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Diritto Immobiliare

Riservato dominio: riduzione della penale eccessiva

In una causa per inadempimento di un contratto preliminare di vendita di un chiosco con patto di riservato dominio, il Tribunale ha confermato la risoluzione del contratto a causa del mancato pagamento delle rate da parte dell’acquirente. Tuttavia, ha ridotto l’indennità che il venditore poteva trattenere dalle rate già pagate, ritenendo la clausola penale manifestamente eccessiva ai sensi dell’art. 1526 c.c. e bilanciando l’equità tra le parti. L’acquirente è stato condannato a restituire il bene e a pagare gli oneri tributari arretrati.

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Indennità di occupazione: quando è dovuta?

Una società continua a occupare i locali commerciali dopo la scadenza del contratto di affitto di ramo d’azienda. Il Tribunale, respingendo l’opposizione al decreto ingiuntivo, ha chiarito che l’indennità di occupazione è dovuta per legge (art. 1591 c.c.) fino all’effettiva riconsegna, a prescindere dalla cessazione del contratto. La decisione si fonda anche su una confessione stragiudiziale dell’occupante.

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Usucapione beni immobili: prova e animus possidendi

Due eredi, già comproprietari di una minima quota di alcuni immobili, hanno ottenuto dal Tribunale di Torino il riconoscimento della piena proprietà per la restante parte tramite usucapione. L’ordinanza ha accolto la loro domanda basandosi sulle prove testimoniali che hanno confermato il loro possesso esclusivo, pubblico e ininterrotto per oltre vent’anni, iniziato dal loro defunto padre. La decisione sottolinea l’importanza di dimostrare non solo l’utilizzo materiale del bene, ma anche l’intenzione di possederlo come unici proprietari (animus possidendi), anche in assenza di opposizione da parte degli altri intestatari catastali, rimasti contumaci.

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Occupazione illegittima: la prova della proprietà

Un Comune ha citato in giudizio un’emittente radiofonica per l’occupazione illegittima di un terreno con un impianto di trasmissione. In primo grado la domanda è stata respinta per carenza di prova della proprietà. La Corte d’Appello ha riformato la sentenza, riconoscendo la proprietà del Comune sulla base di visure catastali storiche e perizie. Di conseguenza, ha dichiarato l’occupazione illegittima, ordinato la rimozione dell’impianto e condannato l’emittente al risarcimento del danno per la perdita della possibilità di godimento del bene, liquidato in via equitativa.

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Revisione tabelle millesimali: basta la maggioranza

Un condomino impugna la delibera di approvazione delle nuove tabelle millesimali, sostenendo fosse necessaria l’unanimità. La Corte d’Appello di Roma respinge il ricorso, confermando che per la revisione tabelle millesimali, dovuta a un notevole aumento di volumetria di un’unità immobiliare (superiore a 1/5), è sufficiente il voto a maggioranza qualificata, in quanto l’atto ha natura ricognitiva e non negoziale.

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Affitto ramo d'azienda: quando è simulazione?

La Corte d’Appello di Roma ha esaminato un caso di presunta simulazione di un contratto di affitto ramo d’azienda, che l’affittuario sosteneva essere una semplice locazione commerciale per ottenere una riduzione del canone. La Corte ha respinto l’appello, stabilendo che la presenza di elementi come l’avviamento, l’uso di autorizzazioni amministrative e di aree comuni qualifica il contratto come affitto d’azienda, giustificando un canone maggiore. La sentenza chiarisce che l’oggetto del contratto, inteso come complesso di beni organizzati per l’esercizio d’impresa, è il criterio decisivo per distinguere le due figure contrattuali.

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Legittimazione attiva: appello inammissibile

Una società che agiva in giudizio come incorporante di un’altra non ha fornito la prova di tale fusione. La Corte d’Appello ha dichiarato l’appello inammissibile per difetto di legittimazione attiva, senza esaminare il merito della richiesta di pagamento di canoni di locazione, ritenuta prescritta in primo grado. La decisione sottolinea che chi agisce come successore di un altro soggetto deve provarne la qualità, se contestata.

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Ritardo pagamento canone: risoluzione del contratto

Una società locatrice ha richiesto la risoluzione di un contratto di locazione per il sistematico ritardo nel pagamento del canone da parte del conduttore. In primo grado, la domanda era stata respinta, attribuendo rilevanza al comportamento collaborativo del conduttore e a una mancanza del locatore. La Corte d’Appello ha riformato la decisione, stabilendo che il ritardo nel pagamento del canone, sebbene per pochi giorni ma reiterato nel tempo, costituisce un inadempimento grave che altera l’equilibrio contrattuale e giustifica la risoluzione del contratto. Le altre richieste economiche del locatore sono state respinte per carenza di prova.

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Nuova costruzione: quando la ristrutturazione viola le distanze

La Corte d’Appello di Roma conferma la condanna di una società ad arretrare un edificio realizzato in violazione delle distanze legali. La sentenza chiarisce che un intervento edilizio, anche se definito ristrutturazione, si qualifica come nuova costruzione se comporta un aumento della volumetria preesistente. In tal caso, l’opera deve rispettare le normative sulle distanze tra edifici. Viene invece respinta la domanda relativa alla servitù di veduta per mancanza di prova del titolo di acquisto del diritto.

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Risoluzione contratto appalto: quando spetta il compenso?

La Corte di Appello di Roma ha confermato la risoluzione di un contratto di permuta di un terreno contro futuri appartamenti, a causa del grave inadempimento della società costruttrice che non ha completato le opere. La sentenza chiarisce che, in caso di risoluzione contratto appalto per colpa dell’appaltatore, questi non ha diritto al compenso per i lavori parzialmente eseguiti se non dimostra che tali lavori abbiano arrecato un’utilità concreta e reale al committente. È stata inoltre rigettata la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento.

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Recesso per gravi motivi: quando è legittimo?

Una società esercitava il recesso per gravi motivi da un contratto di locazione di un magazzino, dopo aver ceduto il ramo d’azienda del supermercato a cui il locale era funzionale. La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado, stabilendo che la cessione volontaria dell’attività non costituisce un grave motivo oggettivo e imprevedibile richiesto dalla legge, ma una mera scelta di convenienza imprenditoriale. Di conseguenza, il recesso è stato dichiarato illegittimo.

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Litisconsorzio necessario: appello assicuratore e terzo

La sentenza analizza un caso di compravendita immobiliare in cui un mediatore, citato per responsabilità, chiama in garanzia la propria assicurazione. La Corte di Cassazione, stabilendo un litisconsorzio necessario processuale, ha chiarito che l’appello tempestivo dell’assicuratore giova anche all’assicurato la cui impugnazione era stata dichiarata inammissibile. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, ha applicato tale principio, riformando la sentenza di primo grado, rigettando le domande contro il mediatore e regolando le spese di tutti i gradi di giudizio secondo il principio della soccombenza e di causazione.

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Spese legali azione revocatoria: come si calcolano?

Una Corte di Appello ha riformato una decisione di primo grado riguardo alla liquidazione delle spese legali in una causa di azione revocatoria. La sentenza stabilisce che il valore della causa, ai fini del calcolo dei compensi professionali, deve essere commisurato all’importo del credito tutelato (€ 208.600) e non a uno scaglione di valore inferiore, come erroneamente stabilito dal Tribunale. Di conseguenza, la Corte ha riliquidato i compensi per il primo grado e liquidato quelli per l’appello, applicando il corretto scaglione tariffario e confermando che la fase di trattazione va sempre compensata.

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Inammissibilità appello: motivi e conseguenze

La Corte d’Appello dichiara l’inammissibilità dell’appello proposto da un promittente venditore contro la sentenza che lo condannava a restituire una somma a una curatela fallimentare. La decisione si fonda su vizi procedurali, come la riproposizione di eccezioni già respinte in sede cautelare e la genericità dei motivi di gravame. La Corte ha inoltre condannato l’appellante per lite temeraria, evidenziando la manifesta infondatezza delle sue censure.

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Deposito cauzionale e mutuo: quando si ha erogazione?

La Corte d’Appello di Roma ha confermato che un mutuo si considera erogato anche quando la somma viene immediatamente vincolata in un deposito cauzionale a garanzia. Decisiva è l’acquisizione della disponibilità giuridica dei fondi da parte del mutuatario, che sceglie di utilizzarli per costituire tale garanzia. La sentenza ha respinto l’appello dei mutuatari, i quali sostenevano la mancata erogazione e l’usurarietà del contratto, chiarendo che la costituzione del deposito cauzionale è un atto dispositivo della somma già entrata nel patrimonio del debitore.

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Legittimazione passiva costruttore: chi paga?

Una recente sentenza della Corte di Appello ha chiarito la questione della legittimazione passiva del costruttore per i contratti stipulati prima della costituzione del condominio. La Corte ha stabilito che il costruttore rimane l’unico obbligato verso i terzi fornitori, a meno che non sia provato un formale atto di subentro da parte del condominio. La mera vendita delle unità immobiliari non è sufficiente a trasferire le obbligazioni contrattuali. La sentenza ha inoltre affrontato il tema della cessione del credito in corso di causa e della corretta applicazione degli interessi moratori.

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Lavori aggiuntivi appalto: quando sono dovuti?

Una sentenza della Corte di Appello chiarisce la distinzione fondamentale tra lavori aggiuntivi necessari e semplici migliorie in un contratto di appalto. Un’impresa edile aveva richiesto il pagamento per una serie di lavori, alcuni dei quali extra-contratto. La Corte ha stabilito che solo i lavori strettamente necessari alla funzionalità dell’opera, come la sistemazione di un impianto fognario, sono dovuti anche senza un’autorizzazione scritta. Le opere che rappresentano solo un miglioramento, invece, richiedono il consenso scritto del committente per essere pagate. La decisione ha quindi ridimensionato la richiesta economica dell’impresa, accertando il credito solo per le opere contrattualizzate e per quelle extra ritenute indispensabili.

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Contrasto tra giudicati: quale sentenza prevale?

Un inquilino si opponeva a un’esecuzione per canoni non pagati, sostenendo un accordo con uno dei due locatori. Il primo tribunale limitava il credito al 50%, negando la solidarietà attiva. In appello, emergeva una seconda sentenza definitiva che, al contrario, affermava tale solidarietà. La Corte d’Appello, per risolvere il contrasto tra giudicati, ha applicato il criterio temporale, stabilendo che la seconda sentenza prevale sulla prima e accogliendo l’appello del locatore per l’intero credito.

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Spese legali decreto ingiuntivo: chi paga se il debito?

La Corte d’Appello ha stabilito che il debitore che salda il proprio debito solo dopo aver ricevuto un decreto ingiuntivo e aver avviato un’opposizione è comunque tenuto a pagare le spese legali. Anche se il decreto viene revocato a seguito del pagamento, la responsabilità dei costi processuali ricade su chi ha dato causa al giudizio. La decisione si fonda sul principio della “soccombenza virtuale”, valutando chi avrebbe perso la causa se il pagamento non fosse intervenuto. Pertanto, il pagamento tardivo non esonera dal rimborso delle spese legali del decreto ingiuntivo.

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Garanzia autonoma: quando l'appello è inammissibile

Una società subappaltatrice ha impugnato la condanna a rimborsare una compagnia di assicurazioni che aveva pagato una polizza a seguito di un presunto inadempimento contrattuale. La Corte d’Appello ha respinto l’appello, ritenendolo inammissibile. La motivazione centrale risiede nel fatto che l’appellante non ha contestato la qualificazione della polizza come ‘garanzia autonoma’ data dal giudice di primo grado. Tale qualificazione, divenuta definitiva (giudicato), impedisce di sollevare eccezioni relative al contratto di subappalto, rendendo irrilevanti i motivi di merito dell’appello.

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