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Diritto Immobiliare

Responsabilità professionista delegato: la Cassazione
Una società ha citato per danni un notaio, professionista delegato in una procedura di esecuzione immobiliare, per una presunta vendita illegittima. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la responsabilità del professionista delegato non può essere fatta valere con un'azione di risarcimento autonoma se gli atti contestati rientrano nella delega ricevuta. Gli eventuali vizi dovevano essere fatti valere tramite gli specifici rimedi processuali previsti all'interno della procedura esecutiva stessa, come il reclamo al giudice dell'esecuzione. L'azione di danno è riservata solo ai casi in cui il delegato agisca al di fuori dei poteri conferitigli.
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Ricorso inammissibile: onere della prova in Cassazione
Una garante donava un immobile al figlio. L'istituto di credito creditore agiva con successo in revocatoria. La garante proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che le garanzie prestate da un altro fideiussore fossero sufficienti. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetti procedurali, in particolare per la violazione del principio di autosufficienza, ribadendo che non può riesaminare nel merito le valutazioni dei giudici dei gradi precedenti.
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Risarcimento occupazione illegittima: la prova del danno
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25694/2024, ha affrontato un caso di occupazione illegittima di un immobile durata oltre venticinque anni. La Corte ha stabilito che il risarcimento occupazione illegittima non è automatico (danno in re ipsa), ma richiede che il proprietario fornisca la prova concreta del pregiudizio economico subito, come la perdita di occasioni di locazione. Nel caso di specie, la richiesta di risarcimento è stata rigettata perché i proprietari non hanno allegato né provato alcun elemento a sostegno della loro intenzione di mettere a frutto l'immobile.
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Ratio decidendi: appello inammissibile se non la contesta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, dichiara inammissibile il ricorso presentato da una socia accomandataria condannata in solido con la sua società al pagamento di canoni di locazione non versati. Il motivo principale della decisione risiede nel fatto che il ricorso non ha minimamente scalfito la ratio decidendi della sentenza d'appello, la quale aveva già stabilito la chiarezza e validità della domanda di condanna formulata nei confronti della socia fin dal primo grado. L'impugnazione è stata giudicata totalmente estranea al nucleo della decisione impugnata.
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Decreto di rilascio: quando il giudice eccede i limiti
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo a un decreto di rilascio di un alloggio popolare. La Corte d'Appello aveva annullato il decreto, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, riscontrando un vizio di ultrapetizione. Il giudice di secondo grado aveva fondato la sua decisione sull'illegittimità di un parere amministrativo, un aspetto non sollevato specificamente dall'appellante. La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza, rinviando il caso per un nuovo esame che rispetti i limiti dei motivi di appello.
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Omesso esame fatto decisivo: quando il ricorso è inammissibile
Un complesso caso immobiliare su un contratto preliminare subordinato a un diritto di prelazione. La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso per omesso esame fatto decisivo, dichiarandolo inammissibile quando non si contesta l'omissione di un fatto storico, ma si propone una diversa interpretazione del contratto e delle prove. La Suprema Corte ha confermato che il mancato pagamento del prezzo da parte del prelazionario rende inefficace l'esercizio della prelazione, facendo rivivere gli obblighi del contratto originario.
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Estinzione del processo: accordo tra le parti
Una società immobiliare impugnava in Cassazione la condanna alla demolizione di alcuni edifici per violazione delle distanze legali e di una servitù. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo, portando alla rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, di conseguenza, ha dichiarato l'estinzione del processo, senza pronunciarsi sulle spese, come concordato tra i contendenti.
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Accordo divisione immobile: vale senza firma del coniuge
Una controversia tra fratelli sulla modifica di un accesso comune e l'incorporazione di un androne in una proprietà privata, basata su una scrittura privata. La Cassazione ha confermato la validità dell'accordo di divisione immobile anche senza la firma del coniuge in comunione dei beni, poiché l'immobile, costruito su suolo personale, era stato acquisito per accessione e non rientrava nella comunione legale.
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Usucapione e vendita a terzi: la Cassazione chiarisce
Un soggetto agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento della proprietà di alcuni beni per usucapione. La Corte d'Appello rigetta la domanda per un immobile, ritenendo che la vendita dello stesso da parte dei proprietari a un terzo abbia interrotto il possesso. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito che l'usucapione e vendita a terzi sono eventi distinti: la vendita è un atto ininfluente sul possesso di fatto, che non viene interrotto. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.
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Indennità di esproprio: a chi spetta il pagamento?
Il caso analizza una complessa vicenda legata al pagamento di una indennità di esproprio. Un ente pubblico ha versato la somma al soggetto risultante come proprietario nei registri catastali (creditore apparente), anziché al proprietario effettivo, subentrato a seguito di operazioni societarie non trascritte. Le corti di merito hanno ritenuto legittimo il pagamento, data la buona fede dell'ente. La Corte di Cassazione, infine, ha dichiarato l'estinzione del giudizio per cessata materia del contendere a seguito di un accordo tra le parti, chiudendo la disputa.
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Dicatio ad patriam: strada privata e cavi telefonici
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni proprietari che chiedevano la rimozione di cavi telefonici dal sottosuolo della loro strada privata. La decisione si fonda sul principio della 'dicatio ad patriam', secondo cui i precedenti proprietari, attraverso un piano di lottizzazione, avevano volontariamente destinato la strada a uso pubblico, autorizzando implicitamente l'installazione di tutte le infrastrutture necessarie alla collettività, inclusa la rete telefonica.
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Usucapione distanze legali: la Cassazione conferma
In una controversia tra proprietari confinanti, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25631/2024, ha confermato un principio consolidato: è possibile acquisire tramite usucapione il diritto di mantenere una costruzione a una distanza inferiore a quella prescritta dalla legge o dai regolamenti locali. Tale acquisizione, che si configura come una servitù, stabilizza i rapporti tra privati dopo il decorso di vent'anni, senza tuttavia sanare eventuali violazioni delle norme urbanistiche, che restano soggette al potere sanzionatorio della Pubblica Amministrazione. Il ricorso è stato pertanto rigettato.
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Servitù di metanodotto: non c’è usucapione
Una proprietaria costruisce violando una servitù di metanodotto. La Cassazione chiarisce che il divieto di edificare è un'obbligazione accessoria inscindibile dalla servitù principale. Pertanto, non si estingue per prescrizione né è possibile l'usucapione del diritto a mantenere le opere illecite, che devono essere rimosse.
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Extrapetizione: risarcimento danni oltre la domanda
Una cittadina ha citato in giudizio un Comune per i danni causati da alcuni alberi posti a distanza non regolamentare. La Corte d'Appello aveva aumentato il risarcimento oltre la somma originariamente richiesta. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (extrapetizione), stabilendo che il giudice non può liquidare un importo superiore a quello specificamente domandato dalla parte, a meno che la richiesta non sia formulata in termini meramente indicativi.
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Usucapione: prova del possesso e limiti del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema dell'usucapione, rigettando un ricorso basato sulla contestazione della valutazione delle prove. La Corte ha stabilito che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere un nuovo esame dei fatti o per contestare l'apprezzamento delle prove (come le testimonianze), attività riservata esclusivamente ai giudici di merito. Nel caso specifico, la ricorrente sosteneva che la controparte fosse un semplice detentore del bene (in virtù di un affitto), ma la Corte ha confermato la decisione di merito, ritenendo inammissibile ogni censura volta a una rivalutazione fattuale, consolidando così il principio dell'insindacabilità del convincimento del giudice di merito in sede di legittimità.
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Impossibilità dell’oggetto: quando il contratto è nullo
La Corte di Cassazione conferma la nullità di un contratto preliminare di vendita per impossibilità dell'oggetto. L'accordo prevedeva un cambio di destinazione d'uso di un immobile da deposito ad abitazione senza opere edili, ma la normativa comunale imponeva tali opere, rendendo l'accordo irrealizzabile sin dall'origine. Di conseguenza, il contratto è stato dichiarato nullo e il promittente venditore condannato a restituire la caparra ricevuta.
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Valore causa servitù: come si calcolano le spese
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una proprietaria contro la costituzione di una servitù coattiva per l'accesso a una soffitta. La Corte ha stabilito che la motivazione della Corte d'Appello sulla soluzione tecnica (una botola con scala retrattile) non era apparente. Inoltre, ha chiarito che, ai fini della liquidazione delle spese legali, è valido l'accordo tra le parti sul valore causa servitù, anche se inferiore a quello che risulterebbe dai criteri legali come la rendita catastale. Il ricorso è stato quindi respinto.
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Costruzione sul confine: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un proprietario che chiedeva la demolizione di un'opera del vicino. Oggetto del contendere era una costruzione sul confine, resa legittima da un nuovo piano regolatore. La Corte ha stabilito che non può riesaminare i fatti già accertati in appello, respingendo il ricorso in quanto mero tentativo di ottenere un terzo grado di merito.
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Difetto di motivazione: quando il ricorso è nullo
Una società immobiliare ha citato in giudizio una vicina, ritenendola responsabile della risoluzione anticipata di un contratto di affitto di un ramo d'azienda (ristorante). La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il motivo principale del rigetto è che il ricorso contestava la valutazione dei fatti e delle prove, cercando un inammissibile terzo grado di giudizio, invece di evidenziare un reale difetto di motivazione.
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Azione revocatoria: ricorso in Cassazione inammissibile
Una società creditrice ottiene l'inefficacia di un fondo patrimoniale tramite un'azione revocatoria. Il debitore ricorre in Cassazione, ma il suo appello viene dichiarato inammissibile. La Corte Suprema ribadisce di non poter riesaminare nel merito la valutazione dei fatti, come la sussistenza del credito e l'intento fraudolento, confermando la decisione dei giudici di grado inferiore.
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