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Diritto Societario

Eccezione inadempimento sindaco: chi prova l’obbligo?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un giudizio di opposizione allo stato passivo, se la curatela solleva l'eccezione di inadempimento contro un sindaco per il mancato pagamento del compenso, spetta al sindaco dimostrare di aver adempiuto diligentemente ai propri doveri di vigilanza. La curatela ha solo l'onere di allegare l'inadempimento. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva erroneamente ritenuto generiche le contestazioni della curatela, riaffermando che il diritto al compenso è strettamente legato al corretto svolgimento delle funzioni.
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Trasferimento sede estero: la società non si estingue
La Corte di Cassazione chiarisce che il trasferimento della sede all'estero di una società non ne causa l'estinzione, ma una continuazione della sua esistenza giuridica secondo le leggi del nuovo Stato. Di conseguenza, l'Agenzia delle Entrate non può agire contro i soci per i debiti tributari della società basandosi sulle norme relative all'estinzione societaria (art. 2495 c.c.), ma deve rivolgersi direttamente alla società presso la sua nuova sede estera. La sentenza rigetta il ricorso dell'amministrazione finanziaria, correggendo l'errata premessa giuridica su cui si basavano le corti di merito.
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Revocatoria ordinaria: scissione societaria inefficace
Una società costruttrice, gravata da ingenti debiti, effettua una scissione trasferendo la maggior parte del suo patrimonio immobiliare a una nuova società. Successivamente, la società originaria fallisce. La curatela fallimentare agisce in giudizio e ottiene la dichiarazione di inefficacia dell'atto di scissione tramite l'azione di revocatoria ordinaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società beneficiaria, confermando che la scissione aveva ridotto la garanzia patrimoniale per i creditori, integrando i presupposti dell'azione revocatoria.
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Danno all’immagine: critica del socio e limiti
Una società per azioni ha citato in giudizio una propria socia e il suo consulente, chiedendo un cospicuo risarcimento per danno all'immagine a seguito di critiche espresse durante un'assemblea. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che le affermazioni rientravano nel legittimo diritto di critica del socio e che la domanda giudiziale era stata correttamente qualificata come richiesta di risarcimento per danno all'immagine, senza che vi fosse un'omissione di pronuncia su una presunta "prospettazione sotto falsa luce".
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Dolo incidente: conoscenza debiti esclude risarcimento
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un acquirente di quote sociali che lamentava un dolo incidente da parte dei venditori per la presenza di debiti fiscali non dichiarati. La richiesta di risarcimento è stata respinta poiché l'acquirente, in quanto socio di un'altra società che già deteneva il 50% del capitale, era in condizione di conoscere la situazione debitoria. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso anche in virtù del principio della "doppia conforme", essendo le sentenze di primo e secondo grado basate sulla medesima valutazione dei fatti.
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Abuso personalità giuridica: Ente Pubblico risponde
Una professionista ha svolto un'attività per una fondazione interamente controllata da un Comune. A seguito del fallimento della fondazione, la professionista ha richiesto il pagamento al Comune. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità del Comune, ravvisando un abuso della personalità giuridica, poiché la fondazione agiva come mero braccio operativo dell'ente pubblico, priva di reale autonomia decisionale e patrimoniale.
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Abuso del diritto societario: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità personale del socio di maggioranza di una S.r.l. per i debiti fiscali della società. La Corte ha ritenuto che la progressiva spoliazione dei beni aziendali, seguita dalla liquidazione e cancellazione della società in pendenza di accertamenti fiscali, costituisse un'operazione di abuso del diritto societario finalizzata a eludere il Fisco. Il ricorso del socio è stato rigettato per inammissibilità e infondatezza, ribadendo che lo schermo societario non può proteggere da condotte elusive.
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Abuso del diritto: socio risponde dei debiti fiscali
La Corte di Cassazione conferma la responsabilità del socio di maggioranza per i debiti fiscali della sua società, cancellata dal registro delle imprese. La Corte ha ritenuto che lo svuotamento progressivo del patrimonio sociale e la successiva cancellazione, in pendenza di contenziosi tributari, configurino un abuso del diritto finalizzato a eludere le imposte. Di conseguenza, tutti i motivi di ricorso del contribuente sono stati respinti.
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Informazione privilegiata: criteri prezzo azioni obbligo
Un istituto di credito è stato sanzionato dall'autorità di vigilanza per non aver comunicato al pubblico i criteri utilizzati per la determinazione del prezzo delle proprie azioni. La banca ha contestato la sanzione, sostenendo che tali informazioni non costituissero un'informazione privilegiata e che il procedimento fosse tardivo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che il metodo di determinazione del prezzo delle azioni è un'informazione rilevante e precisa che deve essere resa pubblica per tutelare gli investitori. La Corte ha inoltre ribadito che a tali illeciti si applica la legge vigente al momento del fatto e non una normativa successiva più favorevole.
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Culpa in vigilando: Cassazione conferma sanzioni
La Corte di Cassazione ha confermato le sanzioni amministrative a carico di due ex membri del collegio sindacale di un intermediario finanziario. Il caso riguarda la loro responsabilità per culpa in vigilando in relazione a gravi irregolarità nella prestazione di servizi di investimento e nella gestione di ordini. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, ritenendoli inammissibili in quanto miravano a un riesame del merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
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Responsabilità amministratori: analisi della Cassazione
Una recente ordinanza della Cassazione analizza la responsabilità amministratori e sindaci nel caso del fallimento di una società di navigazione. La Corte ha confermato la condanna per i danni derivanti da contratti di lavoro simulati, stipulati a favore dei proprietari di fatto, e da rovinose operazioni speculative in derivati. È stata ritenuta grave anche la negligenza dei sindaci nell'attività di controllo. La sentenza è stata però cassata con rinvio su un punto: la necessità di ricalcolare il danno a carico di un amministratore, tenendo conto delle transazioni già concluse dalla curatela con altri coobbligati.
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Responsabilità amministratori: nuove prove in appello
Una società bancaria ha citato in giudizio i suoi ex amministratori e sindaci per gravi violazioni nella gestione, chiedendo un cospicuo risarcimento danni. Dopo una condanna in Appello, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza. Il motivo principale riguarda l'inammissibilità di documenti cruciali prodotti dalla banca solo in fase di appello, violando le regole processuali. La Suprema Corte ha chiarito che la produzione di nuove prove in appello è severamente limitata e che tale violazione invalida la consulenza tecnica e la decisione basata su di essa. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione alla luce dei principi sulla responsabilità amministratori e sindaci e sulle prove ammissibili.
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Revoca amministratore da socio pubblico: chi paga?
Un ex amministratore, rimosso senza giusta causa dal socio pubblico di una società partecipata, ha citato in giudizio la società stessa per ottenere il risarcimento del danno. La società si difendeva sostenendo che la responsabilità fosse del socio pubblico. La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità per la revoca amministratore illegittima ricade esclusivamente sulla società, poiché l'atto di revoca, sebbene deciso dal socio, si imputa giuridicamente alla società stessa. Di conseguenza, la società è stata condannata al pagamento dei danni.
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Credito prededucibile: quando è riconosciuto?
Una professionista, membro del consiglio di sorveglianza di una società in amministrazione straordinaria, ha richiesto il riconoscimento del suo credito come privilegiato e prededucibile. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31756/2024, chiarisce che un credito prededucibile richiede l'apertura formale della procedura concorsuale, requisito assente nel caso di specie. La Corte ha confermato il riconoscimento del privilegio speciale, non essendo stata provata la qualifica di amministratore di fatto, ma ha respinto la richiesta di prededuzione, rigettando sia il ricorso della società che quello della professionista.
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Clausola compromissoria: quando è valida?
Una società cooperativa ha citato in giudizio il suo ex presidente per la presunta appropriazione di una somma di denaro ricevuta da un ente pubblico. L'ex presidente ha eccepito la competenza del tribunale, sostenendo che la controversia dovesse essere decisa da arbitri in base a una clausola compromissoria presente nello statuto. La Corte di Cassazione ha confermato la competenza arbitrale, stabilendo che l'azione di responsabilità contro un amministratore riguarda diritti disponibili, anche se i fondi in questione sono di origine pubblica. La natura risarcitoria della pretesa e il fatto che il credito fosse stato ceduto in precedenza dimostrano la sua disponibilità, rendendo valida ed efficace la clausola compromissoria.
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Interruzione processo e società estinta: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha chiarito che non può esserci interruzione del processo se una delle parti, una società, era già estinta prima dell'inizio della causa. Un'azione legale promossa da un'entità inesistente è radicalmente viziata. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente dichiarato l'estinzione del giudizio per tardiva riassunzione, stabilendo che l'interruzione si applica solo per eventi sopravvenuti nel corso del giudizio. Di conseguenza, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno il titolo esecutivo originario.
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Deposito ricorso cassazione: termini perentori
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso improcedibile a causa del tardivo deposito. Il caso riguarda un contenzioso per canoni di locazione non pagati, proseguito contro gli ex soci di una società cancellata. I ricorrenti avevano notificato l'atto una prima volta, ma non avevano effettuato il deposito ricorso cassazione entro i 20 giorni previsti. Una seconda notifica non sana il vizio, poiché il termine decorre dalla prima, se valida. La decisione sottolinea la perentorietà del termine stabilito dall'art. 369 c.p.c.
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Cancellazione società: non è rinuncia tacita al credito
La Corte di Cassazione ha stabilito che la cancellazione di una società dal registro delle imprese non costituisce una presunzione di rinuncia tacita al credito. Un ex socio aveva impugnato la decisione della Corte d'Appello che aveva dichiarato estinto un giudizio per risarcimento danni, interpretando la cancellazione della società attrice come un abbandono del proprio diritto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando che tale atto formale non è sufficiente a dimostrare la volontà di rimettere un debito, e che i diritti si trasferiscono in capo agli ex soci.
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Rinuncia al ricorso in Cassazione: il caso estinto
Una società di servizi ambientali aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza del Tribunale. Prima dell'udienza, la società ha formalizzato una rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte, una società immobiliare. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio e ha disposto la compensazione integrale delle spese legali tra le parti, chiudendo definitivamente la controversia senza una decisione nel merito.
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Cessazione materia del contendere: il caso si chiude
Una Regione aveva sanzionato una società per violazioni ambientali relative al mancato rilascio del deflusso minimo vitale di un torrente. La società aveva impugnato con successo la sanzione. Durante il ricorso in Cassazione promosso dalla Regione, è emerso che la società sanzionata era stata cancellata dal registro delle imprese. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato la cessazione della materia del contendere, poiché la sanzione era divenuta ineseguibile verso un soggetto ormai estinto, facendo venire meno l'interesse a proseguire la causa.
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