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Diritto Fallimentare

Notificazione inesistente: quando si rinnova l’atto
Un socio di una società fallita ha impugnato la dichiarazione di fallimento per una notificazione inesistente dell'atto introduttivo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d'Appello di rimettere la causa al primo giudice. Il principio chiave è che nei procedimenti avviati con ricorso, come quello fallimentare, la mancata notifica è un vizio sanabile che non comporta la nullità assoluta della sentenza, ma la sua regressione alla fase viziata.
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Improcedibilità ricorso: onere della prova notifica
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso presentato da due coniugi avverso una sentenza della Corte d'Appello. La decisione si fonda su un vizio procedurale insuperabile: i ricorrenti, pur affermando che la sentenza impugnata fosse stata loro notificata, non hanno depositato la relativa relata di notifica entro il termine perentorio previsto dalla legge. La Suprema Corte ha ribadito che tale adempimento è essenziale per consentire la verifica d'ufficio della tempestività dell'impugnazione e che la sua omissione determina l'improcedibilità del ricorso, senza possibilità di sanatoria, neanche in caso di non contestazione da parte della controparte.
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Legittimazione TFR fallimento: chi può agire?
Un lavoratore si vede negare l'insinuazione al passivo per le quote di TFR trattenute ma non versate al fondo pensione dal datore di lavoro, poi fallito. Le corti di merito ritenevano che la legittimazione ad agire spettasse solo al fondo. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, stabilendo che la regola generale sulla legittimazione TFR fallimento spetta al lavoratore. Il conferimento del TFR al fondo si presume una delegazione di pagamento, non una cessione del credito. Sarà il curatore fallimentare a dover provare l'eventuale esistenza di una cessione. La causa viene rinviata per un nuovo esame.
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Impugnazione bilancio fallimento: domanda inammissibile
Un socio ha impugnato i bilanci di una società per violazione dei principi di chiarezza e veridicità, chiedendo anche l'accertamento di un credito. Durante la causa, la società è stata dichiarata fallita. Il Tribunale ha dichiarato entrambe le domande inammissibili. La prima per carenza di interesse ad agire, poiché l'azione di responsabilità spetta al curatore fallimentare. La seconda perché l'accertamento dei crediti verso un'impresa fallita è di competenza esclusiva del giudice fallimentare. Questa sentenza chiarisce i limiti procedurali per un socio in caso di impugnazione bilancio fallimento.
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Concordato fallimentare: tassazione per il terzo
Una società, terza assuntrice in un concordato fallimentare, ha impugnato un avviso di liquidazione dell'imposta di registro. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la trattazione del caso per permettere alle parti di finalizzare un accordo transattivo, sospendendo la decisione sui complessi motivi di ricorso relativi alla base imponibile e al principio di alternatività IVA/registro.
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Termini d’uso: pagamenti salvi dalla revocatoria
Una società in amministrazione straordinaria ha richiesto la revoca dei pagamenti dei canoni di locazione effettuati a favore del locatore prima della dichiarazione di insolvenza. Il Tribunale ha respinto la domanda, stabilendo che i pagamenti, sebbene avvenuti con un leggero e costante ritardo rispetto alle scadenze contrattuali, rientravano nei 'termini d'uso' consolidatisi tra le parti. Questa prassi commerciale prevale sul contratto, rendendo i pagamenti non soggetti a revocatoria fallimentare.
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Prova del credito: contratto scritto e data certa
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società di gestione crediti che chiedeva l'ammissione al passivo di un fallimento. La decisione conferma che per la prova del credito non sono sufficienti estratti conto o documenti interni, ma è necessario produrre i contratti originali, che devono rispettare il requisito della forma scritta e avere una data certa opponibile alla massa dei creditori. Il ricorso è stato respinto anche per motivi procedurali, in quanto chiedeva un riesame dei fatti non consentito in sede di legittimità.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
Un istituto di credito ha presentato una rinuncia al ricorso contro una sentenza della Corte d'Appello. La Corte di Cassazione, verificati i requisiti degli artt. 390 e 391 c.p.c., ha dichiarato l'estinzione del giudizio con decreto, senza disporre sulle spese data la mancata costituzione della controparte.
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Inquadramento lavorativo: accordo sindacale vincola
Un lavoratore, riassunto da una nuova società dopo il fallimento della precedente, si è visto declassare il proprio inquadramento lavorativo. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, stabilendo che l'accordo sindacale, stipulato durante l'acquisizione, obbligava la nuova azienda a mantenere il livello contrattuale originario del dipendente. La sentenza sottolinea come un impegno contrattuale specifico prevalga sulla disciplina generale che esclude la continuità dei rapporti di lavoro in contesti di crisi aziendale.
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Responsabilità amministratore: calcolo del danno
Un amministratore ritarda la dichiarazione di fallimento della società, aggravandone il dissesto con nuovi debiti. Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione contestando il metodo di calcolo del danno. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile e chiarisce un principio fondamentale sulla responsabilità amministratore: in caso di ritardata dichiarazione di fallimento, il danno risarcibile corrisponde all'aumento dei debiti causato dal ritardo, e non alla generica differenza tra i netti patrimoniali.
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Obbligo di motivazione: sentenza nulla se apparente
La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito che, nell'ammettere un credito al passivo fallimentare, aveva violato l'obbligo di motivazione. Il giudice di secondo grado si era limitato ad affermare che le prove dimostravano l'esistenza del credito, senza esplicitare il percorso logico seguito per la valutazione. La Suprema Corte ha ribadito che una motivazione apparente, che non consente di comprendere l'iter decisionale, equivale a una motivazione mancante e determina la nullità del provvedimento.
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Possesso ad usucapionem: il socio e il bene sociale
La Corte di Cassazione chiarisce che il socio che utilizza un bene della società, come un posto auto, ne ha la semplice detenzione e non il possesso. Per poter vantare un possesso ad usucapionem, è necessario un atto formale di 'interversione del possesso', con cui il socio manifesti in modo inequivocabile la volontà di possedere il bene come proprio. In assenza di tale atto, la domanda di usucapione deve essere respinta.
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Socio accomandatario: responsabilità e sequestro
Un socio accomandatario di una S.a.s. subisce un sequestro di prevenzione con nomina di un amministratore giudiziario. La Cassazione conferma che ciò non fa perdere la qualità di socio né la responsabilità illimitata, legittimando l'estensione del fallimento della società anche a lui.
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Stato di insolvenza: la Cassazione sulla liquidità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società immobiliare contro la dichiarazione di fallimento. Viene confermato che lo stato di insolvenza si valuta sulla base dell'incapacità strutturale di generare flussi di cassa per adempiere regolarmente alle obbligazioni, a prescindere dal valore patrimoniale o da crisi temporanee.
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Errore materiale: quando non si può correggere?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per la correzione di un errore materiale relativo alla liquidazione delle spese legali. I ricorrenti sostenevano che l'importo fosse sproporzionato rispetto al valore della causa. La Corte ha chiarito che contestare i criteri di valutazione del giudice non costituisce un errore materiale, bensì un "error in iudicando" (errore di giudizio), non emendabile con la procedura di correzione.
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Prescrizione concordato: quando si sospende?
Una società in concordato preventivo ha chiesto al tribunale di dichiarare prescritti i debiti verso i suoi creditori, sostenendo che il termine di prescrizione fosse decorso dalla data di omologa del piano. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che la prescrizione nel concordato viene sospesa dopo la fase di omologa. Il piano omologato rende i crediti temporaneamente inesigibili, creando un impedimento legale che sospende la prescrizione fino alla scadenza dei termini di pagamento previsti dal piano stesso.
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Qualificazione contratto di factoring: Cassazione annulla
In una complessa vicenda legale tra una società di factoring, il fallimento di una società fornitrice e un'azienda sanitaria, la Corte di Cassazione interviene per la seconda volta. L'oggetto del contendere è la corretta qualificazione del contratto di factoring. La Corte ha annullato la sentenza d'appello che, discostandosi dai principi di diritto precedentemente enunciati, aveva erroneamente classificato l'accordo come una garanzia atipica per un finanziamento, anziché condurre un'analisi completa della volontà delle parti. La Suprema Corte ha ribadito la necessità di un'interpretazione rigorosa e sistematica del contratto, cassando la decisione e rinviando la causa per un nuovo esame.
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Inammissibilità ricorso cassazione: limiti al riesame
Un imprenditore individuale, dichiarato fallito, ricorre in Cassazione. La Corte dichiara l'appello inammissibile, confermando il fallimento. La decisione chiarisce che la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo le violazioni di legge. I motivi del ricorrente sono stati respinti in quanto miravano a una nuova valutazione delle prove, rendendo inevitabile l'inammissibilità del ricorso in cassazione.
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Custodia beni art 609 cpc: la decisione della Corte
Una società immobiliare, nominata custode di beni di un terzo fallito trovati in un immobile dopo uno sfratto, ha richiesto il pagamento delle spese di custodia. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, poiché i motivi non contestavano la ragione fondamentale della decisione del Tribunale, ovvero che i costi richiesti non erano stati preventivamente autorizzati. Questo caso evidenzia l'importanza di indirizzare i motivi di ricorso contro la specifica 'ratio decidendi' della sentenza impugnata per evitare l'inammissibilità.
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Termine impugnazione sovraindebitamento: quando scatta
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in una procedura di crisi da sovraindebitamento perché presentato oltre i termini. La decisione stabilisce un principio fondamentale: il termine impugnazione sovraindebitamento decorre dalla comunicazione del provvedimento completo via PEC da parte della cancelleria, e non da una successiva notifica. Il caso riguardava un piano del consumatore respinto perché prevedeva un pagamento ultrannuale per creditori privilegiati.
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