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Diritto Immobiliare

Clausola di manleva: esclusi gli indennizzi da atto lecito
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società ferroviaria contro la decisione di appello. La Corte ha confermato che una clausola di manleva in un contratto per opere pubbliche, che copre i 'danni contrattuali ed extracontrattuali', non si estende all'indennizzo dovuto a terzi per un pregiudizio derivante da un'attività lecita della Pubblica Amministrazione. L'interpretazione del contratto da parte del giudice di merito è stata ritenuta plausibile e non sindacabile in sede di legittimità.
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Presunzione di possesso: basta coltivare un fondo?
Un imprenditore agricolo si è visto negare i contributi comunitari poiché l'ente erogatore ha rilevato una duplice richiesta sugli stessi terreni. L'imprenditore ha agito in giudizio sostenendo il suo diritto basato sulla coltivazione del fondo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la semplice coltivazione non prova il possesso necessario per i contributi, ma configura una mera detenzione. La decisione si è basata anche sulle risultanze di un precedente giudizio penale, superando la presunzione di possesso invocata dal ricorrente.
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Domanda subordinata: la Cassazione chiarisce i limiti
Un gruppo di cittadini ha citato in giudizio un'azienda agricola a causa di immissioni odorigene intollerabili. I cittadini avevano richiesto in via principale la cessazione delle immissioni e, solo in via subordinata, il pagamento di un'indennità per il deprezzamento dei loro immobili. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, stabilendo che, una volta accolta la domanda principale (la cessazione delle immissioni), il giudice non può pronunciarsi sulla domanda subordinata, in quanto la sua condizione di procedibilità non si è verificata. La sentenza sottolinea l'importanza di una corretta formulazione delle domande in giudizio.
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Estinzione tipica: l’errore che può costare caro
Dei debitori si oppongono a un pignoramento immobiliare sostenendo che il creditore abbia iscritto a ruolo l'atto in ritardo. Il tribunale rigetta l'opposizione perché presentata fuori termine. La Corte di Cassazione, però, chiarisce un punto fondamentale: il ritardo nell'iscrizione a ruolo causa una "estinzione tipica" del processo esecutivo. La contestazione di tale vizio non va fatta con un'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), ma con un reclamo specifico (art. 630 c.p.c.). Avendo i debitori utilizzato lo strumento sbagliato, la Corte cassa la sentenza, evidenziando come l'errore procedurale abbia reso l'azione inammissibile sin dall'inizio.
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Responsabilità amministratore condominio: quando è lecita?
Un condomino ha citato in giudizio l'amministratore del proprio condominio, chiedendo un risarcimento per presunta responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, inclusa la diffamazione. La richiesta era basata su comunicazioni ritenute lesive della reputazione inviate dall'amministratore agli altri condomini riguardo a presunte morosità. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno respinto la domanda. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, dichiarando il ricorso inammissibile e infondato. La Suprema Corte ha chiarito che la comunicazione di morosità ai condomini rientra nei doveri informativi dell'amministratore e non costituisce diffamazione, specialmente quando la critica si inserisce in un contesto di gestione condominiale. La decisione è stata rafforzata dal principio della "doppia conforme", che limita la possibilità di riesaminare i fatti in sede di legittimità.
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Notifica ex soci: ricorso improcedibile per società UK
La Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile un ricorso in un caso di esecuzione immobiliare. Il ricorrente aveva notificato l'atto agli ex soci di una società di diritto britannico (LLP) che, nel frattempo, si era estinta. La Corte ha stabilito che la notifica era nulla, poiché secondo la legge britannica applicabile, i beni di una LLP disciolta non passano agli ex soci, ma diventano "bona vacantia" e vengono devoluti alla Corona. Di conseguenza, la notifica agli ex soci è stata eseguita a soggetti privi di legittimazione, rendendo l'intero ricorso non esaminabile nel merito.
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Impugnazione sentenza: come e quando farla bene
Una parte debitrice, a seguito di un pignoramento immobiliare, proponeva opposizione contro il decreto di trasferimento. Il tribunale qualificava l'azione come "opposizione agli atti esecutivi" e la rigettava. La parte soccombente proponeva appello, ma la Corte d'Appello lo dichiarava inammissibile. La Cassazione ha confermato tale decisione, ribadendo che la scelta del mezzo di impugnazione sentenza dipende dalla qualificazione giuridica data dal primo giudice (principio dell'apparenza), anche se errata. Poiché le sentenze su opposizioni agli atti esecutivi sono ricorribili solo in Cassazione, l'appello era lo strumento sbagliato, rendendo l'impugnazione inammissibile.
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Azione Revocatoria: quando la vendita è inefficace
Un creditore ottiene l'inefficacia della vendita di un immobile tramite azione revocatoria. La Cassazione conferma che l'intento fraudolento dell'acquirente può essere provato tramite presunzioni, come la permanenza del debitore nell'abitazione venduta. La sentenza chiarisce i requisiti probatori per tutelare le ragioni del creditore.
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Prezzo vendita immobili pubblici: la Cassazione decide
Un ente previdenziale ha venduto un immobile a ex inquilini. Questi hanno contestato il prezzo, ritenendolo superiore a quanto previsto dalla legge sulla dismissione del patrimonio pubblico. I tribunali di merito hanno dato loro ragione, ordinando la restituzione dell'eccedenza. La Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso dell'ente. La Corte ha stabilito che per il calcolo del prezzo di vendita degli immobili pubblici si deve applicare il coefficiente di abbattimento vigente al momento dell'offerta di opzione, respingendo l'applicazione retroattiva di una norma successiva.
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Prezzo di vendita immobili: il coefficiente corretto
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, stabilendo che per il calcolo del prezzo di vendita immobili di enti previdenziali agli ex inquilini, deve essere applicato il coefficiente di abbattimento vigente al momento dell'offerta di opzione. L'ente previdenziale, che aveva applicato un coefficiente meno favorevole, è stato condannato a restituire le somme versate in eccesso. La Corte ha inoltre respinto la tesi dell'ente secondo cui una legge successiva dovesse applicarsi retroattivamente, chiarendo la sua natura non interpretativa. La decisione si fonda anche sul principio di non contestazione, poiché l'ente non aveva specificamente contestato i calcoli presentati dagli acquirenti in primo grado.
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Prova della proprietà: il certificato negativo basta?
In una causa di restituzione immobiliare, la Corte di Cassazione chiarisce che per contestare il titolo di proprietà dell'attore, il convenuto non può limitarsi a produrre un certificato catastale attestante l'assenza di beni intestati al dante causa. Tale documento, da solo, è insufficiente a fornire la prova della proprietà o della nullità del titolo. La Corte ha quindi respinto il ricorso, confermando che l'onere di dimostrare l'invalidità dell'atto di acquisto grava su chi la eccepisce.
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Prezzo vendita immobili pubblici: quale coefficiente?
La Corte di Cassazione ha stabilito che per il calcolo del prezzo di vendita di immobili pubblici dismessi, il coefficiente di abbattimento da applicare è quello vigente al momento dell'offerta di opzione e non uno precedente o successivo. La Corte ha rigettato il ricorso di un ente previdenziale che sosteneva l'applicazione di un coefficiente meno favorevole per gli acquirenti, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato inoltre chiarito che una legge successiva, che modifica i criteri di calcolo, non può essere applicata retroattivamente a contratti già stipulati, non avendo natura interpretativa ma innovativa.
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Prezzo vendita immobili pubblici: quale coefficiente?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha confermato la condanna di un ente previdenziale alla restituzione di somme indebitamente percepite da ex inquilini per l'acquisto delle loro abitazioni. Il caso verteva sul corretto calcolo del prezzo di vendita immobili pubblici, in particolare sull'applicazione del giusto coefficiente di abbattimento. La Corte ha stabilito che deve essere utilizzato il coefficiente vigente al momento dell'offerta di vendita, disapplicando normative successive non aventi natura interpretativa e confermando la nullità della clausola contrattuale difforme.
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Prezzo immobili enti pubblici: il coefficiente corretto
Un gruppo di ex inquilini ha acquistato le proprie abitazioni da un ente previdenziale pubblico, contestando però il prezzo di vendita. Sostenevano che l'ente avesse applicato un coefficiente di abbattimento meno favorevole e non aggiornato. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, dando ragione agli acquirenti. È stato stabilito che il prezzo degli immobili degli enti pubblici deve essere calcolato utilizzando il coefficiente di riduzione vigente al momento dell'offerta di opzione, e non uno precedente. Inoltre, la Corte ha ribadito che una norma successiva non può essere applicata retroattivamente se non ha una chiara natura interpretativa.
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Responsabilità appaltatore: la guida completa
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna solidale di un'impresa edile e del direttore dei lavori per gravi difetti in una ristrutturazione. La sentenza chiarisce che il termine per la denuncia dei vizi decorre dalla piena consapevolezza tecnica del danno, non dalla prima manifestazione. Viene inoltre rigettata la difesa dell'impresa come mero esecutore ("nudus minister"), ribadendo la sua piena responsabilità appaltatore per la qualità dell'opera.
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Fascicolo di parte: cosa succede se manca in causa?
La Corte di Cassazione ha chiarito le conseguenze della mancata reperibilità del fascicolo di parte al momento della decisione. Se non vi è prova di uno smarrimento involontario, il giudice deve decidere la causa sulla base degli atti disponibili, senza poterla rimettere sul ruolo per consentire alla parte di sopperire alla propria mancanza. La vicenda trae origine da una causa per l'esecuzione di un contratto preliminare di vendita immobiliare, complicata dalla presenza di un'ipoteca e da questioni procedurali legate proprio alla gestione del fascicolo di parte.
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Inadempimento contratto preliminare: le novità
La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di inadempimento contratto preliminare, stabilendo che il promissario acquirente può legittimamente rifiutarsi di stipulare il rogito in assenza del certificato di abitabilità. La Corte ha rigettato il ricorso del costruttore, che pretendeva somme aggiuntive basate su un accordo superato da una scrittura successiva, confermando la sua malafede. È stato invece accolto il ricorso incidentale degli acquirenti, riconoscendo il loro diritto a specificare la richiesta di risarcimento danni anche in una fase successiva del processo, secondo le norme procedurali applicabili all'epoca.
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Patto commissorio: vendita con riscatto nulla
La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di un contratto di compravendita immobiliare con patto di riscatto. La Corte ha stabilito che l'operazione non costituiva una reale vendita, ma un modo per aggirare il divieto di patto commissorio, in quanto la sua unica funzione era quella di garantire un debito preesistente. La sproporzione tra il prezzo di vendita e il valore del bene, insieme ad altri indizi, ha rivelato la natura illecita dell'accordo, che mirava a far acquisire la proprietà al creditore in caso di inadempimento del debitore.
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Valore agricolo e risarcimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni proprietari terrieri contro un comune per l'occupazione illegittima dei loro terreni. I ricorrenti chiedevano un risarcimento basato sul valore di mercato e non sul semplice valore agricolo. La Corte ha stabilito che la valutazione del terreno è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata. Il ricorso è stato respinto per vizi procedurali, confermando di fatto la decisione che ancorava il risarcimento al valore agricolo.
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Riacquisto immobile abusivo: niente indennizzo
La Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di riacquisto di un'area da parte di un consorzio industriale, nessun indennizzo è dovuto per il fabbricato costruito con irregolarità edilizie, anche se potenzialmente sanabili. L'ordinanza chiarisce che il valore del riacquisto immobile abusivo si limita a quello del terreno, escludendo il valore della costruzione se non è stata presentata una formale istanza di sanatoria prima dell'atto di riacquisto. La decisione conferma che il proprietario non può trarre un vantaggio economico da un'attività edilizia illegale.
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