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Diritto Immobiliare

Donazione indiretta: la Cassazione chiarisce la domanda
In una controversia ereditaria tra fratelli, la Corte di Cassazione ha stabilito che una domanda di accertamento di una donazione indiretta non può essere rigettata solo perché descrive in modo impreciso il meccanismo giuridico attraverso cui si è realizzata. I giudici devono interpretare la domanda nella sua sostanza, considerando la causa petendi (l'arricchimento di un erede a spese del patrimonio del defunto) e il petitum (la richiesta di restituzione del valore). La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente respinto la richiesta del fratello, rimandando il caso per una nuova valutazione.
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Donazione indiretta: revoca per ingratitudine
Una madre finanzia l'acquisto di un immobile per la figlia, configurando una donazione indiretta. Quando la figlia, in seguito, tenta di vendere l'immobile e cambia la serratura, impedendo l'accesso alla madre che vi abitava, quest'ultima agisce in giudizio. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso della figlia e convalidando la revoca della donazione indiretta per grave ingratitudine, basandosi su prove presuntive.
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Reformatio in peius: no a spese legali peggiorate
Una proprietaria immobiliare ottiene una parziale vittoria in appello, ma la Corte territoriale peggiora la sua posizione riguardo alle spese legali del primo grado. La Corte di Cassazione interviene, annullando la sentenza su questo punto specifico e riaffermando il principio del divieto di "reformatio in peius". Secondo i giudici, una riforma parziale favorevole all'appellante non può tradursi in una regolamentazione delle spese più svantaggiosa rispetto alla decisione iniziale, in assenza di un appello incidentale della controparte.
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Violazione distanze legali: no a risarcimento
Una proprietaria ha citato in giudizio la vicina per una sopraelevazione che non rispettava le distanze minime tra edifici. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei tribunali di merito, ordinando la demolizione dell'opera. Il caso stabilisce un principio fondamentale sulla violazione distanze legali: il rimedio è la riduzione in pristino (demolizione) e non il risarcimento monetario, poiché la tutela del diritto reale esige la completa rimozione del fatto lesivo.
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Regolamento dei confini: ricorso inammissibile
Una proprietaria ha citato in giudizio il vicino per l'esatta determinazione della linea di confine tra i loro fondi. Dopo essere risultato soccombente nei primi due gradi di giudizio, il vicino ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra l'altro, che il suo acquisto fosse una 'vendita a corpo'. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché privo di motivi specifici e volto a un riesame del merito. Ha inoltre chiarito che la 'vendita a corpo' è irrilevante per l'identificazione dei confini, ma attiene solo alla determinazione del prezzo.
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Distanze legali costruzioni: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione interviene su un caso di distanze legali costruzioni. Una proprietaria aveva citato in giudizio il vicino per la trasformazione di una tettoia in un nuovo manufatto a distanza non regolamentare dal confine. La Corte d'Appello aveva dato ragione al vicino, applicando la nuova normativa sulla ristrutturazione edilizia. La Cassazione ha però cassato la sentenza, precisando che una ricostruzione può mantenere una distanza inferiore a quella legale solo se tale distanza era 'legittimamente preesistente', cioè conforme alle norme vigenti al momento della costruzione originaria. Il caso è stato rinviato per accertare questa fondamentale circostanza.
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Onere probatorio: chi accusa deve provare i fatti
Un Comune si opponeva alla stima di un terreno espropriato, contestando le qualifiche di un perito e la valutazione urbanistica del fondo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando la violazione del principio dell'onere probatorio: il Comune non ha fornito prove concrete a sostegno delle sue eccezioni. La decisione ribadisce che non basta affermare un difetto, ma bisogna dimostrarlo, e ha condannato l'ente per lite temeraria.
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Espropriazione parziale: indennità e danno residuo
Una proprietaria ha contestato l'indennità per l'espropriazione di un terreno. La Corte di Cassazione ha confermato che il terreno non era da considerarsi edificabile perché destinato a uso pubblico. Tuttavia, ha stabilito un principio cruciale in materia di espropriazione parziale: l'indennità deve sempre includere il deprezzamento della parte residua del bene, anche se non esplicitamente richiesto. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per ricalcolare l'indennizzo.
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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide
Un gruppo di cittadini aveva presentato ricorso in Cassazione contro un Comune per una disputa su conguagli relativi a una cessione di terreni. Prima della decisione della Corte, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. Di conseguenza, i ricorrenti hanno rinunciato al ricorso e il Comune ha accettato. La Corte di Cassazione, preso atto della volontà delle parti, ha dichiarato l'estinzione del giudizio, chiudendo formalmente il processo senza una pronuncia nel merito.
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Indennità di esproprio: errore nel modulo, cosa fare?
Eredi di un proprietario terriero contestano l'indennità di esproprio a causa di un modulo di accettazione ambiguo. La Cassazione accoglie parzialmente il ricorso, distinguendo tra indennità di esproprio e di occupazione e rilevando l'omessa pronuncia del giudice di merito su uno dei due fondi coinvolti.
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Indennità di espropriazione: divisione tra coeredi
In una controversia ereditaria, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'indennità di espropriazione, anche quando compensa il deprezzamento di una porzione di terreno non espropriata, deve essere considerata un'entità unica. Di conseguenza, l'intero importo, inclusa la parte per la perdita di valore del bene residuo, va diviso tra tutti i coeredi secondo le quote stabilite in sede di divisione, e non spetta esclusivamente all'erede che ha ricevuto la parte residua del bene.
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Omessa pronuncia e usucapione in condominio
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di disputa sulla proprietà di aree adiacenti a un edificio condominiale. I ricorrenti sostenevano la natura comune delle aree o, in subordine, di averle acquisite per usucapione. La Corte d'Appello aveva confermato la proprietà esclusiva in capo alle resistenti, basandosi sull'interpretazione dei titoli di acquisto. La Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, relativo all'errata interpretazione dei contratti, ma ha accolto il secondo, ravvisando un vizio di omessa pronuncia. La Corte d'Appello, infatti, non si era espressa sulla domanda di usucapione, pur essendo stata ritualmente proposta. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata con rinvio per un nuovo esame limitatamente a tale punto.
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Usucapione prova possesso: la Cassazione decide
Un caso di rivendica di un terreno basato sull'usucapione e la relativa prova del possesso. La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. L'appello è stato dichiarato inammissibile per il principio della 'doppia conforme', che impedisce un nuovo esame dei fatti quando due sentenze di merito concordano sulla ricostruzione della vicenda.
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Trasferimento proprietà immobiliare: la Cassazione decide
Un Comune ricorre in Cassazione contro la decisione della Corte d'Appello che lo condannava a rilasciare un immobile a un'Azienda Sanitaria. Il fulcro della disputa è la validità del trasferimento proprietà immobiliare, che secondo il Comune non sarebbe mai avvenuto formalmente. La Corte di Cassazione, riconoscendo la complessità delle questioni di diritto sollevate, ha rinviato la causa alla pubblica udienza per una decisione approfondita, senza ancora pronunciarsi nel merito.
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Rinuncia ricorso cassazione: No spese e raddoppio
La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso per cassazione da parte dei ricorrenti e della relativa accettazione delle controparti. L'ordinanza chiarisce un punto fondamentale: in caso di estinzione del processo per rinuncia, non vi è condanna alle spese e non si applica la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato, come invece accade in caso di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione.
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Accettazione eredità: onere della prova e contumacia
Una società creditrice ha avviato un giudizio di divisione immobiliare contro un presunto erede, che però è rimasto contumace. I figli di quest'ultimo sono intervenuti sostenendo la mancata accettazione dell'eredità da parte del padre. La Corte di Cassazione ha stabilito che l'onere di provare l'accettazione eredità spetta a chi agisce in giudizio e che la contumacia è un comportamento processuale neutro. Ha quindi annullato l'intero procedimento anche per violazione del litisconsorzio necessario, rinviando la causa al primo grado.
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Modifica domanda: da risarcimento a ripristino?
Una proprietaria chiedeva un risarcimento monetario a un Comune per l'occupazione di un'area. In corso di causa, tentava di modificare la domanda chiedendo il ripristino dei luoghi. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile tale modifica domanda, in quanto costituisce una domanda nuova non proponibile oltre i termini processuali. Si è chiarito che, sebbene sia possibile passare da una richiesta di ripristino a una monetaria, l'inverso non è consentito tardivamente.
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Dolo del terzo: annullamento del preliminare negato
Un venditore ha richiesto l'annullamento di un contratto preliminare di vendita per dolo del terzo, accusando il mediatore (socio della società acquirente) di aver taciuto la possibilità di un cambio di destinazione d'uso dell'immobile che ne avrebbe aumentato il valore. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, non ritenendo provato che il mediatore fosse a conoscenza di tale possibilità prima della stipula. La Corte ha inoltre confermato la validità dell'esecuzione specifica del contratto, nonostante la presenza di difformità edilizie sanabili.
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Quietanza liberatoria: prova di pagamento nel contratto
Una venditrice di un immobile cita in giudizio l'acquirente chiedendo la rescissione del contratto per minacce o, in subordine, la risoluzione per mancato pagamento. Il Tribunale accoglie la domanda, ma la Corte d'Appello la rigetta, ritenendo le prove delle minacce insufficienti e valorizzando la quietanza liberatoria firmata dalla venditrice. La Corte di Cassazione conferma la decisione d'appello, stabilendo che la quietanza ha valore di confessione stragiudiziale e costituisce piena prova del pagamento. Tale prova può essere superata solo dimostrando che la dichiarazione è stata viziata da errore di fatto o violenza, prova che nel caso di specie non è stata fornita.
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Indennità di esproprio: l’errore di calcolo che vale
La Corte di Cassazione accoglie un ricorso per revocazione contro una propria precedente ordinanza, riconoscendo un errore di fatto. Nel merito, la Corte cassa la sentenza di secondo grado per un errore materiale nel calcolo dell'indennità di esproprio, causato dall'inversione dei fattori (superficie e volumetria) nel determinare l'indice di edificabilità, con conseguente violazione di legge e rinvio alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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