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Diritto Fallimentare

Responsabilità banca modello 231: il caso in Cassazione
Il fallimento di una società ha citato in giudizio un istituto di credito, accusandolo di concorso negli illeciti commessi dai suoi ex amministratori per la violazione delle norme antiriciclaggio. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la rilevanza della questione sulla responsabilità banca modello 231, rinviando il caso alla pubblica udienza per la mancanza di precedenti specifici e l'importanza di stabilire un principio di diritto.
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Concordato Preventivo: la relazione giurata è cruciale
La Corte di Cassazione conferma l'inammissibilità di una domanda di concordato preventivo a causa di una relazione giurata inadeguata. Il documento presentato era una mera perizia di stima immobiliare e non conteneva l'analisi sulla liquidabilità dei beni e sulla percentuale di soddisfacimento dei creditori privilegiati, come richiesto dalla legge. La Corte ha ribadito che la corretta redazione di tale relazione è un presupposto essenziale e non surrogabile per l'accesso alla procedura.
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Credito prededucibile: la Cassazione fa chiarezza
Un istituto di credito si è visto negare lo status di credito prededucibile per una somma vantata verso un'impresa in amministrazione straordinaria. Il credito era sorto durante una precedente fase di amministrazione giudiziaria antimafia. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della banca, stabilendo che non esiste continuità tra le due procedure, che hanno finalità diverse. Pertanto, lo status di credito prededucibile non si trasferisce automaticamente dall'una all'altra, e in assenza di un esplicito subentro del commissario nel contratto, il credito resta chirografario.
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Reclamo giudice delegato: 8 o 10 giorni? Analisi
La Corte di Cassazione esamina un caso cruciale sul termine per il reclamo al giudice delegato quando agisce in sostituzione del comitato dei creditori. Una banca si era opposta a un accordo che cancellava la sua ipoteca. La questione centrale è se applicare il termine di 8 giorni (atti del comitato) o 10 giorni (atti del giudice). Data l'incertezza e la rilevanza della questione, la Corte ha rinviato il caso a un'udienza pubblica per una decisione definitiva.
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Liquidazione controllata: quando si avvia la procedura?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice nomina di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) non costituisce un procedimento giudiziario pendente e, pertanto, non può impedire l'apertura di una liquidazione controllata. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di una debitrice, chiarendo che la procedura di esdebitazione inizia solo con il deposito della domanda al giudice competente tramite l'OCC, non con il solo conferimento dell'incarico. Inoltre, per bloccare la liquidazione non basta una generica assenza di beni, ma è necessaria la certezza assoluta che non vi siano attivi da liquidare, neanche in futuro.
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Compenso commissario giudiziale: nullo se non motivato
Un'ordinanza della Cassazione stabilisce che il decreto di liquidazione del compenso commissario giudiziale in un concordato con riserva è nullo se la motivazione è stereotipata. È necessaria un'analisi analitica dell'attività effettivamente svolta, potendo ridurre il compenso anche sotto i minimi di legge.
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Onere della prova nel fallimento: no danni senza prove
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società che chiedeva l'ammissione al passivo di un fallimento per un ingente credito. La decisione sottolinea che l'onere della prova grava interamente sul creditore, che deve dimostrare non solo l'esistenza del suo diritto ma anche ogni singola voce di danno, sia come perdita subita che come mancato guadagno. Senza una prova rigorosa, il giudice non può concedere il risarcimento, neanche tramite una valutazione equitativa. La Corte ribadisce di non poter riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.
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Notifica istanza di fallimento: vale la dimora di fatto
La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della validità della notifica dell'istanza di fallimento, la dimora di fatto prevale sulla residenza anagrafica. Nel caso esaminato, un socio illimitatamente responsabile aveva contestato la notifica ricevuta presso un'abitazione diversa dalla sua residenza ufficiale. La Corte ha respinto il ricorso, affermando che le risultanze anagrafiche hanno un valore meramente presuntivo e possono essere superate da prove contrarie, come le constatazioni dell'ufficiale giudiziario. Spetta al destinatario dell'atto dimostrare che il luogo della notifica non corrispondeva alla sua dimora abituale. La Corte ha anche chiarito che la nomina di un amministratore giudiziario non esclude la necessità di notificare l'istanza all'amministratore della società.
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Rinuncia ricorso Cassazione: estinzione del giudizio
Una società in fallimento ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello. Successivamente, la stessa società ha rinunciato al ricorso e la controparte ha accettato tale rinuncia. La Corte di Cassazione, verificati i requisiti di legge, ha dichiarato l'estinzione del giudizio. Il caso chiarisce gli effetti procedurali della rinuncia al ricorso in Cassazione, che, se accettata, conclude il processo senza una decisione sulle spese legali.
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Esdebitazione: Riabilitazione cruciale post-patteggiamento
La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di esdebitazione a due soci falliti che avevano definito un procedimento penale con un patteggiamento. La Corte ha stabilito che l'estinzione del reato, conseguenza del patteggiamento, non è equiparabile alla riabilitazione, quest'ultima essendo un requisito specifico richiesto dalla legge fallimentare. La riabilitazione implica una valutazione positiva del ravvedimento del condannato, assente nel meccanismo del patteggiamento, rendendola indispensabile per accedere al beneficio della liberazione dai debiti.
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Stato di insolvenza: un solo debito è sufficiente?
Una società è stata dichiarata fallita nonostante avesse un solo creditore istante e avesse rateizzato parte dei debiti tributari. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che lo stato di insolvenza può essere accertato anche in presenza di un singolo inadempimento, specialmente se riguarda crediti di lavoro, in quanto sintomatico di una più generale incapacità di far fronte alle obbligazioni.
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Registrazione marchio mala fede: il consenso la esclude
La Corte di Cassazione ha stabilito che non sussiste una registrazione di marchio in mala fede se avviene con il consenso, anche presunto, del titolare del segno preusato, specialmente in un contesto di società collegate. Il caso riguardava una società che aveva registrato un marchio di fatto utilizzato da un'altra società dello stesso gruppo, poi fallita. La Corte ha ritenuto legittima la registrazione, finalizzata a conservare il valore di beni dati in pegno, escludendo l'intento anticoncorrenziale o distrattivo ai danni della massa fallimentare.
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Revocatoria fallimentare: pagamenti a rischio
Il Tribunale di Venezia accoglie un'azione di revocatoria fallimentare promossa dalla curatela. Annullati pagamenti per €380.000 a un fornitore, poiché eseguiti nel 'periodo sospetto' e con la provata conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore, desunta da ritardi, piani di rientro falliti e comunicazioni via email.
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Credito prededucibile del subappaltatore: i limiti
Un subappaltatore rivendicava la natura di credito prededucibile per le sue prestazioni verso un appaltatore in concordato preventivo, sostenendo che il suo pagamento fosse essenziale per sbloccare i pagamenti del committente. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la norma che condiziona il pagamento dell'appaltatore a quello del subappaltatore non conferisce automaticamente un privilegio. La Corte ha ribadito che la prededuzione funzionale richiede un nesso di stretta e necessaria inerenza con la conservazione del patrimonio aziendale, assente nel caso di specie.
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Ratio decidendi: appello inammissibile se non impugnata
Una società chimica ricorre in Cassazione contro una decisione che ha ridotto il suo credito in un fallimento. La Corte dichiara il ricorso inammissibile perché la società non ha contestato una delle due autonome ragioni giuridiche (ratio decidendi) su cui si fondava la sentenza d'appello. Il caso evidenzia come un'impugnazione debba affrontare tutte le motivazioni autosufficienti della decisione che contesta per evitare l'inammissibilità.
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Ammissione al passivo con riserva: la Cassazione rinvia
Una società committente ha richiesto l'ammissione di un ingente credito risarcitorio nello stato passivo di un'impresa appaltatrice in amministrazione straordinaria. Le corti di merito hanno negato l'ammissione poiché il credito era oggetto di un giudizio civile non ancora definitivo. La Corte di Cassazione, rilevando che la questione sull'ammissione al passivo con riserva è pendente dinanzi alle Sezioni Unite, ha emesso un'ordinanza interlocutoria, rinviando la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia nomofilattica.
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Dolosa esagerazione del danno: onere della prova
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di presunta dolosa esagerazione del danno da parte dell'assicurato, spetta alla compagnia assicurativa dimostrare l'intento fraudolento. La sola differenza tra il valore del danno dichiarato e quello accertato non è sufficiente a provare il dolo specifico dell'assicurato di ottenere un indennizzo superiore al dovuto. Il ricorso delle compagnie è stato quindi rigettato.
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Azione revocatoria e liquidazione: la Cassazione decide
Un debitore vende la nuda proprietà di un immobile alla sorella, mantenendo l'usufrutto. Un creditore avvia un'azione revocatoria, sostenendo che l'atto pregiudica le sue ragioni. Durante la causa, interviene il liquidatore della procedura di liquidazione giudiziale del debitore. Le corti di merito accolgono la revocatoria, ritenendo sussistente sia il danno per i creditori (eventus damni), per la trasformazione di un bene immobile in denaro, sia la consapevolezza del pregiudizio (scientia damni) in capo ai fratelli. La Cassazione, tuttavia, dichiara estinto il giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte dei familiari, senza entrare nel merito della questione sull'azione revocatoria liquidazione.
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Reclamo fallimentare: quando l’appello è tardivo
Una società propone ricorso in Cassazione contro la sentenza che ha confermato la sua dichiarazione di fallimento. I motivi del ricorso, tra cui l'incompetenza territoriale del tribunale e l'omessa notifica, vengono rigettati. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, sottolineando la tardività delle eccezioni procedurali, che dovevano essere sollevate nel primo grado di giudizio, e l'infondatezza delle altre censure. La decisione ribadisce l'importanza del rispetto dei termini perentori nel reclamo fallimentare.
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Revocatoria ordinaria: la vendita a prezzo vile
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di revocatoria ordinaria avviata dal fallimento di una società contro la vendita di quote di un'altra società a un prezzo ritenuto vile (150.000 euro contro un valore stimato di 650.000 euro). La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso degli acquirenti, confermando la decisione d'appello. La sentenza ribadisce che le valutazioni del consulente tecnico d'ufficio (CTU), se logicamente motivate dal giudice di merito, non sono sindacabili in sede di legittimità e che la consapevolezza di arrecare danno ai creditori è un elemento distinto dall'intento fraudolento in ambito penale.
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