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Diritto Immobiliare

Indennità di esproprio: interessi e prescrizione
La Corte di Cassazione si pronuncia sul tema dell'indennità di esproprio, specificando il momento di decorrenza della prescrizione per gli interessi compensativi. Il caso riguardava un'indennità aggiuntiva il cui pagamento era subordinato a un'autorizzazione regionale. La Corte ha stabilito che la prescrizione inizia a decorrere non dalla data dell'accordo, ma dal momento in cui l'autorizzazione viene rilasciata, poiché solo allora il diritto può essere legalmente fatto valere. Viene rigettato il ricorso del consorzio espropriante, confermando la sua responsabilità al pagamento.
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Indennità di espropriazione: chi è il proprietario?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha affrontato un caso di determinazione dell'indennità di espropriazione per la realizzazione di un'opera ferroviaria. La società espropriante aveva contestato la decisione della Corte d'Appello su diversi punti, tra cui la titolarità di una strada vicinale e la valutazione dei terreni. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo principi chiave: nei procedimenti di esproprio, fa fede l'intestatario catastale per garantire la celerità della procedura, senza che ciò configuri un litisconsorzio necessario con altri potenziali proprietari. Inoltre, la valutazione dei terreni, anche se soggetti a vincoli, deve considerare il loro potenziale economico effettivo, e tale valutazione di merito non è sindacabile in sede di legittimità.
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Legittimazione passiva appalto: a chi fare causa?
Un committente cita in giudizio un imprenditore individuale per vizi nella costruzione di una villa. La Cassazione conferma la decisione d'appello che rigetta la domanda, stabilendo che il contratto era stato stipulato con una S.r.l. e non con la persona fisica. L'ordinanza sottolinea l'importanza della corretta identificazione della parte convenuta (legittimazione passiva appalto) e i rigidi termini per la produzione delle prove, chiarendo che l'onere di provare chi sia il corretto debitore spetta a chi agisce in giudizio.
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Risoluzione contratto di leasing: sorte del subaffitto
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un subconduttore che occupava un immobile dopo la risoluzione del contratto di leasing principale. La Corte ha ribadito che il contratto di sublocazione è un rapporto derivato e la sua sorte dipende da quella del contratto principale. Pertanto, con la risoluzione contratto di leasing, anche il subaffitto cessa di avere efficacia, e il subconduttore è tenuto al rilascio dell'immobile, non potendo opporre il proprio titolo al concedente.
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Azione revocatoria: bene ipotecato e pregiudizio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17479/2025, ha rigettato il ricorso di un debitore che aveva conferito i propri beni immobili in una società per sottrarli ai creditori. La Corte ha chiarito che l'azione revocatoria è ammissibile anche se i beni sono gravati da ipoteca, poiché il pregiudizio per il creditore (eventus damni) consiste anche solo nel rendere più incerta o difficile la soddisfazione del credito. La valutazione del pregiudizio va fatta con una prognosi futura, considerando che le ipoteche possono essere modificate o estinte. È stata inoltre confermata la consapevolezza del debitore di arrecare danno ai creditori, respingendo l'argomentazione che l'atto fosse finalizzato a pagare un debito scaduto.
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Distanze legali: i balconi vanno calcolati?
Un'impresa edile costruisce troppo vicino al confine, sostenendo che un piano urbanistico prevedesse una strada e che i balconi non dovessero essere contati. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che le previsioni urbanistiche non modificano la proprietà privata e che i balconi non meramente decorativi rientrano nel calcolo delle distanze legali, poiché la normativa nazionale prevale su quella locale.
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Sequestro giudiziario: quando non è concesso?
La Corte d'Appello di Roma ha respinto la richiesta di sequestro giudiziario di un immobile. I proprietari lo avevano chiesto per eseguire lavori di ripristino ordinati dal Comune. La Corte ha ritenuto insussistenti sia il 'fumus boni iuris' che il 'periculum in mora', poiché la controparte aveva già documentato l'avvenuta sistemazione dell'area, facendo venir meno l'urgenza.
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Sequestro conservativo: quando il periculum non basta
La Corte d'Appello di Roma ha rigettato una richiesta di sequestro conservativo su una cospicua somma derivante da una vendita all'asta. Gli eredi di un venditore, pur avendo ottenuto una sentenza (non definitiva) di risoluzione del contratto di vendita, non hanno potuto ottenere la misura cautelare perché non hanno dimostrato il 'periculum in mora', ovvero il concreto rischio che la controparte disperdesse il proprio patrimonio in attesa della decisione finale.
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Sospensione sentenza: quando è manifestamente infondata
La Corte d'Appello di Roma ha respinto un'istanza di sospensione sentenza, ritenendo i motivi d'appello, relativi a una servitù di passaggio e alle spese legali, non manifestamente fondati. La Corte ha inoltre stabilito che l'appellante non ha fornito prova di un rischio di danno grave e irreparabile (periculum in mora), requisito essenziale per la concessione della sospensiva.
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Sospensione efficacia esecutiva: quando è negata?
La Corte d'Appello di Roma ha rigettato un'istanza di sospensione efficacia esecutiva di una sentenza che ordinava il rilascio di un immobile. La decisione si fonda sulla mancanza di prove evidenti di fondatezza dell'appello (fumus boni juris) e sull'assenza di un danno grave e irreparabile (periculum in mora). Il rischio di trasformazione del bene è stato ritenuto una mera eventualità, e il credito per miglioramenti non è stato considerato motivo valido per la sospensione.
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Regolamento competenza: inammissibile se interlocutorio
La Cassazione dichiara inammissibile un regolamento di competenza contro un'ordinanza che rigetta un'eccezione di incompetenza, poiché la decisione ha natura interlocutoria e non definitiva. Inoltre, ribadisce che le cause su contratti di locazione sono di competenza esclusiva del Tribunale, a prescindere dal valore.
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Risarcimento danni immobile: la prova del danno concreto
Un acquirente ha scoperto difetti acustici in un immobile che è stato successivamente venduto all'asta. Ha citato in giudizio la compagnia assicuratrice per ottenere un indennizzo. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento danni immobile, confermando che l'attore non è riuscito a dimostrare una perdita finanziaria concreta derivante dal difetto. Il solo costo della riparazione non costituisce una prova sufficiente del danno quando l'immobile è stato alienato.
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Garanzia vizi immobile: la parola del venditore conta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17080/2025, ha confermato la condanna dell'erede del venditore a risarcire gli acquirenti per abusi edilizi non dichiarati. Il caso riguarda l'acquisto di un immobile con un piano sopraelevato abusivo, nonostante nel rogito fosse garantita la piena conformità alla licenza edilizia. La Corte ha ribadito che la garanzia vizi immobile prevale quando l'acquirente fa affidamento sulle dichiarazioni del venditore, a meno che non sia provata la sua conoscenza effettiva del difetto. La semplice disponibilità del bene prima dell'acquisto non è sufficiente a dimostrare tale conoscenza.
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Giurisdizione giudice ordinario per locazioni con Enti
Una cittadina contesta la natura di un contratto di locazione con un Comune, che lo considera una concessione amministrativa. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18392/2025, ha stabilito la giurisdizione del giudice ordinario per decidere sulla natura del bene e del rapporto, affermando che la domanda verte su diritti soggettivi.
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Sentenza non definitiva: quando vincola il giudice?
In un caso di risarcimento del danno per occupazione illegittima di terreni da parte di un ente pubblico, la Cassazione chiarisce la natura della sentenza non definitiva. I proprietari di alcuni fondi, occupati e trasformati irreversibilmente da un Comune, avevano ottenuto in appello una rideterminazione del risarcimento. Avevano però impugnato la decisione finale, sostenendo che la Corte d'appello avesse contraddetto una propria precedente sentenza non definitiva sul criterio di calcolo del valore. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che una sentenza non definitiva che si limita a indicare un metodo di stima o la necessità di nuove indagini peritali ha natura ordinatoria e non decisoria. Pertanto, non acquista efficacia di giudicato interno e può essere modificata dal giudice nel prosieguo del giudizio, senza vincolare la decisione finale sulla quantificazione del danno.
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Litispendenza e giudicato: l’errore del Tribunale
La Cassazione ha annullato un'ordinanza che dichiarava la litispendenza tra una causa in corso e una già definita con sentenza passata in giudicato. Il Tribunale aveva errato, poiché la litispendenza presuppone la contemporanea pendenza di due giudizi identici, mentre in presenza di un giudicato si applica un'altra preclusione. Il caso è stato rinviato al giudice di primo grado.
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Opposizione decreto ingiuntivo: il caso condominiale
La Corte di Cassazione esamina un caso di opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di un condominio per il recupero di oneri non pagati. Un condomino ha contestato il provvedimento, dando il via a un percorso giudiziario che ha visto un parziale accoglimento in primo grado e un rigetto in appello. La vicenda mette in luce le dinamiche processuali e le difese esperibili in materia di spese condominiali.
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Onere della prova COSAP: Comune deve dimostrare proprietà
Un comune richiedeva il pagamento del canone di occupazione di suolo pubblico (COSAP) a una società per le sue installazioni in un'area montana. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del comune, stabilendo che l'onere della prova della proprietà del suolo, quale bene demaniale o del patrimonio indisponibile, grava sull'ente pubblico. In assenza di tale prova, la pretesa di pagamento è illegittima.
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Giudicato sopravvenuto nel rinvio: va considerato
Una società costruttrice, condannata al risarcimento per inadempimento di un preliminare, ottiene una sentenza che dichiara falsa la firma sul contratto. La Cassazione chiarisce che tale giudicato sopravvenuto deve essere obbligatoriamente considerato dal giudice di rinvio, anche se la causa era stata rinviata solo per la quantificazione del danno, portando alla cassazione della decisione impugnata.
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Spese di gestione: l’obbligo del socio non cessa
La Corte di Cassazione ha stabilito che un socio di una società di gestione portuale non può sottrarsi all'obbligo di pagare le spese di gestione semplicemente rinunciando all'utilizzo del posto barca. L'obbligazione deriva dallo status di socio e dalla titolarità del diritto all'uso, non dall'effettivo godimento del bene. La Corte ha ritenuto infondato il ricorso, confermando che l'unico modo per estinguere tale obbligo è cedere la propria partecipazione societaria.
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