non su dati teorici o ipotetici. La Corte ha chiarito che la stima della redditività futura non può fondarsi su elementi astratti, ma sulla concreta realtà economica dell'impresa.
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Liquidazione giudiziale società cancellata: il caso
Il Tribunale di Brescia ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società cancellata dal registro delle imprese. La decisione si fonda sulla sussistenza di un'ingente esposizione debitoria residua (oltre 350.000 euro) e sul fatto che l'istanza è stata presentata entro il termine annuale dalla cancellazione, come previsto dal Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII). La sentenza chiarisce che la cancellazione formale non estingue l'insolvenza se permangono debiti significativi, rendendo possibile la liquidazione giudiziale della società cancellata.
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Successione socio: rinvio alle Sezioni Unite
L'Agenzia delle Entrate ricorre contro la decisione di merito che annullava una cartella di pagamento notificata al socio di una società cancellata. La Corte di Cassazione, rilevando che la questione sulla natura della successione socio per i debiti sociali è pendente dinanzi alle Sezioni Unite, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia sul principio di diritto.
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Responsabilità soci dopo cancellazione: parola alla S.U.
L'Agenzia delle Entrate ha contestato a soci e amministratori di fatto la responsabilità per i debiti fiscali di una società cancellata dal registro imprese. I giudici di merito hanno respinto la pretesa, negando l'applicazione retroattiva di norme specifiche. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha sospeso il giudizio e rinviato la questione sulla responsabilità soci alle Sezioni Unite per ottenere un principio di diritto definitivo.
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Ingerenza socio accomandante: quando scatta il fallimento
La Corte di Cassazione ha confermato il fallimento in estensione di una socia accomandante per ingerenza nella gestione societaria. La Corte ha stabilito che detenere una procura generale per operare sui conti bancari della società, con facoltà di emettere assegni e spendere il nome sociale, costituisce un atto di amministrazione che viola il divieto imposto dall'art. 2320 c.c. Questa violazione comporta la perdita del beneficio della responsabilità limitata, rendendo la socia illimitatamente responsabile per i debiti sociali, indipendentemente dalle motivazioni familiari o dalla frequenza degli atti compiuti.
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Pegno su quote societarie: come si calcola l’imposta
La Cassazione chiarisce il calcolo dell'imposta di registro per il pegno su quote societarie. La base imponibile è la somma garantita, poiché le quote di S.r.l. non sono equiparabili a 'titoli' o denaro. La sentenza riforma la decisione d'appello e accoglie il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.
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