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Diritto Immobiliare

Delibera condominiale: nullità e annullabilità
Una condomina si oppone a un decreto ingiuntivo per spese condominiali, sostenendo la nullità della delibera condominiale sottostante. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo un principio fondamentale: i vizi relativi alla ripartizione delle spese o alla mancata contabilizzazione di versamenti rendono la delibera annullabile, non nulla. Di conseguenza, l'impugnazione deve avvenire entro il termine perentorio di 30 giorni, ormai scaduto nel caso di specie.
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Delibera condominiale nulla: quando e come impugnarla?
Due condomini si opponevano a un decreto ingiuntivo per spese condominiali, sostenendo l'invalidità della notifica e la nullità della delibera di approvazione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che una delibera condominiale nulla è un'ipotesi residuale, mentre nel caso di specie si trattava di annullabilità, e l'impugnazione era tardiva. Anche il vizio di notifica è stato ritenuto sanato dalla costituzione in giudizio delle parti.
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Servitù per futuro edificio: prescrizione decennale
Una proprietaria contestava la costruzione di una veranda da parte dei vicini, realizzata in virtù di un vecchio accordo. La Corte di Cassazione ha stabilito che la concessione di una servitù per futuro edificio (art. 1029, co. 2, c.c.) non crea un diritto reale immediato, ma un rapporto obbligatorio. Di conseguenza, tale diritto è soggetto alla prescrizione ordinaria di dieci anni, decorrente dalla data dell'accordo e non dal momento della costruzione, annullando la decisione della Corte d'Appello che aveva applicato il termine ventennale dei diritti reali.
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Opposizione di terzo: la tutela del diritto ignorato
Un proprietario, rimasto estraneo a un giudizio tra i suoi vicini, proponeva opposizione di terzo contro la sentenza che, ordinando la chiusura di un cancello, di fatto intercludeva il suo fondo. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, cassando la decisione di merito. Si è chiarito che, sebbene il terzo fosse legittimato a proporre l'opposizione, la Corte d'Appello aveva erroneamente dato per scontata l'esistenza del suo diritto di passaggio, senza verificarla sulla base dei titoli. La causa è stata rinviata per un nuovo esame che accerti l'effettiva titolarità della servitù vantata.
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Tipo di frazionamento: decisivo per i confini
In una disputa sul regolamento dei confini, la Corte di Cassazione ha stabilito che il "tipo di frazionamento" a cui entrambi gli atti di acquisto fanno riferimento non è un semplice dato catastale, ma un elemento negoziale vincolante. Ignorarlo, come fatto dalla Corte d'Appello, costituisce un errore. La sentenza ha chiarito che quando due lotti derivano da un unico appezzamento originario e i rispettivi titoli di proprietà richiamano lo stesso piano di divisione, tale documento diventa fondamentale per l'interpretazione della volontà delle parti e per la determinazione esatta del confine.
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Usucapione vialetto: la Cassazione conferma il diritto
Un museo ha ottenuto il riconoscimento della comproprietà di un'area di passaggio per usucapione, basandosi sull'uso pacifico e continuato per oltre vent'anni. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del proprietario formale, confermando la decisione. La sentenza chiarisce la distinzione tra giudizio possessorio e petitorio, ribadendo che la valutazione delle prove sull'effettivo possesso, necessario per l'usucapione del vialetto, spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è logica e completa.
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Arricchimento senza causa: indennizzo senza profitto
Una società immobiliare esegue lavori extra-contratto per un ente pubblico. La Cassazione, decidendo sul ricorso per arricchimento senza causa, stabilisce che l'indennizzo dovuto dall'ente arricchito deve coprire solo i costi effettivi sostenuti dalla società, escludendo qualsiasi margine di profitto o utile d'impresa. Il caso viene rinviato per la rideterminazione dell'importo.
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Usucapione tra coeredi: la Cassazione chiarisce
Un coerede ottiene la proprietà di un immobile ereditario per usucapione, dimostrando un possesso esclusivo e continuato per decenni. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21135/2024, ha respinto il ricorso degli altri eredi, i quali sostenevano si trattasse di mera tolleranza dovuta ai legami familiari. La Corte ha stabilito che la lunga durata del possesso e i lavori di miglioria sull'immobile sono prove decisive che escludono la tolleranza, confermando così l'avvenuta usucapione tra coeredi.
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Immissioni rumorose: quando manca l’interesse ad agire
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21134/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni residenti contro un supermercato per immissioni rumorose. La decisione si fonda sul principio del difetto di interesse ad agire: poiché le perizie tecniche avevano già accertato che i rumori non superavano la soglia di normale tollerabilità, qualsiasi discussione sulla legittimazione ad agire dei ricorrenti è stata ritenuta irrilevante. In sostanza, anche se avessero avuto il diritto di fare causa, la loro domanda sarebbe stata comunque respinta nel merito.
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Danno da occupazione: non è in re ipsa, serve prova
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21130/2024, ha esaminato un caso di compravendita immobiliare contestata. Pur rigettando la richiesta del venditore di rescindere il contratto per lesione a causa della mancanza di prove scritte, ha accolto il motivo di ricorso relativo al risarcimento del danno. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il danno da occupazione senza titolo non è presunto (in re ipsa), ma deve essere specificamente provato dal proprietario, dimostrando la concreta perdita di opportunità di guadagno, come la mancata locazione del bene.
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Vendita fallimentare: nullità e rimedi per i terzi
Una società alberghiera, acquirente di un immobile da una procedura fallimentare, agiva in giudizio per l'accertamento di una servitù di passaggio. I proprietari del fondo vicino contestavano la titolarità del diritto, eccependo la nullità del decreto di trasferimento per presunte violazioni delle norme sulla competitività della vendita fallimentare. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che i vizi procedurali interni alla procedura concorsuale (vizi endofallimentari) devono essere fatti valere con gli appositi rimedi previsti dalla legge fallimentare (reclamo), e non possono essere invocati da terzi in un autonomo giudizio per invalidare l'acquisto, proteggendo così la stabilità delle vendite giudiziarie.
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Compenso CTU e aumento: la Cassazione chiarisce
In una causa successoria, alcuni eredi hanno contestato il compenso CTU, lamentando la decadenza del diritto al pagamento e l'illegittimità di una maggiorazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la determinazione dell'onorario, inclusi gli aumenti previsti dalla tariffa, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la doglianza sulla tardività della perizia, poiché sollevata per la prima volta in sede di legittimità.
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Abuso diritto di abitazione: chi può agire in giudizio?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21125/2024, chiarisce un punto fondamentale sull'abuso del diritto di abitazione. Un nuovo proprietario che acquista un immobile all'asta, consapevole della presenza di difformità edilizie, non può chiedere la cessazione del diritto di abitazione per tali abusi preesistenti. Il diritto di agire per il danno spetta solo a chi era proprietario al momento in cui le irregolarità sono state commesse. La Corte ha quindi cassato la sentenza d'appello, affermando che il nuovo proprietario ha acquistato il bene nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, senza subire alcun pregiudizio per le difformità già note.
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Uso della cosa comune: limiti e servitù di veduta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21117/2024, ha chiarito i limiti dell'uso della cosa comune. Nel caso di una lite tra fratelli comproprietari di un terreno, è stato stabilito che l'apertura di finestre e terrazzi da una proprietà esclusiva su un'area comune non rientra nell'uso consentito dall'art. 1102 c.c., ma costituisce l'imposizione di una servitù di veduta. Tale servitù è illegittima se non costituita con il consenso di tutti i comproprietari e in forma scritta, pertanto la Corte ha confermato l'ordine di rimozione delle opere.
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Deroga distanze legali: quando non si applica?
La Cassazione chiarisce che la deroga distanze legali, prevista per i piani di recupero urbano, non si applica se solo uno dei due edifici confinanti è incluso nel piano. La Corte ha cassato la sentenza d'appello solo per l'omessa pronuncia sulla domanda di manleva, confermando la condanna all'arretramento della costruzione.
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Canone demaniale marittimo: calcolo e opere
Una società di gestione portuale ha contestato l'aumento del canone demaniale marittimo imposto dalla Finanziaria 2007, sostenendo che il calcolo includeva erroneamente le aree con opere da essa realizzate. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, poiché la società non ha fornito nel ricorso i documenti necessari a dimostrare l'errore di calcolo dell'amministrazione. La decisione sottolinea l'importanza dei requisiti procedurali formali nei ricorsi.
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Onere della prova nella chiamata di terzo: una guida
Una conduttrice, citata in giudizio per canoni di locazione non pagati, ha chiamato in causa la società cessionaria del suo ramo d'azienda chiedendo di essere tenuta indenne. Sia la Corte d'Appello che la Cassazione hanno rigettato le sue pretese, stabilendo un principio fondamentale sull'onere della prova nella chiamata di terzo: la parte che agisce in rivalsa deve fornire prove concrete dei fatti a fondamento della propria domanda, senza poter fare affidamento sui poteri istruttori del giudice per colmare le proprie lacune probatorie. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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Canone alloggi di servizio: la Cassazione decide
Un dipendente pubblico ha contestato l'aumento retroattivo dell'affitto per il suo alloggio di servizio. La Corte di Cassazione ha affrontato la complessa questione di come determinare il corretto canone alloggi di servizio. Ha stabilito che, sebbene la legge sull'equo canone sia stata superata, i suoi principi continuano ad applicarsi ai rapporti esistenti fino a quando la Pubblica Amministrazione non ridetermina formalmente il canone secondo i nuovi criteri di mercato. Di conseguenza, la decisione della Corte d'Appello è stata annullata.
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Sfratto alloggi popolari: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un inquilino di un alloggio popolare avverso la sentenza che confermava lo sfratto per morosità. La decisione si fonda su vizi procedurali del ricorso, come la mancata specificità dei motivi e l'incapacità di confrontarsi con le motivazioni della sentenza d'appello. La Corte ribadisce la validità della procedura speciale per lo sfratto alloggi popolari e sottolinea che, una volta avviato il giudizio di opposizione, eventuali vizi della fase monitoria diventano irrilevanti.
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Ritardata restituzione: l’inquilino non è responsabile
La Corte di Cassazione ha analizzato un caso di ritardata restituzione di un immobile locato. I locatori avevano citato in giudizio i conduttori poiché, alla scadenza del contratto, un terzo soggetto era rimasto all'interno dell'appartamento. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno respinto la richiesta dei locatori, stabilendo che i conduttori avevano adempiuto al loro obbligo offrendo seriamente la riconsegna del bene, libero dai loro effetti personali. La Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso dei proprietari, in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti e non a contestare errori di diritto.
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