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Diritto Fallimentare

Custodia beni art 609 cpc: la decisione della Corte
Una società immobiliare, nominata custode di beni di un terzo fallito trovati in un immobile dopo uno sfratto, ha richiesto il pagamento delle spese di custodia. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, poiché i motivi non contestavano la ragione fondamentale della decisione del Tribunale, ovvero che i costi richiesti non erano stati preventivamente autorizzati. Questo caso evidenzia l'importanza di indirizzare i motivi di ricorso contro la specifica 'ratio decidendi' della sentenza impugnata per evitare l'inammissibilità.
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Termine impugnazione sovraindebitamento: quando scatta
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in una procedura di crisi da sovraindebitamento perché presentato oltre i termini. La decisione stabilisce un principio fondamentale: il termine impugnazione sovraindebitamento decorre dalla comunicazione del provvedimento completo via PEC da parte della cancelleria, e non da una successiva notifica. Il caso riguardava un piano del consumatore respinto perché prevedeva un pagamento ultrannuale per creditori privilegiati.
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Ripartizione oneri: chi paga le opere idrauliche?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune contro la decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che aveva annullato una delibera sulla ripartizione oneri per la costruzione di un'opera idraulica. La delibera, che addebitava i costi a una società fallita e ad altri proprietari, è stata giudicata irragionevole e arbitraria. La Cassazione ha confermato che, in presenza di più motivazioni autonome a sostegno di una sentenza, il ricorrente deve impugnarle tutte efficacemente, altrimenti il ricorso è inammissibile per difetto di interesse.
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Liquidazione giudiziale: quando viene aperta?
Il Tribunale di Venezia ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione giudiziale nei confronti di una società, su ricorso di alcuni creditori. La decisione si basa sulla conclamata insolvenza dell'impresa, provata da un cospicuo ammontare di debiti fiscali e contributivi non pagati, e sulla sua mancata costituzione in giudizio. La sentenza nomina un giudice delegato e un curatore, fissando i termini per le successive fasi della procedura.
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Liquidazione controllata: via libera con legale gratuito
Il Tribunale di Venezia ha aperto la procedura di liquidazione controllata per un debitore con un passivo di oltre 245.000 euro e un reddito familiare di 1.700 euro. La decisione si basa sui presupposti del sovraindebitamento e sulla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 121/2024, che ha esteso il patrocinio a spese dello Stato a questa procedura, consentendo al debitore di accedere alla giustizia senza doverne sostenere i costi.
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Liquidazione controllata: ok con il gratuito patrocinio
Il Tribunale di Venezia ha approvato una richiesta di liquidazione controllata per un privato cittadino in stato di sovraindebitamento. A fronte di debiti per oltre 167.000 euro e un reddito mensile di 2.000 euro, il debitore possedeva unicamente un'auto di scarso valore. La decisione è di grande importanza perché, applicando la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 121/2024, ha ammesso il debitore alla procedura con il beneficio della prenotazione a debito delle spese, di fatto estendendo il gratuito patrocinio a questa tipologia di procedura.
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Abuso di direzione: onere della prova e controllo
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una curatela fallimentare per un presunto abuso di direzione e coordinamento. La sentenza chiarisce che spetta a chi agisce in giudizio dimostrare i presupposti del controllo societario per poter invocare la responsabilità della capogruppo, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva respinto la domanda per mancanza di prove.
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Cessione azione revocatoria: tassazione e effetti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21184/2025, ha chiarito la natura fiscale della cessione dell'azione revocatoria nell'ambito di un concordato fallimentare. Una società, in qualità di assuntore, contestava l'applicazione dell'imposta di registro proporzionale sul decreto di omologa che trasferiva anche un'azione revocatoria. La Suprema Corte ha stabilito che tale cessione non ha una mera funzione processuale, ma una natura liquidatoria. Questo implica un trasferimento anticipato del bene oggetto della revocatoria, giustificando così l'applicazione dell'imposta proporzionale come per un normale atto di trasferimento immobiliare.
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Liquidazione giudiziale: quando si apre? Analisi
Il Tribunale di Venezia ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale di una società già in liquidazione volontaria. La decisione si basa sulla valutazione dello stato di insolvenza, che per un'impresa in liquidazione consiste nell'incapacità del patrimonio di soddisfare integralmente tutti i creditori. Il Tribunale ha ritenuto irrilevante la postergazione dei crediti dei soci e ha considerato l'incertezza sul valore reale degli attivi e il lungo tempo trascorso dall'inizio della liquidazione come prove sufficienti dell'insolvenza, aprendo così la procedura concorsuale.
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Reclamo inammissibile se la procedura è conclusa
Un soggetto ha presentato reclamo contro la vendita di un immobile in una procedura di liquidazione, lamentando irregolarità insanabili. Il Tribunale ha dichiarato il reclamo inammissibile, non perché tardivo, ma perché la procedura di liquidazione si era già conclusa con il trasferimento notarile della proprietà all'acquirente. La decisione stabilisce che, una volta esauriti gli effetti della procedura, ogni contestazione deve essere sollevata in un separato giudizio ordinario.
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Azione revocatoria: la consapevolezza del terzo acquirente
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società che aveva acquistato un ramo d'azienda da un'altra, poi fallita. La Corte ha confermato la validità di un'azione revocatoria promossa da un creditore (Agenzia Entrate Riscossione), stabilendo che la consapevolezza del terzo acquirente circa il danno arrecato ai creditori può essere provata tramite presunzioni e indizi gravi, precisi e concordanti, come i legami tra gli amministratori delle due società e le modalità anomale della transazione. La valutazione di tali elementi è un accertamento di fatto non riesaminabile in sede di legittimità.
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Colpa grave consumatore: accesso negato alla crisi
La Corte di Cassazione ha confermato la revoca di un piano di ristrutturazione del debito, stabilendo che la colpa grave del consumatore, manifestata attraverso una reiterata e avventata richiesta di credito, è un ostacolo all'accesso alla procedura. La Corte ha precisato che la potenziale negligenza del finanziatore nel valutare il merito creditizio non esclude né attenua la responsabilità del debitore, confermando la distinzione tra i due profili di colpa.
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Sequestro conservativo amministratori: quando scatta
Il Tribunale di Venezia ha concesso un sequestro conservativo sui beni personali di ex amministratori di una società in liquidazione giudiziale. La decisione si fonda sull'azione di responsabilità promossa dal curatore per gravi atti di mala gestio, tra cui pagamenti preferenziali a sé stessi e a società collegate, in violazione della par condicio creditorum, e la stipula di contratti di locazione a canoni sproporzionati. Il provvedimento conferma che, in caso di crisi aziendale conclamata, la condotta gestoria grave può giustificare il sequestro per il timore che gli amministratori disperdano il proprio patrimonio a danno dei creditori.
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Clausola compromissoria: quando il giudice è competente
Una società in fallimento ha citato in giudizio un Comune per ottenere il pagamento di somme dovute. Il Tribunale di primo grado si è dichiarato incompetente d'ufficio, basandosi su una clausola compromissoria presente nel contratto tra le parti. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo un principio fondamentale: l'eccezione di incompetenza per la presenza di una clausola compromissoria deve essere sollevata dalla parte interessata nel primo atto difensivo, a pena di decadenza, e non può mai essere rilevata d'ufficio dal giudice. La competenza del giudice ordinario, quindi, è stata confermata.
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Prova del credito nel fallimento: la lettera d’impegno
Una società finanziaria ricorre in Cassazione dopo il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo di un fallimento. Il credito era basato su una lettera di impegno ritenuta illeggibile e priva di sottoscrizione riconducibile al legale rappresentante della società fallita. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla idoneità di un documento come prova del credito spetta esclusivamente al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, confermando l'importanza di fornire prove chiare e inequivocabili.
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Responsabilità avvocato: compenso negato per dolo
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso a uno studio legale per l'assistenza in un concordato preventivo. La Corte ha ritenuto provata la consapevolezza dello studio riguardo a una duplicazione fraudolenta di poste attive nel piano, configurando un grave inadempimento che incide sulla responsabilità avvocato e giustifica il mancato pagamento della parcella. L'ordinanza sottolinea che la negligenza e la consapevolezza di atti illeciti del cliente escludono il diritto al compenso professionale.
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Insolvenza società in liquidazione: la Cassazione
Una società immobiliare in liquidazione ha impugnato la dichiarazione di fallimento, sostenendo che per le società in tale stato l'insolvenza vada valutata diversamente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che non esiste una distinzione nel concetto di insolvenza. Anche per una società in liquidazione, lo stato di insolvenza sussiste quando il patrimonio attivo non è sufficiente a soddisfare integralmente tutti i creditori. La Corte ha inoltre ribadito che l'onere di dimostrare la capacità di far fronte ai debiti grava sulla società debitrice, la quale non era riuscita a fornire prove attendibili del valore del proprio patrimonio.
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Prescrizione del credito: quando inizia a decorrere?
Un'ordinanza del Tribunale di Venezia chiarisce un punto cruciale sulla prescrizione del credito. Un creditore si è visto rigettare una richiesta di ammissione al passivo fallimentare per oltre 1,6 milioni di euro perché il suo diritto era prescritto. Il creditore sosteneva che il termine decennale dovesse decorrere da un momento successivo, legato all'insorgere di un suo specifico interesse in un'altra causa. Il Tribunale ha respinto questa tesi, ribadendo che la prescrizione inizia a decorrere da quando il diritto può essere legalmente esercitato, non da quando il titolare lo ritenga opportuno o conveniente. L'inazione dovuta a scelte strategiche personali non sposta l'inizio del termine.
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Espromissione e risanamento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso riguardante la validità di un contratto di espromissione stipulato da due soci per garantire il debito residuo della loro società verso una banca. L'accordo era collegato all'adesione della banca a un piano di risanamento, che implicava una rinuncia parziale al credito. I soci avevano sostenuto la nullità dell'espromissione per mancanza di causa. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione della Corte d'Appello. Ha stabilito che l'accordo era valido, interpretandolo come un'espromissione liberatoria finalizzata a garantire l'integrale soddisfacimento del creditore. I motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili per genericità e per la pretesa di un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.
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Irrisorietà pretesa: la Cassazione fissa i limiti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21313/2025, ha stabilito che l'irrisorietà della pretesa, che esclude il diritto all'indennizzo per l'eccessiva durata di un processo, non può essere valutata solo in rapporto alla ricchezza del creditore. Un credito di oltre 82.000 euro non può essere considerato insignificante, anche se il titolare è una società con elevati profitti. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva negato l'indennizzo, riaffermando che la valutazione deve basarsi primariamente su un criterio oggettivo legato al valore assoluto della causa.
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