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Diritto Immobiliare

Onere della prova vizi: chi deve provare il difetto?
Un'azienda acquista un immobile e riscontra problemi di umidità, chiedendo una riduzione del prezzo. La Corte d'Appello accoglie la domanda, invertendo l'onere della prova e ponendolo a carico dei venditori. La Corte di Cassazione cassa la sentenza, ribadendo un principio fondamentale: l'onere della prova vizi spetta sempre al compratore. Quest'ultimo deve dimostrare l'esistenza del difetto, non è compito del venditore provare che il vizio derivi da cause esterne.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e niente raddoppio
A seguito di una controversia sulla vendita di un immobile con abusi edilizi, le parti hanno presentato una rinuncia al ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, specificando che in caso di rinuncia non si applica il raddoppio del contributo unificato, essendo una misura sanzionatoria di stretta interpretazione.
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Inadempimento grave: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un affittuario contro la risoluzione di un contratto agrario. La risoluzione era stata decisa a causa di un inadempimento grave, consistente nella realizzazione di opere abusive sul fondo. L'inammissibilità è stata motivata dall'applicazione della regola della "doppia conforme", che limita l'appello quando due sentenze di merito concordano sui fatti, e dall'assoluta irrilevanza dei motivi di ricorso rispetto alla reale motivazione della sentenza d'appello.
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Contratto agrario: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un affittuario contro la sentenza che stabiliva la cessazione di un contratto agrario. La Corte ha confermato il calcolo della proroga legale effettuato dalla Corte d'Appello, stabilendo la fine del rapporto al 2011 e non al 2026. Decisiva anche la formazione di un giudicato interno sulla richiesta di indennità per i miglioramenti, non appellata in secondo grado.
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Restituzione parziale azienda: obblighi dell’affittuario
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31257/2024, ha chiarito che in un contratto di affitto d'azienda, la restituzione parziale dell'azienda non è sufficiente a liberare l'affittuario dall'obbligo di corrispondere l'intero canone. Fino alla completa riconsegna di tutti i beni aziendali, l'affittuario in mora è tenuto al pagamento del corrispettivo pattuito a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 1591 c.c. Questo principio sottolinea l'indivisibilità dell'obbligazione di riconsegna.
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Affitto d’azienda: no rinnovo tacito e oneri spese
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31255/2024, chiarisce la disciplina dell'affitto d'azienda. Viene confermato che, a differenza della locazione immobiliare, questo contratto non prevede il rinnovo tacito automatico. La Corte ha stabilito che due contratti distinti (sublocazione di immobile e noleggio di attrezzature) possono costituire un unico affitto d'azienda se funzionalmente collegati. Inoltre, ha rigettato la richiesta di indennità per ritardata restituzione, avendo la società locatrice stipulato un nuovo accordo con un terzo per l'utilizzo dei beni. Infine, ha corretto la decisione del giudice di rinvio sulle spese legali, riaffermando il principio per cui la statuizione della Cassazione sulle spese del proprio giudizio è vincolante e non può essere modificata.
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Affitto di azienda: no al rinnovo automatico
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31254/2024, ha stabilito che la qualificazione di un rapporto contrattuale come affitto di azienda esclude l'applicazione delle norme sul rinnovo automatico previste per le locazioni immobiliari. Il caso riguardava un complesso accordo tra una società privata e un ente ospedaliero, inizialmente strutturato in due contratti distinti per un immobile e per attrezzature mediche. La Corte ha confermato la riqualificazione unitaria del rapporto in affitto di azienda, negando il diritto della società locatrice a pretendere i canoni oltre la scadenza originaria, poiché non era intervenuta una rinnovazione tacita. L'ordinanza ha anche affrontato il principio del giudicato interno in materia di spese legali.
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Indennità per mancata riconsegna: chi prova cosa?
Una società, successore di un ex conduttore di un cinema, è stata citata per l'indennità di occupazione relativa al periodo 2002-2014, nonostante il contratto fosse scaduto nel 1990. Un precedente giudicato aveva già stabilito il diritto al risarcimento. La Cassazione ha respinto il ricorso della società, chiarendo che l'onere di provare l'avvenuta restituzione del bene grava sull'ex conduttore. La Corte ha confermato che l'indennità per mancata riconsegna è dovuta fino a tale prova, indipendentemente da eventuali cessioni a terzi.
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Legittimazione amministratore condominio: la Cassazione
Una società costruttrice ricorre in Cassazione contro la condanna al risarcimento danni per gravi vizi in un condominio. La Corte conferma la legittimazione amministratore condominio ad agire per i difetti originati nelle parti comuni, anche se causano danni alle proprietà private, quando l'edificio è compromesso nella sua unitarietà. Accoglie invece il motivo sul compenso non dovuto al professionista per l'attività di mediazione immobiliare svolta senza iscrizione all'albo.
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Motivazione apparente: sentenza annullata dalla Cassazione
Una società committente contestava gli onorari di un professionista, adducendo un grave inadempimento. La Corte d'Appello confermava la decisione di primo grado a favore del professionista, basandosi sulla perizia tecnica (CTU). La Cassazione ha annullato tale decisione, ravvisando una motivazione apparente. I giudici d'appello, infatti, non avevano risposto alle specifiche critiche mosse dalla società alla CTU, limitandosi ad affermarne l'affidabilità. Questa carenza di un percorso logico-giuridico comprensibile rende nulla la sentenza. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio d'appello.
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Caparra confirmatoria: recesso legittimo e proroghe
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del recesso di una promittente venditrice che ha trattenuto una cospicua caparra confirmatoria, pari a circa il 45% del prezzo di vendita. Nonostante le numerose proroghe concesse al promissario acquirente, il suo inadempimento finale, seguito a una formale diffida ad adempiere, ha giustificato la risoluzione del contratto. La Corte ha ritenuto che le proroghe precedenti non escludessero la gravità dell'inadempimento finale, respingendo così il ricorso del compratore.
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Contratto misto vendita appalto: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di contratto misto vendita appalto relativo alla fornitura e posa in opera di serramenti. L'ordinanza stabilisce che, in base al principio di prevalenza, se il valore della fornitura supera nettamente quello della manodopera, si applicano le regole della compravendita. La Corte ha confermato la condanna al pagamento del prezzo, ridotto per i vizi accertati, ritenendo irrilevanti il ritardo nella consegna (poiché l'opera era stata accettata) e il mancato collaudo (imputabile allo stesso committente).
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Cessione di cubatura: obblighi del Comune venditore
Una società edile acquista diritti edificatori (cessione di cubatura) da un Comune. Quando successive modifiche urbanistiche limitano l'uso di tali diritti, la società cita in giudizio l'ente. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, stabilendo che il Comune, agendo come venditore privato, non è responsabile per le sue future azioni come ente pubblico regolatore. Il contratto era valido poiché i diritti erano stati trasferiti ed erano utilizzabili al momento della vendita.
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Mediazione obbligatoria: basta l’avvocato all’incontro?
In un caso di risarcimento danni tra vicini, la Corte d'Appello aveva dichiarato un appello improcedibile per l'assenza della parte al primo incontro di mediazione obbligatoria, nonostante la presenza del suo avvocato. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la condizione di procedibilità si considera avverata se la mediazione fallisce sul nascere a causa della manifesta volontà di un'altra parte di non voler conciliare. L'eventuale irregolarità nella partecipazione di una parte diventa irrilevante se la procedura è comunque destinata a terminare con esito negativo per volontà altrui.
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Diritto di opzione: no senza pagamenti regolari
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della figlia di un conduttore che intendeva acquistare un immobile pubblico. La Corte ha stabilito che la regolarità nel pagamento dei canoni di locazione è un presupposto essenziale per l'esercizio del diritto di opzione, non una semplice condizione per il trasferimento finale. La morosità, anche se relativa a una sola mensilità precedente l'esercizio dell'opzione, preclude l'acquisto.
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Titolarità del diritto: la prova chiave nell’appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in un caso di violazione delle distanze tra edifici. La decisione si fonda sul fatto che la ricorrente, pur avendo avviato un'azione negatoria, non era riuscita a dimostrare la titolarità del diritto di proprietà sul fondo effettivamente leso. L'appello era già stato respinto perché non aveva contestato la motivazione centrale della sentenza di primo grado, ovvero la provata mancanza di titolarità del diritto, un errore che ha precluso ogni ulteriore esame del merito.
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Provvigione mediatore immobiliare: il nesso causale
Un'agenzia immobiliare chiedeva il pagamento della provvigione per una compravendita, ma la sua richiesta è stata respinta. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno negato il diritto alla provvigione mediatore immobiliare, poiché l'acquirente era venuto a conoscenza dell'immobile e aveva concluso l'affare grazie all'intervento determinante di una seconda agenzia. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che per maturare il diritto alla provvigione è indispensabile un nesso di causalità adeguato tra l'attività del mediatore e la conclusione effettiva del contratto, nesso che in questo caso era stato interrotto.
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Interpretazione del contratto: la buona fede prevale
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'impresa edile, confermando che l'interpretazione del contratto di appalto per la rimozione di amianto deve basarsi sul principio di buona fede. Sebbene il contratto menzionasse la "rimozione delle lastre", la Corte ha stabilito che l'intenzione comune delle parti era una bonifica integrale, includendo quindi anche la rimozione di tutti i frammenti e residui. La decisione sottolinea che lo scopo dell'opera prevale su una lettura letterale del testo contrattuale.
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Provvigione mediatore: quando è esclusa per nuove trattative
La Corte di Cassazione ha negato il diritto alla provvigione a un mediatore immobiliare poiché la vendita di un immobile si è conclusa a seguito di nuove e autonome trattative, intervenute a distanza di mesi e per l'intervento di un terzo soggetto. La Corte ha stabilito che la ripresa delle negoziazioni su basi completamente diverse, con un prezzo maggiorato e nuove circostanze, interrompe il nesso di causalità tra l'attività originaria del mediatore e la conclusione finale dell'affare, rendendo non dovuta la provvigione mediatore.
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Improcedibilità del ricorso: copia non depositata
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 33954/2024, ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso per il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata. Il caso, originato da una causa di scioglimento di comunione, evidenzia il rigore formale richiesto dall'art. 369 c.p.c., sottolineando che la mancanza di tale adempimento non è sanabile, salvo eccezioni qui non applicabili, portando alla condanna del ricorrente alle spese.
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