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Diritto Societario

Deposito ricorso cassazione: termini perentori
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso improcedibile a causa del tardivo deposito. Il caso riguarda un contenzioso per canoni di locazione non pagati, proseguito contro gli ex soci di una società cancellata. I ricorrenti avevano notificato l'atto una prima volta, ma non avevano effettuato il deposito ricorso cassazione entro i 20 giorni previsti. Una seconda notifica non sana il vizio, poiché il termine decorre dalla prima, se valida. La decisione sottolinea la perentorietà del termine stabilito dall'art. 369 c.p.c.
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Cancellazione società: non è rinuncia tacita al credito
La Corte di Cassazione ha stabilito che la cancellazione di una società dal registro delle imprese non costituisce una presunzione di rinuncia tacita al credito. Un ex socio aveva impugnato la decisione della Corte d'Appello che aveva dichiarato estinto un giudizio per risarcimento danni, interpretando la cancellazione della società attrice come un abbandono del proprio diritto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando che tale atto formale non è sufficiente a dimostrare la volontà di rimettere un debito, e che i diritti si trasferiscono in capo agli ex soci.
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Rinuncia al ricorso in Cassazione: il caso estinto
Una società di servizi ambientali aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza del Tribunale. Prima dell'udienza, la società ha formalizzato una rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte, una società immobiliare. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio e ha disposto la compensazione integrale delle spese legali tra le parti, chiudendo definitivamente la controversia senza una decisione nel merito.
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Cessazione materia del contendere: il caso si chiude
Una Regione aveva sanzionato una società per violazioni ambientali relative al mancato rilascio del deflusso minimo vitale di un torrente. La società aveva impugnato con successo la sanzione. Durante il ricorso in Cassazione promosso dalla Regione, è emerso che la società sanzionata era stata cancellata dal registro delle imprese. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato la cessazione della materia del contendere, poiché la sanzione era divenuta ineseguibile verso un soggetto ormai estinto, facendo venire meno l'interesse a proseguire la causa.
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Sentenza inesistente: non fa prova dei fatti
La Corte di Cassazione ha stabilito che una sentenza inesistente, emessa nei confronti di una società già cancellata dal registro delle imprese, non può essere utilizzata come prova per considerare 'incontroversi' i fatti in un successivo giudizio. Il caso riguardava una richiesta di manleva da parte di un'impresa appaltatrice verso gli ex soci di una subappaltatrice, basata su una precedente condanna pronunciata contro la società ormai estinta. La Suprema Corte ha cassato la decisione d'appello, che aveva erroneamente ritenuto la sentenza inesistente valida ai fini della ricostruzione dei fatti, e ha rinviato il caso per un nuovo esame del merito senza poter fare affidamento su tale provvedimento.
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Responsabilità amministratore: Cassazione conferma
Un amministratore di una banca impugna una sanzione dell'Autorità di Vigilanza sui Mercati Finanziari, lamentando violazioni del diritto di difesa e assenza di responsabilità personale. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, confermando la piena responsabilità dell'amministratore, il cui dovere è quello di agire in modo informato e proattivo, anche se privo di deleghe esecutive. La Corte chiarisce i principi sull'onere della prova e gli estesi doveri di diligenza che gravano su un consigliere non esecutivo di un istituto bancario.
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Accordo di ristrutturazione: la pubblicazione è decisiva
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di fallimento di una società, respingendo il suo ricorso. La decisione si fonda sull'inammissibilità dell'accordo di ristrutturazione presentato dalla società, a causa della mancata pubblicazione nel registro delle imprese entro i termini stabiliti. La Corte ha ribadito che tale adempimento è un requisito fondamentale per la procedibilità e l'efficacia dell'accordo, non una mera formalità. Sono stati rigettati anche gli altri motivi di ricorso, inclusi quelli sulla valutazione dello stato di insolvenza e su presunti vizi procedurali.
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Responsabilità del manager: CONSOB e sanzioni.
La Corte di Cassazione ha confermato le sanzioni amministrative a carico del responsabile di una direzione di un istituto bancario, rigettando il suo ricorso. La sentenza stabilisce due principi chiave: la competenza dell'autorità di vigilanza finanziaria (e non dell'Antitrust) su illeciti specifici del settore e il criterio della "responsabilità effettiva" del manager, basata sul suo concreto coinvolgimento nelle operazioni irregolari, indipendentemente dal ruolo formale. La sanzione è stata ritenuta congrua data la gravità dei fatti.
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Ricorso inammissibile: i requisiti in Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una sentenza di fallimento. Il ricorso del liquidatore di una società è stato respinto per motivi di forma, come la genericità delle censure e la mancata allegazione di documenti essenziali. La Corte ha ribadito che una società cancellata dal registro delle imprese non può accedere al concordato preventivo, e ha sottolineato i rigorosi requisiti di specificità e autosufficienza necessari per un ricorso in Cassazione.
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Azione sociale di responsabilità: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un co-amministratore condannato per 'mala gestio'. L'ordinanza chiarisce i confini dell'azione sociale di responsabilità promossa dal socio, escludendo il conflitto di interessi e ribadendo i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove. La Corte ha confermato la condanna al risarcimento dei danni per la distrazione di fondi societari.
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Inadempimento contratto preliminare: quando è grave?
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di inadempimento di un contratto preliminare per la vendita di quote di una società immobiliare. La promissaria acquirente si era rifiutata di stipulare il definitivo, lamentando vari inadempimenti della controparte, tra cui la mancata cancellazione di un'ipoteca. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato stabilito che l'inadempimento più grave, tale da giustificare il recesso della parte venditrice e la ritenzione della caparra, era quello della parte acquirente, che si era rifiutata di pagare la quasi totalità del prezzo a fronte di presunte mancanze della controparte ritenute di scarsa rilevanza.
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Azione del socio: danno indiretto e risarcimento
Un socio ha intentato una causa contro gli amministratori di una S.r.l. per il risarcimento dei danni derivanti dalla mala gestio, che ha causato la perdita di valore della sua quota. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo un principio fondamentale: l'azione del socio è ammessa solo per i danni che colpiscono direttamente il suo patrimonio personale, non per quelli che sono un mero riflesso del pregiudizio subito dalla società. La diminuzione del valore della quota rientra in questa seconda categoria, e pertanto l'azione risarcitoria spetta unicamente alla società.
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Ratio decidendi: appello inammissibile se non si contesta
Un'associazione impugna una sentenza, ma la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. La motivazione risiede nel fatto che l'appellante ha omesso di contestare la specifica ratio decidendi della Corte d'Appello, fondando le proprie argomentazioni su una delibera diversa da quella decisiva per i giudici di secondo grado. Di conseguenza, la questione della legittimazione a rappresentare l'ente è rimasta irrisolta a favore della tesi dei giudici di merito.
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Responsabilità amministratore: onere della prova
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un ex amministratore per la gestione illecita di fondi societari, rigettando il suo ricorso. L'ordinanza chiarisce i limiti della prova in appello e i criteri sulla responsabilità amministratore, sottolineando che allegazioni generiche e prassi non documentate non sono sufficienti a superare le contestazioni specifiche su spese personali, rimborsi carburante e compensi anticipati.
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Diritto di recesso socio: quando si ‘concorre’?
L'ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione esamina un caso complesso sul diritto di recesso socio in seguito a una fusione. Alcuni soci, dopo aver sostenuto le fasi preliminari di un'operazione di salvataggio, hanno esercitato il recesso astenendosi dal voto finale. I tribunali di merito hanno negato tale diritto, interpretando il loro comportamento complessivo come un 'concorso' alla delibera. Data la rilevanza della questione, la Cassazione ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita sul significato di 'non aver concorso' ai sensi dell'art. 2437 c.c.
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Cessione d’azienda: debiti e scritture contabili
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società fornitrice contro la decisione della Corte d'Appello che escludeva la responsabilità dell'acquirente di una farmacia per i debiti del precedente titolare. Il principio chiave confermato è che, nella cessione d'azienda, l'opponibilità dei debiti all'acquirente è subordinata alla loro iscrizione nelle scritture contabili obbligatorie, come previsto dall'art. 2560 c.c. La conoscenza dei debiti da altre fonti, come una procedura di concordato preventivo, è irrilevante a tal fine. L'inammissibilità del ricorso è stata dichiarata per violazione del principio di autosufficienza, non avendo il ricorrente riportato adeguatamente il contenuto dei documenti a sostegno della sua tesi.
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Finzione avveramento condizione: quando si applica?
La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti della finzione di avveramento della condizione in un contratto di cessione di quote sociali. Il pagamento del saldo era subordinato all'ottenimento di autorizzazioni ambientali da parte della società le cui quote erano state cedute. Poiché la condizione non si è verificata, il venditore ha agito in giudizio sostenendo che l'inerzia degli acquirenti avesse impedito l'avveramento. La Corte ha respinto il ricorso, specificando che la finzione di avveramento della condizione richiede una condotta dolosa o colposa e non una semplice inerzia, a meno che non esista un obbligo specifico di agire, che in questo caso non gravava sugli acquirenti ma sulla società target.
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Responsabilità amministratori: è sempre necessaria?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in un caso di responsabilità amministratori per operazioni finanziarie infragruppo. Si stabilisce che, trattandosi di obbligazione solidale, il litisconsorzio è facoltativo e non necessario, quindi non è obbligatorio citare in giudizio tutti i responsabili. Inoltre, i motivi di ricorso che contestano la valutazione dei fatti del giudice di merito, come la quantificazione del danno, sono inammissibili se la motivazione della sentenza impugnata non è illogica o inesistente.
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Adesione coatta a cooperativa: onere della prova
Una lavoratrice sosteneva che la sua adesione a una cooperativa fosse stata forzata per mantenere il posto di lavoro. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, confermando le decisioni dei gradi inferiori. La Corte ha stabilito che non vi erano prove sufficienti di un'adesione coatta a cooperativa, evidenziando la firma volontaria della domanda, l'assenza di contestazioni sulle trattenute per la quota sociale e la partecipazione alla vita aziendale. Il rigetto delle prove testimoniali è stato considerato legittimo perché le richieste erano troppo generiche per dimostrare la pressione subita.
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Valutazione quota socio: i limiti del ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un socio contro la sentenza che determinava il valore della quota spettante a un altro socio escluso. Il caso verteva sulla corretta valutazione quota socio, contestata riguardo alla stima di un immobile, al calcolo di un'imposta ipotetica e alla quantificazione dell'avviamento. La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma serve solo a verificare la presenza di vizi di legittimità, come una motivazione totalmente assente o incomprensibile, vizi non riscontrati nel caso di specie.
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