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Diritto Fallimentare

Accordi di ristrutturazione: procedura concorsuale
Una società creditrice si è vista negare la prededuzione del proprio credito in una liquidazione coatta amministrativa. La Corte di Cassazione, pur correggendo il giudice di merito e affermando che gli accordi di ristrutturazione sono a tutti gli effetti procedure concorsolari, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione risiede nel fatto che la società ricorrente non ha contestato tutte le motivazioni della decisione impugnata, ma solo una parte di esse.
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Credito prededucibile: non si trasferisce al fallimento
La Corte di Cassazione ha stabilito che un credito prededucibile sorto durante un'amministrazione giudiziaria antimafia non conserva automaticamente tale status privilegiato nel successivo fallimento dell'impresa. La Corte ha negato la cosiddetta "consecuzione" tra le due procedure, evidenziando le loro diverse finalità: la prima è una misura di prevenzione, la seconda una procedura concorsuale basata sull'insolvenza. Pertanto, la prededuzione, essendo una priorità processuale, cessa con la procedura in cui è nata.
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Prededuzione crediti: no tra procedure diverse
Una società fornitrice ha richiesto il riconoscimento della prededuzione per un credito maturato nei confronti di una grande impresa mentre questa era in amministrazione giudiziaria. Successivamente, l'impresa debitrice è entrata in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che non esiste continuità giuridica (consecuzione) tra una misura di prevenzione come l'amministrazione giudiziaria e una procedura concorsuale come l'amministrazione straordinaria. Di conseguenza, la prededuzione crediti, valida nella prima procedura, non si trasferisce automaticamente alla seconda.
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Litisconsorzio necessario: Cassazione annulla sentenza
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d'appello e un'ordinanza di primo grado per la violazione del litisconsorzio necessario. In un'opposizione di terzo all'esecuzione, la mancata partecipazione del debitore esecutato al giudizio di primo grado costituisce un vizio insanabile che determina la nullità dell'intero procedimento. La Corte ha rinviato la causa al primo giudice per una nuova trattazione nel corretto contraddittorio tra le parti.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo in Cassazione
Un imprenditore individuale, dopo aver proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza di condanna al pagamento emessa dalla Corte d'Appello, ha effettuato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio, specificando che, ai sensi dell'art. 390 c.p.c., tale rinuncia è un atto unilaterale che non necessita dell'accettazione della controparte per essere efficace, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
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Creditori irreperibili: no alla redistribuzione somme
La Corte di Cassazione ha stabilito che nelle procedure fallimentari soggette alla normativa anteriore alla riforma del 2006, le somme accantonate per i creditori irreperibili non possono essere redistribuite agli altri creditori insoddisfatti. La decisione si fonda sul principio del "ratione temporis", evidenziando che il deposito di tali somme presso un istituto di credito aveva un effetto liberatorio immediato, facendole uscire definitivamente dal patrimonio del fallimento. Il ricorso di una società creditrice è stato quindi dichiarato inammissibile.
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Notifica fallimento: quando è valida anche con PEC off
Una società dichiarata fallita ha contestato la validità della procedura, lamentando vizi nella notifica dell'udienza prefallimentare a causa della propria PEC disattivata. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la corretta notifica del fallimento si perfeziona con il deposito presso la casa comunale quando la notifica via PEC e quella fisica presso la sede legale falliscono. La Corte ha sottolineato che è onere dell'impresa mantenere attiva e funzionante la propria PEC.
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Procura speciale: il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso presentato da un soggetto qualificatosi come "procuratore speciale" di una ditta. La decisione si fonda sulla mancata produzione dell'atto che conferisce tale potere di rappresentanza, sottolineando come la legittimazione ad agire in giudizio debba essere provata documentalmente, non potendo essere presunta. La Corte ribadisce che solo la parte originaria del giudizio o un suo rappresentante debitamente legittimato può impugnare una decisione.
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Correzione errore materiale: spese legali e Stato
La Corte di Cassazione interviene con una correzione di errore materiale su una propria ordinanza. Inizialmente, le spese legali erano state liquidate a favore di una società fallita, senza considerare che questa beneficiava del patrocinio a spese dello Stato. Con la nuova ordinanza, la Corte corregge il dispositivo, stabilendo che le spese devono essere versate direttamente all'Erario, in conformità con le norme sul gratuito patrocinio.
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Insinuazione al passivo: i requisiti essenziali
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 30/06/2025, ha stabilito che una domanda di insinuazione al passivo priva di elementi essenziali, come la determinazione della somma richiesta, è inammissibile. Tale vizio non può essere sanato con integrazioni successive alla scadenza del termine previsto, poiché le norme sulla sanatoria degli atti del processo civile ordinario non si applicano alla specifica disciplina fallimentare, che prevede la sanzione più grave dell'inammissibilità.
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Sospensione unilaterale rapporto di lavoro e contributi
Un ente previdenziale ha richiesto il pagamento di contributi insoluti a un ente di formazione fallito, che aveva sospeso i dipendenti dopo la revoca del suo accreditamento. La Cassazione ha stabilito che la sospensione unilaterale del rapporto di lavoro è illegittima se l'azienda non prova un'impossibilità assoluta e non a lei imputabile di ricevere la prestazione lavorativa. La perdita di un accreditamento per colpa dell'azienda rientra nel normale rischio d'impresa e non giustifica la sospensione, mantenendo vivo l'obbligo di versare i contributi.
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Somme irreperibili: la Cassazione sulla vecchia legge
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nelle procedure di amministrazione straordinaria soggette alla normativa anteriore al 2006, le somme accantonate per i creditori irreperibili non possono essere redistribuite agli altri creditori insoddisfatti. La sentenza chiarisce che il deposito di tali somme aveva un effetto liberatorio definitivo per la procedura, impedendo ogni successiva ripartizione, a differenza di quanto previsto dalla legge attuale. Di conseguenza, è stato respinto il ricorso di una società garante che, dopo aver soddisfatto alcuni creditori, chiedeva l'assegnazione di tali fondi residui.
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Opposizione stato passivo: quando il ricorso è vago
Una società creditrice ha impugnato il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo di un'azienda in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando la mancanza di specificità nella formulazione dei motivi e nella richiesta di prova testimoniale. L'ordinanza sottolinea che, nell'ambito di un'opposizione stato passivo, non è sufficiente lamentare genericamente il rigetto delle prove, ma è necessario articolare censure precise e circostanziate, pena l'inammissibilità.
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Errore di fatto: Cassazione chiarisce i limiti
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione, specificando che l'errore di fatto deve riguardare una svista percettiva della Corte stessa sugli atti del giudizio di legittimità, e non un presunto errore di valutazione compiuto dal giudice di merito. Il caso verteva su una presunta irregolarità nella notifica di un atto, ma la Corte ha stabilito che tale valutazione spetta al merito e non può essere oggetto di revocazione in sede di legittimità.
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Legittimazione ad impugnare: prova della successione
Un istituto di credito propone ricorso per cassazione contro una decisione emessa nei confronti di un'altra banca, sostenendo di esserne il successore legale a seguito di una fusione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile perché la banca appellante non ha fornito la prova documentale della fusione, venendo meno al suo onere di dimostrare la propria legittimazione ad impugnare.
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Finanziamento soci postergato: la Cassazione decide
Una società creditrice si opponeva alla postergazione del proprio credito nel fallimento di un'altra società. Il credito, derivante da somme versate per sostenere una procedura di concordato poi rinunciata, è stato qualificato come finanziamento soci postergato ai sensi dell'art. 2467 c.c. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che senza una continuità giuridica tra le procedure concorsuali, il credito non può godere della prededuzione e deve essere subordinato agli altri creditori.
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Crediti irreperibili: le somme non si ridistribuiscono
La Corte di Cassazione ha stabilito che nelle procedure di amministrazione straordinaria iniziate prima della riforma del 2006, le somme accantonate per i crediti irreperibili non possono essere redistribuite agli altri creditori. La vecchia normativa prevedeva un "effetto liberatorio" del deposito di tali somme, che quindi fuoriuscivano definitivamente dal patrimonio della procedura, impedendo ogni successiva ripartizione. La richiesta di una società controllante, che aveva agito anche come garante, di ottenere tali fondi è stata pertanto respinta.
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Concordato preventivo e fallimento: decisione Cassazione
La Corte di Cassazione chiarisce le regole per l'ammissione dei crediti in un fallimento che segue un concordato preventivo. La decisione dipende crucialmente dalla scadenza del termine per la risoluzione del concordato. Se il fallimento è dichiarato dopo tale scadenza, i creditori possono insinuarsi solo per l'importo ridotto dal concordato, poiché l'effetto esdebitatorio è divenuto definitivo. Il caso è stato rinviato al Tribunale per verificare questo specifico presupposto temporale.
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Natura del provvedimento: Ordinanza o Sentenza?
La Corte di Cassazione chiarisce i criteri per distinguere un'ordinanza da una sentenza ai fini dell'impugnazione. Analizzando un caso in cui un giudice istruttore aveva rigettato delle eccezioni pregiudiziali, la Corte ha stabilito che la natura del provvedimento dipende dalla sua sostanza e dal suo effetto decisorio, non dalla terminologia usata. Poiché il provvedimento non definiva il giudizio e disponeva la prosecuzione dell'istruttoria, è stato qualificato come ordinanza non appellabile, respingendo il ricorso.
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Autonoma ratio decidendi: appello inammissibile
Una società in concordato si oppone a un precetto. La Corte d'Appello rigetta l'opposizione con due motivazioni. La società ricorre in Cassazione impugnandone solo una. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per mancata impugnazione della seconda autonoma ratio decidendi, che da sola sorreggeva la decisione.
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