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Diritto Societario

Pegno su quote societarie: come si calcola l’imposta
La Cassazione chiarisce il calcolo dell'imposta di registro per il pegno su quote societarie. La base imponibile è la somma garantita, poiché le quote di S.r.l. non sono equiparabili a 'titoli' o denaro. La sentenza riforma la decisione d'appello e accoglie il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.
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Usufrutto quote societarie: a chi spetta l’utile?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di liquidazione di una società, l'utile tassabile derivante spetta all'usufruttuario e non al nudo proprietario. L'analisi si concentra sulla natura dell'usufrutto quote societarie e definisce l'utile da liquidazione come un frutto civile, attribuendone la titolarità, e il relativo rapporto d'imposta, all'usufruttuario.
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Responsabilità socio apparente: fallimento esteso
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11342/2024, ha stabilito che un ex socio di una società in accomandita semplice, il cui nome sia rimasto nella ragione sociale dopo la sua uscita, può essere dichiarato fallito in estensione anche oltre un anno dalla cessazione della carica. La Corte ha sottolineato che la permanenza del nome costituisce una forma di 'responsabilità del socio apparente', fondata sulla tutela dell'affidamento dei terzi. Di conseguenza, il termine annuale per la dichiarazione di fallimento decorre non dall'uscita del socio, ma dalla cancellazione del suo nome dalla ragione sociale iscritta nel registro delle imprese.
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Azione individuale di responsabilità: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11325/2024, ha chiarito i confini dell'azione individuale di responsabilità del socio nei confronti dell'amministratore, anche in caso di fallimento della società. Il caso riguardava un socio che aveva subito un danno diretto a causa di una falsa annotazione contabile operata dall'amministratore, che aveva portato al rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare. La Suprema Corte ha stabilito che l'azione del socio per il risarcimento del danno subito personalmente è autonoma e distinta da quella spettante alla curatela fallimentare, rigettando il ricorso dell'amministratore e confermando la sua condanna.
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Errore di Fatto: Quando non si può revocare la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto. Il caso riguardava la corretta instaurazione del contraddittorio in un'azione di responsabilità contro un amministratore. La Corte ha ribadito che l'errore di fatto consiste in una svista percettiva su un dato processuale e non in una errata valutazione giuridica o nell'omesso esame di una memoria difensiva. La decisione chiarisce i rigidi confini di questo strumento di impugnazione straordinario.
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Responsabilità amministratori: dissipazione e onere prova
La curatela fallimentare di una società citava in giudizio gli ex amministratori per la dissipazione di ingenti liquidità, trasformate in bilancio in crediti non giustificati e inesigibili. I giudici di merito avevano rigettato la domanda, qualificandola erroneamente come un'azione per inerzia nel recupero crediti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d'appello. Ha chiarito che la domanda riguardava la dissipazione patrimoniale, non la mancata riscossione. In tema di responsabilità degli amministratori, spetta a loro provare la corretta destinazione dei fondi scomparsi dall'attivo, una volta che il curatore ne abbia allegato la distrazione.
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Trasferimento fittizio: notifica valida in Italia
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società che, dopo aver effettuato un trasferimento fittizio della sede legale all'estero, contestava la validità della notifica del ricorso di fallimento avvenuta in Italia. La Corte ha stabilito che, in caso di trasferimento meramente formale e non effettivo, la sede legale ai fini della notifica rimane quella italiana, rendendo legittima la procedura di fallimento avviata dall'Agente della Riscossione.
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Società estinta: l’onere di impugnare ogni motivazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso degli ex soci di una società estinta. La decisione si fonda sul principio secondo cui, in presenza di una sentenza con più motivazioni autonome (rationes decidendi), il ricorrente ha l'onere di impugnarle tutte. Avendo omesso di contestare una delle due motivazioni, questa è divenuta definitiva, rendendo inutile l'esame del motivo di ricorso proposto.
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Usufrutto quote sociali: a chi spetta l’utile?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11170/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di usufrutto quote sociali. In caso di liquidazione di una società, gli utili che eccedono il costo di acquisto delle quote non spettano al nudo proprietario, ma all'usufruttuario. Tali somme sono considerate 'frutti civili' della partecipazione e, di conseguenza, il rapporto d'imposta sorge tra l'amministrazione finanziaria e l'usufruttuario, il quale è tenuto al pagamento delle imposte su tali redditi.
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Cessione ramo d’azienda: i debiti non registrati
Una società che acquista un ramo d'azienda viene citata in giudizio per un debito sorto da un inadempimento della società venditrice, avvenuto prima della vendita. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha chiarito che nella cessione ramo d'azienda, la responsabilità dell'acquirente per i debiti anteriori è subordinata alla loro iscrizione nei libri contabili obbligatori. Poiché tale prova mancava, il ricorso del creditore è stato dichiarato inammissibile.
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Legittimazione amministratore: può impugnare il fallimento?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9955/2024, ha stabilito che l'ex amministratore di una società fusa per incorporazione conserva la legittimazione a impugnare la sentenza di fallimento emessa contro la società estinta. Anche se la società non esiste più, l'amministratore ha un interesse personale, morale e patrimoniale, a contestare la dichiarazione di fallimento, soprattutto in presenza di possibili conseguenze penali o azioni di responsabilità a suo carico. La Corte ha quindi annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva negato tale legittimazione all'amministratore.
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Statuto associazione: limiti alla candidatura interna
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso riguardante la legittimità di una clausola dello statuto di un'associazione che escludeva due membri dalla candidatura a cariche interne. I tribunali di primo e secondo grado avevano annullato tali esclusioni. Data la pendenza di altri ricorsi simili tra le stesse parti e sullo stesso tema, la Suprema Corte ha emesso un'ordinanza interlocutoria, rinviando la causa per una trattazione congiunta. L'obiettivo è garantire una decisione coerente sulla validità dello statuto associazione in questione.
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Impugnazione elezioni associazione: rinvio al ruolo
La Corte di Cassazione esamina il ricorso di un'associazione di categoria contro la sentenza che annullava le sue elezioni interne su richiesta di un associato. L'associazione ha sollevato otto motivi di ricorso, contestando la decisione di merito. La Corte, rilevando la pendenza di altri due ricorsi simili tra le stesse parti e sulla stessa questione statutaria, ha emesso un'ordinanza interlocutoria. Invece di decidere nel merito, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per permettere una trattazione congiunta di tutti i ricorsi, al fine di garantire una decisione coerente. L'impugnazione delle elezioni dell'associazione resta quindi in attesa di una pronuncia definitiva.
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Responsabilità amministratore srl: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore di una S.r.l., confermando la sua condanna al risarcimento danni. La responsabilità dell'amministratore srl era sorta per aver proseguito l'attività sociale nonostante la presenza di perdite superiori a un terzo del capitale sociale, una causa di scioglimento prevista dalla legge. Il ricorso è stato respinto per difetti procedurali, tra cui la genericità dei motivi e la richiesta di un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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Società in house: no a pagamenti extra contratto
Una società di servizi pubblici, interamente partecipata da un Comune (una "società in house"), ha richiesto il pagamento di una cospicua somma per prestazioni ritenute aggiuntive rispetto al contratto di servizio. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per i servizi extra-contrattuali è necessario un accordo specifico. L'approvazione del bilancio societario da parte del Comune socio non costituisce un riconoscimento del debito, e non è ammissibile l'azione di indebito arricchimento se l'ente non ha voluto o non era consapevole di tali prestazioni, definite come "arricchimento imposto".
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Liquidatore società estinta: chi impugna l’atto?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il liquidatore di una società estinta, cancellata dal Registro delle Imprese prima della riforma del 2014, non ha la legittimazione processuale per impugnare una cartella di pagamento notificata successivamente. La cancellazione, secondo la normativa all'epoca vigente, comportava l'immediata estinzione della società e la perdita di ogni potere di rappresentanza in capo al liquidatore. Di conseguenza, l'azione legale intrapresa è viziata da un difetto insanabile che porta alla nullità dell'intero giudizio.
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Responsabilità sindaco società: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del presidente del collegio sindacale di una società fallita per concorso in bancarotta. La Corte ha stabilito che la sua responsabilità deriva dalla mancata vigilanza e dall'aver ignorato evidenti 'segnali d'allarme', come crediti fittizi iscritti a bilancio. Questa condotta omissiva è stata ritenuta un contributo causale essenziale ai reati commessi dagli amministratori, aggravando il dissesto della società.
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Ripetizione d’indebito: Ente pubblico e diritto societario
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un istituto di credito privato alla restituzione di ingenti utili percepiti da un ente creditizio pubblico. La controversia sulla ripetizione d'indebito nasce dall'annullamento retroattivo di uno statuto che aveva illegittimamente favorito la banca privata. La Corte ha stabilito la prevalenza del diritto pubblico su quello societario, qualificando i pagamenti come indebiti fin dall'origine e respingendo le difese della banca basate sulla buona fede e sulla prescrizione societaria.
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Legittimazione attiva creditore: credito contestato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26518/2025, ha stabilito un principio fondamentale sulla legittimazione attiva creditore per la richiesta di liquidazione giudiziale. Un credito semplicemente contestato o 'sub iudice' non è sufficiente. Il giudice deve effettuare una valutazione sommaria ed incidentale per verificare l'effettiva esistenza del credito, non potendo basarsi sulla mera pendenza di un'altra causa. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva aperto la liquidazione basandosi solo sulla contestazione del credito.
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Società in house: stipendi e blocco della spesa
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società in house che aveva bloccato gli aumenti stipendiali previsti dal contratto collettivo, giustificandosi con i limiti di spesa pubblica. La Corte ha stabilito che i rapporti di lavoro in tali società sono di natura privatistica e che la riduzione dei costi del personale deve avvenire tramite la contrattazione di secondo livello, non con decisioni unilaterali, anche se sollecitate dall'ente pubblico controllante.
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