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Diritto Immobiliare

Azione revocatoria: la prova del consilium fraudis
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19993/2025, affronta un caso di azione revocatoria. Un'agenzia di riscossione ha agito per revocare una vendita immobiliare ritenuta fraudolenta. Nonostante il bene fosse stato rivenduto a terzi, la Corte ha confermato l'interesse ad agire del creditore. Tuttavia, ha cassato la decisione di merito perché la prova dell'intento fraudolento (consilium fraudis) si basava su una catena di presunzioni troppo debole, in particolare sulla presunta parentela tra gli amministratori delle società coinvolte.
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Valore della causa: come si calcolano le spese legali
Una società ha citato in giudizio un Comune per il risarcimento di un danno milionario. La causa è stata respinta per difetto di giurisdizione, ma la società è stata condannata a pagare ingenti spese legali. La Cassazione ha confermato che il calcolo delle spese si basa sul valore della causa, cioè sulla somma richiesta, anche se la decisione non entra nel merito della questione. Questo principio, noto come 'disputatum', è fondamentale per determinare i costi di un procedimento legale.
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COSAP su area privata: quando è dovuto il canone
Un condominio si opponeva a una richiesta di pagamento del COSAP per griglie e intercapedini su un'area ritenuta privata. Dopo le vittorie nei primi due gradi di giudizio, il Comune ha portato il caso in Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, specificando che il COSAP su area privata è dovuto solo in presenza di una servitù di pubblico passaggio. Poiché nei gradi di merito non era stata provata tale natura dell'area, la richiesta del canone è stata ritenuta illegittima, confermando la decisione a favore del condominio.
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Onere della prova e danno: il ricorso inammissibile
Un'impresa edile ha citato in giudizio i promissari acquirenti di un immobile per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'asserita occupazione illegittima, a seguito della dichiarazione di nullità del contratto preliminare. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ribadito che l'onere della prova del danno spetta a chi lo richiede, e la società ricorrente non è riuscita a dimostrare né l'effettiva occupazione dell'immobile, né l'esistenza di un concreto pregiudizio economico.
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Carenza di interesse: appello inammissibile
Una società immobiliare ha impugnato una decisione relativa alle spese legali di un giudizio di revocazione. Tuttavia, la Corte di Cassazione, in un diverso procedimento, ha annullato la sentenza principale oggetto della revocazione. Di conseguenza, l'attuale ricorso è stato dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l'annullamento del giudizio principale ha travolto anche quello accessorio sulla revocazione e le relative spese.
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Risarcimento esproprio: no agli indici ISTAT per il valore
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21545/2025, ha stabilito due principi fondamentali in materia di risarcimento esproprio. In primo luogo, ha dichiarato illegittimo il calcolo del valore di un immobile basato sull'applicazione retroattiva degli indici ISTAT, poiché questi non riflettono l'andamento del mercato immobiliare. In secondo luogo, ha confermato che il termine di prescrizione per l'indennità di occupazione legittima è decennale e non quinquennale. La vicenda riguarda un proprietario che ha subito un'occupazione d'urgenza mai seguita da un decreto di esproprio.
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Efficacia probatoria quietanza: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato l'efficacia probatoria della quietanza di pagamento come prova piena dell'avvenuta transazione. In un caso di compravendita immobiliare, le venditrici sostenevano di non aver ricevuto il prezzo pattuito, nonostante avessero firmato delle quietanze. La Corte ha stabilito che tali documenti, se non disconosciuti tempestivamente o contestati con una querela di falso ammissibile, hanno valore di confessione stragiudiziale e sono sufficienti a dimostrare il pagamento, anche a fronte della mancata produzione di documentazione bancaria da parte dell'acquirente.
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Spese consulenza tecnica: chi paga nella divisione?
La Corte di Cassazione ha affrontato un caso di divisione immobiliare tra due fratelli, respingendo i motivi relativi all'indivisibilità del bene e alla costituzione di una servitù. Ha però accolto il ricorso sul punto cruciale delle spese di consulenza tecnica, stabilendo che queste devono essere ripartite tra tutti i condividenti in proporzione alle loro quote, poiché sostenute nell'interesse comune della massa da dividere, e non addebitate a una sola parte.
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Canone telecomunicazioni: limiti su beni disponibili?
Una società di telecomunicazioni si oppone al pagamento di un canone di locazione a un Comune per l'installazione di antenne su un terreno del patrimonio disponibile. La Corte d'Appello aveva dato ragione al Comune, ritenendo non applicabile il divieto di imporre oneri aggiuntivi previsto per gli operatori del settore. La Corte di Cassazione, vista la novità e la rilevanza della questione sul canone telecomunicazioni, ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita, senza ancora risolvere il merito della controversia.
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Insolvenza società in liquidazione: la Cassazione
Una società immobiliare in liquidazione ha impugnato la dichiarazione di fallimento, sostenendo che per le società in tale stato l'insolvenza vada valutata diversamente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che non esiste una distinzione nel concetto di insolvenza. Anche per una società in liquidazione, lo stato di insolvenza sussiste quando il patrimonio attivo non è sufficiente a soddisfare integralmente tutti i creditori. La Corte ha inoltre ribadito che l'onere di dimostrare la capacità di far fronte ai debiti grava sulla società debitrice, la quale non era riuscita a fornire prove attendibili del valore del proprio patrimonio.
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Nomina amministratore supercondominio: la decisione
Un proprietario ha richiesto la nomina giudiziale di un amministratore per le parti comuni di un supercondominio (impianto fognario, pompe e accessi ai garage) che ne era sprovvisto. Diversi altri condomini hanno sostenuto la richiesta. Il Tribunale di Venezia, constatata l'effettiva esistenza di un supercondominio e la necessità di una gestione, ha accolto il ricorso e proceduto alla nomina di un amministratore, fornendo precise indicazioni per la corretta gestione futura.
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Usucapione servitù distanze: quando è possibile?
Una proprietaria ha citato in giudizio la vicina per una costruzione realizzata a distanza non regolamentare dal confine. La vicina ha eccepito con successo l'usucapione servitù distanze, dimostrando che l'edificio esisteva da oltre vent'anni. La Corte di Cassazione ha confermato che tale diritto può essere acquisito per usucapione, chiarendo il valore probatorio delle dichiarazioni rese in sede di condono edilizio e i termini processuali per la contestazione dei fatti.
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Indennità di occupazione: chi paga? Cassazione chiarisce
Una società proprietaria di un terreno, occupato per la realizzazione di un'opera pubblica, ha richiesto il pagamento dell'indennità di occupazione alla società concessionaria e al Ministero. La concessionaria sosteneva di non essere più responsabile a seguito di modifiche contrattuali. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità solidale di entrambi i soggetti, stabilendo che gli accordi interni tra concedente e concessionario non possono modificare la posizione di quest'ultimo quale beneficiario dell'espropriazione nei confronti del proprietario del suolo. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la domanda di manleva della concessionaria verso il Ministero nel giudizio specifico per la determinazione dell'indennità.
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Contratto preliminare e fallimento: tutela acquirente
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito un principio cruciale a tutela del promittente acquirente di un immobile. Nel caso di specie, una società venditrice, dopo aver incassato l'intero prezzo ed immesso l'acquirente nel possesso del bene, era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, chiedendo poi lo scioglimento del contratto preliminare. La Suprema Corte ha chiarito che il contratto preliminare non può essere sciolto se una delle parti (in questo caso l'acquirente) ha già eseguito interamente la propria prestazione principale. La vicenda chiarisce la nozione di "contratto pendente" nel contesto del contratto preliminare e fallimento, rafforzando la posizione di chi adempie ai propri obblighi prima della crisi dell'altra parte.
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Impossibilità sopravvenuta: quando è inammissibile?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società che aveva smesso di pagare il canone di locazione a seguito del sequestro di un'area adiacente. L'ordinanza chiarisce che l'impossibilità sopravvenuta non si applica alle obbligazioni pecuniarie, in base al principio 'genus numquam perit'. Il conduttore non può unilateralmente sospendere i pagamenti, ma al massimo recedere per giusta causa. Il ricorso è stato respinto anche per la novità delle domande e la mancanza di specificità dei motivi.
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Risoluzione contratto: serve la firma di entrambi
Un promissario acquirente consegna assegni non firmati. I tribunali di merito ritengono vi sia una risoluzione del contratto per mutuo consenso basata su una nota unilaterale successiva. La Corte di Cassazione chiarisce che la risoluzione del contratto preliminare richiede un accordo scritto e firmato da entrambe le parti, annullando la decisione e rinviando per una nuova valutazione degli inadempimenti reciproci.
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Rinuncia al ricorso: niente raddoppio del contributo
Una società immobiliare aveva ottenuto in appello il rigetto della domanda di indennizzo avanzata da due imprese edili a seguito del recesso da un contratto d'appalto. La società cessionaria del credito ha proposto ricorso in Cassazione ma, prima dell'udienza, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. A seguito della formale rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, la Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, chiarendo che in questi casi non si applica il raddoppio del contributo unificato, essendo una misura sanzionatoria di stretta interpretazione.
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Indennità di occupazione: chi paga? Cassazione chiarisce
Una società agricola ha richiesto l'indennità di occupazione per un terreno utilizzato per la costruzione di un'opera pubblica da parte di una società concessionaria e del Ministero. Poiché la procedura di esproprio non è stata completata, è sorta una controversia su chi fosse il soggetto tenuto al pagamento. La Corte di Cassazione ha stabilito la responsabilità solidale di entrambi, concessionario ed ente pubblico concedente, affermando che gli accordi interni tra di loro non possono scaricare la responsabilità verso il proprietario del terreno danneggiato. La decisione chiarisce che chiunque eserciti poteri espropriativi, anche se delegato, è responsabile per l'indennità di occupazione.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia chiude il caso
Una lunga disputa legale tra un proprietario e una società costruttrice, relativa alla violazione delle distanze tra edifici, si è conclusa davanti alla Corte di Cassazione. Dopo una condanna al risarcimento danni in appello, le parti hanno presentato ricorsi incrociati. Tuttavia, un accordo extragiudiziale ha portato alla rinuncia reciproca agli atti, determinando l'estinzione del giudizio e ponendo fine alla controversia senza una decisione nel merito.
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Delibera supercondominio: annullabilità, non nullità
La Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale sulla validità della delibera supercondominio. In un caso riguardante la mancata nomina del rappresentante di un edificio in un supercondominio con più di 60 partecipanti, la Suprema Corte ha stabilito che tale vizio procedurale non comporta la nullità della delibera, bensì la sua semplice annullabilità. La decisione ribalta i giudizi di merito e specifica che la sanzione per la mancata nomina è il ricorso all'autorità giudiziaria per la designazione, non l'invalidità assoluta delle decisioni prese. Viene inoltre precisato che un singolo condomino può impugnare la delibera solo se il rappresentante del suo edificio era assente, dissenziente o astenuto.
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