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Diritto Fallimentare

Decadenza d’ufficio e locazione: la Cassazione chiarisce
Un'ordinanza della Corte di Cassazione affronta il caso di una locazione commerciale interrotta da una banca in liquidazione. Il Tribunale aveva negato al locatore il risarcimento per ritardata consegna basandosi su una decadenza d'ufficio non eccepita dalla banca. La Cassazione ha cassato la decisione, stabilendo che tale decadenza può essere sollevata solo dalla parte interessata e non dal giudice. Inoltre, ha riaffermato il valore vincolante della precedente ammissione al passivo del credito per ripristino da parte del commissario liquidatore (giudicato endoconcorsuale).
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Inammissibilità intervento del socio nel processo
Un ex socio tentava di proseguire un giudizio per conto della sua società, ormai fallita. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, dichiarando l'inammissibilità dell'intervento. La sentenza chiarisce che, a seguito del fallimento, solo il curatore fallimentare ha la legittimazione ad agire. L'appello del socio è stato inoltre respinto in quanto "non motivo", ovvero incapace di contestare specificamente le ragioni della corte precedente.
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Cessazione materia del contendere: costi e conseguenze
Un Ministero ha impugnato in Cassazione una sentenza di primo grado sfavorevole emessa nei confronti di una società in fallimento. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, portando la Corte a dichiarare la cessazione della materia del contendere. La decisione chiarisce che, in caso di accordo, non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, data la sua natura sanzionatoria applicabile solo in caso di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione. Le spese legali sono state compensate tra le parti.
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Conflitto di interessi: quando annullare un contratto
La Corte di Cassazione conferma l'annullamento di un contratto di locazione tra due società dello stesso gruppo a causa di un provato conflitto di interessi. L'operazione, pur inserita in un piano di riorganizzazione, aveva creato un danno certo e immediato a una delle società, senza un reale vantaggio compensativo. La sentenza ribadisce che la mera coincidenza di amministratori non è sufficiente, ma è necessario dimostrare un'incompatibilità concreta degli interessi in gioco.
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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5919/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, ribadendo un principio fondamentale: l'onere della prova per dimostrare la non fallibilità spetta sempre al debitore. Anche in regime di contabilità semplificata, la documentazione prodotta deve essere completa e idonea a rappresentare l'intera esposizione debitoria, non solo quella fiscale. La Corte ha ritenuto insufficienti le sole dichiarazioni dei redditi e l'estratto dell'Agenzia delle Entrate, confermando che la mancanza di prove adeguate a carico del debitore legittima la dichiarazione di fallimento.
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Procedimento in Cassazione: le parti del giudizio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23946/2025, delinea le parti di un complesso procedimento in Cassazione. Il caso vede contrapposti il fallimento di un imprenditore, in qualità di ricorrente, e l'imprenditore stesso insieme a un terzo soggetto come controricorrenti. Il documento, di natura prettamente processuale, fissa lo svolgimento di un'udienza in camera di consiglio e fa riferimento a una precedente pronuncia della Suprema Corte, senza però decidere nel merito la questione.
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Trasferimento d’azienda: continuità e tutela lavoratore
In un caso di successione di affitti d'azienda, una lavoratrice si è vista negare la continuità del rapporto di lavoro dal nuovo affittuario. La Corte d'Appello aveva respinto la sua richiesta per una presunta 'frattura' nel trasferimento, data l'assenza di un atto formale di retrocessione dal primo al secondo affitto. La Corte di Cassazione ha ribaltato tale decisione, stabilendo che nel trasferimento d'azienda prevale la continuità sostanziale dell'attività economica. La tutela del lavoratore, garantita dall'art. 2112 c.c., non può essere elusa da formalismi giuridici, poiché la scadenza di un contratto di affitto costituisce di per sé una retrocessione di fatto, garantendo la prosecuzione del rapporto di lavoro con il nuovo gestore.
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Rinuncia ricorso Cassazione: cosa succede?
Una società di costruzioni, dopo aver presentato ricorso in Cassazione per una controversia relativa a un contratto di appalto, ha deciso di ritirarlo. La controparte ha accettato la rinuncia. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio. La decisione chiarisce che, in caso di rinuncia al ricorso accettata, non vi è condanna alle spese e non si applica l'obbligo del versamento del doppio contributo unificato.
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Correzione errore materiale: guida alla Cassazione
La Corte di Cassazione interviene con un'ordinanza di correzione errore materiale per sanare un precedente provvedimento in cui era stata omessa la declaratoria sulla sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio contributo unificato a carico della parte ricorrente, risultata soccombente. L'ordinanza reintegra la dicitura mancante sia nella motivazione sia nel dispositivo, ripristinando la corretta applicazione della normativa sulle spese di giustizia e confermando l'obbligo di pagamento dell'ulteriore importo.
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Fondo di garanzia Inps: serve il titolo esecutivo?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23620/2025, ha respinto il ricorso di alcuni lavoratori che chiedevano il pagamento del TFR al Fondo di garanzia Inps. La Corte ha ribadito che l'accesso al Fondo è subordinato all'accertamento preventivo del credito tramite un titolo esecutivo o l'ammissione al passivo fallimentare. Questa condizione è un elemento costitutivo del diritto e non può essere derogata, neanche in caso di difficoltà pratiche come la chiusura del fallimento per mancanza di attivo e la cancellazione della società datrice di lavoro.
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Fondo di garanzia INPS: il termine per le retribuzioni
Un lavoratore si è rivolto al Fondo di garanzia INPS per ottenere il pagamento di retribuzioni non corrisposte da un'azienda poi fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23589/2025, ha accolto il ricorso dell'INPS, stabilendo un principio fondamentale sui presupposti temporali per accedere alla tutela. La Corte ha chiarito che le retribuzioni garantite devono rientrare nei dodici mesi che precedono la data dell'iniziativa giudiziaria del lavoratore. Poiché l'azione legale era stata avviata il 27 dicembre 2010, la richiesta per la mensilità di dicembre 2009 è stata respinta perché maturata in un periodo antecedente a quello coperto dalla garanzia.
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Inammissibilità concordato: i requisiti essenziali
La Corte d'Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che dichiarava la liquidazione giudiziale di una società e l'inammissibilità della sua proposta di concordato preventivo. La decisione si fonda su molteplici e gravi carenze della proposta, tra cui l'assenza di relazioni obbligatorie, una attestazione professionale viziata da nullità assoluta perché redatta da un professionista non qualificato, e la mancata corretta valutazione dell'attivo e del passivo. La Corte ha rigettato il reclamo della società, sottolineando l'importanza del rispetto rigoroso dei requisiti formali e sostanziali per l'accesso alle procedure concorsuali.
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Fondo di Garanzia INPS: No se il lavoro continua
La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo di Garanzia INPS non è tenuto a intervenire per i crediti di lavoro (TFR e retribuzioni) maturati presso un datore di lavoro insolvente, qualora il rapporto di lavoro del dipendente prosegua con una nuova società acquirente che sia solvibile ('in bonis'). Il presupposto per l'intervento del Fondo è l'insolvenza del datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, condizione che non si verifica in caso di continuazione del rapporto con un'altra entità.
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Fondo di garanzia TFR: quando interviene?
Un lavoratore, il cui datore di lavoro originale è fallito a seguito di una cessione d'azienda, ha richiesto il pagamento del TFR al Fondo di garanzia dell'INPS. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il procedimento a seguito della rinuncia del lavoratore al ricorso. La decisione di merito sottostante aveva negato l'intervento del Fondo, poiché il rapporto di lavoro era proseguito senza interruzioni con la nuova società, impedendo che il TFR diventasse esigibile.
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Credito privilegiato distacco: no al rimborso stipendi
Un'impresa edile che aveva distaccato proprio personale presso un'altra società, poi fallita, non si è vista riconoscere il credito privilegiato per gli stipendi anticipati. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale credito ha natura di semplice rimborso e non di retribuzione, negando quindi la prelazione. La sentenza sottolinea la differenza tra il distacco di personale, che risponde a un interesse proprio dell'impresa distaccante, e la somministrazione di lavoro, l'unica a cui la legge riconosce un privilegio specifico.
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Data Certa Cambiale: no alla marca da bollo datata
Una società creditrice ha richiesto di essere ammessa al passivo di un fallimento sulla base di alcune cambiali. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17541/2025, ha stabilito che la semplice presenza di una marca da bollo datata su una cambiale non è sufficiente a fornire la prova della 'data certa cambiale', necessaria per renderla opponibile alla curatela. Secondo la Corte, per ottenere la data certa sono necessari eventi più sicuri, come un timbro postale di annullamento, che colleghino in modo inequivocabile la data al documento.
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Inadempimento qualificato: accordo di crisi nullo
La Corte di Cassazione ha confermato la cessazione degli effetti di un accordo di composizione della crisi a causa di un inadempimento qualificato del debitore. La Corte ha stabilito che, una volta terminato l'accordo per legge a causa del grave inadempimento, non è più possibile per il debitore richiederne una modifica, anche adducendo cause di forza maggiore come la pandemia. L'appello del debitore è stato dichiarato inammissibile anche per motivi procedurali.
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Prova cessione credito: i limiti del sindacato in Cassazione
In un caso di opposizione allo stato passivo fallimentare, alcuni creditori contestavano l'ammissione di un ingente credito, sostenendo la mancanza di una valida prova della cessione del credito. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, riaffermando che la valutazione delle prove è di competenza esclusiva del giudice di merito. Il sindacato della Suprema Corte è limitato alla verifica che la motivazione del provvedimento non sia meramente apparente o illogica, senza poter entrare in una nuova analisi dei fatti. Di conseguenza, il ricorso principale è stato respinto e quello incidentale assorbito.
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Credito risarcitorio: la massa paga per i ritardi
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di una società creditrice a ottenere un risarcimento per il ritardo con cui un fallimento ha gestito la liquidazione e il riparto delle somme. La sentenza stabilisce che il ritardo ingiustificato degli organi della procedura può generare un credito risarcitorio a carico della massa, da pagarsi in prededuzione. La decisione si fonda sul principio del giudicato interno, poiché il fallimento non aveva specificamente contestato in appello la qualificazione del danno come responsabilità extracontrattuale della massa fallimentare, rendendo tale punto non più riesaminabile.
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Termine impugnazione: quando decorre per il decreto?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché tardivo. Il caso chiarisce che il termine di impugnazione del decreto di 60 giorni decorre non dalla pubblicazione, ma dalla comunicazione integrale del provvedimento (motivazione e dispositivo) tramite PEC da parte della cancelleria al difensore. La mancata osservanza di questo termine preclude l'esame nel merito del ricorso.
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